Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Nidham    31/01/2011    1 recensioni
Una giovane donna, nell'800 viennese, viene scelta per un destino d'eternità dal più potente e spietato ventrue della regione, ma non accetterà mai la propria sorte.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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…bella…sì, non era una parola del tutto sbagliata per definirla. Certo, negli interminabili giorni o meglio, nelle lunghissime notti della mia non vita, avevo avuto modo di gustare spettacoli più affascinanti…ma per quei poveri animali probabilmente era la creatura più graziosa che riuscissero a immaginare. Un fiore nato sul fango e dal fango, una borghesuccia di provincia; forse non valeva il tempo che avevo sprecato per andare a conoscerla…a volte si sbaglia seguendo le voci di popolo. Ma ormai ero lì e mi presi il tempo di osservarla per un attimo ancora. Nonostante fosse già buio era sola, per strada, una cosa strana, in quell’epoca puritana. Vestiti semplici, oserei definirli sciatti, ma probabilmente pratici per muoversi in quelle viuzze sporche, tra quei pezzenti laceri e sgradevoli…Sprecava il suo tempo, cercando di impedire l’inevitabile, era sollecita, attenta, veloce, un sorriso congelato sul viso…no! Questo non è vero, il suo sorriso non era una maschera e spesso non coinvolgeva nemmeno le sue labbra, era un leggero distendersi del volto, un lampo in quegli occhi scuri, una mano protesa a stringerne un’altra…e poi ancora avanti, verso un’altra battaglia, un’altra sconfitta sicura. Che sciocca! come poteva sperare di vincere contro colei che unicamente noi possiamo solo ingannare?! eppure continuava a lottare…Tornai la notte successiva e quella ancora dopo…sempre la stessa energia, la stessa forza…E poi rise! Stringendo fra le braccia un bimbo appena uscito dal ventre materno, un minuscolo insetto destinato a essere polvere prima di aver capito perché avesse visto la luce, ella rise, un suono cristallino e vivace, di vittoria. E io vidi attraverso i suoi occhi il presente e l’attimo, osservai la vita prima della morte, l’alba congelata nel suo sguardo. Era strana…e bella!sì, era bellissima. La sua voglia di vivere mi attraeva e mi inebriava, la sentivo propagarsi da lei, avvolgerla, travolgermi… e la volli. Certo, avrebbe dovuto essere preparata…nessun sempliciotto di bassa lega poteva sperare nel mio abbraccio, ma sapevo che c’era materia su cui lavorare, come uno smeraldo da tagliare e lucidare, per farne l’ornamento di un monile prezioso. Aveva spirito e istruzione, la sentii rivolgersi a certi buzzurri, che l’avevano avvicinata, con parole taglienti, ma con l’inflessione tipica di chi ha ricevuto un’educazione e sa comportarsi da essere civile…le sue maniere erano abbastanza delicate e la natura l’aveva favorita dandole davvero il volto degno di un’aristocratica. Sì…poteva sperare…Sapevo come fare per educarla, a chi rivolgermi, il mio ghoul era fedele e degno del compito.

Fingersi innamorato non fu difficile per lui e, considerata la sua invidiabile posizione, non c’erano dubbi che lei accettasse la sua corte…almeno così credevo. Non avevo tenuto conto di un fastidioso difetto nel suo carattere, quella scintilla d’indipendenza che, a volte, risiede anche nelle menti troppo fervide di alcune sciocche e fa loro dimenticare quale posto abbiano…Credeva si burlasse di lei, che non l’avrebbe amata… i soldi e il prestigio non le interessavano…forse usò espressioni più colorite per esprimere questo concetto, ricordo come fosse scandalizzata dalla sicurezza con cui lui le si era presentato…Fastidiosa…la volevo ancora di più. Sarebbe stata mia, una mia creatura, plasmata dalle mie mani…tempo, ne avevo anche troppo. Vinsi. L’amò, come una stupida, perdutamente, credo…ridevamo molto, io e il mio servo, pensando al suo entusiasmo, alla sua cieca fiducia d’esser ricambiata. E poi, aspettai, istanti…mesi…e fu pronta. Una signora, una selvaggia, una vita. La presi una notte d’estate, mentre passeggiava per le strade di Salisburgo, per quella sua brutta abitudine che nemmeno il mio ghoul era riuscito a farle perdere…Si avvicinò a me guardinga, convinta fossi uno straniero in cerca di informazioni, la dominai e mi seguì. Gridò, quando la liberai dal mio vincolo, era stretta al mio petto, il cuore batteva così forte che credetti si sarebbe spezzato. Inveì, si agitò…provò a mordermi…quasi un’intuizione, ridacchiai…era divertente, poi mi stupì ancora una volta… non mi era mai successo…sentivo il suo corpo fremere di piacere, nel mio abbraccio, nell’ultimo abbraccio…ma la sua mente non si abbandonava, continuò a graffiarmi il volto, le mani, a rovesciarmi contro il suo disgusto, finchè non svenne. E allora mi parve diversa, in quello stato d’impotenza, comune, innaturale. Finii in fretta e in fretta le diedi il mio sangue…lo rigettò. Mi prese una furia cieca, temetti d’esser caduto preda di quello stadio pietoso e volgare che purtroppo minaccia di colpire ciascuno di noi…la feci nascere con la forza, la stessa con cui lei aveva sempre cercato di vivere e che ora usava per morire, la costrinsi a bere, finchè non vidi che, immobile, mi stava guardando. Mi sputò in faccia il sangue che le stavo facendo scivolare in gola, tremava, resistetti all’impulso di colpirla…l’avevo voluta, l’avevo scelta e creata, per lei ero padre e dio, ma seppi, nello stesso istante in cui rialzò la testa dal mio petto, che non l’avrei mai avuta…

  
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