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Autore: Black Drop    31/01/2011    2 recensioni
Quando mi resi conto di aver urlato ed essere uscita dal mio nascondiglio ero già a meta strada. Presi a correre gridando disperata e tenendo lo sguardo fisso sulle tre figure che sembravano terrorizzate. Una di loro si voltò di scatto e scappò urlando. Gli altri due indietreggiarono. Vidi la mia migliore amica tentare di riavvicinarsi al corpo a terra, piangendo.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano ormai dieci minuti che camminavo lungo la spiaggia cercandolo. Il mare calmo produceva con le sue onde un sottofondo continuo alla mia passeggiata.
Non ero preoccupata, non del tutto. Lui non era un bambino. Almeno così pensavo.
Calmati, continuavo a ripetermelo. Era adulto e vaccinato. Sapeva badare a se stesso.
Ci misi un po’ a realizzare che non era per lui che avevo paura. Lui era al sicuro. Sempre. Io avevo paura per me. Paura.
In realtà era solo un po’ di timore. Era normale, no? Succede quando ti allontani dai tuoi amici e ti aggiri tutta sola in una spiaggia. Ti aggiri tutta sola per cercare tuo marito sparito da un quarto d’ora.
Le cose erano semplici. O si era perso nel boschetto, o stava pianificando qualcosa di losco.
Una persona normale non ci mette un quarto d’ora per fare la pipì. Perché era questo che aveva detto.
Chissà che fine aveva fatto.
Sospirai sconsolata, constatando che sulla spiaggia di lui non c’era neanche l’ombra. Non avevo altra scelta che entrare nel boschetto.
Detto fatto, mi addentrai tra gli alberi, mentre un tappeto di foglie sempre più fitto copriva la distesa di sabbia argentata alla luce lunare. Quando quest’ultima venne a mancare mi fermai, guardandomi intorno cercando di memorizzare la strada appena fatta; ci mancava solo che mi perdessi anch’io. Sempre che a lui fosse capitato quello.
Feci per continuare dritta, quando notai qualcosa alla mia destra, proprio nel cuore del bosco. Una persona.
Strizzai gli occhi cercando di distinguerne i tratti, ma era impossibile a quella distanza.
Incerta, avanzai di qualche metro, fermandomi ogni tanto.
Sussurrai un nome, titubante. Il suo nome.
A quella distanza non avrebbe potuto sentirmi.
Ripresi a camminare, questa volta leggermente più spedita, riuscendo a distinguere un abbigliamento familiare. Notai che era di spalle e aveva il cappuccio alzato sulla testa.
Mi fermai a qualche passo da lui. Mi aveva sentita sicuramente arrivare, ma rimaneva immobile.
Lo chiamai di nuovo, piano, allungando lentamente un braccio fino a sfiorargli la spalla. A quel movimento lui si voltò con lentezza snervante. Ancora non potevo vedergli il volto.
Aprii la bocca per rimproverarlo. Ma quanto poteva essere idiota, se si era perso così facilmente?
E poi quel modo di fare era… inquietante.
Con uno scatto si voltò bruscamente mostrando all’improvviso la faccia di Scream, accompagnata da un flebile “Bu!”
Non so perché lo feci, ma strillai con tutto il fiato che avevo in gola, finché lui  non mi afferrò per un polso e si sollevò la maschera sulla fronte, mostrando un sorriso stupidamente colpevole.
Lo fissai, prendendo di nuovo fiato. Tenevo le unghie della mano destra ben piantate nel suo avambraccio, sperando di fargli male.
“Ma sei stupido?!” gli urlai in faccia per poi appoggiarmi a lui, che rideva come un matto.
“Ti ucciderei!”
Rise più forte. “Andiamo, volevo solo vedere se riuscivo a spaventare qualcuno.” Fu la sua misera giustificazione.
“Adesso ti faccio spaventare io!”
Mi scompigliò affettuosamente i capelli, mentre si abbassava il cappuccio.
“Tu sei pazzo! E comunque” accennai alla maschera sulla sua testa. “quella da dove l’hai tirata fuori?”
Sorrise compiaciuto. “Dall’armadio.” rispose con semplicità. “L’ho messa in valigia ed eccola qua.”
“Ripeto: tu sei matto.”
“Oh, dovevi vedere la faccia del controllore all’aeroporto quando mi ha aperto la valigia e se l’è trovata davanti all’improvviso.” Sghignazzò soddisfatto di aver informato qualcun altro delle sue malefatte.
Lui non era un bambino. Era adulto e vaccinato. Sapeva badare a se stesso.Vero come la befana che ti porta le caramelle su una scopa volante.
Io non avevo sposato un uomo. Avevo sposato un bambino dell’asilo. Non oso immaginare come fosse quand’era davvero all’asilo.
O meglio, avevo sposato un bambino intrappolato nel corpo di un adulto. Il corpo cresce, la mente no.
Sospirai sconsolata. “Hai usato la pipì come scusa, sei patetico.”
“No, dovevo farla davvero, ma l’ho fatta in camera quando ho preso questa.” Indicò la maschera. “Volevo indossarla e venire da voi, ma a quanto pare sei arrivata prima tu.”
Sorrise malefico, fissando gli occhi sui miei. Sussurrò piano il mio nome.
“Che ne dici se uniamo le nostre forze” mormorò a voce così bassa che dovetti farmi più vicina per ascoltarlo. “e gli facciamo uno scherzo? Li facciamo cagare dalla paura, ci stai?”
Risi. Avrei tanto voluto farlo, ma forse non era la cosa più giusta.
“Hanno già sentito il tuo grido” sussurrava a un centimetro del mio orecchio “e io sono sparito da…”
“Quasi venti minuti, ormai”
Sorrise malvagio. “Che dici allora, mi aiuterai?”
Quella volta fui io a sorridere perfidamente. “Andiamo.” Lo presi per mano e lo guidai sino all’estremità del boschetto. Seguivamo il confine tra la spiaggia e gli alberi nascondendoci dietro di essi. Vidi in lontananza il nostro gruppo e mi feci più bassa per evitare di essere intercettata.
Li superammo senza problemi e lui mi strattonò per un braccio.
“Dove andiamo?”
“È una scorciatoia” disse in un mormorio. “L’ho usata anche prima per andare in camera.”
Guardai le sue spalle, muoversi ritmicamente come respirava. Dove mi stava portando?
“Ehi, perché torniamo all’albergo?” chiesi incerta.
Per tutta risposta lui mi guidò davanti all’entrata e si avviò di fianco alle scale. Prese una pala e si voltò a guardarmi. Mi sorrise dolcemente.
“Che vuoi farci con quella?”
“Tranquilla, è solo per scherzo.” Il suo sorriso si fece se possibile più largo, ma chissà perché anche più strano. Non conoscevo affatto quel sorriso.
“Ok.” Mormorai appena.
Tornammo sui nostri passi, riavvicinandoci alla spiaggia e quindi ai nostri amici.
Ci fermammo dietro a un cespuglio voluminoso che ci copriva tutti e due.
“Luna piena, perfetto.” Ghignò mio marito.
“Perché?”
Lui si girò a guardarmi. Di nuovo quel sorriso dolce, ma allo stesso tempo inquietante. “Così c’è molta visibilità.” spiegò come fosse una cosa ovvia e come se io fossi una bambina.
Si abbassò la maschera di Scream sul viso e si coprì la nuca con il cappuccio.
“Rimani qui, finché non te lo dico io.” Nonostante la sua voce risuonasse ovattata, potei percepire una stridula risata soffocata in quella frase.
Annuii piano, sempre più convinta che qualcosa non andava.
Lui uscì dal bosco con passo deciso, tenendo la pala ben salda.
Vidi i miei quattro amici voltarsi a guardarlo, quando lui gli fu vicino. A quel punto credetti di sognare.
Successe tutto molto in fretta.
Mio marito alzò la pala e colpì in piena faccia uno dei nostri amici, facendolo cadere a terra sanguinante.
Quando mi resi conto di aver urlato ed essere uscita dal mio nascondiglio ero già a meta strada. Presi a correre gridando disperata e tenendo lo sguardo fisso sulle tre figure che sembravano terrorizzate. Una di loro si voltò di scatto e scappò urlando. Gli altri due indietreggiarono. Vidi la mia migliore amica tentare di riavvicinarsi al corpo a terra, piangendo.
Sembrava di essere in un film. Forse perché non riuscivo a capacitarmi che tutto quello fosse reale.
“Che stai facendo?!” strillai istericamente, continuando a chiamare la mia dolce metà. Lui mi ignorò e colpì la nuca della mia migliore amica con forza, troppa forza. A quel punto la restante ovvia vittima se la diede a gambe seguendo la sua fidanzata, scappata poco prima nella stessa direzione.
Quando lo raggiunsi non riuscivo più a ragionare, a respirare, a vedere. Le lacrime mi appannavano la vista. L’orrore mi appannava la mente.
Gridai nuovamente il suo nome.
“Perché?!” strepitai tra i singhiozzi. “Non farlo! No!” non capivo più cosa stesse succedendo. Sentivo un ronzio fisso nelle orecchie. Volevo svegliarmi.
Lo vidi alzarsi tranquillamente la maschera, come aveva fatto nel bosco. Il sorriso sadico che mi mostrò mi fece gelare il sangue, sentii un tuffo al cuore.
“Nooo!!” gridavo il suo nome come se potessi farlo tornare normale. Come era sempre stato in tutti questi anni. “Ti prego!! No!”
Lui si avvicinò piano facendomi cenno di stare zitta.
Istintivamente mi allontanai da lui. “Sta- stammi lontano!” strillai tra un singhiozzo e l’altro.
L’unica cosa che riuscivo a vedere chiaramente ormai era il suo viso, e l’espressione che vi era stampata non faceva che aumentare il mio terrore.
“Sta tranquilla, amore.” Sussurrò così dolcemente da risultare quasi cattivo. “Non ho intenzione di fare nulla a te.”
“No.” Scossi la testa disperata. “No.” Non avevo più neanche la forza di gridare.
“Shhh” mi afferrò con forza un braccio, costringendomi ad avvicinarmi a lui. Nonostante tentassi di divincolarmi, lui continuò a tenermi vicina.
“Tesoro è tutto a posto.” Di nuovo quel tono dolcemente malvagio. “Mi ero stancato di fare tutto da solo così questa volta ho portato anche te, ma mi sembri un tantino irrequieta.” Sorrise sadicamente. “Calma. Adesso andiamo a stanare gli altri topolini, prima che chiamino qualcuno.” E mi stampò un bacio in fronte. Io ormai non riuscivo più a muovermi. Lui mi trascinava a forza, ma io non potevo più muovermi, divincolarmi o gridare. Non potevo più fare nulla. Nulla tranne pensare.
“Vedrai che ci divertiremo un mondo, tesoro!” rise malvagio, tornando a nascondersi dietro a quella maschera.
Io non avevo sposato un uomo. Tanto meno un bambino intrappolato nel corpo di un adulto. Io avevo sposato un assassino.




 

Wash your hands in the lake of your blood,
Just before you die!
Bodom beach terror!


 




Ecco quà i frutti della noia di un sabato piovoso, passato a fare nulla. Spero vi piaccia.
Black Drop =P

  
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