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Autore: Ichinee    31/01/2011    0 recensioni
La storia di un semplice giorno, vista dal punto di vista di una semplice coppia di... shinigami. Basata sul gioco di ruolo che seguo da ormai due anni.
Ringrazio particolarmente i miei amici che mi leggono volentieri e mi incoraggiano a scrivere, a loro un grande bacio ♥
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una mattina...
 
 
 
 Correva.
Era un bosco infinito, fittissimo, e stava scappando. Non sapeva da cosa, avvertiva solo la paura, devastante, che c'era dentro di lei. Sentiva il dolore che correva per tutto il suo corpo, mentre scappava sempre più veloce. Sentiva il sangue scorrerle sul viso, e le offuscava la visuale... Improvvisamente qualcosa si avventò su di lei, facendola urlare di paura...
 
-... svegliati!-
Aprì gli occhi di scatto. La camera era illuminata appena dalla luce dell'alba, lasciandola appena in penombra. Un leggero fascio di luce attraversava le tende, finendo poco distante da dove aveva appoggiato la testa. Daiki la fissava leggermente sconcertato, non capendo esattamente cosa le era successo. Sorridendo a mò di scusa, prese un profondo respiro. Era stato solo un incubo grazie al cielo. Regolarizzò il respiro, finché non si calmò completamente. Non le capitava mai di fare incubi del genere... Ma la cosa che l'angosciava di più era che era stato tutto dannatamente reale. Dolcemente, si rannicchiò tra le braccia di lui, cercando un po' di conforto dopo quella brutta esperienza. La strinse delicatamente, senza fare domande. Rimasero così per un po', ma poco prima che lei si riaddormentasse, lui si alzò. Aprendo contro voglia gli occhi, si tirò su anche lei.
-È già ora di andare? Per colpa di quel dannato incubo mi sembra di non aver quasi dormito..-
Borbottando, si nascose tra le coperte, cercando di riaddormentarsi. All'improvviso, la coperta sparì, e sentì freddo su tutta la pelle che il pigiama non copriva. Ai piedi del letto, con aria trionfante, Daiki teneva la sua coperta. Lo fulminò con lo sguardo, facendo un versetto di disapprovazione.
-Sei quasi odioso quando fai così...-
A quel punto, fu costretta ad alzarsi. Si avviò verso il cassettone, e pescò fuori da un cassetto una divisa pulita e in ordine. Assonnata cercò di vestirsi, ma non riusciva a chiudere decentemente l'obi. Alla fine ci pensò lui, trattenendo a stento le risate.
-Yare, yare.. Eh si che in ospedale sembri una ragazza così di buone maniere, ma la mattina sei una specie di mummia! Non riesci neanche a vestirti da sola! Come facevi quando abitavi ancora da sola?-
Probabilmente, se non fosse stata così addormentata gli avrebbe risposto in maniera acida, ma in quel momento non ne aveva voglia. Era stanca, quel sogno aveva prosciugato tutte le sue energie, avrebbe voluto riposarsi a dovere.. Invece avrebbe fatto il suo turno in ospedale.
Sbuffò, e girandosi lo fissò negli occhi. Lui sorrise gentile, e improvvisamente buona parte della stanchezza si volatilizzò. I suoi occhi verdi, il suo sorriso.. Sembravano fatti apposta per farla stare meglio. Si alzò appena in punta, e gli diede un bacio leggero sulle labbra. Dolcemente, lui ricambiò il bacio, stringendola appena tra le sue braccia. Rimasero lì un momento, godendosi l'attimo di tenerezza che era andato a crearsi, perché da lì a poco avrebbero dovuto uscire.
Quando smisero di scambiarsi quel tenero gesto d'affetto, era già ora di avviarsi verso l'ospedale. Lui si avviò placidamente verso l'entrata, per mettersi i geta, mentre lei fece una piccola deviazione, andando verso la cucina. Sul piccolo piano che usavano per cucinare, c'erano due piccoli sacchettini. Dentro, con una cura quasi maniacale, aveva messo due bento.
Non erano due perfetti esempi di cucina, sapeva che aveva ancora molto da imparare, ma da un po' di tempo a quella parte aveva deciso che era tempo di imparare a fare qualcosa di femminile. Oltre a cucinare infatti stava imparando a cucire, ma suturare una ferita e unire due pezzi di stoffa non erano esattamente la stessa cosa..
Trotterellò fino alla porta, portando soddisfatta i due contenitori. Daiki la stava aspettando, appoggiato allo stipite della porta già aperta.
Scosse la testa sorridendo. Sembrava quasi un cagnolino in quell'istante. Le mancava la coda per scodinzolare felice, mentre gli porgeva il suo bento. Non potendo resistere, cominciò ad accarezzarle la testa proprio come fosse un cucciolo, mentre lei lo fissava con uno sguardo misto tra stupore e disappunto.
-Vorrei farti notare che non sono un animaletto domestico!-
Dopo questa dichiarazione, uscì brontolando dalla porta, seguita da lui che la chiuse a chiave. La strada era ancora mediamente vuota, il quartiere non aveva ancora cominciato a popolarsi della sua classica vitalità, quindi si poteva ancora godere della quiete mattutina.
Camminavano senza troppa fretta, tanto il Seireimon non era poi così distante dalla loro abitazione, in quattro e quattr'otto difatti arrivarono davanti all'entrata, vigilata dal guardiano. Si scambiarono dei cortesi saluti, dopo di che l'enorme shinigami aprì il portone, lasciandoli entrare nella Corte delle Anime Pure.
Anche se stavano procedendo tranquilli, si sentiva una particolare atmosfera di disagio. Non era difatti comune che le relazioni tra shinigami venissero messe così in mostra, ma non era solo quello. I pettegolezzi correvano veloci anche lì nel Seireitei, così tutti (o la maggior parte) sapevano della precedente relazione di Kangae, di come era avvenuta la "rottura" e dell'attuale situazione tra i due medici della IV.
Si sentiva a disagio quando si accorgeva che stavano parlando di loro, non era una situazione molto gradevole..
Arrivarono davanti all'entrata dell'Ospedale, sapendo che anche quella giornata sarebbe stata pesante come le altre. Passarono davanti alle varie stanze dei pazienti, deviarono vicino al cortile interno fino ad arrivare al corridoio dove c'erano gli uffici degli ufficiali di Seggio. Da non molto tempo difatti Kangae sedeva come 6° Seggio della IV. Era stata una sorpresa trovarsi promossa all'improvviso, passando direttamente ad un Seggio medio alto, ma non poteva dirsi insoddisfatta. Oltretutto, quello le dava l'opportunità di prendere in giro Daiki, ironizzando sul fatto che era più in alto di lui e punzecchiandolo con battute su questo tema.
Finalmente giunsero davanti al suo piccolo ufficio, uno spazio angusto sommerso da lettere e documenti di ogni tipo (era stata incaricata di ricatalogare e ordinare tutte le schede dell'ospedale, un lavoro immane).
Prima di entrare, alzò la testa e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Lui ricambiò, sorridendo a quell'effusione d'affetto.
-Ehi, guarda che ci vediamo per il pranzo, sempre che tu non venga sommersa di scartoffie o io mi ritrovi sommerso di feriti morenti!-
Le scappò da ridere, ma scuotendo la testa non rispose alla sua battuta. Aprì così la porta, per scomparire dentro la piccola stanza. Una volta che fu chiusa, appoggiò la schiena alla superficie lignea, chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Quando le palpebre si rialzarono, sul suo viso c'era un sorriso felice, di quelli che scaldavano il cuore. Aveva tutto quello che poteva desiderare, non poteva assolutamente lamentarsi di nulla in quell'istante. Bastava pensare alla sua fortuna di avere Daiki al suo fianco, o al fatto che si era ritrovata a sedere tra i Seggi della sua divisione, cosa molto importante per la giovane shinigami. Staccandosi dalla porta, andò sul lato opposto della stanza, e aprì la finestra che dava su un piccolo chiostro, riservato agli shinigami della IV, per lo più ufficiali visto che i normali dei e dee della morte usufruivano del cortile centrale, più grande e meglio illuminato.
Si appoggiò al davanzale, e si perse a guardare il cielo, a osservare ogni piccolo dettaglio come le nuvole che passavano o una semplice rondine. Scuotendo la testa, si convinse che era ora di cominciare il lavoro in arretrato di tutto l'ospedale, non mancando di maledire chiunque avesse lasciato quel casino (anche se non le era difficile pensare ci fosse stato). Sapeva bene che il vice Capitano avrebbe dovuto svolgere il lavoro di cancelleria, ma a quanto pareva in quel periodo non era molto invogliato a farlo, tanto da convincerlo a mollarle tutta la mole di documenti già il primo giorno.
Sbuffando rassegnata si sedette alla scrivania, cominciando a firmare e ordinare i vari fogli ufficiali.
Senza che lei se ne accorgesse, il tempo passò in un battito di ciglia. Così la scrivania che prima era piena ora era vuota già per una buona metà, i fogli che la occupavano fino a quella mattina erano stati riposti in varie cartelle, a loro riposte ordinatamente negli scatoloni che le avevano lasciato da riempire.
Si levò per un momento gli occhiali, massaggiandosi le tempie. Negli ultimi tempi stava sforzando troppo la vista, cosa che si poteva notare anche solo dal fatto che per leggere doveva mettere degli occhiali. Aveva un mal di testa allucinante, sentiva le tempie scoppiarle, ma sapeva che dopo una pausa il dolore si sarebbe attenuato e dopo avrebbe potuto riprendere a lavorare.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta del suo ufficio, e senza aspettare una sua risposta la aprì, entrando tranquillamente. Sapeva perfettamente chi era, ma non si lasciò perdere l'occasione di fare una piccola battuta ironica.
-Devo ricordare al Signorino che prima di entrare nell'Ufficio di un superiore bisogna aspettare che gli sia concesso l'accesso? Se un giorno c'è qui qualcuno che figura che ci faccio!-
Alzò lo sguardo, inforcando ancora gli occhiali e fissandolo con un sorriso nelle sue iridi verdi. Lui scosse la testa ridendo, uscì dalla stanza e ribussò, aspettando che lei gli concedesse il permesso di entrare.
-Chi è che mi disturba durante il mio importantissimo lavoro?-
-Ah, se disturbo allora fa niente, me ne vado...-
Alzandosi velocemente dalla sedia, saltò via gli scatoloni che la separavano dalla porta, e l'aprì velocemente, sperando che non se ne fosse ancora andato. Invece lui era rimasto placidamente fermo ad aspettare e quando lei sbucò fuori dalla sua tana si chinò in avanti per darle un leggero bacio, per smorzare in anticipo qualsiasi tipo di protesta. Senza staccarsi, lei sorrise arrendevole. Come faceva ad arrabbiarsi?
Scostandosi, lo lasciò entrare dentro la piccola stanzetta, per poi chiudere la porta. Lui prese tranquillamente posto su uno sgabello, spostandolo prima vicino alla scrivania di lei. Prima che lui facesse disastri, pensò lei stessa a spostare i documenti "a rischio", appoggiandoli ordinatamente su una mensola.
Mentre faceva ordine, lui si alzò nuovamente per andare al lavandino e riempire la brocca per preparare del thé verde per entrambi, da bere mentre mangiavano.
Lei cercò sotto una pigna di cartelle risalenti ad almeno 20 anni prima il piccolo fornello, che usavano per scaldare l'acqua. Solitamente era un oggetto che si potevano permettere solo i seggi più alti, ma per un colpo di fortuna era riuscita a trovarne uno usato, una vera occasione. Lo accese e lui mise la piccola teiera sopra. A quel punto non restava che aspettare che l'acqua si scaldasse, per mettere il thé in infusione.
Lei tornò ad appollaiarsi sulla sua sedia, stringendo le gambe al petto. Non era una posizione propriamente comoda, ma non le dispiaceva stare così. Al contrario, lui si sedette normalmente e cominciò ad aprire il suo bento. Una leggera arietta entrava dalla finestra, insieme al rumore di chi stava consumando il suo pasto nella corte principale dell'ospedale. Dentro il piccolo ufficio invece c'era una particolare quiete, quasi strana.
Il viso di lei era concentrato, stava pensando a qualcosa di tanto importante dal distoglierla da una possibile conversazione con lui. Non che questo fosse un particolare problema, ma raramente lei non diceva nulla.. Improvvisamente, diede voce a ciò che pensava, scandendo con voce melodiosa le parole, una per una, come se fossero state scelte con una cura quasi maniacale.
-Non era questo il lavoro che volevo quando mi hanno detto che sarei stata promossa. Passo più tempo chiusa in questa specie di sgabuzzino polveroso pieno di vecchie carte piuttosto che fare qualcosa di utile come curare i pazienti. Io voglio tornare a essere un medico, non sono interessata a fare la scribacchina..-
Quando lei terminò di parlare, lui appoggiò le bacchette sul tavolo. Rimase per un istante in silenzio, ponderando bene le parole. In effetti, la sua situazione non era entusiasmante, soprattutto visto che era sempre stata una ragazza amichevole, e andava d'accordo con molti dei medici che ora non vedeva più, perché chiusa lì dentro a compilare moduli.
-Sai.. Penso che se abbiano scelto te per fare questo lavoro ci deve essere un motivo, no? Secondo me hanno pensato che sei una persona sufficientemente affidabile e precisa per fare questo lavoro. So che non è il massimo, ma pensa che lavoro incredibilmente importante stai facendo.-
Sbuffò leggermente in risposta. Importante? Cosa c'era di importante in vecchie cartelle compilate male o addirittura non compilate?
Lui non si lasciò scoraggiare da quella risposta evasiva, e appoggiando i gomiti sul tavolo, sporse la testa verso di lei, tanto da costringerla quasi a fissarlo negli occhi. Rimasero per un attimo in silenzio, a fissarsi nelle iridi verdi. Alla fine fu quasi costretta ad annuire. Lei sapeva essere testarda, ma lui era incredibilmente convincente quando voleva.
Sul viso di Daiki si dipinse un sorriso, che addolcì tutti i suoi lineamenti. °Come faccio a dirgli di no, che non mi ha convinto?° si chiese rassegnata, lasciandosi addolcire a sua volta.
In quel momento finalmente fischiò la teiera, e lei si alzò per levare l'acqua dal fuoco. Prese le due tazzine che erano nel piccolo lavello e le appoggiò vicino al fornello, dopo di che mise un po' di foglie di te sul fondo di ogni tazzina, e cominciò a riempirle d'acqua. Le tremavano un pelo le mani per il peso della teiera e perché era quasi sicura di avere un po' di influenza, così faceva un po' fatica a compiere tranquillamente quel gesto.
All'improvviso, una mano più grande della sua afferrò gentilmente ma con decisione il manico della teiera, aiutandola a riempire i piccoli contenitori di ceramica.
Un sorriso le si dipinse in volto, sentendo che lui era dietro di lei, e si lasciò andare appena, appoggiandosi a lui, che stava finendo di riempire la seconda tazza.
Lui riappoggiò la teiera sul fornello ormai spento, e portò le braccia attorno alla sua vita, per stringerla a sé. Kangae appoggiò le mani su quelle di lui e alzò la testa, cercando di vedere il suo viso.
Rimasero in quel modo per un paio di minuti, concedendosi quel breve momento di intimità, se non l'unico il raro che potevano permettersi. Quando il thé fu a completa infusione, lui prese le due piccole ciotole di terracotta e le portò alla sua scrivania, mentre lei apriva finalmente il suo bento.
Fu un pasto tranquillo, parlarono del più e del meno, come se il discorso che si era fatto prima non fosse mai avvenuto.
Quando lui uscì per tornare a lavorare, si scambiarono un leggero bacio, che le fece sperare che si sarebbe fermato con lei.. Ma si staccò poco dopo, e salutandola con un sorriso uscì, chiudendo la porta e lasciandola sola nel suo "sgabuzzino-ufficio".
Depressa, tornò alla scrivania, riallineando tutti i documenti, e riprendendo quindi il lavoro di catalogazione. Stava leggendo la scheda di uno shinigami che, dopo aver dovuto subire più interventi per ferite e ustioni di vario grado, era morto per un infezione causata dal mancato disinfettamento di una piccola bruciatura che aveva all'altezza del cuore. Sì trovo a constatare come spesso anche i dettagli più piccoli potevano essere fondamentali, e guardando il nome del medico che l'aveva curato si rese conto che era un nome che non conosceva. Probabilmente doveva essere un medico anziano, perché a fine documento, una piccola postilla diceva che lo shinigami incaricato era sparito prima di aver firmato il documento, ma era stato archiviato dall'ex capitano Unohana, come mostrava la svolazzante firma.
Prese un nuovo foglio, e con la sua grafia leggermente sghemba scrisse un piccolo rapporto sulla scheda di quel paziente. Dopo averla allegata al resto del fascicolo, la mise nel plico "Cartelle cliniche archivio". Lì andavano tutte le cartelle dei pazienti morti, o che per qualche strana ragione non erano più in servizio. L'altra pila, invece, era identificata come "Cartelle cliniche schedari", dove erano più accessibili al personale medico.
Sospirando rassegnata, continuò il suo lavoro, procedendo con meticolosità, scheda per scheda. Non vedeva l'ora di andarsene e poter correre a casa. Adorava il tranquillo clima domestico che c'era nell'appartamento che occupavano lei e Daiki, se avesse potuto non sarebbe mai uscita da lì.. Ma sapeva perfettamente che lo pensava solo perché non le piaceva il lavoro che svolgeva ora.
Solitamente, anche adorando l'atmosfera casalinga, andare a lavoro era sempre un piacere.. Ora era proprio un peso.
Pian piano il sole stava compiendo il suo solito giro nel cielo, arrivando così a segnare la fine del pomeriggio, l'inizio della sera e finalmente l'ora di tornare a casa. Anzi, era addirittura in ritardo! Probabilmente a quel punto Daiki, stanco di aspettarla e conscio che se non era arrivata dopo poco ci avrebbe messo molto, era andato a casa senza di lei.
Uscendo dalla porta, chiuse a chiave il suo piccolo ufficio e controllò che fosse chiusa bene, aveva paura che qualcuno potesse entrare e mettere disordine o peggio, trafugare materiale. Dopo di che, a passo abbastanza affrettato (non doveva perdere ulteriore tempo), si avviò verso l'entrata della sua divisione. Uscendo dalla porta, un dettaglio fece rallentare la sua andatura. Una figura pisolava su un lato della scala, con un libro di medicina appoggiato in viso, probabilmente per non farsi disturbare dal sole. Scuotendo la testa ridacchiando, si avvicinò al ragazzo e levò il libro dal suo volto. I lineamenti erano distesi, probabilmente non stava sognando, oppure era un sogno talmente tranquillo da non far emergere particolari stati d'animo sul viso del giovane.
Per dispetto, lasciò ricadere il libro esattamente dov'era prima, facendo un tonfo sulla faccia di Daiki, che spaventato si svegliò in malo modo. Ci mise un attimo a capire cosa era successo e dove si trovava, e nel frattempo Kangae era scoppiata a ridere, trovando profondamente buffa tutta quella scena.
Lui la fissò corrucciato, evidentemente non gli era piaciuto particolarmente come risveglio. Per farsi perdonare, lo aiutò ad alzarsi e gli diede un bacio, che servì anche per zittire eventuali repliche. Poi, prendendolo sorridendo per mano, lo portò verso il cancello dell'Ospedale. Era ora di tornare a casa finalmente.
Per strada, tra sorrisi e piccoli gesti d'affetto riuscì a fargli passare quell'arrabbiatura momentanea, riportando sul suo viso il sorriso che era solito a portare. Quanto amava quei momenti. Non erano troppo intimi, o almeno dal fuori non lo sembravano. Per chi li guardava non volevano dire niente quegli sguardi o quelle carezze, ma per loro due valevano molto più di mille parole. Arrivati sulla porta di casa, lui armeggiò con la serratura, dopo di che si fece da parte per far entrare lei, che recitò la parte della padrona di casa, mentre lui era solo un suo servo.
-Bene, ora preparami la cena, che sono affamata!-
Non sentendo commenti da parte sua, si girò e... Neanche un istante e si ritrovò tra le sue braccia, stretta stretta al suo petto, mentre le labbra di lui cercavano le sue.
Sorpresa, si lasciò stringere senza opporre resistenza. L'aveva stupita, doveva ammetterlo. Ridendo piano, passò delicatamente una mano tra i suoi capelli, per poi sfuggirgli e portar con sé il nastro che teneva per legare la coda. Con un sorriso lui scosse la testa. Si era rassegnato all'evidenza: per quanto lei non fosse una bambina, dentro di sé conservava sempre una parte infantile. Nel frattempo lei trotterellò in camera, a prendere i vestiti da casa, da mettere dopo essersi lavata.. Errore fatale, mai sottovalutare il nemico. Neanche due secondi dopo sentì il click della serratura del bagno.
Rimase un attimo immobile, sorpresa. Poi, cercando di autoconvincersi di essersi arrabbiata, prese i vestiti e un libro, portandoli fino al kotatstu che si trovava in sala. Li lasciò cadere sul tavolo, sparpagliando cose su tutta la superficie lignea e "casualmente" facendo disordine tra le cose non sue. Prima di sedersi, andò a prendere un paio di dolcetti dalla credenza, che depose con cura su un piattino.
Solo a quel punto, si sedette sul cuscino, raccattando le sue cose per far finta di nulla, aprì il libro e si mise a mangiare tranquillamente i suoi dolci. Aveva vinto una battaglia, non la guerra. Non si sarebbe più fatta fregare da lui si disse mentalmente, mentre scopriva che come metodo alternativo a certi interventi esisteva una medicina chiamata "omeopatica". Negli ultimi tempo leggeva, o meglio "divorava" veri e propri trattati di questi metodi alternativi. Prima di quel libro, ne aveva letto uno che parlava di ago puntura, ma non aveva ancora potuto sperimentare se funzionasse o meno (Daiki al pensiero di aghi infilzati nel suo corpo aveva subito dichiarato di non volerne sapere nulla).
Dopo una trentina di minuti, finalmente, uscì tranquillo da bagno. Non si girò, non voleva dargli quella soddisfazione. E poi lui sarebbe dovuto venire da lei per riprendersi il suo nastro. La casa non era molto grande, ma era incredibile che quantità di nastri era riuscito a smarrire. Ovviamente il fatto che "accidentalmente" lei contribuiva a nasconderglieli non era mai stato detto. Lo sentì andare verso la loro stanza, e frugare nei cassetti. Dopo un paio di minuti, un forte tonfo seguito da un verso non esattamente di gioia (doveva aver sbattuto contro un qualche mobile) e un paio di spostamenti qua e là per l'appartamento, sentì che si avvicinava. Ne ebbe la prova certa quando una goccia cadde sulla pagina del suo libro. Alzando la testa vide i lunghi capelli corvini sciolti, che cadevano su un lato del suo viso, ancora umidi.
-Se hai intenzione di ammalarti non sono affari miei, ma almeno i capelli dovresti asciugarteli sai?-
Sorrise, mentre con una mano le accarezzò il viso. Poi, mentre si chinava su di lei per darle un bacio..
Dopo un istante, perplessa, aprì gli occhi. E il bacio? Lo guardò negli occhi, notando un aria di vittoria. Nell'altra mano, teneva il nastrino che lei aveva infilato prima nella sua tasca. °Bastardo!° Stizzita, si alzò e senza neanche più guardarlo prese i vestiti e si diresse di gran carriera verso il bagno. Una volta chiusa la porta a chiave si levò la divisa, che ripiegò con cura sulla sedia, prima di infilarsi nella piccola vasca. L'acqua era ancora calda, e l'aria satura di vapore, creando un piacevole tepore.
Si accoccolò nella vasca, lasciandosi pian piano scivolare, in maniera da bagnare anche i capelli. Amava stare a mollo nell'acqua calda, ma non poteva non provare paura se doveva anche solo immergervi la testa. Non riusciva neanche per un istante, neanche nella vasca da bagno. Probabilmente la sua morte aveva lasciato un segno praticamente indelebile nella sua mente, che difficilmente si sarebbe cancellato.
Rimettendosi seduta, cominciò ad insaponarsi la testa, mentre pensava a quello che le era successo negli ultimi tempi. Quello che stava vivendo era un periodo realmente felice, cosa poteva chiedere di più?
Era stata promossa, ora era tra i Seggi della sua divisione, onore a cui non aveva mai realmente aspirato, ritenendolo impossibile sotto tutti i punti di vista possibili. Ora conosceva persone che le volevano bene, creando una piccola cerchia di persone a lei care... Infine, aveva lui, Daiki, che le voleva bene più di chiunque altro, e glielo dimostrava ogni singolo giorno.
Parlavano ancora di "volersi bene", ma era qualcosa di più. Soltanto, nessuno dei due aveva ancora osato chiamare quel rapporto "amore". Sembrava fin troppo sdolcinato, troppo persino per loro due.
Sorrise automaticamente. Ogni tanto pensava che erano due stupidi colossali, bastava vedere tutte le "scenette" che facevano, o gli scherzi che si scambiavano. Ma non avrebbe mai e poi mai scambiato quel rapporto con un altro. Era forse proprio questa specie di infantilità a renderlo speciale. Lei si divertiva, lui pure e insieme stavano ancora meglio.
Persa nei suoi pensieri, perse anche la concezione del tempo. Si accorse di dover uscire solo quando notò che i polpastrelli di mani e piedi si stavano raggrinzendo. Allora si alzò, facendo attenzione a non scivolare, e prendendo l'asciugamano cominciò a asciugarsi. Per il corpo ci mise un attimo, furono i capelli un problema. Anche se erano più corti di prima, ci mettevano un eternità lo stesso ad asciugarsi. Allungando la mano, prese dal ripiano una bacchetta, che usò per fermare i capelli umidi sopra la nuca. °Così almeno non dovrei ammalarmi..° Ci mise poco a vestirsi, così che poté uscire. Zampettò silenziosamente verso la camera, lasciando la divisa vicino alla sua parte del letto. Poi, con molta non chalance, si avviò verso il soggiorno-cucina, per vedere cosa stava combinando.
Era girato di schiena, stava probabilmente cucinando. Era improbabile che non l'avesse sentita, almeno la serratura faceva abbastanza rumore, quindi tranquillamente avanzò verso di lui, per abbracciarlo da dietro. Rimase così, appoggiata a lui, per un po', godendosi il profumo di pulito che emanava. Poi lui si girò, in maniera da poterla abbracciare a sua volta.
-Anche tu hai i capelli ancora bagnati.. Cerca di non ammalarti, sei più incline di me per il raffreddore e l'influenza, ricordatelo..-
Non rispose, appoggiò semplicemente la sua guancia contro il petto di lui, ascoltando il battito del suo cuore. La lasciò lì per un po', poi delicatamente l'allontanò di poco, abbastanza per darle un bacio sulle labbra. Ricambiò con dolcezza quel gesto d'affetto, aveva una carenza di quei gesti..
-Mentre finisco qui torna pure a leggere, ci vorrà ancora un po' prima che sia tutto pronto.-
Annuendo, andò a prendere il libro che aveva lasciato sul tavolino e si avviò sul piccolo terrazzo. Aprendo la finestra, si accoccolò sull'enorme cuscino che aveva messo lì apposta per lei. Era il suo posto preferito, dove poteva guardare il cielo e appisolarsi senza problemi. Così passarono il tempo, lei leggendo di pratiche terapeutiche alternative e lui preparando la cena. Si trattenne dal far battute su come fosse un bravo uomo di casa, in fondo aveva cucinato.. Senza che lei gli chiedesse nulla!
Apparecchiò pure la tavola, anche se gli fece fare un paio di correzioni sulle posizioni dei vari piatti e tazze. Senza ovviamente spostarsi dal cuscino.
Solo quando fu praticamente tutto pronto si alzò, per dirigersi verso il kotatsu.
Lui portò a tavola gli spaghetti di riso, con della carne e delle verdure.
-Wow, ti sei proprio impegnato questa volta! A cosa devo tutto questo?-
L'aveva detto per ridere, non avrebbe mai pensato che c'era sotto qualcosa. Ma l'espressione di lui la fece ammutolire. Sembrava uno che era stato scoperto con le mani nel sacco, dopo aver commesso qualcosa di brutto, molto brutto. Calò un silenzio di tomba, imbarazzato da entrambe le parti. Il cibo che poco prima le metteva appetito le provocò un moto di repulsione, ritrovandosi praticamente schifata.
-Avrei voluto aspettare almeno la fine della cena prima di dirtelo, ma in fondo prima ci togliamo questo cerotto meglio è. Ho intenzione di partire in missione. Ho letto un po' di tempo fa l'annuncio esposto in bacheca, hanno bisogno del sostegno di almeno un medico per la divisione australiana. Devono riaprire un avamposto, senza l'aiuto di almeno un dottore è rischioso.. Ho già confermato la mia presenza al vice capitano Kyoki-sensei.-
-Per quanto tempo? Quanto dovrebbe durare questa missione?-
Silenzio.
Quel silenzio la spaventava a morte, le metteva terrore. La notizia in sé non era terribile, era normale che anche i medici andassero in missione con i commilitoni di altre divisioni come supporto. Anche a lei era capitato diverse volte. Ma era la durata che la preoccupava. Senza contare che si sentiva ferita per il fatto che non avesse voluto parlarne con lei. Era stato un colpo piuttosto basso prepararle la cena per cercare di addolcirla, e probabilmente se ne era reso conto anche lui.
-Non è stata data una durata precisa. Subaru-sensei ha detto chiaramente che potrebbe durare dai 3 ai 6 mesi, visto che non è una cosa evidente da fare. La partenza è prevista per dopo domani, se non ci sono complicazioni.-
Annuì, in silenzio.
Appoggiò le bacchette sul piatto, e con un mezzo sorriso si alzò. Senza dire nulla, uscì di casa. Non aveva idea di cosa stava facendo, non sapeva neanche dove andare, ma aveva bisogno di uscire. Si mise a camminare, sempre più veloce, finché non stava proprio correndo. Le strade del suo quartiere si stavano riempiendo di persone, gente che andava e veniva da locali, ma non si fermò, continuò a correre finché non arrivò a destinazione.
Era una piccola collinetta fuori dal "quartiere principale", all'inizio della zona rurale. Quando ancora aveva la casa da sola, aveva trovato in quel posto la giusta armonia per riposarsi, ancora adesso andava lì nei pomeriggi liberi, da sola o con Daiki. Si accoccolò tra le radici di una grande pianta, portandosi le ginocchia fin sotto al mento. Solo in quel momento si concesse di piangere. Calde lacrime solcavano le sue guance candide, mentre i primi singhiozzi si facevano sentire. Dai 3 ai 6 mesi le sembravano un infinità di tempo, come poteva accettarlo con un sorriso sulle labbra? Neanche si accorse quando le si avvicinò qualcuno, con il fiatone per la corsa. Non si avvicinò subito, rimase un istante lontano, per poi avvicinarsi piano a lei. Dolcemente la prese tra le braccia, stringendola e accarezzandole la testa, lasciandola piangere. Si lasciò stringere, mentre buttava fuori fino all'ultima lacrima.
Solo quando il suo pianto quasi isterico sembrò placarsi lui parlò, tranquillo.
-Su, su... Non è così tanto tempo. Nel frattempo ti lascerò addirittura fare ordine nella mia parte di camera. Dai, ti prometto che tornerò il prima possibile, e che farò attenzione. Guarda, tornerò intero, senza essermi fatto un graffio!-
-... Se torni anche solo con un graffio ti farò fare il triplo del male, te lo giuro.-
Sentire la sua risata le risollevò di un pelo il morale. In fondo, non era così tanto tempo.. Poteva farcela, non sapeva ancora come, ma poteva farcela. Lui fece per rialzarsi, ma lei non si mosse, al contrario si accoccolò comoda comoda tra le sue braccia, e con aria solenne rimase ferma. Scosse la testa, rassegnato. Rimasero per un po' a fissare le luci dei locali che richiamavano le stelle. Piano piano la discussione si avviò, cominciando a parlare di stelle, fino ad affrontare il tema davvero importante.
-Avresti dovuto dirmelo prima, lo sai.-
-Lo so. Ma non sapevo quando dirtelo, non è una cosa semplice da dirti.. E poi, come dire, prevedevo una reazione del genere, o peggiore..-
Dopo quella affermazione, ricevette una gomitata nello stomaco. Non gli fece male, era stata delicata, il suo era un semplice avvertimento. Lui rise, e provò a darle un bacio. Girò la testa dall'altra parte, così non insistette. Era ancora adirata.
Quando la temperatura sì abbassò, le diede un colpetto sulla schiena. Era ora di rientrare. Dopo averla fatta scendere dalle sue gambe, si rimise in piedi, pulendosi appena i vestiti con una passata delle mani. A quel punto le porse le mani. Lei accettò l'aiuto, e una volta in piedi, senza che lui se lo aspettasse, gli diede un bacio. Veloce, leggero, ma comunque un bacio.
-Non farti illusioni, non ti ho certo perdonato. Era per ringraziarti per la cena. La punizione per non avermelo detto subito sarà un cambiamento radicale nella tua parte di camera, e dovrai portarmi un souvenir!-
Sorrise, vittorioso. L'aveva perdonato, anche se non voleva ammetterlo.
Il ritorno fu tranquillo, anche le strade si stavano svuotando e tutti andavano a casa propria. Ci misero poco a rientrare, e aprendo la porta si accorse che lui non aveva toccato nessuna delle cose che erano in tavola, probabilmente l'aveva seguita subito. Rimasero un momento a fissare le stoviglie, pensando che avrebbero dovuto pulirle.. E se ne andarono in camera. Si poteva rimandare le faccende di un giorno, non sarebbe morto nessuno, no?
Velocemente si cambiarono, mettendosi le cose da notte. Kangae fu più veloce, infilandosi subito tra le coperte. Trovò il tepore piacevole, accoccolandosi come un gatto. Poco dopo anche lui si infilò sotto le lenzuola, abbracciandola. Avvolse le sue braccia intorno al collo di Daiki, stringendolo a sua volta.
Il sonno si faceva sentire, così, in poco tempo, le palpebre cominciarono a diventare pesanti, troppo pesanti..
Prima di addormentarsi definitivamente, però, parlò ancora una volta, senza sapere se Daiki era sveglio o meno.
-Baka suki...-
Trattenne a stento un sorriso. Sarebbe andato tutto per il meglio, adesso che sapeva che gli voleva davvero bene. Ora aveva un motivo per prendersi cura di lui. Lei.
  
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