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Autore: __carolineckt    01/02/2011    1 recensioni
"Qualcosa in quell’istante attraversò gli occhi tormentati di Damon, un fremito di sensazione che si riflesse silenziosamente nello sguardo di velluto della giovane, artigliandole con violenza l’animo, sconvolgendo quell’equilibrio interno sinistramente precario che sembrava sempre incrinarsi al solo avvicinarsi della figura sinuosa del ragazzo"
Una FF non molto lunga sul momento bellissimo dell'abbraccio fra Damon ed Elena nel dodicesimo episodio della seconda stagione. Spero vi piaccia,e ringrazio ancora chiunque si sia soffermato a leggere ed abbia gradito o recensito la mia prima one shot :) enjoy ;D
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed Elena si fermò esitando.
“Ok, me ne vado”, mormorò, imprimendo una nota tremante alla sua voce dolcemente calda. Ma rimase immobile, senza scostarsi minimamente dal corpo sinuosamente modellato di Damon, avvolto in una sottile camicia scura che lasciava chiaramente intravedere la rigidità della sua muscolatura scattante,  bloccata duramente in una morsa di profondo dolore. Onde di intenso calore si sprigionavano dalla figura splendida della ragazza, avvolgendolo in un bozzolo tiepido che lo cullava lascivamente.
Il giovane avvertiva distintamente lo sguardo timido e morbidamente vellutato con il quale Elena stava sondando con lentezza il suo viso  cesellato alla perfezione, che a tratti rivelava brandelli di quell’anima sfregiata e tormentata che tentava invano di sopire dietro una maschera di indifferenza insopportabilmente avvenente. La avvertì percorre con delicatezza la linea perfetta delle sue sopracciglia arcuate, aggrottate in un’espressione di tacito dolore, per poi scivolare dolcemente in quegli occhi limpidi come schegge di ghiaccio, frugare in quelle profondità bluastre, cieche di dolore, alla ricerca di un appiglio, un guizzo d’emozione che rivelasse quanto il giovane stava tentando disperatamente di sedare, ma che in realtà ribolliva violentemente, schiumando pena e sofferenza.
Qualcosa in quell’istante attraversò gli occhi tormentati di Damon, un fremito di sensazione che si riflesse silenziosamente nello sguardo di velluto della giovane, le artigliò con violenza l’animo, sconvolgendo quell’equilibrio interno sinistramente precario che sembrava sempre incrinarsi al solo avvicinarsi della figura sinuosa del ragazzo. Nell’animo puro della giovane, un sentimento tumultuoso iniziò ad agitarsi con irruenza, scatenatosi dall’inevitabile sconvolgimento che la vista dell’umanità vibrante di Damon, così a lungo celata, le aveva intensamente provocato.
Sentì il pulsare ritmico del proprio cuore incespicare, rimbombarle sordamente contro lo sterno, mentre si lasciava guidare da quell’emozione vibrante che le aveva ottenebrato i sensi.  Divorò in un istante la distanza che separava i loro corpi tiepidi, crepitante d’energia; non si soffermò a pensare quanto rischioso poteva essere quel repentino avvicinamento, come Damon avrebbe potuto subitaneamente scostarla, quasi se il contatto con la sua pelle d’ambra lo ustionasse sino alle ossa, oppure, guidato da istinti ferini, come avrebbe potuto penetrare la sua carne di seta con i canini doloranti. Non si interruppe semplicemente perché, nonostante talvolta avesse dato modo di non esserne degno, si fidava intensamente di lui.
Sentì con dolorosa chiarezza un fremito profondo scuotere la figura del giovane, nell’istante in cui avvolse le proprie braccia sottili intorno alle sue spalle scolpite, scivolando con le dite affusolate sul tessuto frusciante, avvertendo la morbidezza della sua pelle al di sotto di quei pochi insignificanti millimetri. Si strinse addosso a quel corpo marmoreo, premendo con delicatezza la propria tiepida figura contro quella del giovane, sperando profondamente che quell’intenso affetto che nutriva nei suoi confronti rifluisse nel suo animo tormentato attraverso quel contatto così dolcemente splendido.
L’intimità di quell’abbraccio, il bisogno disperato che Damon scoprì di averne, lo sconvolsero indicibilmente. Percepiva il viso meraviglioso della giovane poggiarle con leggerezza sulla spalla, con la sua pelle di seta a sfiorargli i capelli scompigliati, profondamente neri come petrolio.
La dolce pressione del suo morbido corpo contro il proprio lo rendeva pericolosamente instabile, vulnerabile come poche volte era mai stato, mentre la sua riscoperta umanità vibrava e rifluiva pulsando si nelle sue dita affusolate strette in una morsa ferrea, abbandonate lungo i fianchi perfetti fasciati morbidamente dai jeans.
Damon Salvatore avrebbe voluto gridare, mettersi a correre, rigare di lacrime bollenti lo splendore doloroso del proprio viso perfetto, piuttosto che rimanere immobile, freddamente impassibile come lo era in quel momento,  nella dolcezza tiepida delle braccia di Elena che lo cingevano con sentimento.
Com’era possibile che lei fosse così dannatamente perfetta? Che sentisse ancora il bisogno insensato di ricercare un qualcosa fra le macerie fumanti del suo animo distrutto, un brandello vivo e vibrante della sua perduta e disperatamente desiderata umanità? Che nonostante le azioni sconsiderate che lui stesso aveva commesso, ferendola sin nelle profondità più recondite del suo animo gentile,  bramasse ancora aiutarlo? Damon sapeva che non aveva senso cercare risposte concrete a quelle sentite domande; aveva imparato ad amare Elena Gilbert con ogni fibra del suo essere proprio per la spontanea dolcezza con la quale si rivolgeva a dei dannati come lui, eternamente pronta a offrirgli quella seconda possibilità che era divenuta una terza ed una quarta, quell’ancora di salvezza che lo spingeva a spolverare sepolte consuetudini, che lo spronava a lottare per riconquistare la possibilità d’essere umano ancora, di provare, di sentire, una speranza flebile che un giorno infinitamente lontano sarebbe stato capace di essere alla sua altezza, di poterla definitivamente meritare.  Ma non era ancora il momento, almeno non nella visione distorta di Damon, che avvertiva quella maschera di squisita arroganza che di solito indossava impeccabilmente incrinarsi sul suo viso assurdamente meraviglioso, mentre combatteva furiosamente contro il desiderio di sciogliersi in quell’abbraccio infinitamente anelato.
Per tutto questo Damon Salvatore aveva dovuto sopire la forza distruttiva di quell’amore peccaminoso, sorprendendosi poi di poter trovare ancora qualcuno per cui nutrire un affetto sincero dopo quasi 150 anni; Rose. Rose che lo aveva ascoltato, capito, compreso, che aveva permesso dopo tempo immemorabile che un vero sorriso macchiasse indelebilmente le sue labbra splendidamente disegnate. Rose che si era spenta, come un fiamma brillante privata d’ossigeno vitale.
Ed Elena era lì. Ancora una volta, pronta ad accoglierlo nel calore del suo abbraccio delicato, che avrebbe potuto spezzare con un impercettibile guizzo dei suoi muscoli da predatore, ma nella cui fragilità il giovane annegava con doloroso piacere.
Con il viso splendido dilaniato da fremiti costanti di sofferenza, Damon avvertì Elena scostarsi dal suo corpo rigido, portandosi con sé la bramata morbidezza della sua carne, vibrante di vita. Percepì il respiro tiepido della giovane sfiorargli il collo sensibile, permettendo ad un nudo desiderio di pervaderlo con sconcertante intensità.
Rimasero a fissarsi per un istante infinito, perdendosi l’uno nello sguardo dell’altro, tenebra vellutata contro cristalline profondità.
“Buonanotte, Damon” , sussurrò la giovane, con una dolcezza che il ragazzo sembrò quasi assaporare sulla lingua riarsa.
Come avrebbe potuto essere ciò che lei voleva che lui fosse? Come poteva ancora, dopo un interminabile secolo e mezzo, prendersi in giro? Lui non era umano, e quella dannatissima umanità era ciò che a lui mancava di più al mondo, più dell’amore stesso in quanto quel sentimento vitale e divampante era frutto stesso dell’essere vivo e umano. Ma nella meravigliosa lucentezza degli occhi profondamente scuri della giovane Damon scorgeva ancora una minuta seppur divampante fiamma di speranza, che ancora non aveva consumato il suo ossigeno. E per quella speranza lui avrebbe lottato. Senza alcuna esitazione. 
  
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