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Autore: Medea Astra    02/02/2011    6 recensioni
In quel momento si consumò la morte della mia anima sotto quell’albero di ciliegie, tra i fiocchi di neve. Non potevo crederci, la mia donna, colei che amavo, non solo era la compagna di un demone ma aspettava persino un figlio da lui. Era troppo per me, sentii tutte le mie certezze sgretolarsi in un istante. I miei sogni di vita erano infranti. Decisi che se Izayoi non fosse stata mia, allora non sarebbe stata di nessun altro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivai a palazzo durante una bufera di neve. Gran parte del mio esercito era stato distrutto dall’attacco di un branco di demoni lupo. Volevano che gli lasciassimo campo libero per entrare nei territori del nostro signore e farne razzia. Come samurai fummo fedeli al giuramento prestato e combattemmo fino alla morte pur sapendo di non avere alcuna speranza contro quelle creature provenienti dall’inferno. Inizialmente eravamo piu’ di mille, dopo quella sortita rimanemmo solo in cento. Cercai di portare i miei uomini al sicuro. Camminammo a lungo sui prati innevati, il candore della neve era in netto contrasto con il sangue che copioso sgorgava dalle nostre numerose ferite. Dopo un’ intera notte di marcia finalmente avvistammo ciò che inizialmente ci parve un miraggio. Vedemmo un villaggio e decidemmo di entrare. Subito trovammo ospitalità tra i contadini che ci curarono come meglio poterono. Dopo esserci riposati e curati venimmo condotti al palazzo del signore di quelle terre. Era un uomo di mezz’ età con una lunga barba bianca e dei profondi occhi neri. Feci subito una buona impressione su di lui e così mi chiese di raccontargli cosa ci fosse successo. Rivissi con lui i momenti terribili della notte precedente. Il mio coraggio e la mia determinazione fecero definitivamente breccia nel cuore dell’anziano che offrì a me e ai miei uomini asilo finchè ne avessimo bisogno.
Dopo circa tre giorni che mi trovavo in quel villaggio decisi di fare una passeggiata tra i giardini per starmene un po’ da solo e riflettere, non ero ancora riuscito ad elaborare il lutto. Così immerso nei miei tristi pensieri, quasi non mi accorsi della donna che muta stava seduta su una panchina. Feci qualche passo verso di lei e quasi stentai a credere a ciò che avevo davanti. Sembrava un angelo. Aveva lunghi capelli corvini, occhi castani e profondi, la pelle dello stesso colore del latte, labbra rosse come le fragole in estate facevano capolino da quel viso praticamente perfetto. Provai subito una certa simpatia verso quella ragazza così decisi di sedermi di fianco a lei per scambiare qualche parola. Mi disse di chiamarsi Izayoi e di essere la figlia del capo-villaggio. Ci intrattenemmo a parlare per qualche minuto finchè non la vidi tremare dal freddo e le proposi di accompagnarla dentro. Lei accettò e una volta giunti in prossimità delle sue camere mi salutò con un dolce sorriso.
Quella notte non riuscii a dormire. Ogni volta che chiudevo gli occhi mi tornava in mente la sua immagine. All’ombra delle stelle capii di essermi innamorato di lei e di non poter più vivere senza quel sorriso. Sapevo di star simpatico al capo-villaggio e decisi di sfruttare la situazione in mio favore. L’indomani mattina andai a chiedere la mano di Izayoi direttamente a suo padre che subitò accettò felice l’idea che la sua unica erede andasse in sposa ad un valoroso generale come me.
Subito chiamammo Izayoi per darle la bella notizia. Quando lei entrò nella stanza mi sembrò di toccare il cielo con un dito tanto era bella. Vedendomi mi sorrise e io mi inchinai di rimando. Suo padre le disse che presto io sarei diventato suo marito, a quel punto il suo viso cambiò radicalmente. Sulle sue labbra non era più dipinto il solito sorriso e le gote un tempo rosa, divennero d’un tratto pallide. Cercò di dire qualcosa ma ciò che ne uscì fu solo un debole balbettio. Sia io che suo padre imputammo il suo repentineo cambio di umore alla notizia improvvisa, certi che anche lei come noi fosse felice delle nozze imminenti.
Presto però mi dovetti ricredere. Per quasi una settimana non la vidi più a tavola e le sue damigelle non riuscivano a spiegarmi il motivo di tale prolungata assenza. Decisi dunque di andare a cercarla personalemente. Uscii in giardino e mi recai nel luogo del nostro primo incontro, guidato dall’istinto continuai ad avvicinarmi alla panchina finchè non udii delle voci. Di colpo mi fermai e mi nascosi dietro un albero di ciliegio. Ciò che vidi mi lasciò completamente basito. La mia bella e dolce Izayoi era seduta sul prato, davanti a lei un grande demone dagli occhi ambrati e le mani artigliate. Lo scrutai attentamente cercando di capire di che razza fosse, poi ad un tratto capii: si trattava del grande Inutaisho, un demone maggiore che viveva nelle terre dell’ovest. Sentii Izayoi dirgli che suo padre le aveva imposto di sposarmi, il demone a quella notizia trasalì, sembrò come scosso da un fulmine. Gli occhi di lei improvvisamente si riempirono di lacrime, un battito di ciglia e le sue guance vennero attraversate da un pianto carico di tristezza e desolazione. Lui fulmineo si inginocchiò e la strinse a sé. Le sue mani tentarono di cancellare quelle lacrime e le labbra di entrambi si unirono in un tenero bacio. Dentro di me la rabbia aumentava sempre più. Quando si staccarono Izayoi pose le sue piccole mani sull’ampio petto del demone e gli sussurò qualcosa all’orecchio. Non capii cosa disse ma vidi il demonio prenderla fra le braccia e farla volteggiare per aria sorridendo pieno di felicità. Le disse che non poteva fargli regalo più grande che un bambino.
In quel momento si consumò la morte della mia anima sotto quell’albero di ciliegio, tra i fiocchi di neve. Non potevo crederci, la mia donna, colei che amavo, non solo era la compagna di un demone ma aspettava persino un figlio da lui. Era troppo per me, sentii tutte le mie certezze sgretolarsi in un istante. I miei sogni di vita erano infranti. Decisi che se Izayoi non fosse stata mia, allora non sarebbe stata di nessun altro.
L’occasione per adempiere al mio piano si presentò nove mesi dopo. Lui era in guerra, lontano da lei, ormai prossima al parto. In una notte d’eclissi di luna le si ruppero le acque e iniziò il travaglio. Ore di dolori lancinanti per mettere al mondo un essere impuro che mai avrebbe avuto pace. Aspettai che il mostro venisse alla luce e andai da lei.
Mi scambiò per lui, per quell’odioso demonio che aveva osato circuirla. Le dichiarai nuovamente i miei sentimenti e la trafissi con la mia lancia. Uscii dalle sue stanze convinto di aver terminato la mia vendetta, quel lurido demone non sarebbe mai venuto, per lui la mia donna era stata solo un mezzo per sfogare la passione di un attimo. Contro ogni mia previsione però lui arrivò e mi chiese dove fosse Izayoi. Gli risposi che l’avevo portata dove le sue mani non l’avrebbero più potuta sfiorare e che l’avevo fatto con le mie stesse mani. Lui folle di rabbia si scagliò contro di me e in men che non si dica mi amputò un braccio.
Mi accasciai a terra accecato dal dolore. Nuovamente la candida neve veniva sporcata dal rosso del mio sangue, quella volta però non avevo scampo. Mi feci forza, ordinai ai miei uomini di scagliare le frecce infuocate, che il demone perisca con l’intero castello, questo fu il mio pensiero. Tra le fiamme entrai nelle stanze della principessa e la vidi tra le braccia di Taisho, viva. Ero a dir poco sorpreso, non credevo che quell’essere avesse anche il potere di riportare indietro le anime dei defunti. Lui vedendomi le intimò di uscire, di salvarsi, di vivere per lui e per il bambino. Ormai il mio destino era deciso, sarei morto nell’incendio con quel demone. Iniziammo a combattere, io per odio e lui per amore. Le nostre spade si incrociarono, le lame brillarono della luce delle fiamme finchè tutto non venne inghiottito dal fuoco. Morii quella notte, accecato dall’odio e dall’ira, non rendendomi conto che stavo commettendo l’errore più grosso della mia vita: non lasciare alla persona che amavo il diritto di essere felice, anche senza di me.
Ormai sono oltre duecento anni che sconto la mia pena all’inferno, colpevole di egoismo e di omicidio.
Ho avuto molto tempo per riflettere sulla mia vita e sui miei errori. Se avessi la possibilità di tornare indietro cambierei la storia; darei a Izayoi la possibilità di scegliere da sola con chi stare e le lascerei il suo compagno a fianco affinchè egli possa aiutarla a crescere il frutto della loro relazione. Amo ancora molto la principessa e non nego che la vorrei per me ma ormai non posso pretendere nulla, posso solo sperare, sperare che lei mi perdoni per il male che le ho fatto e che non mi odi.
   
 
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