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Autore: JessL_    04/02/2011    19 recensioni
Questo è un EXTRA della storia "Travolgimi", coppia Alex/Elise.
Gli anni passano, cinque son lunghi. Sono avvenuti tanti cambiamenti nella vita di Elise e Alex. E in questa piccola one shot, vedremo uno dei momenti più importanti e belli come coppia. D'altronde, a piccoli passi si può fare tutto, no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Travolgimi'
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Può sembrare strano vedere un mio capitolo postato di venerdì ma questo non è un giorno normale – cioè sì, ma per me no – sono due anni che mi sono iscritta in questo sito... e volevo festeggiare con voi, ecco il perché di questo capitolo.
Per la correzione dei miei obbrobri, si ringrazia LedyEl. Grazie tesoro. 
 

Questa one shot è principalmente per me, perché amo Elise e Alex,
mi sono entrati dentro il cuore e vedere, immaginare, il loro futuro mi ha... riempito di gioia.

E poi l’ho fatto per voi, spero apprezziate.
 
 
 
Dedicata a chi, come me, crede nell’amore e non vuole smettere di crederci.
Dedicata a chi, come me, è innamorata di Elise e Alex.
Dedicata a chi in questi due anni ha continuamente creduto in me, nella mia crescita come persona e come autrice.
Dedicata a chi mi supporta e sopporta tutti i giorni e mi strappa sempre un sorriso anche quando sono di cattivo umore.
A tutti voi, dico semplicemente grazie. Sono passati due anni, ma sembra che tutto ciò sia iniziato solo ieri.
Jess. JessikinaCullen.


Ogni volta che si ama, è l’unica volta in cui si è mai amato.

La differenza dell’oggetto non altera l’unicità della passione: semplicemente, la intensifica.
 Oscar Wilde.



Dalla nascita di un sogno ...


Alex pov.
<< Abore, la tua sveglia è già suonata. >> La voce bassa e raffreddata di Elise, mi fa svegliare del tutto. Apro gli occhi e mi perdo nell’osservarla: è stesa di lato, coperta fino al naso dal piumone - va bene che siamo a gennaio ma sta male, stanotte tra vomito, raffreddore, febbre e mal di gola, direi che ci ha dato dentro alla grande; veramente sono due giorni che va avanti così... e lei sembra quasi a pezzi. Sta dormendo poco e soprattutto tossisce spesso. Eh sì, ha anche la tosse – e mi guarda con gli occhi lucidi- sintomo che la febbre c’è ancora.
Le accarezzo una guancia e le sorrido. << Hai dormito almeno un po’? >>
<< Giusto un po’. >> Annuisco e sospiro. Mi attende il lavoro, anche se preferirei di gran lunga rimanere qui e accudirla, facendole da infermiere.
<< Mi raccomando, stai a letto. >> Ed ecco che il rompiballe che è in me esce fuori, e quando ciò accade di prima mattina, è grave.
<< Sì certo, papà. >> Ridacchio e scendo dal letto per andare in bagno. Non è che io abbia dormito chissà quanto più di lei, solitamente preferisco aspettare che lei dorma per poi crollare anch’io ma in questi giorni sembra che stia sempre nel dormiveglia e io quando piombo piombo.
Una volta solo, è inevitabile che io mi guardi attorno. Il nostro bagno è piuttosto spazioso, non ci possiamo lamentare, abbiamo tutto. Oramai è un anno che siamo sposati, oramai sono tre anni che abitiamo insieme. Ne abbiamo approfittato subito quando Elise ha trovato lavoro a diciannove anni, forse eravamo ancora entrambi troppi piccoli, ma tutto sommato ce la siamo cavata bene. Abbiamo un appartamento di due camere e cucina e sinceramente lo trovo perfetto.
 
<< Zio Mario ha detto che vuole parlarmi oggi. >> Dico sedendomi sul letto per mettermi e allacciarmi le scarpe. La sento muoversi e poi abbracciarmi da dietro rimanendo in ginocchio sul materasso.
<< Sai già di cosa? >> Mi chiede con voce bassa, a causa dell’abbassamento di voce. Odio vederla stare male.
<< No, però sono curioso. Penso sia una cosa veramente importante, altrimenti non sarei andato a lavoro oggi. >> Come ho fatto ieri e l’altro ieri. Lei ed io, in questa casa, tranquilli. Lei moribonda.
<< Devi andarci, non puoi rimanere a farmi da balia. Io sto bene. >> Alzo un sopracciglio e sorrido lievemente quando mi volto per guardarla.
<< Tu stai bene? Cavolo e quando stai male come ti riduci? >> Sbuffa facendomi ridere.
<< Vabbè dai, hai capito. E comunque non possiamo rimanere entrambi a casa! >> Alzo gli occhi al cielo. E mentalmente ammetto che ha ragione. Non abbiamo problemi economici, per carità, abbiamo il mutuo da pagare e tutto il resto delle spese ma per quanto non viaggiamo nell’oro, non ci possiamo lamentare. Riusciamo persino a toglierci qualche sfizio grazie ai nostri stipendi.
<< Hai ragione. >> Ammetto distogliendo lo sguardo e la intravedo sorridere vittoriosa per poi afferrare l’ennesimo fazzoletto di carta. << Ci sentiamo dopo, ora devo proprio andare, quando ho la pausa ti faccio sapere che cosa voleva dirmi zio Mario. Tu riposati, stai a letto, ok? >>
<< Alex, >> Mi si avvicina e rimettendosi nuovamente in ginocchio, mi passa le braccia dietro al collo. << Vai a lavoro tranquillo, davvero. Ci sentiamo dopo. >> Annuisco guardandola intensamente e infine le poso un leggero bacio sulle labbra. Ecco una cosa che mi fa odiare ancora di più l’influenza che si è presa: non riesco a baciarla come si deve.
 
<< Eccoti, nipote disgraziato! >>
<< Mi fai gli agguati? No perché vorrei farti notare che ho solo aperto la portiera, non sono ancora sceso dall’auto. >> Mio zio alza gli occhi al cielo e dice di sbrigarmi che vuole parlarmi. Sorride, non può essere una brutta cosa, giusto?
<< Dai spara. >> Dico una volta seduto nel piccolo “studio”.
<< Ho intenzione di lasciarti la baracca. >> Sto un secondo in silenzio, ma quando metabolizzo le sue parole, non posso non sgranare gli occhi e guardarlo frastornato e stupito.
<< Cosa? Scherzi? Non sei così vecchio! >>
<< Beh in effetti i miei anni non li mostro ma sono stufo, posso andare in pensione, quindi ci vado. E so che tu riuscirai a fare un buon lavoro, d’altronde ti ho fatto entrare in società, due anni fa, giusto perché ti abituassi a tenere il comando. Non cambierà niente e comunque una mano potrò dartela lo stesso. >>
<< Scusa, sono scioccato. >>
<< Bene, mentre ti... riprendi... vado a lavorare. >> E se ne va, così! No, mio zio non è normale. Io davvero, non ci credo.
 
Elise pov.
Cavolo ma chi è che suona alla porta? Abbastanza agilmente, scendo dal letto e vado ad aprire, quando mi vedo di fronte Alessia, ricordo che avevamo un... “impegno”.
<< Oh cavolo. >>
<< Eh già, vedo che sei messa proprio bene. Non ti sento per due giorni e diventi... un morto vivente? >> Mi prende in giro mentre entra in casa e io sbuffo per poi soffiarmi il naso e tossire. La seguo in cucina e la osservo mentre si disfa del giubbotto e appoggia la busta sul bancone.
<< Stai bene? >> Mi chiede. Io alzo un sopracciglio e lei ridacchia. << Ok, domanda stupida, ma sinceramente non parlavo fisicamente. >> Sospiro e mi dirigo verso il salotto, mi semisdraio sul divano e mi copro con il plaid, Ale mi segue.
<< Più o meno. Non ho avuto modo di pensarci in questi ultimi giorni, però grazie per aver fatto tu l’acquisto e di essere qui. >> Mi sorride e muove la mano come per scacciare una mosca; in pratica non vuole che la ringrazi. È sempre la solita.
<< Non preferisci aspettare Alex? >> Scuoto il capo fermamente.
<< Ho un’idea in mente e se le cose vanno come penso, beh dovrai chiamare Gigi. >> Alessia sgrana gli occhi.
<< Perché dovrei chiamare il mio “santo” fidanzato? >>
<< Contando che di santo non ha niente, direi che uno con i muscoli ci servirà. >>
<< Sempre se le cose vanno come pensi. >> Annuisco e mi alzo tornando in cucina.
<< Sei malata, non dovresti continuare a fare avanti e indietro. >>
<< Mi sono imbottita di medicine e comunque non riesco a stare ferma, mi annoio. >>
<< Sei sempre la solita. >> Ridacchia e io sorrido per poi afferrare la scatolina che c’è dentro la busta della farmacia. Il cuore aumenta il battito e un po’ d’ansia s’impossessa di me, tanto che decido di sedermi. Ho avuto anche fin troppi giramenti di testa in questo periodo.
<< Ho visto Sandra. >> Butta lì con non curanza mentre si versa del caffè in una tazzina. Il mio stomaco si stringe e ammetto che quasi mi spiace che abbia interrotto i miei pensieri per una cosa simile.
<< E allora? >> Chiedo un po’ inacidita. Ne sono successe di tutti i colori in questi anni. E molte cose sono cambiate, nel bene e nel male.
<< E allora niente. Mi ha chiesto di te. >> Scrolla le spalle e beve un altro sorso. Aggrotto la fronte e lei sospira. << Ok... parlo>> Sapevo che avrebbe ceduto. << È vero che mi ha chiesto di te, però è anche vero che si vedeva che era agitata, perché per quanto mi spiaccia ammetterlo, non è così stupida da non sapere che ti avrei riferito l’accaduto. Io sono stata un po’ distaccata e lei mi ha detto di non dovere, perché in pratica non c’entro niente, ma io sinceramente ho ammesso che tutto sommato l’ho sempre “sopportata” per farti contenta. Perché non si poteva di certo chiamare amicizia quella che c’era tra me e lei. Ho perfino aggiunto che intanto io c’ero e ci sono nella tua vita e lei no, ma solo perché se l’è andata a cercare e che mi sembra inutile venire a chiedere “informazioni” quando poteva pensarci prima o avrebbe potuto risolvere. >>
<< In pratica le hai dato il colpo finale che non le ho dato io. >>
<< Sì, in pratica sì e comunque non me ne pento, ti voglio troppo bene e a causa sua ti ho visto stare troppo male. Stai troppo male, eppure è passato quasi un anno. Mi spiace quasi dirlo, ma cavolo aveva ragione Alex. >> Abbasso nuovamente lo sguardo e cerco di non riportare alla mente istanti e ricordi non felici. Non voglio stare male anche emotivamente. Sono già piuttosto lunatica, mi basta poco per cambiare il mio umore e sinceramente mi sento già poco bene fisicamente per preoccuparmi di momenti passati.
<< Non dirglielo, si gaserebbe troppo. >> La butto sul ridere e lei capendo mi fa solo un lieve sorriso.
<< Allora... che vuoi fare? Aspetti Alex? >> Ridacchio.
<< Ti ho detto di no, lo faccio adesso. >>
<< Certo che sei testarda eh! >> Lo dice ridendo e io non posso non sorridere.
<< Sì, molto. >> Afferro la scatolina, e lo stomaco si stringe nuovamente. Con gambe tremanti, mi alzo e vado ad afferrare un elastico. Alessia mi segue con lo sguardo.
<< Ora dove stai andando? >> Mi chiede guardando con un sopracciglio alzato le mie ciabatte con la faccia di Paperina. Abbasso lo sguardo sui miei piedi.
<< Che hai contro le mie ciabatte? Sono tanto carine e tengono tanto tanto caldo. >>
<< Alex le ha di Paperino? No perché in quel caso, lo prenderei in giro a vita. >> Rido.
<< No mi spiace, mi ha impedito di comprarle. E comunque ho fatto un affare ad acquistarle, queste, perché tengono caldo e ora che sono malata sono utili. >>
<< Sì anche perché di solito non sai nemmeno cosa siano le ciabatte, camminando sempre scalza. >>
<< Esatto. Comunque sto andando a fare la pipì su un bastoncino. >>
<< Sapevo che eri strana, ma non fino al punto di farla su un bastoncino. >> La guardo male mentre ride, scuoto la testa, dicendo che grazie al cielo la mia migliore amica – tutto sommato – è sempre la solita idiota.
 
Alex pov.
<< Elise, amore? Che diamine hai combinato? >> Mi è inevitabile urlare queste parole non appena torno a casa, per pranzo. Non ho resistito a non vederla e sentirla solamente. Ho bisogno di parlarne con lei sulla promozione. Siamo fatti così, le decisioni le prendiamo assieme.
<< Alex? >> La voce trafelata, rauca, della mia fidanzata arriva da “lontano”. Non ci capisco più nulla, non sarebbe dovuta rimanere nel letto? Allora perché ci sono tutti questi scatoloni per terra?
<< Non è che vengo di là e ti trovo con l’amante, vero? >> Lo dico ridacchiando e sentendo il suo sbuffo – ovviamente seguito subito dopo dal suo soffiarsi il naso – mi fa divertire maggiormente.
Appena riesco ad affacciarmi dalla camera che era quasi... uno studio, rimango con la bocca aperta e duemila domande per la testa senza risposta. Che diamine è successo? Sì, questa è sicuramente la prima domanda che mi sono fatto ma... non riesco a portarla fuori, è come se fosse rimasta bloccata nella gola.
<< Che, che ci fai a casa? >> Mi chiede agitata Elise, tutta sporca di vernice con una salopette che oramai sembra diventata del colore dell’arcobaleno invece che di jeans.
<< Avevo bisogno di vederti e di parlarti... che ti è preso? Perché la camera è vuota e la stai pitturando? >> Non sono arrabbiato – anche se doveva rimanere a letto – so com’è fatta, non riesce a stare per troppo tempo ferma quando è malata però... c’è qualcosa sotto, ne sono certo e vedere Gigi che spunta da dietro di me con una latta di vernice e anche lui sporco dalla testa ai piedi, mi dà l’ennesima conferma.
<< Tu non dovresti essere qua. >> Lo dice seriamente e io alzo un sopracciglio.
<< Se per questo, nemmeno tu. Ma la differenza tra me e te, è che io qui ci abito. >> Lui sorride e scrolla le spalle per poi superarmi e entrare in camera.
<< Cosa sono tutti quegli scatoloni nel corridoio? >> Chiedo ad Elise, dopo che Gigi inizia a occuparsi di una terza parete, pitturandola di azzurro. Le pareti nella stanza sono quattro... prima era tutta pitturata di argento chiaro, con i brillantini o qualcosa del genere, ora invece una parete è rosa, una è di un verde chiaro non tanto fastidioso e quella che sta pitturando Gigi diventerà azzurra... ma perché? L’influenza ha fatto ammattire Elise e non me ne sono accorto?
<< Beh pitturare con i mobili e con la roba al suo interno, non era comodo. >> Annuisco come un deficiente. Ci capisco sempre meno.
<< Sì... ma perché stai pitturando? Soprattutto di così tanti colori assieme, non è da te... >> Ammetto infine abbassando la voce e guardandola sempre più stranito. << Sei sicura di stare bene? >>
<< Sto bene, davvero ma tu hai rovinato la sorpresa. >> Gonfia le guance ma subito dopo tossisce e io mi avvicino. Quando si riprende, si rivolge direttamente a Gigi.
<< Gigi grazie per l’aiuto, sei stato veramente gentile ma direi che poiché Alex ha rovinato la sorpresa, finirà lui. >> Il mio amico ridacchia e abbandona sul pavimento gli attrezzi usati. Ci si avvicina e guardandomi scuote il capo.
<< Sei un guastafeste. >> Alzo un sopracciglio guardandolo male ma alla fine sospiro.
<< Alessia dov’è? >> Gli chiedo per cambiare discorso e magari addolcirlo.
<< Semplice: a lezione. >> Annuisco e torno a guardare Elise che sta nuovamente tossendo.
<< Non ne posso più di stare male. >> Mormora afferrando un fazzoletto.
<< Ok, io vado... poi fammi sapere. >> Dice Gigi rivolto ad Elise. Ecco, che deve fargli sapere? Non mi piacciono i misteri, cioè sì, ma solo nei film. Elise annuisce senza parlare e lo saluta per poi accompagnarlo alla porta. Non ci mette troppo tempo a tornare in camera e io mi chiedo se si è scritta dove e come mettere i piedi per non inciampare negli scatoloni.
Ha un qualcosa in mano ma sinceramente non so che cosa sia. La osservo e lei sorride.
<< Di che cosa volevi parlarmi? >> Lo chiede con tranquillità ma sinceramente... ora non voglio parlare del lavoro.
<< Ehm... perché non mi dici prima che stavi facendo? >> Sorrido e lei aggrotta la fronte ma la vedo arrossire.
<< No dai, dimmi che voleva dirti zio Mario. >> Mi abbraccia la vita ed io cedo con un sospiro. Ha capito subito di cosa volevo parlarle... chissà se la notizia la sconvolgerà quanto me... probabilmente no. Sembra strano ma quando si parla di queste cose, è più razionale di me.
<< Non preferisci sederti? >> Scuote il capo e allora riprendo a parlare.
<< Sai che prima del nostro matrimonio siamo diventati soci, no? Ha detto che così almeno avrebbe dovuto pagare meno spese e altre cose, beh... ora vuole lasciarmi tutto. Vuole che sia io a portare avanti la carrozzeria. Diciamo che praticamente lo sto già facendo perché zio da quando mi ha fatto diventare socio non c’è praticamente mai, però... non è troppo? Ho solo venticinque anni, sono pronto a prendermi tutta la responsabilità sulle spalle? >> Ho parlato velocemente e senza guardare i suoi occhi, ho fissato insistentemente la parete rosa di fronte a me. Torno a guardarla solo quando mi accarezza una guancia, sta leggermente sorridendo.
<< Alex, lo so che puoi essere spaventato ma come hai detto tu stesso, è come se lo stessi già facendo... se te la senti, accetta. Hai la prima approvazione se sei venuto fin qui per questo. >> Lo dice in modo sereno, tranquillo, e in un certo senso mi tranquillizzo a mia volta, anche per merito delle sue carezze sulla schiena.
<< Non è che io sia venuto qua proprio per questo, volevo parlartene. Tu riesci a tranquillizzarmi e da quando mio zio mi ha buttato la bomba, non ci ho capito più niente. Infatti ho lavorato ben poco. >> Ammetto grattandomi la nuca mostrando il mio imbarazzo. << E comunque sei mia moglie, devi essere al corrente dei cambiamenti e delle scelte, non trovi? >>
<< Oh sì, è anche per questo che dovrei sgridarti per essere tornato a casa, hai rovinato la mia di “comunicazione importante”. >> È divertita ma io lo sono ancora più di lei a causa della sua voce. Il raffreddore le cambia quasi le parole e automaticamente mi fa ridere. Evito di farlo però, non solo perché si offenderebbe ma anche perché sono curioso e non capisco per quale motivo il mio cuore abbia iniziato a battere più forte.
<< Comunicazione importante? >> Chiedo dopo essermi raschiato la gola. Elise annuisce allargando il suo sorriso.
<< Sì beh... in questo caso è meglio che a sedersi sia tu. Lo dico per te... >> Aggrotto la fronte e deglutisco cercando di non svenire. Devo sedermi? Che cazzo deve dirmi? Cerco una sedia e la trovo non tanto lontana da me. Magari era qui per me? No dai, magari era qui perché Elise tutto sommato non può stare in piedi per troppo tempo senza stancarsi. La faccio sedere sulle mie gambe e lei mi circonda il collo con le braccia.
<< Ammetto che non so come dirtelo, non mi sono organizzata con un discorso, non è da me... però, cavolo, forse era meglio che lo facessi perché non so proprio da dove iniziare. >> Per tranquillizzarla, o meglio per farmi “sentire” poiché non riesco a parlare, le accarezzo una coscia. La vedo deglutire e mi viene spontaneo chiedermi dove sia sparito il suo sorriso.
<< Tre giorni fa mi sono vista con Alessia, Veronica, Eleonora e le altre e... beh parlando mi hanno fatto sorgere un dubbio... >>
<< Un dubbio? >> Lo so è stupido chiederglielo, poiché lo ha detto lei stessa, ma l’agitazione è tanta, il mio stomaco si sta stringendo in una morsa sempre più soffocante e comunque le parole mi sono scappate dalla bocca.
<< Sì... cioè, parlando e scherzando come nostro solito, si è parlato del futuro e mi è venuto in mente il fatto che sono due mesi che ho smesso di prendere la pillola. >> S’interrompe e mi guarda con gli occhi lucidi, ora non so più se solo per la febbre.
<< Sì, me lo avevi detto, te lo aveva consigliato il ginecologo per fare degli esami visto che hai avuto alcuni problemi negli ultimi mesi. >> Cercare di capire qualcosa con questa agitazione è piuttosto complicato.
<< Esatto, bene, ieri pomeriggio, parlando al telefono con Alessia, mi sono resa conto che uno dei discorsi che... di cui parliamo sempre più spesso io e te, potrebbe non diventare solo un discorso ipotetico. >> Perdo un battito.
<< Elise? Di che stai parlando? >> Sospira e infine mi afferra il viso tra le mani.
<< Hai presente la bambina con i lunghi capelli boccolosi e neri che immaginiamo? Con le sue fossette mentre sorride e magari gli occhi verdi come le nostre madri? Hai presente il bambino con la divisa da calcio e i capelli a spazzola o con gli occhiali da sole tipo “sono un piccolo figo”? Bene, tutto ciò potrebbe non essere più solo un pensiero... dei sogni. >> Il mio respiro non è più regolare, i miei occhi ora sono lucidi e non posso non stringerla maggiormente a me e guardarla negli occhi.
<< Ne sei certa? >> Chiedo con voce roca, con l’emozione che traspare da tutti i pori.
Elise sorride e tira fuori da una delle mille tasche che ha la sua salopette, un... bastoncino.
<< È un test? È un test di gravidanza? >> Chiedo sempre guardando lei. Elise annuisce.
Da quando stiamo insieme, non abbiamo mai avuto questo genere di “problema”, nel senso che siamo sempre stati attenti e che quindi io... è come se vedessi un test per la prima volta.
<< Ed è positivo? >> Chiedo con voce strozzata. Non riesco ad abbassare gli occhi, e poi... non credo che riuscirei a capirlo se non ci fosse scritto chiaro e tondo, non penso che Elise abbia comprato uno di quelli su cui appare “Sei incinta; non sei incinta” e da quante settimane.
<< Me lo ha portato Alessia. >> Dice senza rispondermi e mi viene spontaneo sbattere le palpebre un po’ frastornato. << Le ho chiesto di andarlo a comprare perché... beh io sono impossibilitata a uscire e poi... avevo paura. Non di andarlo a comprare ma della tua reazione. Forse avrei dovuto dirti del ritardo, forse avrei dovuto accennarti dei discorsi usciti con le mie amiche e subito dopo dei sospetti quasi concreti a cui non ho fatto altro che pensare in questi giorni... magari avremmo dovuto farlo assieme questo test, ma... avevo paura della tua reazione. >> Mi sta mettendo al corrente di tutto, dei suoi dubbi, delle sue paure... di tutto. E la sua agitazione è palpabile.
<< Hai pensato che questo bambino non lo volessi? >> Spero mi dica no, perché sa che adoro i bambini e sa benissimo che amerei i nostri quanto amo lei. Ne abbiamo parlato tanto, soprattutto da quando siamo andati ad abitare assieme, ma erano solo discorsi, in realtà nessuno dei due si è mai messo lì a pensarci veramente. Non almeno al fatto che sarebbe veramente potuto arrivare un nuovo membro in famiglia. Da quando siamo sposati, forse abbiamo iniziato a parlarne meno come un’ipotesi e più come se si potesse fare, però... non avrei pensato che sarebbe capitato quando meno ce lo saremmo aspettati.
<< No! >> Quasi urla e allora mi chiedo di cosa avesse paura. << No, so, sapevo, che non l’avresti presa male, ne abbiamo parlato tanto ma proprio per questo comunque una certezza non ce l’avevo. Un conto è parlarne, un altro è quando ci troveremo con un pargolo tra le braccia. >>
<< E sarà fantastico. >> Dico sorridendo accarezzandole una guancia.
<< Sì, è vero. Sarà fantastico... però a Gigio lo dici tu. >> Scoppio a ridere, più che altro per il cambio repentino del tono della sua voce, da dolce è diventato quasi un ordine.
<< Mi vuoi morto già prima di partorire? >> Mi tira un piccolo scappellotto e io ridacchio. << Suvvia, ha accettato di buon grado il matrimonio, figurati se non prende bene la notizia di diventare nonno. >> Abbassa lo sguardo sorridendo e io non ci capisco più nulla, è bellissima.
 
Elise pov.
I ricordi mi sopraffanno e mi lascio cullare dai bei momenti.
 
<< Sembri piuttosto teso. Che cos’hai? >> Era un semplice mercoledì sera di un anno e mezzo prima, ci trovavamo al McDonald’s con Alessia e Gigi ma Alex era strano, sembrava quasi cianotico. E questo non premetteva nulla di buono.
<< Ma no, niente è che... no, niente. >> Scosse il capo ed io lo guardai per fargli capire che volendo poteva parlare, tanto eravamo tra di noi, era inutile non togliersi un sassolino nella scarpa. Certo, in quel caso non si trattava di un sassolino ma io mica lo sapevo!
<< Dai, spara. >> Mormorò Gigi. Il punto è che non lo disse con curiosità o per prenderlo in giro... no, lui sapeva, si vedeva, era chiaro che lo sapeva ma io non riuscivo ancora a capire.
<< Qui? Ora? >> Alex era piuttosto... sembrava un pazzo. Gigi annuì solamente e Alessia lo guardò con sospetto.
<< Perché tu lo sai e io no? >>
<< Perché se il mio migliore amico mi confida una cosa, io non devo per forza dirlo anche a te. >> Quei due diventavano più uniti ogni giorno che passava. Li adoravo, erano troppo belli assieme e poi il punzecchiarsi in continuazione mi faceva divertire.
<< Ah sì? Bene, scordati del mio corpo finché non avrai capito che avere segreti può essere deleterio. >> Gigi sgranò gli occhi e poi si voltò verso di Alex inferocito.
<< Dillo, perché sennò diventerò il tuo peggior incubo. >>
<< Siamo in un Mc, Gigi! >> Il nostro amico scrollò le spalle e Alex si passò una mano tra i capelli e s’inumidì le labbra. Mi guardò e mi fece un sorriso agitato. Iniziò a parlare continuando a guardarsi nelle tasche.
<< Il momento è pessimo, nel senso che non volevo dirlo qui, non così in pratica ma... devo dirtelo, perché sono settimane che cerco di trattenermi e ormai non ne posso più. >> Abbassò lo sguardo e mugugnò qualcosa, non riusciva a trovare quello che cercava.
<< Non lo trovo. >> Lo disse in modo agitato, io avevo gli occhi sgranati ed ero solo preoccupata per la sua salute psichica, non riuscivo a collegare l’agitazione con quello che stesse cercando. Non mi aspettavo la sua proposta. Quando riuscì a trovare la scatoletta, me la mise di fronte, appoggiandola sul coperchio della scatolina del mio panino. Lo guardai interdetta, oramai con il cuore a mille. Avevo il terrore di aprire quella scatoletta e per di più, l’urlo soffocato di Alessia mi aveva agitata ulteriormente, ma afferrai la scatola e l’aprii. Guardai l’anello con uno sguardo trasognato. Sentivo che gli occhi si erano fatti lucidi ma non immaginavo che avrei sentito silenzio attorno a me, ero come estraniata e solo incontrando gli occhi, lucidi come i miei, di Alex, riuscii nuovamente a far scoppiare la bolla in cui mi ero chiusa.
<< Mi vuoi sposare Elise? >>
 
**
<< Pensi davvero che dirlo a tutti e quattro nello stesso momento sia... un bene? >>
<< Beh, in realtà sono sei le persone a cui lo diremo per primi. >> Aggrottò la fronte, mi chiesi come potesse non arrivarci da solo. Ma d’altronde eravamo ancora nudi, nel letto, abbracciati. Ed era una settimana che continuavo a dirgli che ero stufa di non poter indossare l’anello che mi aveva dato durante la proposta e soprattutto odiavo non poter essere felice e festeggiare con i miei genitori e i nostri amici. Era inconcepibile per me. Ma lui aveva paura di mio padre, e di sua madre... il che era abbastanza infantile, abitavamo insieme da due anni ormai, sebbene Alex fosse certo che questo non avrebbe tranquillizzato mio padre.
<< Chi sono gli altri due? >>
<< Tua sorella e Giorgio. >> Melissa era fidanzata di più di un anno, sotto protesta di Alex, ma ovviamente lei se ne era fregata e portava avanti la sua storia dicendo al fratello di non rompere e che la vita era sua. Per fortuna Alex ha sempre evitato di seguirla, almeno in mia compagnia, se lo facesse con Gigi o Fabio non lo sapevo, e nemmeno desideravo saperlo.
<< Ah già. Ma quello stoccafisso deve per forza venire? >> Sì, lo stoccafisso era Giorgio, era un bravo ragazzo, davvero, ma Alex fingeva di non sopportarlo; sì, anche con me.
<< Alex. >> Lo richiamai e lui sbuffò abbracciandomi meglio.
<< Ok, va bene. Lo diremo a loro, così poi potremmo urlarlo al mondo. >> Risi e lo baciai, perché desideravo essere sua moglie.
 
**
<< Posso dire che è un po’ strano essere a cena tutti insieme? No, perché è accaduto solo una volta che partecipasse anche tuo padre. >> Disse Giorgia con disinvoltura, parlando ad Alex interrompendo così il silenzio imbarazzante che si era creato una volta che ci eravamo tutti seduti al tavolo. Avevamo deciso di cenare in un posto carino, elegante... non troppo caro e conosciuto. Era palese però che fossero tutti sospettosi, soprattutto Giorgia che non riusciva a non guardare il suo ex marito un po’ curiosa della sua partecipazione a quella cena. In effetti Alex non voleva invitarlo ma io avevo insistito, era suo padre, la notizia che dovevamo dare non era una cavolata, doveva essere presente. E per quanto lui non credeva che potesse accettare, si dovette ricredere, perché Francesco acconsentì di buon grado, senza fare domande.
<< Non volete aspettare... che ne so, il dolce? >> Chiesi con voce tremolante. Melissa se la rideva sotto i baffi ma non parlava. Lei non lo sapeva ma era divertita da tutta questa strana agitazione.
<< Sinceramente sarebbe carino capire perché ci abbiate invitato a cena fuori, subito, non a fine pasto. >> Disse Gigio mettendomi ancora più ansia. Era anche lui agitato, chissà che cosa stava pensando, beh in realtà lo scoprì poco dopo che era convinto che la notizia fosse un’altra.
<< Sei incinta? Ti ha messa incinta? >> Chiese dosando la voce e digrignando i denti guardando male il mio fidanzato. Alex indietreggiò come poteva, era seduto sulla sedia ma comunque lo sguardo di Gigio lo aveva terrorizzato.
<< No. No, niente bambini. >> Alex balbettava, era divertente vedere i suoi incubi realizzarsi.
<< E allora che cosa dovete dirci? >> Chiese più tranquilla Giorgia. Alex mi guardò come se mi stesse pregando e afferrando la sua mano, presi a parlare.
<< Non sono incinta. Volevamo passare la serata con voi, con tutti voi, e poi sì, è vero, dobbiamo dire una cosa ma non voglio che la prendiate male né tantomeno che giudichiate. Vi ricordo che amo Alex, >> Dissi inizialmente guardando i miei genitori e poi spostando lo sguardo su quelli del mio fidanzato. << In tre anni ne abbiamo passate tante, ma le abbia superate tutte e ora... >> Mi voltai verso di Alex e lui prese la parola.
<< Quello che in pratica volevamo dirvi è che ci sposiamo. >> La sua voce era sicura, tranquilla. Come se tutta l’ansia, l’agitazione e la paura fossero passate, e in quel momento il mio amore per lui aumentò. << Le ho chiesto di sposarmi una settimana fa. Lei avrebbe chiamato tutti subito per dirlo ma io l’ho bloccata. Volevo prima godermi questa notizia tra di noi e ammetto che la paura della vostra reazione mi ha un po’ frenato ma... vogliamo sposarci. Ci amiamo, abitiamo già insieme, le cose tutto sommato non cambieranno e siamo veramente pronti a fare questo passo. >> Piansi e non solo perché lo facevano anche Giorgia, mia madre e Melissa, ma perché Alex aveva parlato con il cuore in mano. Francesco sorrise solamente e si congratulò con noi, malgrado ciò, detto sinceramente, sia a me che ad Alex premeva la reazione di Gigio. Era immobile, seduto rigidamente sulla sua sedia ed era leggermente impallidito... e forse i baffi si erano anche girati.
<< Uhm... beh non sei incinta, e forse è bene, siete giovani dopotutto ma ammetto che non ero pronto nemmeno a questa notizia. Ma l’accetto. Alex, oramai sei come un figlio per me, e non solo perché stai con mia figlia, ci hai aiutato tanto in questi anni e poi sì, ti sei preso cura di lei e siete cresciuti insieme – sotto alcuni aspetti. Non posso non accettare questo matrimonio né tantomeno non definirmi emozionato per la notizia. L’importante è che siate felici. >> Abbracciai di slancio mio padre, e Alex fece lo stesso. Gigio non era una di quelle persone che parlavano tanto ma quella volta lo fece e piansi come una disperata stringendolo a me e continuando a ringraziarlo.
 
<< Ti sei persa nei pensieri? >> Quasi sobbalzo quando mi rendo conto di essere nella futura stanza di mio figlio, in braccio ad Alex. Mio marito mi asciuga una guancia e solo ora mi accorgo di star piangendo.
<< Sì, nei ricordi. Ero rinchiusa nei ricordi. E comunque mio padre non la prenderà male. E no, non ti voglio morto. Ti amo, come posso volere una cosa simile? >> Chiedo divertita posandogli un bacio sul naso. Lui mi sorride dolcemente.
<< Sai... l’unica cosa che mi spaventa di tutta questa situazione, sono le voglie. Promettimi che non sarai troppo esigente! >> Scoppio a ridere e senza fare nessuna promessa, lo bacio, stringendolo a me.
<< Vieni mammina, andiamo a letto. >> Dico ancora sorridendo una volta che mi stacco a corto di fiato. Odio il raffreddore! Ma in compenso amo lui.





   
 
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