"Virgi, qual è la cosa
che ami di più al mondo?” chiese Katie, nove anni, a Virginia, sua coetanea.
”Non lo so. E tu?”
”La musica.”
”Oh sì, anch’io la musica. Ormai è così palese che lo davo per
scontato”.
Era notte, fuori pioveva.
Il cielo era scuro e le uniche fonti di luce erano la luna, i lampioni e il
tenue bagliore che proveniva da una finestra di una casa, vicino al centro di
Londra. Il buio avvolgeva tutto il paesaggio intorno a Lexington Street.
Il tenue bagliore si spense, segno che anche l’ultimo degli abitanti di
Lexington Street si era deciso ad andare a dormire. Apparentemente erano tutti
immersi nel mondo di quelli che Freud chiamava pensieri in movimento, i
sogni. Apparentemente.
Ma cosa ci insegna l’apparenza, alla fine? C’è una risposta, a questa
domanda?
Sappiamo solo vedere quello che ci mostrano, ma cosa c’è oltre? Non può
essere tutto qui.
Un attimo dopo, qualcuno, al numero nove di Lexington Street, aveva acceso la
luce.
“Esiste un posto dove
la gente sa vedere oltre alle cose?”
chiese di nuovo Katie.
"Cosa intendi dire?”
”Intendo, oltre all’apparenza, oltre a quello che ci mostrano”.
"Non lo so. Tu credi che
esista?”
”Se te l’ho chiesto vuol dire che non lo so”.
Iniziano
così, due bambine, due amiche, a parlare dei loro pensieri,
delle loro paure, delle loro idee, delle loro certezze.