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Autore: aki_penn    07/02/2011    6 recensioni
“Un’anima sana risiede in una mente e in un corpo sano. E aggiungo io: svegliarsi attivi e pimpanti è un ottimo segno di buona salute! Non capisco perché tu ci metta tanto ad alzarti da quel letto!”
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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È una cosina senza pretese, scritta di getto, spero apprezziate.

 

Sei e mezza

 

Erano le sei e ventinove, della mattina. E l’unico rumore che riempiva il silenzio della casa era il ronzio del frigo in lontananza.

A rompere quella pace mattutina fu lo stridio sfacciato della sveglia, quando la lancetta dei minuti coprì il sei elegante che se ne stava sulla parte bassa del quadrante.

Maka si coprì la testa col piumone, come se quello potesse proteggerla dall’irruenza della perfida sveglia. Al terzo trillo si arrese, riemerse dalla trapunta e la spense con un colpo secco della mano, poi si rigirò dall’altra parte e richiuse gli occhi.

Stava sognando che sua eccellenza lo Shinigami si complimentava con lei per aver trasformato Soul in falce della morte, sperava di continuare il sogno, ma anche se non fosse successo sarebbe andata bene comunque, l’importante era dormire.

Si accoccolò nuovamente sul cuscino e in un attimo sprofondò di nuovo tra le braccia di Morfeo.

Esattamente cinque minuti dopo, una seconda, impietosa, sveglia, si mise a suonare, in toni più alti della precedente. Maka alzò la testa, vinta e scocciata, e spense pure quella, buttando subito dopo, a peso morto, le gambe giù dal letto.

Rimase seduta con i piedi a penzoloni, per alcuni secondi, durante i quali le palpebre minacciarono di chiudersi nuovamente.

Prese coraggio e scese giù dal letto, oppure fu colpita da una tale botta di sonno che la fece ondeggiare in avanti tanto da farla cascare dal suo giaciglio, difficile dirlo.

S’incamminò a testa bassa verso il bagno, colpendo in pieno lo stipite della porta, con la spalla, facendosi anche un discreto male. Masticò un’imprecazione assonnata, continuando a camminare per il corridoio, con aria ciondolante, finché non riuscì a infilarsi nella toilette.

Si grattò la testa con aria ebete, prima di trattenere il respiro e sfilarsi il pigiama giallo con sopra disegnati dei piccoli teschi, che a modo loro,  riuscivano a risultare infantili.

Nuda e infreddolita  s’infilò nella doccia e afferrò il pomello dell’acqua fredda.

Sarebbe stato doloroso, lo sapeva, ma era anche altrettanto necessario. Chiuse gli occhi e lo rigò, in modo che dal tubo della doccia scaturisse un getto gelido, che la colsse dritto in testa.

Dovette trattenersi per non urlare. E si strinse nelle spalle, mentre nello stesso tempo teneva salda la mano sul pomello, come se lo volesse spaccare.

Dopo un po’ che si stava sotto il getto freddo però, il corpo finiva per abituarsi, così, neanche un minuto dopo, Maka se ne stava in piedi nella doccia, con la fronte appoggiata alle piastrelle, i capelli fradici e gli occhi irrimediabilmente chiusi.

A salvarla fu il trillo della sveglia che aveva posizionato vicino al lavandino. Staccò la testa dal muro, di scatto, rischiando per lo spavento di perdere l’equilibrio sul pavimento bagnato. Strinse la mano al pomello a cui ara ancora saldamente attaccata.

Si passò il braccio sulla fronte, per spostare una ciocca bionda che le era finita davanti agli occhi. Svegliandosi aveva finito per avvertire di nuovo tutto il freddo dell’acqua, e in un solo, unico, fluido gesto chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia con un salto, battendo i denti per il freddo.

Soul si era lamentato tanto di quella sveglia, che lei si ostinava a voler tenere in bagno, senza apparente motivo. Ci sbatteva sempre contro, facendola volare per terra, infatti buona parte dei pezzi erano tenuti insieme da del nastro adesivo, ma Maka sapeva quante volte quel chiassoso marchingegno le aveva salvato la vita, soprattutto scolastica.

Si asciugò il più velocemente possibile, con l’accappatoio, sbattendo i piedi sull’asciugamano che stava per terra, per i brividi. La doccia fredda di prima mattina, soprattutto d’inverno, era traumatica.

Finalmente vestita scivolò, come un fantasma, fino alla cucina, strisciando i piedi per terra, e rischiando di capottare, per colpa di un tappeto.

Si appoggiò stancamente al bancone della cucina, cercando di fare mente locale. Dove diamine tenevano il caffè?

Si passò la mano sulla faccia, e poi alzò il braccio per aprire uno sportello a caso. Biscotti, grissini, pane da toast, fette biscottate e merendine, no, lì non era.

Aprì quello affianco, zucchero, miele, caffè, marmellata, zucchero di canna, no neanche lì. Lo richiuse.

Guardò poi, accigliata, lo sportello che aveva appena chiuso, per poi riaprirlo e afferrare il barattolo del caffè.

Preparò la moka, con gli occhi che le si chiudevano e si andò a sedere al tavolo. Poco dopo fu svegliata di soprassalto, mentre dormiva con la testa appoggiata alle braccia, dalla bevanda che veniva fuori dalla moka sporcando senza pietà il fornello.

Scattò verso la caffettiera “no, no, no!” sussurrò disperata, cercando di spegnere in tutta fretta il fornello e rischiando di ribaltare tutto, peggiorando la situazione.

Parecchio tempo dopo si era liberata di tutte le macchie scure che insozzavano la cucina, e fissava il suo riflesso pallido allo specchio.

Si tirò le guance e si schiaffeggiò un poco per riprendere un po’ di colore. Erano le sette e mezza, l’ora di svegliare Soul, la colazione era pronta, il bagno asciutto, le sue guance rosee, e aveva l’aria più sveglia ed autorevole del suo repertorio.

Spalancò la porta del suo coinquilino con enfasi e urlò “Soul! È ora di alzarsi!”

Il ragazzo mugugnò e si voltò dall’altra parte “Ancora cinque minuti, Maka” pregò attutito dalla coperta.

La ragazza circumnavigò il letto dell’amico fino a trovarsi faccia a faccia con quel fagotto, e senza tanti riguardi gli strappò le coperte di dosso.

Soul si rannicchiò in posizione fetale, infreddolito.

Maka…” piagnucolò. Un occhio scarlatto si aprì assonnato tra i capelli candidi che gli cadevano sul volto.

“Come fai a essere così pimpante appena sveglia?” domandò flebilmente abbattuto da tanta mattutina energia.

“Un’anima sana risiede in una mente e in un corpo sano. E aggiungo io: svegliarsi attivi e pimpanti è un ottimo segno di buona salute! Non capisco perché tu ci metta tanto ad alzarti da quel letto!” disse.

Non c’era niente di male a barare un po’, l’importante era che lui non venisse a saperlo!

 

 

   
 
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