Titolo: Una medaglia che mai
vedrà ruggine
Genere: future fic
Paring: Arthur x Merlin [friendship]
Rating: verde
Parole: 4265
Riassunto: Un gelido inverno sta mettendo in
ginocchio Camelot. Potrà un giovane Re appena salito al
trono proteggere il suo popolo e la sua terra? Forse è il
momento di chiedere aiuto al Mago di Corte….
Disclaimer: il telefilm Merlin
è proprietà della BBC.
Note: primissima fic che scrissi su Merlin al tempo
della fine della prima serie. La posto solo ora perché era
in via di betatura ma lo è stata solo per metà e
siccome non voglio rompere le scatole alla mia beta ho deciso di
postarla così com’era in origine senza nessuna
betatura quindi se trovate errori o se la fic vi farà schifo
sarà solo per mia incapacità scrittoria. Detto
questo spero però che vi possa piacere almeno un pochino.
Il freddo quell’anno pareva penetrare nelle ossa come un
coltello affilato. Erano decenni, se non secoli che Camelot non era
testimone di un inverno tanto rigido. Era valsa a poco la cerimonia di
nuova incoronazione tenutasi qualche settimana prima…certo
il cambio di regnante aveva scaldato il cuore di molti, ma il corpo e i
campi...quelli, rimanevano gelati sotto strati di neve, come quella che
il nuovo sovrano, alla finestra della stanza del trono, stava guardando
scendere dal cielo. Era un problema grave…non solo per il
freddo che attanagliava il popolo e per il cibo che scarseggiava, ma
anche perché a tutto ciò bisognava aggiungere il
pericolo di attacchi dai regni confinanti. Arthur era diventato re da
poco, e nonostante non fosse più un ragazzino, non era
nemmeno da considerarsi un uomo adulto e carico di esperienza.
Purtroppo non c’era nulla di strano se gli altri sovrani
avessero voluto approfittare del momento di transizione tra il suo e il
precedente governo per attaccare con la speranza di sconfiggere il
giovane re e annettere Camelot ai loro domini. Bisognava difendersi e
aiutare il popolo contro il freddo, queste erano le sue
priorità in quel momento.
Un bussare delicato lo distolse dai suoi pensieri.
Ironico come avesse imparato a comportarsi come si adeguava ad un servo
proprio ora che non lo era più…
“Entra” proferì senza abbandonare lo
sguardo dalla finestra.
La porta si aprì lentamente rivelando una figura vestita di
tutto punto. Una lunga tunica azzurra legata in vita da una cordicella
ornamentale. Sul petto un dragone, simbolo di Camelot, ricamato con
cura con un filo dorato. Sulle braccia un semplice motivo decorativo
anch’esso dorato che arrivava fino alle fine delle larghe
maniche che nascondevano in parte le mani. Sulle spalle un lungo
mantello blu con un cappuccio ripiegato indietro sulla schiena. E sulla
testa un grande cappello a punta anch’esso di
tonalità bluastra.
“Sono pronto, ma… sareste così gentile
da spiegarmi perché devo indossare l’abito da
cerimonia?” domandò Merlin avvicinandosi al suo re.
“è molto semplice, Merlin – rispose il
sovrano sottolineando con il tono di voce, come spesso faceva anche da
giovane, il nome del suo ex servitore – perché
oggi sarà la prima volta che potrai esercitare la magia da
uomo libero. Cosa c’è, non ti piace il tuo
abito?”
Il giovane mago sbuffò “L’abito non ha
nulla che non va…è questo cappello che rasenta il
ridicolo…”
“mmmh capisco” riflettè Arthur
portandosi la mano sul mento
“effettivamente…”
e con un colpo secco e rapido sfoderò la spada facendola
passare sopra la testa dell’amico tagliando in due il
cappello che ricadde a terra ormai inutilizzabile.
“Meglio così?” domandò infine
rifoderando l’arma.
“Si…molto meglio – lo
rassicurò il mago portandosi una mano sulla testa
– però preferirei che la prossima volta che
voleste assecondare una mia richiesta lo faceste in maniera meno
violenta, magari avvisando prima…”
Arthur rise…Merlin era sempre lo stesso, anche ora che era
diventato Mago di corte.
Un nuovo bussare interruppe la sincera risata del re che prontamente si
ricompose ordinando alla persona al di là della porta di
farsi riconoscere…perché Merlin era
l’unico che lui riuscisse a riconoscere anche solo dal
semplice suono che le sue nocche producevano battendo sul pesante legno.
“Sono il capo delle guardie reali, Sire, volevo informarVi
che il popolo è stato raccolto nella piazza e aspetta la
vostra venuta, Maestà”
“Grazie, arriviamo tra un attimo” rispose Arthur
dall’interno della stanza andando rapidamente a prendere il
suo lungo mantello da cerimonia e indossandolo.
“Forza, Signor Mago, andiamo” scherzò
facendo strada a Merlin.
I due si incamminarono nel grande corridoio che li avrebbe portati al
terrazzo degli annunci pubblici. Arthur procedeva con passo spedito, il
mago invece lo seguiva piuttosto lento tant’è che
ben presto il sovrano si fermò a sua volta volgendosi
indietro verso il compagno di tante avventure.
“Che succede?” chiese leggermente scocciato
roteando gli occhi in aria.
“Nulla nulla” si affrettò a rispondere
il mago sorridente allungando il passo e superando il suo
interlocutore. O almeno questa era la sua intenzione prima che un suo
braccio non fosse arpionato dalla grande e robusta mano del re
costringendolo a voltarsi fronteggiando il volto dell’amico.
“Che succede?” ripeté il sovrano, questa
volta senza mascherare un velo di preoccupazione.
Merlin abbassò lo sguardo. Era inutile celare i suoi
pensieri a colui che era da sempre destinato ad essere la sua
controparte nel mondo. Ricordava fin troppo bene quando il Drago in
quella grotta oscura gli aveva rivelato il suo destino. Era nato per
essere nel luogo in cui ora si trovava, a fianco di Arthur, per
seguirlo e proteggerlo sempre. Loro due insieme erano le due facce
della stessa medaglia, e si sa, anche se quelle due facce non potranno
mai vedersi l’una con l’altra continueranno
comunque a percepirsi così come Arthur in quel momento
riusciva facilmente a comprendere che qualcosa stava preoccupando il
mago. Era inutile celare i propri pensieri…
“Siete davvero sicuro di ciò che state per fare?
Vostro padre non ve lo perdonerebbe mai…Lui odiava la
magia…il popolo odia la magia, ne ha paura, la teme come
null’altro al mondo e voi volete farla davvero tornare nel
regno così da un giorno all’altro…Voi
stesso avete più volte definito la magia come
un’arte pericolosa…”
Il giovane sovrano rilasciò un profondo respiro abbassando
la mano con cui ancora artigliava il braccio di Merlin senza
però lasciare la presa.
“ Hai ragione – cominciò – la
magia è un arte pericolosa, ma solo se questa è
nelle mani sbagliate. Ciò che oggi voglio dimostrare ai mie
sudditi è ciò che tu già mi hai
dimostrato più volte. La magia in sé non è che
uno strumento in mano all’uomo e così come una
spada può difendere e allo stesso tempo offendere,
così la magia può proteggere e attaccare. Tutto
dipende da chi la usa e tu, Merlin, - proseguì, lasciando
finalmente andare il braccio del mago e riprendendo a camminare
– tu… mai la useresti per fare del male a questo
regno, di questo sono più sicuro del mio rispondere al nome
di Arthur Pendragon.”
Merlin sorrise rincamminandosi alle spalle del
sovrano…Camelot era nelle mani di un re giusto e saggio, di
questo ne era sicuro…
“Grazie” disse con un filo di voce mantenendo un
sorriso che Arthur non poteva vedere ma che simile si dipingeva anche
sul suo volto.
Arrivarono al terrazzo dopo pochi metri. Le guardie erano ai loro
posti, pronti ad accogliere il Re come il protocollo comandava mentre
Arthur, primo dei due ad affacciarsi al terrazzo, salutava il suo amato
popolo. Promise finalmente una soluzione ai problemi che il freddo
aveva portato a Camelot e ringraziò ogni singolo suddito per
il suo essere presente nonostante la temperatura, solo
perché così il sovrano aveva chiesto, sì,
perché per una volta Arthur non aveva ordinato alla sua
gente di esserci in quella celebrazione, aveva semplicemente chiesto
l’appoggio e la fiducia del suo popolo e questo aveva
risposto con calore in quell’ondata di gelo che minacciava il
regno.
Merlin appoggiato delicatamente allo stipite del finestrone che dava
sul terrazzo guardava la scena e gli era incredibilmente semplice
percepire quanto Arthur amasse Camelot e i suoi abitanti. Quasi non si
stupì quando il sovrano si volse verso di lui per chiamarlo
a presentarsi sfoggiando negli occhi lo stesso affetto che prima aveva
riservato verso i popolani infreddoliti sulla piazza sotto di loro. No,
non se ne stupì, al contrario quella vista non fece altro
che aumentare il sorriso sulle suo labbra.
Arthur gli si avvicinò posandogli delicatamente una mano
sulla spalla e notando in quel momento che il mago stava visibilmente
tremando.
“Che succede? – domandò per la terza
volta in poco tempo – Stai tremando..non sarai mica
emozionato?”
“No, è tutto sotto controllo, non vi
preoccupate” rispose il mago alquanto infastidito per la
risatina canzonatoria con cui il sovrano aveva impreziosito la domanda.
Arthur allargò ancora di più il suo sorrisetto
beffardo lasciando spazio al mago, ma quando questo
abbandonò il suo fianco per portarsi sul terrazzo, sul volto
del re il sorriso si spense all’istante.
Merlin era pallido, più pallido del solito. Arthur si
scoprì leggermente preoccupato mentre guardava
l’amico prepararsi per l’incantesimo.
Il giovane stregone non perse tempo. Alzò le braccia al
cielo e cominciò a pronunciare parole arcaiche,
incomprensibili a tutti i presenti. Gli indici delle sue mani chiuse a
pugno si unirono davanti a lui per poi allontanarsi uno verso destra e
l’altro verso sinistra a disegnare un semicerchio mentre le
mani nel contempo tornavano ad aprirsi sino a fermarsi davanti al suo
volto, una volta riunitesi, a formare una sorta di calice. Poi, senza
interrompere il canto magico che si propagava dalle sue labbra
alzò rapidamente entrambe le mani e fu in quel momento che
le persone sulla piazza cominciarono a guardarsi attorno per via di una
scossa facilmente avvertibile sotto i loro piedi accompagnata da un
rumore sordo, ma stranamente confortante.
Fu proprio Arthur il primo a rendersene conto… delle enormi
lingue di fuoco stavano emergendo dalla terra dai confini della
città agitandosi e unendosi l’una con
l’altra fino a che tutte si incontrarono, guidate dalle
parole del mango, sulle loro teste formando un enorme cupola di fuoco
che ricopriva tutto il regno. Fuoco, calore, vita .. questo sembrava
donare quella cupola infuocata a tutti coloro che incantati la
guardavano. Agl’occhi degli astanti quel fuoco sembrava
racchiudere in sé tutte le qualità positive di cui
l’elemento era simbolo. Tepore e vita prime fra tutte, ma
anche protezione e sicurezza erano le sensazioni che il rosso elemento
irradiava all’interno della cupola, ma quello era un fuoco
magico e mentre per il popolo esso rappresentava la salvezza e la
speranza, per coloro che lo vedevano dall’esterno emanava
pericolo e minaccia.
Spettacolare…il giovane Pendragon non riusciva a pensare ad
altri aggettivi che meglio potessero descrive ciò che si
presentava ai suoi occhi. La potenza della magia di Merlin lo lasciava
ogni volta stupefatto…quante volta era stato salvato da
quella stessa magia? Di quanti ringraziamenti era debitore nei
confronti del suo ex-servitore? Arthur non avrebbe mi potuto dare nulla
che potesse anche solo lontanamente equiparare ciò che
Merlin aveva fatto per lui e per il regno negli anni passati, e
ciò che stava facendo anche ora. Lo aveva fatto diventare
Mago di corte, innalzando enormemente il suo stato sociale, non era
errato dire che ora Merlin fosse di un solo scalino inferiore al re,
perlomeno agl’occhi di tutti eccetto a quelli del sovrano
stesso. In ogni momento in cui il giovane mago dava esempio della sua
magia Arthur si trovava a chiedersi perché, per quale motivo
un mago tanto potente, che avrebbe potuto spazzare via Camelot con un
semplice gesto delle dita aveva invece deciso di donare la sua magia,
la sua potenza a lui, un giovane Re senza esperienza … Per
Arthur, Merlin gli era molto superiore ma questo non
l’avrebbe mai ammesso a voce alta a nessuno, tanto meno a
quel geniale e potente mago idiota.
L’incantesimo era terminato, il fuoco si era ormai
stabilizzato creando una sorta di cielo lavico con quei colori accesi e
intesi che scaldavano anche alla sola vista. Sembrava di stare sotto
una grande fontana ma l’elemento che sgorgava da essa era
l’opposto del normale, non acqua, ma fuoco a portare
protezione e tepore.
Il popolo era stupefatto, la magia poteva essere amica gentile e non
infida avversaria. Fu un lieve battito di piccole manine di un bimbo,
entusiasta per la meraviglia a cui aveva assistito, a iniziare
l’applauso festante per la riuscita
dell’incantesimo e la relativa salvezza del regno. Il popolo
era in festa, la magia era tornata a Camelot, accolta come amica
portata in dono da un giovane imbranato servitore e al tempo stesso
potentissimo e gentile mago.
La felicità dei suoi sudditi che si abbracciavano e
danzavano sotto quello strano cielo infuocato gratificò il
sovrano come poche cose al mondo. Si volse per condivide la sua
felicità con il vero creatore di tale gioia, ma non appena i
suoi occhi si posarono sulla figura di Merlin essi persero ogni luce,
adombrandosi di preoccupazione.
Lo stregone era accasciato a terra, la mano sinistra a reggersi sul
cornicione del terrazzo e la testa appoggiata contro il parapetto. Il
respiro affannato e gli occhi chiusi sul volto percorso da grosse gocce
di sudore.
Arthur gli fu vicino in pochi secondi.
“Merlin! Che succede?” quel giorno aveva
pronunciato quelle parole decisamente troppo spesso per i suoi gusti.
“…è…tutto…sotto
controllo” disse ansimando il mago allontanando con
gentilezza la mano del sovrano che si era posata sulla sua fronte.
“Non dire idiozie! Sei più caldo del fuoco che hai
evocato!” ringhiò Arthur richiamando le guardie
che ancora incantante a guardare il fuoco sulle loro teste non si erano
accorte di nulla.
“Presto andate a chiamare Gaius” urlò
mentre con un rapido gesto alzava Merlin prendendolo tra le braccia.
Era giovane, ma in quegl’anni si era irrobustito
ulteriormente e non era un problema riuscire ad trasportare
l’esile figura del mago.
Le guardie si destarono all’istante nel sentire
l’imperiosa voce del re e veloci si precipitarono alla
ricerche del vecchio medico di corte. Nel contempo Arthur era
già sparito dal terrazzo dirigendosi rapidamente verso le
sue stanze.
“Sire – la voce di Merlin era debole – vi
ripeto…. che…. non è nulla”
“Fai silenzio idiota!” ringhiò il
sovrano senza guardare in volto il peso che le sue braccia reggevano
“Pronuncia anche un’altra sola sillaba e ti
assicuro che ti farò ricordare quanto ti piaceva la verdura
marcia in faccia”
Merlin non rispose, d’altronde non aveva nessuna voglia di
rispolverare quel particolare ricordo di gioventù, si
limitò a chiudere gli occhi sorridendo silenziosamente
lasciandosi cullare dall’andatura di Arthur che nonostante la
velocità gli trasmetteva un senso di pace e sicurezza.
Quando il sovrano raggiunse la porta delle sue stanze vi
entrò con un calcio che quasi divincolò
l’uscio dai cardini, depositò il mago sul letto
notando solo in quel momento come Merlin fosse svenuto. Veloce
com’era entrato uscì dalla stanza. Quando
tornò, al suo seguito vi era il vecchio medico che
nonostante l’età ormai avanzata non aveva voluto
lasciare il suo lavoro e risultava essere ancora il migliore del regno
nel suo campo. Si avvicinò al letto del suo più
caro paziente e cominciò un’attenta visita. Dalla
parte opposta del letto Arthur se ne stava appoggiato al muro con gambe
e braccia accavallate in trepidante attesa che Gaius parlasse e
mugugnando qualcosa sull’incapacità delle guardie
che non erano state abbastanza svelte nemmeno a chiamare un
medico…avrebbe dovuto fare qualcosa a questo proposito, per
esempio circondarsi di una stretta cerchia di guardie o cavalieri di
cui avrebbe davvero potuto fidarsi.
“Allora – chiese dopo alcuni minuti di silenzio da
parte del medico sottolineando ancora una volta la sua tipica
impazienza – cos’ha?”
“Mio signore – cominciò il vecchio
– non riscontro nulla di anormale se non un aumento della
temperatura corporea che si può senz’altro
ricondurre ad un elevato grado di stanchezza. Sono certo che tra poco
tempo si riprenderà…”
sentenziò infine volgendosi verso Arthur.
“…è quello… che stavo
cercando…di dirvi…” la voce di Merlin
costrinse entrambi a rivolgere lo sguardo al letto. La perdita di sensi
non era durata molto.
Fu Gaius il primo a rispondere al mago. Arthur si limitò a
fissarlo con aria alquanto irritata.
“Merlin – sbuffò il medico andando a
toccare la fronte del paziente per controllarne la temperatura
– sempre un esagerato noto, eh? Immagino che quella cupola di
fuoco lì fuori sia la causa del tuo attuale stato, dico
bene?” chiese infine.
Lo stregone sorrise sincero, per niente stupito che Gaius avesse
intuito perfettamente la causa del suo malore.
“Che significa?” cosa che a quanto pare il Re non
aveva ancora colto.
“Vi avevo detto…che.. non c’era
nulla… di cui.. preoccuparsi” rispose il mago tra
un respiro e l’altro cercando gli occhi di Arthur di cui,
disteso sul materasso, poteva solo sentire la voce. Occhi azzurri che
incontrò poco dopo quando il sovrano entrò nella
sua visuale avvicinandosi afferrando uno dei due supporti del
baldacchino ai piedi del letto.
“Esigo delle spiegazioni – decretò
nuovamente passando lo sguardo alternativamente da Merlin a Gaius. Fu
proprio quest’ultimo a rispondere agl’interrogativi
del nuovo sovrano di Camelot che ancora non era a conoscenza delle
regole della magia.
“Vedete Sire – cercò di spiegare il
cerusico – quando viene eseguita una magia di evocazione,
questa richiede una parte dell’energia vitale del mago che la
usa… e come potete vedere anche voi, quella cupola infuocata
li fuori altro non è che una magia di evocazione. Inoltre
Merlin ultimante per via della sua nuova carica ha avuto molto da fare
e si sarà certamente stancato più di quanto non
voglia aver dato a vedere. Conoscete anche voi quanto sia incauto
questo sciocco, avrà esagerato senza pensare alle
conseguenze, ma non preoccupatevi il nostro mago di corte è
certamente uno sciocco, ma è un potentissimo sciocco e
questo malore non è nulla di cui preoccuparsi. Immagino tu
ti senta già meglio Merlin, dico bene?”
“Già - rispose il giovane alzandosi a sedere sul
letto per dare più credito alla sua risposta - molto
meglio!”
Gaius sorrise contagiato dall’espressione del suo ragazzo
come si era ormai abituato a considerarlo e alzandosi dalla sedia posta
vicino a letto chiese di poter tornare al suo laboratorio dove altri
pazienti aspettavano le sue cure.
Arthur gli accordò il permesso resosi conto che il giovane
mago si era praticamente ormai completamente ripreso ad una
velocità straordinaria, forse grazie a qualche facile magia
curativa.
Il vecchio medico lasciò gli appartamenti reali con un
inchino e richiudendo la porta dietro di se lasciò Re e Mago
ai loro discorsi.
Il silenzio calò nella stanza non appena l’anziana
figura se ne fu andata. Merlin se ne stava seduto sul letto del Re
mentre quest’ultimo era ancora in piedi sempre appoggiato
delicatamente al supporto del baldacchino con lo sguardo verso la porta
da cui Gaius era uscito da ormai qualche minuto.
Il mago, non reggendo più la tensione nell’aria,
tentò di aprire bocca per scusarsi, ma fu battuto sul tempo
dalla voce inquisitoria di Arthur.
“Ti ricordi cosa mi hai detto quando ti ho chiesto se potevi
fare qualcosa contro la situazione d’emergenza in cui il
regno versava?”
Merlin, sorpreso dalla strana domanda, guardò il sovrano che
ancora si rifiutava di incrociare il suo sguardo.
“Si – rispose – vi ho detto che avrei
fatto tutto il possibile…”
“NO!” e questa volta Arthur si volse e le spendenti
acquamarine del Re fissarono dritti e senza scampo negli scuri zaffiri
ancora leggermente tinti d’oro del Mago.
“Hai risposto: Non c’è problema, niente
di più facile per me!”
“Beh…sì, ma è la stessa
cos..” non riuscì a completare la frase che
l’altro gli si avvicinò portandosi a fianco del
letto.
“No, non è la stessa cosa. ‘Niente di
più facile per me’ non dovrebbe sottintendere lo
svenire sul terrazzo degli annunci. Sarebbe come decretare di poter
uccide un drago con un colpo solo e tornare in fin di vita ricoperto di
ferite.” Urlò puntando un pugno su letto
abbassando il volto alla stessa altezza di quello di Merlin
“Voi l’avete fatto spesso…”
rispose d’istinto il mago prima di riuscire a fermare le sue
parole.
“MERLIN!!” La furia del Re oscurò
l’azzurro dei suoi occhi mentre la stessa mano con cui aveva
colpito il letto poco prima andava ad artigliare la veste del mago
trascinandolo ancora più vicino a sé.
Era talmente palese e potente l’ira che Arthur emanava che lo
stregone non potè far altro che distogliere lo sguardo e
scusarsi della sua sfrontatezza.
“Mi dispiace” disse con voce flebile ma piena di
convinzione.
Il giovane Pendragon sbuffò e lasciò andare la
presa facendo ricadere il suo ex servitore sul morbido materasso.
“Non mi interessano le tue scuse Merlin - rispose stizzito
andandosi a sedere sulla sedia usata da Gaius poco tempo prima
– voglio solo sapere perché non mi hai detto nulla
sulla pericolosità di una magia di evocazione”
“Perché non è pericolosa! –
rispose lo stregone voltandosi di scatto verso Arthur quasi mettendosi
in ginocchio sul materasso – ho soltanto valutato male le
conseguenze e…”
"Fino a quando continuerai a mentirmi Merlin?"
Le parole di Arthur furono per il giovane mago peggiori di qualsiasi
arma che potesse impiantasi nel suo cuore. La consapevolezza di essere
stato costretto a mentire fin da quando era entrato a Camelot era un
fardello che ancora oggi pesava come un macigno sull’animo
del mago più potente del regno. Aveva dovuto mentire a
tutti, a coloro che lo consideravano un amico, un compagno o anche un
fedele suddito e servitore. Aveva mentito al principe, a colui cui
aveva giurato fedeltà eterna e da cui aveva guadagnato
fiducia reciproca, una fiducia nata e cresciuta nella menzogna,
nell’inganno. Essere costretto ad ingannare colui di cui
più di fidi al mondo, quanto ingiusto era tutto
ciò? Gli era sembrato di tornare a vivere, a respirare
liberamente quando Arthur saputa la verità sulla sua natura
lo aveva perdonato arrivando ad accettare la magia ed a nominarlo Mago
di corte. Era stato così felice di poter finalmente essere
libero di praticare la magia, di poter essere sincero con tutti e di
poter servire il suo sovrano così come il destino aveva
descritto. Si era ripromesso che non avrebbe mai fatto in modo che
Arthur potesse ricredersi di quella decisione, sarebbe stato
all’altezza di qualsiasi compito, avrebbe protetto Camelot e
il nuovo Re con tutte le sue forze perché ciò era
quello che desiderava. Ma non si era reso conto che quella sua
determinazione a non deludere Arthur lo aveva fatto cadere nella
menzogna nuovamente, come un circolo vizioso, come una droga di cui,
poiché usata per così tanto tempo, non puoi
più farne a meno. Aveva mentito a chi già lo
aveva perdonato per lo stesso crimine, aveva mentito al Re, aveva
mentito ad Arthur…di nuovo!
Avrebbe dovuto metterlo al corrente della pericolosità di
una magia di evocazione, certo non pensava che sarebbe addirittura
svenuto, nelle sue previsione sarebbe dovuto solamente sentirsi molto
stanco, ma a quanto pare le tediose e lunghe cerimonie a cui si era
dovuto sottoporre e il tempo rigido degli ultimi giorni lo avevano
già debilitato, indebolendo il fisico più di
quanto non si fosse aspettato. Che stupido era stato, avrebbe dovuto
spiegare ciò che un incantesimo del genere avrebbe potuto
comportare. Avrebbe dovuto dirglielo, ma ormai era troppo tardi per
rendersene conto.
Il senso di colpa lo stava ferendo da dentro, era inutile artigliare il
lenzuolo nel tentativo di contenere il dolore. Non riusciva a far
uscire nessun suono di senso concreto in risposta alle parole di Arthur
che continua a starsene li seduto di fronte con un braccio appoggiato
al bracciolo della sedia e la testa, reclinata leggermente, adagiata
sulla mano.
Un leggero fruscio lo portò ad alzare finalmente gli occhi e
vide Arthur estrarre dalla tasca una moneta in tutto simile a quella
che Merlin nascondeva sotto la veste appesa attorno al collo a
mo’ di ciondolo.
“Due facce delle stessa medaglia, così mi
dicesti…” interrupè il silenzio il Re
rigirando la moneta tra le mani.
Merlin annuì portandosi istintivamente la mani al petto,
dove le dita riuscivano a sentire la consistenza della sua moneta sotto
la veste.
“Dimmi Merlin – domandò ad un certo
punto fermando la moneta tenendola tra il pollice e l’indice
– cosa pensi che succederebbe se una delle due facce
arrugginisse?”
“Che diventerebbe scura..” rispose il giovane mago
dopo alcuni secondi, tentando di ritrovare la parola evitando con tutto
se stesso di guardare l’uomo di fronte a se.
“Idiota!” l’insultò arrivo
pronunciato con una giocosità che scaldò il cuore
ad entrambi. Merlin alzò gli occhi incredulo di sentire di
nuovo quel tono scherzoso rivolto a lui che aveva nuovamente deluso una
delle persone più importanti della sua vita. Ma non
riuscì a incrociare gli occhi del Re che la moneta che
questi teneva in mano fino a poco fa lo colpi con precisione e
intensità sulla fronte andandoci a rimbalzare per poi a
cadere a terra.
Arthur si alzò dalla sedia per recuperare la moneta e mentre
Merlin si massaggiava la fronte dolorante riprese ancora una volta la
parola.
“Quando una faccia si arrugginisce poi finisce per spezzarsi
con facilità e se una faccia si spezza – disse
volgendosi verso il mago – anche l’altra
subirà la stessa fine. Una moneta, una medaglia,
è tale solo quando entrambe le facce sono
integre…mi sono spiegato?”
“Si – rispose lo stregone ancora serio in volto
– non vi mentirò mai più su nulla Sire,
nemmeno sulla più piccola delle cose!”
Arthur annuì tornando a mettere la moneta in tasca e
dirigendosi verso la porta.
“Sire” lo richiamò Merlin quando la sua
mano era ancora sulla maniglia.
Il sovrano si voltò attendendo.
“Avete intenzione di punirmi?” chiese seriamente ma
con un po’ di timore.
Arthur sembrò rifletterci per qualche istante prima di
rispondere.
“Effettivamente lo meriteresti, ma non penso che mettere alla
gogna il mago di corte che ha appena salvato il regno gioverebbe alla
mia immagine di sovrano, non credi?”
“Oh avete perfettamente ragione, mio Signore!” rispose
il moro sul letto raggiante per lo scampato pericolo.
“D’altra parte – riprese il giovane
Pendragon – non posso nemmeno lasciar perdere la tua
insubordinazione… avrei giusto bisogno di qualcuno che mi
lucidasse l’armatura…ricordi come si fa,
vero?” concluse con un sorriso beffardo che si
allargò ulteriormente nel vedere l’espressione di
giubilo sul volto di Merlin tramutarsi in un espressione di tremendo
fastidio.
“Sì, lo ricordo, vostra Maestà”
sbuffò lo stregone.
“Buon lavoro allora” concluse il Re uscendo dalla
stanza mentre il ricordo di giocosi tempi passati riempiva la mente dei
due uomini. Entrambe le facce della medaglia risplendevano continuando
a prendersi gioco l’una dell’altra. Certe cose non
sarebbe mai cambiate.