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Autore: ArashiStorm    08/02/2011    5 recensioni
[future fic]
Un gelido inverno sta mettendo in ginocchio Camelot. Potrà un giovane Re appena salito al trono proteggere il suo popolo e la sua terra? Forse è il momento di chiedere aiuto al Mago di Corte….
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gaius, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Titolo: Una medaglia che mai vedrà ruggine
Genere: future fic
Paring: Arthur x Merlin [friendship]
Rating: verde
Parole: 4265
Riassunto: Un gelido inverno sta mettendo in ginocchio Camelot. Potrà un giovane Re appena salito al trono proteggere il suo popolo e la sua terra? Forse è il momento di chiedere aiuto al Mago di Corte….
Disclaimer: il telefilm Merlin è proprietà della BBC.
Note: primissima fic che scrissi su Merlin al tempo della fine della prima serie. La posto solo ora perché era in via di betatura ma lo è stata solo per metà e siccome non voglio rompere le scatole alla mia beta ho deciso di postarla così com’era in origine senza nessuna betatura quindi se trovate errori o se la fic vi farà schifo sarà solo per mia incapacità scrittoria. Detto questo spero però che vi possa piacere almeno un pochino.




Il freddo quell’anno pareva penetrare nelle ossa come un coltello affilato. Erano decenni, se non secoli che Camelot non era testimone di un inverno tanto rigido. Era valsa a poco la cerimonia di nuova incoronazione tenutasi qualche settimana prima…certo il cambio di regnante aveva scaldato il cuore di molti, ma il corpo e i campi...quelli, rimanevano gelati sotto strati di neve, come quella che il nuovo sovrano, alla finestra della stanza del trono, stava guardando scendere dal cielo. Era un problema grave…non solo per il freddo che attanagliava il popolo e per il cibo che scarseggiava, ma anche perché a tutto ciò bisognava aggiungere il pericolo di attacchi dai regni confinanti. Arthur era diventato re da poco, e nonostante non fosse più un ragazzino, non era nemmeno da considerarsi un uomo adulto e carico di esperienza. Purtroppo non c’era nulla di strano se gli altri sovrani avessero voluto approfittare del momento di transizione tra il suo e il precedente governo per attaccare con la speranza di sconfiggere il giovane re e annettere Camelot ai loro domini. Bisognava difendersi e aiutare il popolo contro il freddo, queste erano le sue priorità in quel momento.

Un bussare delicato lo distolse dai suoi pensieri.
Ironico come avesse imparato a comportarsi come si adeguava ad un servo proprio ora che non lo era più…

“Entra” proferì senza abbandonare lo sguardo dalla finestra.

La porta si aprì lentamente rivelando una figura vestita di tutto punto. Una lunga tunica azzurra legata in vita da una cordicella ornamentale. Sul petto un dragone, simbolo di Camelot, ricamato con cura con un filo dorato. Sulle braccia un semplice motivo decorativo anch’esso dorato che arrivava fino alle fine delle larghe maniche che nascondevano in parte le mani. Sulle spalle un lungo mantello blu con un cappuccio ripiegato indietro sulla schiena. E sulla testa un grande cappello a punta anch’esso di tonalità bluastra.

“Sono pronto, ma… sareste così gentile da spiegarmi perché devo indossare l’abito da cerimonia?” domandò Merlin avvicinandosi al suo re.

“è molto semplice, Merlin – rispose il sovrano sottolineando con il tono di voce, come spesso faceva anche da giovane, il nome del suo ex servitore – perché oggi sarà la prima volta che potrai esercitare la magia da uomo libero. Cosa c’è, non ti piace il tuo abito?”

Il giovane mago sbuffò “L’abito non ha nulla che non va…è questo cappello che rasenta il ridicolo…”

“mmmh capisco” riflettè Arthur portandosi la mano sul mento “effettivamente…”

e con un colpo secco e rapido sfoderò la spada facendola passare sopra la testa dell’amico tagliando in due il cappello che ricadde a terra ormai inutilizzabile.

“Meglio così?” domandò infine rifoderando l’arma.

“Si…molto meglio – lo rassicurò il mago portandosi una mano sulla testa – però preferirei che la prossima volta che voleste assecondare una mia richiesta lo faceste in maniera meno violenta, magari avvisando prima…”

Arthur rise…Merlin era sempre lo stesso, anche ora che era diventato Mago di corte.

Un nuovo bussare interruppe la sincera risata del re che prontamente si ricompose ordinando alla persona al di là della porta di farsi riconoscere…perché Merlin era l’unico che lui riuscisse a riconoscere anche solo dal semplice suono che le sue nocche producevano battendo sul pesante legno.

“Sono il capo delle guardie reali, Sire, volevo informarVi che il popolo è stato raccolto nella piazza e aspetta la vostra venuta, Maestà”

“Grazie, arriviamo tra un attimo” rispose Arthur dall’interno della stanza andando rapidamente a prendere il suo lungo mantello da cerimonia e indossandolo.

“Forza, Signor Mago, andiamo” scherzò facendo strada a Merlin.

I due si incamminarono nel grande corridoio che li avrebbe portati al terrazzo degli annunci pubblici. Arthur procedeva con passo spedito, il mago invece lo seguiva piuttosto lento tant’è che ben presto il sovrano si fermò a sua volta volgendosi indietro verso il compagno di tante avventure.

“Che succede?” chiese leggermente scocciato roteando gli occhi in aria.

“Nulla nulla” si affrettò a rispondere il mago sorridente allungando il passo e superando il suo interlocutore. O almeno questa era la sua intenzione prima che un suo braccio non fosse arpionato dalla grande e robusta mano del re costringendolo a voltarsi fronteggiando il volto dell’amico.

“Che succede?” ripeté il sovrano, questa volta senza mascherare un velo di preoccupazione.

Merlin abbassò lo sguardo. Era inutile celare i suoi pensieri a colui che era da sempre destinato ad essere la sua controparte nel mondo. Ricordava fin troppo bene quando il Drago in quella grotta oscura gli aveva rivelato il suo destino. Era nato per essere nel luogo in cui ora si trovava, a fianco di Arthur, per seguirlo e proteggerlo sempre. Loro due insieme erano le due facce della stessa medaglia, e si sa, anche se quelle due facce non potranno mai vedersi l’una con l’altra continueranno comunque a percepirsi così come Arthur in quel momento riusciva facilmente a comprendere che qualcosa stava preoccupando il mago. Era inutile celare i propri pensieri…

“Siete davvero sicuro di ciò che state per fare? Vostro padre non ve lo perdonerebbe mai…Lui odiava la magia…il popolo odia la magia, ne ha paura, la teme come null’altro al mondo e voi volete farla davvero tornare nel regno così da un giorno all’altro…Voi stesso avete più volte definito la magia come un’arte pericolosa…”

Il giovane sovrano rilasciò un profondo respiro abbassando la mano con cui ancora artigliava il braccio di Merlin senza però lasciare la presa.

“ Hai ragione – cominciò – la magia è un arte pericolosa, ma solo se questa è nelle mani sbagliate. Ciò che oggi voglio dimostrare ai mie sudditi è ciò che tu già mi hai dimostrato più volte. La magia in sé non è che uno strumento in mano all’uomo e così come una spada può difendere e allo stesso tempo offendere, così la magia può proteggere e attaccare. Tutto dipende da chi la usa e tu, Merlin, - proseguì, lasciando finalmente andare il braccio del mago e riprendendo a camminare – tu… mai la useresti per fare del male a questo regno, di questo sono più sicuro del mio rispondere al nome di Arthur Pendragon.”

Merlin sorrise rincamminandosi alle spalle del sovrano…Camelot era nelle mani di un re giusto e saggio, di questo ne era sicuro…

“Grazie” disse con un filo di voce mantenendo un sorriso che Arthur non poteva vedere ma che simile si dipingeva anche sul suo volto.

Arrivarono al terrazzo dopo pochi metri. Le guardie erano ai loro posti, pronti ad accogliere il Re come il protocollo comandava mentre Arthur, primo dei due ad affacciarsi al terrazzo, salutava il suo amato popolo. Promise finalmente una soluzione ai problemi che il freddo aveva portato a Camelot e ringraziò ogni singolo suddito per il suo essere presente nonostante la temperatura, solo perché così il sovrano aveva chiesto, sì, perché per una volta Arthur non aveva ordinato alla sua gente di esserci in quella celebrazione, aveva semplicemente chiesto l’appoggio e la fiducia del suo popolo e questo aveva risposto con calore in quell’ondata di gelo che minacciava il regno.

Merlin appoggiato delicatamente allo stipite del finestrone che dava sul terrazzo guardava la scena e gli era incredibilmente semplice percepire quanto Arthur amasse Camelot e i suoi abitanti. Quasi non si stupì quando il sovrano si volse verso di lui per chiamarlo a presentarsi sfoggiando negli occhi lo stesso affetto che prima aveva riservato verso i popolani infreddoliti sulla piazza sotto di loro. No, non se ne stupì, al contrario quella vista non fece altro che aumentare il sorriso sulle suo labbra.
Arthur gli si avvicinò posandogli delicatamente una mano sulla spalla e notando in quel momento che il mago stava visibilmente tremando.

“Che succede? – domandò per la terza volta in poco tempo – Stai tremando..non sarai mica emozionato?”

“No, è tutto sotto controllo, non vi preoccupate” rispose il mago alquanto infastidito per la risatina canzonatoria con cui il sovrano aveva impreziosito la domanda.

Arthur allargò ancora di più il suo sorrisetto beffardo lasciando spazio al mago, ma quando questo abbandonò il suo fianco per portarsi sul terrazzo, sul volto del re il sorriso si spense all’istante.
Merlin era pallido, più pallido del solito. Arthur si scoprì leggermente preoccupato mentre guardava l’amico prepararsi per l’incantesimo.

Il giovane stregone non perse tempo. Alzò le braccia al cielo e cominciò a pronunciare parole arcaiche, incomprensibili a tutti i presenti. Gli indici delle sue mani chiuse a pugno si unirono davanti a lui per poi allontanarsi uno verso destra e l’altro verso sinistra a disegnare un semicerchio mentre le mani nel contempo tornavano ad aprirsi sino a fermarsi davanti al suo volto, una volta riunitesi, a formare una sorta di calice. Poi, senza interrompere il canto magico che si propagava dalle sue labbra alzò rapidamente entrambe le mani e fu in quel momento che le persone sulla piazza cominciarono a guardarsi attorno per via di una scossa facilmente avvertibile sotto i loro piedi accompagnata da un rumore sordo, ma stranamente confortante.
Fu proprio Arthur il primo a rendersene conto… delle enormi lingue di fuoco stavano emergendo dalla terra dai confini della città agitandosi e unendosi l’una con l’altra fino a che tutte si incontrarono, guidate dalle parole del mango, sulle loro teste formando un enorme cupola di fuoco che ricopriva tutto il regno. Fuoco, calore, vita .. questo sembrava donare quella cupola infuocata a tutti coloro che incantati la guardavano. Agl’occhi degli astanti quel fuoco sembrava racchiudere in sé tutte le qualità positive di cui l’elemento era simbolo. Tepore e vita prime fra tutte, ma anche protezione e sicurezza erano le sensazioni che il rosso elemento irradiava all’interno della cupola, ma quello era un fuoco magico e mentre per il popolo esso rappresentava la salvezza e la speranza, per coloro che lo vedevano dall’esterno emanava pericolo e minaccia.

Spettacolare…il giovane Pendragon non riusciva a pensare ad altri aggettivi che meglio potessero descrive ciò che si presentava ai suoi occhi. La potenza della magia di Merlin lo lasciava ogni volta stupefatto…quante volta era stato salvato da quella stessa magia? Di quanti ringraziamenti era debitore nei confronti del suo ex-servitore? Arthur non avrebbe mi potuto dare nulla che potesse anche solo lontanamente equiparare ciò che Merlin aveva fatto per lui e per il regno negli anni passati, e ciò che stava facendo anche ora. Lo aveva fatto diventare Mago di corte, innalzando enormemente il suo stato sociale, non era errato dire che ora Merlin fosse di un solo scalino inferiore al re, perlomeno agl’occhi di tutti eccetto a quelli del sovrano stesso. In ogni momento in cui il giovane mago dava esempio della sua magia Arthur si trovava a chiedersi perché, per quale motivo un mago tanto potente, che avrebbe potuto spazzare via Camelot con un semplice gesto delle dita aveva invece deciso di donare la sua magia, la sua potenza a lui, un giovane Re senza esperienza … Per Arthur, Merlin gli era molto superiore ma questo non l’avrebbe mai ammesso a voce alta a nessuno, tanto meno a quel geniale e potente mago idiota.

L’incantesimo era terminato, il fuoco si era ormai stabilizzato creando una sorta di cielo lavico con quei colori accesi e intesi che scaldavano anche alla sola vista. Sembrava di stare sotto una grande fontana ma l’elemento che sgorgava da essa era l’opposto del normale, non acqua, ma fuoco a portare protezione e tepore.

Il popolo era stupefatto, la magia poteva essere amica gentile e non infida avversaria. Fu un lieve battito di piccole manine di un bimbo, entusiasta per la meraviglia a cui aveva assistito, a iniziare l’applauso festante per la riuscita dell’incantesimo e la relativa salvezza del regno. Il popolo era in festa, la magia era tornata a Camelot, accolta come amica portata in dono da un giovane imbranato servitore e al tempo stesso potentissimo e gentile mago.

La felicità dei suoi sudditi che si abbracciavano e danzavano sotto quello strano cielo infuocato gratificò il sovrano come poche cose al mondo. Si volse per condivide la sua felicità con il vero creatore di tale gioia, ma non appena i suoi occhi si posarono sulla figura di Merlin essi persero ogni luce, adombrandosi di preoccupazione.
Lo stregone era accasciato a terra, la mano sinistra a reggersi sul cornicione del terrazzo e la testa appoggiata contro il parapetto. Il respiro affannato e gli occhi chiusi sul volto percorso da grosse gocce di sudore.

Arthur gli fu vicino in pochi secondi.

“Merlin! Che succede?” quel giorno aveva pronunciato quelle parole decisamente troppo spesso per i suoi gusti.

“…è…tutto…sotto controllo” disse ansimando il mago allontanando con gentilezza la mano del sovrano che si era posata sulla sua fronte.

“Non dire idiozie! Sei più caldo del fuoco che hai evocato!” ringhiò Arthur richiamando le guardie che ancora incantante a guardare il fuoco sulle loro teste non si erano accorte di nulla.

“Presto andate a chiamare Gaius” urlò mentre con un rapido gesto alzava Merlin prendendolo tra le braccia. Era giovane, ma in quegl’anni si era irrobustito ulteriormente e non era un problema riuscire ad trasportare l’esile figura del mago.

Le guardie si destarono all’istante nel sentire l’imperiosa voce del re e veloci si precipitarono alla ricerche del vecchio medico di corte. Nel contempo Arthur era già sparito dal terrazzo dirigendosi rapidamente verso le sue stanze.

“Sire – la voce di Merlin era debole – vi ripeto…. che…. non è nulla”

“Fai silenzio idiota!” ringhiò il sovrano senza guardare in volto il peso che le sue braccia reggevano “Pronuncia anche un’altra sola sillaba e ti assicuro che ti farò ricordare quanto ti piaceva la verdura marcia in faccia”

Merlin non rispose, d’altronde non aveva nessuna voglia di rispolverare quel particolare ricordo di gioventù, si limitò a chiudere gli occhi sorridendo silenziosamente lasciandosi cullare dall’andatura di Arthur che nonostante la velocità gli trasmetteva un senso di pace e sicurezza. Quando il sovrano raggiunse la porta delle sue stanze vi entrò con un calcio che quasi divincolò l’uscio dai cardini, depositò il mago sul letto notando solo in quel momento come Merlin fosse svenuto. Veloce com’era entrato uscì dalla stanza. Quando tornò, al suo seguito vi era il vecchio medico che nonostante l’età ormai avanzata non aveva voluto lasciare il suo lavoro e risultava essere ancora il migliore del regno nel suo campo. Si avvicinò al letto del suo più caro paziente e cominciò un’attenta visita. Dalla parte opposta del letto Arthur se ne stava appoggiato al muro con gambe e braccia accavallate in trepidante attesa che Gaius parlasse e mugugnando qualcosa sull’incapacità delle guardie che non erano state abbastanza svelte nemmeno a chiamare un medico…avrebbe dovuto fare qualcosa a questo proposito, per esempio circondarsi di una stretta cerchia di guardie o cavalieri di cui avrebbe davvero potuto fidarsi.

“Allora – chiese dopo alcuni minuti di silenzio da parte del medico sottolineando ancora una volta la sua tipica impazienza – cos’ha?”

“Mio signore – cominciò il vecchio – non riscontro nulla di anormale se non un aumento della temperatura corporea che si può senz’altro ricondurre ad un elevato grado di stanchezza. Sono certo che tra poco tempo si riprenderà…” sentenziò infine volgendosi verso Arthur.

“…è quello… che stavo cercando…di dirvi…” la voce di Merlin costrinse entrambi a rivolgere lo sguardo al letto. La perdita di sensi non era durata molto.
Fu Gaius il primo a rispondere al mago. Arthur si limitò a fissarlo con aria alquanto irritata.

“Merlin – sbuffò il medico andando a toccare la fronte del paziente per controllarne la temperatura – sempre un esagerato noto, eh? Immagino che quella cupola di fuoco lì fuori sia la causa del tuo attuale stato, dico bene?” chiese infine.

Lo stregone sorrise sincero, per niente stupito che Gaius avesse intuito perfettamente la causa del suo malore.

“Che significa?” cosa che a quanto pare il Re non aveva ancora colto.

“Vi avevo detto…che.. non c’era nulla… di cui.. preoccuparsi” rispose il mago tra un respiro e l’altro cercando gli occhi di Arthur di cui, disteso sul materasso, poteva solo sentire la voce. Occhi azzurri che incontrò poco dopo quando il sovrano entrò nella sua visuale avvicinandosi afferrando uno dei due supporti del baldacchino ai piedi del letto.

“Esigo delle spiegazioni – decretò nuovamente passando lo sguardo alternativamente da Merlin a Gaius. Fu proprio quest’ultimo a rispondere agl’interrogativi del nuovo sovrano di Camelot che ancora non era a conoscenza delle regole della magia.

“Vedete Sire – cercò di spiegare il cerusico – quando viene eseguita una magia di evocazione, questa richiede una parte dell’energia vitale del mago che la usa… e come potete vedere anche voi, quella cupola infuocata li fuori altro non è che una magia di evocazione. Inoltre Merlin ultimante per via della sua nuova carica ha avuto molto da fare e si sarà certamente stancato più di quanto non voglia aver dato a vedere. Conoscete anche voi quanto sia incauto questo sciocco, avrà esagerato senza pensare alle conseguenze, ma non preoccupatevi il nostro mago di corte è certamente uno sciocco, ma è un potentissimo sciocco e questo malore non è nulla di cui preoccuparsi. Immagino tu ti senta già meglio Merlin, dico bene?”

“Già - rispose il giovane alzandosi a sedere sul letto per dare più credito alla sua risposta - molto meglio!”

Gaius sorrise contagiato dall’espressione del suo ragazzo come si era ormai abituato a considerarlo e alzandosi dalla sedia posta vicino a letto chiese di poter tornare al suo laboratorio dove altri pazienti aspettavano le sue cure.

Arthur gli accordò il permesso resosi conto che il giovane mago si era praticamente ormai completamente ripreso ad una velocità straordinaria, forse grazie a qualche facile magia curativa.

Il vecchio medico lasciò gli appartamenti reali con un inchino e richiudendo la porta dietro di se lasciò Re e Mago ai loro discorsi.

Il silenzio calò nella stanza non appena l’anziana figura se ne fu andata. Merlin se ne stava seduto sul letto del Re mentre quest’ultimo era ancora in piedi sempre appoggiato delicatamente al supporto del baldacchino con lo sguardo verso la porta da cui Gaius era uscito da ormai qualche minuto.

Il mago, non reggendo più la tensione nell’aria, tentò di aprire bocca per scusarsi, ma fu battuto sul tempo dalla voce inquisitoria di Arthur.

“Ti ricordi cosa mi hai detto quando ti ho chiesto se potevi fare qualcosa contro la situazione d’emergenza in cui il regno versava?”

Merlin, sorpreso dalla strana domanda, guardò il sovrano che ancora si rifiutava di incrociare il suo sguardo.

“Si – rispose – vi ho detto che avrei fatto tutto il possibile…”

“NO!” e questa volta Arthur si volse e le spendenti acquamarine del Re fissarono dritti e senza scampo negli scuri zaffiri ancora leggermente tinti d’oro del Mago.

“Hai risposto: Non c’è problema, niente di più facile per me!”

“Beh…sì, ma è la stessa cos..” non riuscì a completare la frase che l’altro gli si avvicinò portandosi a fianco del letto.

“No, non è la stessa cosa. ‘Niente di più facile per me’ non dovrebbe sottintendere lo svenire sul terrazzo degli annunci. Sarebbe come decretare di poter uccide un drago con un colpo solo e tornare in fin di vita ricoperto di ferite.” Urlò puntando un pugno su letto abbassando il volto alla stessa altezza di quello di Merlin

“Voi l’avete fatto spesso…” rispose d’istinto il mago prima di riuscire a fermare le sue parole.

“MERLIN!!” La furia del Re oscurò l’azzurro dei suoi occhi mentre la stessa mano con cui aveva colpito il letto poco prima andava ad artigliare la veste del mago trascinandolo ancora più vicino a sé.
Era talmente palese e potente l’ira che Arthur emanava che lo stregone non potè far altro che distogliere lo sguardo e scusarsi della sua sfrontatezza.

“Mi dispiace” disse con voce flebile ma piena di convinzione.

Il giovane Pendragon sbuffò e lasciò andare la presa facendo ricadere il suo ex servitore sul morbido materasso.

“Non mi interessano le tue scuse Merlin - rispose stizzito andandosi a sedere sulla sedia usata da Gaius poco tempo prima – voglio solo sapere perché non mi hai detto nulla sulla pericolosità di una magia di evocazione”

“Perché non è pericolosa! – rispose lo stregone voltandosi di scatto verso Arthur quasi mettendosi in ginocchio sul materasso – ho soltanto valutato male le conseguenze e…”

"Fino a quando continuerai a mentirmi Merlin?"

Le parole di Arthur furono per il giovane mago peggiori di qualsiasi arma che potesse impiantasi nel suo cuore. La consapevolezza di essere stato costretto a mentire fin da quando era entrato a Camelot era un fardello che ancora oggi pesava come un macigno sull’animo del mago più potente del regno. Aveva dovuto mentire a tutti, a coloro che lo consideravano un amico, un compagno o anche un fedele suddito e servitore. Aveva mentito al principe, a colui cui aveva giurato fedeltà eterna e da cui aveva guadagnato fiducia reciproca, una fiducia nata e cresciuta nella menzogna, nell’inganno. Essere costretto ad ingannare colui di cui più di fidi al mondo, quanto ingiusto era tutto ciò? Gli era sembrato di tornare a vivere, a respirare liberamente quando Arthur saputa la verità sulla sua natura lo aveva perdonato arrivando ad accettare la magia ed a nominarlo Mago di corte. Era stato così felice di poter finalmente essere libero di praticare la magia, di poter essere sincero con tutti e di poter servire il suo sovrano così come il destino aveva descritto. Si era ripromesso che non avrebbe mai fatto in modo che Arthur potesse ricredersi di quella decisione, sarebbe stato all’altezza di qualsiasi compito, avrebbe protetto Camelot e il nuovo Re con tutte le sue forze perché ciò era quello che desiderava. Ma non si era reso conto che quella sua determinazione a non deludere Arthur lo aveva fatto cadere nella menzogna nuovamente, come un circolo vizioso, come una droga di cui, poiché usata per così tanto tempo, non puoi più farne a meno. Aveva mentito a chi già lo aveva perdonato per lo stesso crimine, aveva mentito al Re, aveva mentito ad Arthur…di nuovo!
Avrebbe dovuto metterlo al corrente della pericolosità di una magia di evocazione, certo non pensava che sarebbe addirittura svenuto, nelle sue previsione sarebbe dovuto solamente sentirsi molto stanco, ma a quanto pare le tediose e lunghe cerimonie a cui si era dovuto sottoporre e il tempo rigido degli ultimi giorni lo avevano già debilitato, indebolendo il fisico più di quanto non si fosse aspettato. Che stupido era stato, avrebbe dovuto spiegare ciò che un incantesimo del genere avrebbe potuto comportare. Avrebbe dovuto dirglielo, ma ormai era troppo tardi per rendersene conto.

Il senso di colpa lo stava ferendo da dentro, era inutile artigliare il lenzuolo nel tentativo di contenere il dolore. Non riusciva a far uscire nessun suono di senso concreto in risposta alle parole di Arthur che continua a starsene li seduto di fronte con un braccio appoggiato al bracciolo della sedia e la testa, reclinata leggermente, adagiata sulla mano.
Un leggero fruscio lo portò ad alzare finalmente gli occhi e vide Arthur estrarre dalla tasca una moneta in tutto simile a quella che Merlin nascondeva sotto la veste appesa attorno al collo a mo’ di ciondolo.

“Due facce delle stessa medaglia, così mi dicesti…” interrupè il silenzio il Re rigirando la moneta tra le mani.

Merlin annuì portandosi istintivamente la mani al petto, dove le dita riuscivano a sentire la consistenza della sua moneta sotto la veste.

“Dimmi Merlin – domandò ad un certo punto fermando la moneta tenendola tra il pollice e l’indice – cosa pensi che succederebbe se una delle due facce arrugginisse?”

“Che diventerebbe scura..” rispose il giovane mago dopo alcuni secondi, tentando di ritrovare la parola evitando con tutto se stesso di guardare l’uomo di fronte a se.

“Idiota!” l’insultò arrivo pronunciato con una giocosità che scaldò il cuore ad entrambi. Merlin alzò gli occhi incredulo di sentire di nuovo quel tono scherzoso rivolto a lui che aveva nuovamente deluso una delle persone più importanti della sua vita. Ma non riuscì a incrociare gli occhi del Re che la moneta che questi teneva in mano fino a poco fa lo colpi con precisione e intensità sulla fronte andandoci a rimbalzare per poi a cadere a terra.

Arthur si alzò dalla sedia per recuperare la moneta e mentre Merlin si massaggiava la fronte dolorante riprese ancora una volta la parola.

“Quando una faccia si arrugginisce poi finisce per spezzarsi con facilità e se una faccia si spezza – disse volgendosi verso il mago – anche l’altra subirà la stessa fine. Una moneta, una medaglia, è tale solo quando entrambe le facce sono integre…mi sono spiegato?”

“Si – rispose lo stregone ancora serio in volto – non vi mentirò mai più su nulla Sire, nemmeno sulla più piccola delle cose!”

Arthur annuì tornando a mettere la moneta in tasca e dirigendosi verso la porta.

“Sire” lo richiamò Merlin quando la sua mano era ancora sulla maniglia.
Il sovrano si voltò attendendo.

“Avete intenzione di punirmi?” chiese seriamente ma con un po’ di timore.

Arthur sembrò rifletterci per qualche istante prima di rispondere.

“Effettivamente lo meriteresti, ma non penso che mettere alla gogna il mago di corte che ha appena salvato il regno gioverebbe alla mia immagine di sovrano, non credi?”

“Oh avete perfettamente ragione, mio Signore!” rispose il moro sul letto raggiante per lo scampato pericolo.

“D’altra parte – riprese il giovane Pendragon – non posso nemmeno lasciar perdere la tua insubordinazione… avrei giusto bisogno di qualcuno che mi lucidasse l’armatura…ricordi come si fa, vero?” concluse con un sorriso beffardo che si allargò ulteriormente nel vedere l’espressione di giubilo sul volto di Merlin tramutarsi in un espressione di tremendo fastidio.

“Sì, lo ricordo, vostra Maestà” sbuffò lo stregone.

“Buon lavoro allora” concluse il Re uscendo dalla stanza mentre il ricordo di giocosi tempi passati riempiva la mente dei due uomini. Entrambe le facce della medaglia risplendevano continuando a prendersi gioco l’una dell’altra. Certe cose non sarebbe mai cambiate.


  
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