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Autore: SaWi    08/02/2011    12 recensioni
Hibari non odia molte cose. Odia le persone irritanti, infantili, inutili, stupide e, in generale, qualsiasi erbivoro. E, purtroppo per lui, il suo maestro rientra in tutte queste categorie.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quel che Hibari odiava, quel che da dieci anni ama'
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Fandom:Katekyoushi Hitman Reborn!
Personaggi:Kyouya Hibari, Dino Cavallone
Rating: Arancione
Note: Questa suppongo sia una longfic che ho scritto da secoli e che non ho mai voluto la voglia di postare, per il semplice fatto che inserire "br" ogni qualvolta andavo a capo sarebbe stata un'ammazzata. Infatti lo è stata. Ad ogni modo, questa fic rappresenta come i sentimenti di Hibari nei confronti di Dino sono mutato dal loro primo incontro.

PS/EDIT: Vorrei precisare un fatto 8D
Non amo particolarmente vedere un Hibari terribilmente succube ed effemminato, tanto OOC e uke. E' un carnivono, non può gridare come una femminuccia. Però, e questo è quello che penso io, Hibari quando conobbe DIno era piccolo. Aveva 16 anni infondo. E... beh, credo che non avesse mai baciato nessuno (sto parlando di un disegno su carta come se fosse una persona vera, vabbé) e quindi credo che la prima volta per lui sia stata un po' uno shock. Il suo primo bacio e robe simili, senza contare il fatto che molto probabilmente lui non aveva mai amato nessuno (?), lo hanno leggermente sconvolto. Ecco perché qua, in questa fic, Hibari potrebbe essere un po'OOC, almeno per alcuni u_ù. Ma infondo, chi è che può sapere come si sarebbe comportato Hibari in situazioni simili - come quelle che leggerete? Nessuno, giusto la Amano lo può sapere forse xD
Bene, scritto il papiro, vi auguro una buona lettura 8D

(1): Dubito fortemente che in Giappone ci siano parchetti come quelli che noi abbiamo in Italia. Quindi... behm consideratela una libertà d'autore. (?)










Ciò che Hibari odia


Hibari Kyouya era un ragazzo solitario e di poche parole. Un'espressione imperscrutabile e sempre corrucciata era il suo volto.
Erano poche le cose che non sopportava.
Gli erbivori, gli idioti e quelli che si comportavano come stupidi bambini.
Insomma, le persone che per lui erano veramente inutili.
Però il giapponese era un tipo paziente e pacato, se voleva.
Insomma, le persone che lo facevano esasperare e irritare, erano poche.
Ma ce ne stava una in particolare che proprio non sopportava.




***



Hibari era un carnivoro e, come tale, si nutriva di erbivori.
E il mondo era pieno, ricco, brulicante di erbivori.
Stupidi, inutili, insignificanti, esasperanti, irritanti.
Lui amava - ovviamente a modo suo - gli erbivori; adorava morderli a morte.
Era un carnivoro, lui.
Era il capo disciplinare della sua scuola Namimori, responsabile dell'ordine; il suo unico incarico era quello di proteggere l'edificio scolastico da ogni possibile minaccia.
Però, dall'arrivo del piccoletto, un po' di cose erano cambiate; e ora, un erbivoro, tanto grosso quanto idiota, osava sfidarlo.
L'animale insinuava di essere più forte di lui.
- Ciao, tu devi essere Kyouya. -
Si permetteva di chiamarlo per nome.
- Io sono Dino, il tuo nuovo maestro. -
Si azzardava a definirsi suo maestro.
Lui, un insulso erbivoro, maestro di un carnivoro?
Quale eresia.
- Ti sbranerò a morte. -
L'erbivoro sorrise beffardo.
- Quanto sei orgoglioso. -


~ ~ ~ ~


Quest'erbivoro, Dino, era... fottutamente abile.
Agile, scaltro, forte e con riflessi impeccabili.
Ormai era da qualche giorno che combatteva contro di lui - in presenza del suo sicario Romario, ovviamente -, sul tetto della Namimori, e ancora non era stufo.
Eppure Hibari era uno che si stancava facilmente, si annoiava subito e la faceva finita grazie i suoi tonfa.
Però non si era mai divertito tanto contro un mero erbivoro, che stranamente lo incuriosiva, anche se lo faceva infuriare più del solito.
Solitamente, il moro si limitava a sbranare qualsiasi erbivoro avesse osato pararglisi davanti. Gli bastava un semplice colpo di tonfa ben assestato, ed il gioco era fatto, concluso; al massmo, poteva divertirsi sui corpi svenuti, per rompergli qualche osso magari.
Ma con questo qui, con questo idiota, era tutta un'altra faccenda.
Sembrava che ogni suo colpo venisse respinto con la massima facilità, con il più fluido movimento e con il minimo sforzo.
Era interessante, ma allo stesso tempo fin troppo odioso, perché significava ammettere che c'era qualcuno che poteva tenergli testa.
Per la prima volta, Hibari era veramente affamato.
- Sei bravo con quella frusta. - esordì, mettendosi a debita distanza dal suo avversario.
- Oh, finalmente posso apprezzare la tua voce. - rispose quello, mostrandogli uno dei suoi tanti ed inutili sorrisi radiosi. - Pensavo che il tuo vocabolario comprendesse solo le parole "Ti sbranerò a morte". - concluse, con un'imitazione penosa di Hibari.
Il giapponese, trattenne a stento la rabbia, agitando pericolosamente i tonfa.
Dino degludì preoccupato, quasi impaurito dallo sguardo omicida del ragazzo.
- Facciamo una pausa... - borbottò.
- No. -
Il biondo sbuffò.
- Romario... - parlò voltandosi verso il suo picciotto. - Allontanati. Forse così il ragazzo capirà che dovremmo fare una pausa. -
- Come desidera, Boss. -
E si allontanò.
- Bene, ed ora la pausa. -
- Mi prendi in giro? - ringhiò il moro.
- Affatto. - sorrise l'italiano, e posò a terra la sua frusta.
Hibari, in tutta risposta, gli fu addosso, infuriato più che mai.
E... gli fece male.
Molto male.
Fu così che Hibari scoprì che Dino, senza la presenza dei suoi picciotti, era un insulso ed inutile erbivoro.
E allora... perchè ci stava perdendo tempo?
Perchè non lo aveva ancora sbranato a morte?


~ ~ ~ ~


Due giorni dopo aver scoperto il "punto debole" di quell'inutile erbivoro, i due si ritrovarono ancora una volta sul tetto della scuola Namimori, sotto il sole pomeridiano, a combattere a suon di frustate e colpi di tonfa.
L'immancabile Romario, poco distante, assisteva allo scontro un po' annoiato, controllando spesso l'orologio e asciugandosi la fronte imperlata di sudore. Rimanere immobili sotto il sole cocente indossando un completo nero non era porprio l'ideale. Però non poteva certo lamentarsi, considerando che il suo boss e quel giovane ragazzo giapponese se le stavano dando di santa ragione, e probabilmente sentivano molto più caldo di lui. Tra sè infatti si chiedeva perché dovessero allenarsi proprio su un tetto di una scuola.
Non era meglio una palestra?
Ma forse il problema era proprio il ragazzetto moro, il quale sembrava diventare sempre più forte.
"...ma non abbastanza." pensava però il giapponese.
Quel cretino dal sorriso beffardo era più bravo di lui nonostante la sua natura da erbivoro.
Hibari tentava di colpirlo, di mandarlo a terra, di rompergli qualche osso o di lacerare quella pelle, ma non ci riusciva.
Un colpo di tonfa andava a vuoto, e una frustata lo colpiva sul fianco.
Un colpo di tonfa veniva facilmente respinto, e un'altra frustata lo feriva al petto.
Il suo respiro era affannato, mentre quello dell'italiano era perfettamente regolare e per nulla ansimante.
Dino, quel giorno, lo stava distruggendo.
Non mostrava infatti alcuna pietà verso il giapponese, colpendolo anzi piuttosto duramente; nonostante ciò, Hibari era conscio del fatto che il "suo maestro" si stava comunque trattenendo, celando quella che era la sua vera forza e abilità.
Come lo mandava in bestia.
Un altro colpo di tonfa che mancò il bersaglio, mentre una frustata lo centrò in pieno.
Il giapponese cominciò ad alterarsi.
Possibile che quella non fosse la sua vera forza?
La frusta si attorcigliò attorno alle sue caviglie; l'italiano la tirò a sé, e Hibari perse l'equilibrio cadendo terra di schiena, sbattendo fortemente i gomiti che si ferirono di conseguenza.
Tentò di rialsarsi, pronto a ribattere e a mordere quell'insolente, ma qualcosa lo trattenne giù.
Il corpo del biondo.
Lo sovrastava.
Il giapponese sgranò gli occhi felini, fissandolo infuriato ma incapace di nascondere una punta di sorpresa.
In risposta a quello sguardo, l'italiano sì avvicinò al volto del moro, lasciando che il suo naso sfiorasse quasi quello dell'altro.
Hibari trattenne il respiro.
E l'altro ridacchiò.
- E' una piccola vendetta per l'altra volta. - soffiò con voce calda il più grande. Poi divenne serio, forse per la prima volta. - Sai, mi hai fatto male. -
Il tono di quella voce... beffardo, sornione, radioso.
Lo avrebbe volentieri zittito. Stava infatti per dargli una sonora testata, quando quello liberò il corpo del giovane, allontanandosi per riprendere il combattimento.
Il giapponese si rialzò subito, ripulendosi i vestiti e strofinandosi il naso, come per togliere del lerciume. Riafferrò dunque i tonfa, caduti lì a terra, e si scagliò contro il biondo, che aveva riaquistato quel suo sorriso idiota.
Era esasperante.
Il suo atteggiamento, le sue parole.
Esasperante.


~ ~ ~ ~


Un altro pomeriggio era trascorso, e un'altro era appena giunto, così come un nuovo scontro era iniziato.
Quel giorno il cielo era completamente coperto da scure nuvole temporalesche; l'aria era così elettrica e carica di tensione che qualche saetta faceva capolino tra la coltre nuvolosa, mentre si avvertiva il suono cupo e vibrante di tuoni in lontananza.
E i due combattevano.
L'erbivoro, Dino Cavallone, quell'ebete inutile ed esasperante; e il carnivoro, Hibari Kyouya, che era infuriato più che mai.
Tutto per colpa di quel mulo, che il giorno prima si era preso la libertà di soffiargli sul collo con fare sensuale.
Gliela avrebbe fatta pagare, oh sì, l'avrebbe pagata cara.
Era però certo che Hibari non si sarebbe mai immaginato che la sua vendetta sarebbe giunta dal cielo insieme ad una sottile pioggerella che, dapprima leggera, si fece via via più insistente, incalzata da tuoni e fulmini.
Ai due combattenti però questo non importava, e incessanti continuavano il loro scontro, tutt'altro che scoraggiati dal freddo e dalle gocce che picchiavano con forza sopra le loro teste.
...
La pioggia però era sempre più forte e più fitta, tanto che ormai i due combattenti erano quasi completamente zuppi; i loro vestiti avevano infatti assorbito quasi tutta l'acqua possibile.
Ed ecco che, proprio quando l'acqua raggiunse la tasca interna del giaccone di Dino, qualcosa si gonfiò sul petto del Boss dei Cavallone.
All'inizio nessuno dei due notò quel rigonfiamento, almeno finché quello non cominciò a crescere vistosamente.
Hibari, accortosi che qualcosa non andava, scattò all'indietro allontanandosi, e con sguardo felino fissò il biondo, corrucciando la fronte, incuriosito. Il più grande, che però non si era accorto di nulla, lo guardò con fare interrogativo.
- Cosa...? -
- Il tuo giaccone. -
Dino abbassò lo sguardo su di sé, e si pietrificò.
- Oh cacchio!- Esclamò, in quello che ad Hibari parve un italiano non troppo forbito. - ENZO! -
E, in quel momento, un'enorme tartaruga, un rettile gigantesco, un dinosauro, un mastodontico Godzilla, crebbe davanti agli occhi dei tre omini presenti sul tetto.
L'animale gridò inferocito, scalpitò, e nella furia della sua ira inciampò, cadendo sopra Dino con un tonfo sonoro.
- KYAH! - Sbraitò l'uomo, come fosse una femminuccia.
Idiota.
- Argh! Ky—kyouya, aiuto! -
Perché combatteva contro un simile idiota?


~ ~ ~ ~


Era ormai passato un mese da quando quell'erbivoro era piombato nella sua vita, causandone la rovina.
La distruzione della serenità e della sua sanità mentale.
Quel giorno, in particolare, l'idiota stava mettendo a dura prova il temperamento di Hibari.
Si trovavano infatti fuori dalla Namimori, in cerca di una buona gelateria; questo, ovviamente, per volere dell'italiano, che aveva costretto il giapponese con un infimo ricatto.
"Se non vieni a prenderti un gelato non combatterò più con te." così aveva detto.
"Inoltre," aveva aggiunto sorridendo, "oggi fa veramente troppo caldo per allenarsi sotto il sole. Un gelato ci rinfrescherà sicuramente."
E quindi ora si ritrovavano soli, senza alcun picciotto alle spalle, alla ricerca disperata di un'insulso gelato.
Hibari si chiese, per l'ennesima volta, quale forza lo trattenesse dall'uccidere Dino.
Erano soli, l'occasione per dargli una bella lezione - o semplicemente per sgranchirsi un po' - era perfetta.
Eppure...
- Ah, ecco una gelateria! - esordì allegro Dino, come fosse uno stupido bambino che aveva appena visto un nuovo giocattolo. - Che gusto prendi? -

***

- Mhhh ~ Buono! -
- Unh. -
Effettivamente, il gelato era squisito.
Hibari però non lo avrebbe mai ammesso.
Avevano entrambi preso due coni, e stavano tornando alla Namimori passando però per un piccolo parco, sperando di trovare un po' di sollievo dal caldo sotto le fronde degli alberi. (1)
L'italiano aveva preso tutti gusti al cioccolato, mentre il giapponese aveva scelto fragola e fiordilatte, decisamente più genuini e freschi.
- Sediamoci un attimo, ti va? - cantilenò Dino raggiante, indicando una pancina vuota sotto l'ombra di un grande olmo.
- No. - fu la risposta concisa.
- Kyouya... -
Lo sguardo dell'italiano fu eloquente. "Ricordi cosa ti ho detto questa mattina?" sembrava dirgli.
Il giapponese, trattenendo a stento la rabbia per un simile ricatto, si sedette senza una parola sulla panchina. Subito dopo Dino fece lo stesso, sedendosi accanto al giovane.
Vicino; troppo vicino.
- Giuro, prima o poi ti ammazzo. -
- Come sei dolce. -
...
"Lo uccido."
Davanti a loro, seduta sulla panchina opposta, una anziana signora osservava la scena.
Tra i due cadde il silenzio.
Per poco.
- Com'è il gusto fragola? - domandò Dino, senza però ottenere risposta.
Hibari aveva infatti deciso di ignorarlo.
- E va bene, scusa, non avrei dovuto ricattarti. -
Il giapponese continuava a ignorarlo, mangiando il suo gelato e fissando il vuoto davanti a sè.
- Sei proprio crudele Kyouya, voglio solo sapere come è il gusto fragola... -
Hibari non si mosse.
Dino sbuffò.
- Uffa, vorrà dire che dovrò assaggiarlo facendo da me. - concluse, allungando una mano verso il cono del giapponese.
Così facendo, però, sfiorò la mano del giovane, il quale scattò, e scattando, spaventò Dino, che credette di stare per ricevere una tonfata sulle gengive e che quindi balzò di conseguenza.
Insomma, alla fine, il gelato di Dino era volato per aria, mentre quello di Hibari si era spalmato su tutto il volto del giapponese, il quale era rosso dalla rabbia.
L'italiano, nel frattempo, non sapeva bene come comportarsi: o essere terrorizzati dalla furia di Hibari, oppure essere divertiti dalla sua faccia, tutta impiastricciata di freddo e dolce gelato.
Optò per la seconda opzione, e scoppiò in una risata cristallina.
- Cavoli, e ora come lo assaggio il gelato? - disse pensieroso. - Ah, aspetta, forse ho trovato... -
Così dicendo si avvicinò pericolosamente al volto del giapponese.
Il rossore di Hibari crebbe, e non solo per la rabbia trattenuta a stento.
Infatti ora l'italiano lo osservava con uno sguardo misto tra il divertito e il malizioso.
Uno sguardo piuttosto pericoloso.
Il giovane era pronto a tirare fuori i tonfa per menare di santa ragione l'altro uomo, qualsiasi cosa stesse per fare.
Perché sì, stava sicuramente per fare qualcosa.
Ma, prima che potesse fare alcuna mossa, quello leccò - sì, leccò - la guancia di Hibari, proprio dove c'era la fragola.
- Mhh ~ ma è buonissima! -
Un tonfa mancò di poco il suo volto.
- Wuaah! Scusa, Scusa!! - urlò Dino con voce piuttosto acuta alla vista dei tonfa che si preparavano a colpire. - No-non lo faccio più...! -
- Come hai osato... - mormorò cupo Hibari, alzandosi in piedi con fare minaccioso.
Il giapponese era nero dalla rabbia, ma rosso dall'imbarazzo.
Sperava solo che il gelato sul suo volto coprisse quel rossore.
Dino, compresa la situazione, si mise a correre più veloce che poteva.
Però i suoi picciotti non c'erano, e infatti, dopo pochi passi, inciampò su un masso, ruzzolando a terra e piagnucolando come un bimbo che "si è fatto la bua".
Hibari gli fu addosso.
La vecchietta, che aveva assistito divertita alla scena, sorrise.


~ ~ ~ ~


Erano distrutti.
Sdraiati a terra con la schiena sul pavimento, braccia e gambe stese a stella.
Sì erano allenati - o per meglio dire, picchiati - con molta tenacia e per molto tempo, finché non erano caduti esausti, ammaccati e sudati.
- Wow, stai migliorando Kyouya. - disse Dino, voltandosi verso il giapponese che ansimava poco distante, lo sguardo rivolto al cielo.
- Non abbastanza perché tu taccia. -
- E' vero, però guarda, ho il fiatone anche io. - continuò indicando il suo petto che si alsava e abbassava velocemente. - Credimi, sei migliorato molto. - concluse, tornando a osservare le piccole nuvole sopra le loro teste.
- Unh. -
Era... felice di aver ricevuto quel complimento.
Strana sensazione la felicità.
Sicuramente estranea al giapponese.
Non che fosse triste, ovviamente; è solo che prima non era felice.
Ma perché ora era felice?
Sempre che quella che stava provando fosse effettivamente la felicità, e non un'effetto collaterale della troppa stanchezza.
Incuriosito, si voltò verso Dino, osservandolo.
Quello scemo era un erbivoro, ed era anche particolarmente idiota ed irritante.
Eppure perché era contento del suo insignificante complimento?
Chiuse gli occhi, leggermente indignato.
Non ci sarebbe mai venuto a capo se continuava a pensare a troppe cose contemporaneamente.

***

Espirò, e riaprì gli occhi per osservare l'uomo che aveva accanto.
Il respiro dell'italiano - come d'altronde anche il suo - si era regolarizzato, tanto che sembrava dormire, poiché i suoi occhi erano chiusi e il suo volto rilassato.
Aveva un naso dritto, una mascella masculina ma non troppo marcata, labbra sottili e un po' di leggera peluria sulle guance; i capelli biondi e lisci ricadevano con delicatezza sulla fronte e ai lati del volto.
Le spalle erano larghe ma non troppo, e le braccia, scoperte, erano snelle ma muscolose.
Hibari si concentrò sul grande tatuaggio che partiva dalla mano e percorreva tutto il braccio sinistro di Dino, fino a giungere al collo, da dove immaginava continuasse anche sul petto.
Era... particolare.
Non riusciva a capire cosa rappresentasse, però lo incuriosiva; infatti questa non era la prima volta che si soffermava ad osservare quegli strani disegni, però era indubbiamente la migliore occasione che avesse avuto.
Silenziosamente, si avvicinò un poco all'italiano.
Continuò a fissare il tatuaggio, concentrandosi su quelle che sembravano fiamme verdi.
Gli piacevano proprio.
Voleva... sfiorarle.
Allungò una mano verso quel braccio, un po' titubante, finché non sfiorò quei fuochi azzurro marino.
Scattò, come temendo di rimanerne bruciato.
In quello tesso istante Dino ebbe un leggero tremito, e aprì gli occhi, che andarono subito a scrutare il volto del giapponese.
Hibari arrossì vistosamente, ritirando la mano.
L'italiano gli sorrise dolce. - Ti piace? -
Il giapponese lo guardò un po' di traverso, sempre imbarazzato, ma non osò rispondere.
- E' il tatuaggio della famiglia Cavallone. - continuò l'uomo, e quando pronunciò il nome della sua famiglia gli occhi sembrarono incupirsi. - Ogni boss ne possiede uno. Vedi, questo simbolo qui è la lettera iniziale, la C, e sta proprio ad indicare il nostro cognome. -
Hibari annuì. Era curioso, e non riusciva a nasconderlo.
- Il mio tatuaggio in effetti è un po' particolare, posso capire che ti incuriosisca. Ha fatto malissimo quando lo feci, ma credo ne sia valsa la pena. Ah già, guarda, continua anche qui. - continuò, alzandosi la maglietta, per mostrare i disegni delle fiamme che percorrevano parte del suo petto, proseguendo verso il basso. - E, beh, continua anche più giù. - concluse con una punta di malizia, marcando le ultime due parole.
Hibari arrossì ancora di più alla vista del petto nudo e al solo pensiero del luogo dove quel tatuaggio continuava.
Ma... perché stava arrossendo?
Arrossendo come una stupida liceale.
Era irritante.
- E ora perché sei tutto corrucciato? - borbottò Dino, avvicinandosi al giovane. - Sù, sù! -
Tese le mani in avanti e prese il volto del ragazzo tra di esse, stendendo le rughe che si erano formate tra le sopracciglia.
Hibari era diventato un tizzone ardente.
- Ecco, così! - gongolò allegro l'altro. - Altrimenti ti vengono le rughe! -
Il giapponese, questa volta, non era solamente infuriato.
Stava provando qualcos'altro.
Cosa?
Sì alzò di scatto, allontanandosi in silenzio.
Irritante.
- Kyouya...? -
Dino, confuso, cercò l'aiuto dei suoi piccioti, ovviamente sempre presenti sul tetto, che però risposero alla sua occhiata con un'alzata di spalle.


~ ~ ~ ~


Il giorno seguente erano ancora su quel tetto, ad allenarsi, picchiandosi sotto il sole.
Hibari, però, era distratto e non riusciva a concentrarsi.
I suoi colpi andavano tutti a vuoto, e non riusciva a schivare nessuna frustata.
La sua mente era offuscata da troppi pensieri a lui estranei.
Erano pensieri principalmente su quanto accaduto il giorno prima, e sulla sua reazione alquanto insolita ed inspiegabile.
Era arrossito. Si era agitato ed era scappato.
Scappato da uno stupido erbivoro.
Sperava solo che Dino non notasse il suo stato.
Nonostante ciò, tentava di far finta di niente, di comportarsi come se nulla fosse, ovviamente con scarsi risultati.
Lo sguardo di Dino lo disorientava. Il suo tatuaggio lo distraeva.
Il suo equilibrio si fece instabile.
Non riusciva a concentrarsi nel combattimento.
E l'italiano se ne era ovviamente accorto.
Con un movimento fulmineo del polso scosse la frusta, lasciando che essa colpisse i piedi di Hibari, che perse l'equilibro, cadendo a terra sui gomiti.
- Tz... -
Tentò di rialsarsi subito, maledicendosi, ma qualcosa lo bloccò a terra.
Il corpo di Dino; di nuovo.
Sgranò gli occhi.
- Togliti. -
- No, se non mi dici cosa ti è preso. -
Hibari tacque.
- Allora? - insistette l'altro.
- Scordatelo. -
- Quindi qualcosa è successo? -
"Diamine."
- Vattene ti ho detto. -
- Veramente mi hai detto "togliti". -
- Vattene, togliti; è la stessa cosa. -
- Beh, io da qua non mi levo. - rispose, sistemandosi più comodamente sul corpo del giovane.
Hibari si stava alterando.
Perché non lo picchiava a morte come era suo solito?
Perché non riusciva a reagire?
E soprattutto, cosa era quel calore che stava salendo alle sue guance?
- Sei dannatamente carino, te l'hanno mai detto? -
"Ca—carino?"
Questa era la volta buona che lo ammazzava.
Provò a colpirlo in volto, ma la sua mano fu bloccata e afferrata con forza da quella dell'italiano.
Tentò dunque anche con la mano libera, che però fece la stessa fine dell'altra.
- Lasciami. - ringhiò imbronciato.
La risposta dell'altro fu un sorriso, mentre spostava le mani del giapponese a terra, sopra la testa di quello.
Hibari non riuscì ad opporsi, l'italiano stava imponendo troppa forza.
- Cosa vorresti fare? - domandò il giovane, incapace di nascondere un certo sgomento dall'azione dell'altro.
In tutta risposta, l'uomo si abbassò sul volto di Hibari, posando un casto bacio su quelle labbra sottili.
- Ahh ~ era da una vita che desideravo farlo! - esclamò, tutto divertito come se nulla fosse. Hibari, invece, apparte un incredibile rossore, aveva un'espressione funerea.
- Bene, ora mi dirai cosa ti prende, o devo dedurlo io? Non sono però molto bravo in questi giochetti. -
- ... -
- Allora? - chiese, inclinando il capo come fosse un gatto.
- ...azzo. -
Dino lo guardò senza capire.
Hibari aveva sussurrato la minaccia troppo sommessamente.
- Ti ammazzo. -
- Non mi sembri nella posizione adatta. - rispose l'italiano sorridendo sornione.
Il giapponese ringhiò d'imbarazzo.
- Sai, ieri quando te ne sei andato, ci ho pensato un po'... - cominciò Dino. - Vuoi sapere cosa ti è preso? Scommetto che non lo sai neanche te. -
Ed era vero.
Hibari non risciva proprio a spiegarsi cosa gli stesse succedendo.
Però, ammetterlo, specialmente se a quell'imbecille, gli costava veramente molto.
Ci mise un po' per annuire.
Dino prese fiato:
- E va bene, tu... - la pausa che sequì fu breve ma per Hibari durò molto tempo, tempo nel quale formulò le ipotesi più assurde.
"Ho contratto una malattia incurabile? Qualcuno mi ha stregato? Sto sognando? Sono forse morto? Gli alieni - da quando credo negli alieni...? - mi hanno rapito?
- ... tu sei innamorato di me. -
Il giapponese sbiancò...
- Ahaha, immaginavo una simile reazione. Ma non preoccuparti, anche io ti amo. - continuò quello con la massima naturalezza.
...e tornò color porpora subito dopo.
Cosa diavolo stava blaterando quell'erbivoro?
Forse era davvero un sogno. Beh, sperò di svegliarsi molto presto.
L'italiano lo baciò ancora.
- Ti amo, Kyouya. - sussurrò.
Di svegliarsi subito.
- Non dire idiozie... -
- Ma non sono idiozie! Io ti amo sul serio. - disse fissandolo. - E il mio amore è ricambiato. - aggiunse beffardo con estrema allegria, tanto che Hibari credette di vedere dei cuoricini svolazzargli attorno.
- Non... non è vero. - borbottò.
- Bugiardo. - sorrise l'altro.
Il giapponese distolse lo sguardo.
Era in trappola.
L'erbivoro aveva ragione, Hibari si era innamorato.
Ma come era possibile? Cos'era l'amore?
Lui, ragazzo solitario e taciturno, uno spietato predatore, innamorarsi così di una preda...?
E in particolare di questa preda? La più esasperante ed irritante, la più idiota ed inutile.
- Kyouya... - il mormorio giunse caldo sul suo volto, facendolo tremare.
Guardò l'italiano - così vicino -, leggermente rosso dall'imbarazzo e con un'espressione che era il ritratto dell'indecisione.
Amore o odio?
- Sei adorabile. - mormorò l'italiano sulle labbra del giovane, baciandole una seconda volta.
Hibari serrò gli occhi, rimanendo immobile ma arrossendo di colpo. Non tentò nemmeno di muovere le braccia, ancora costrette dalla presa di Dino.
Quel contatto umido si fece più intenso, e le labbra dei sue si schiusero, ricercandosi.
Hibari, sorpreso - quasi sconvolto - sgranò gli occhi, tentando di borbottare qualcosa, senza però riuscirci.
Le mani che lo trattenevano avevano abbandonato le sue braccia - Hibari si chiese dunque perché non lo stava ancora picchiando - e ora carezzavano con dolcezza il volto e il petto del giapponese.
Quella sul volto, caldissima, sembrava massaggiargli la nuca, tastando quei morbidi fili notturni, per poi accarezzare la guancia, fino a sfiorare le labbra.
Quella sul petto, invece, lambiva il suo collo, scendendo giù sullo sterno, seguendo movimenti lenti e circolari.
Il giapponese non sapeva più cosa fare.
Era completamente e letteralmente nelle mani dell'uomo che lo sovrastava.
Non aveva la forza per picchiarlo, non voleva picchiarlo.
Il fatto veramente shockante era che quello che stava provando gli piaceva.
E questo lo mandava in bestia.
Il bacio s'interruppe per poco, il tempo necessario perché Dino riuscisse a infilare la sua mano sotto la camicia del moro, il quale trattenne un leggero gemito mordendosi le labbra.
- Non morderle... - sussurrò l'uomo sorridendo. - Tranquillo. -
Come poteva essere tranquillo quando non sapeva cosa stesse succedendo?
Hibari aveva sempre tutto sotto controllo.
Non sopportava che non fosse così.
Mentre il giapponese si corrucciava pensando ciò, la mano dell'italiano scorreva lentamente sul petto del giovane, lambendo la pelle nuda sotto la camicia.
Ogni leggero tocco faceva tremare il giovane, non di certo abituato a simili attenzioni.
Forse la madre era l'unica persona che lo aveva "toccato" quando era piccolo.
Ma di certo quello di Dino non era un tocco paragonabile a quello materno.
Era più caldo, insistente ma allo stesso tempo delicato; era quasi possessivo.
- Ah...! - gemette il giovane, il respiro un po' affannato, quando quella mano si concentrò su uno dei suoi capezzoli, torturandolo.
- Co—cosa...? -
- Shhh... - lo zittì Dino con un dito sulle labbra, baciandolo su un occhio; scese dunque sul suo collo, seguendo poi la linea della clavicola, andando sempre più giù, sfiodando ogni singola costola, fino a giungere nei pressi dell'ombellico, dove si soffermò più a lungo, come per godersi meglio quello che era più in basso. I suoi capelli che solletivacano la pelle del giovane.
Già, più in basso c'era qualcosa che si stava svegliando sotto gli strati di stoffa dei boxer e dei pantaloni.
E Dino era intenzionato a farlo risvegliare completamente.
Continuò il suo viaggio, scendendo sempre più con la bocca, finché non giunse ai pantaloni.
Si apprestò a sciogliere la cinta, sbottonare i pantaloni e...
E si beccò un sonoro pugno in testa.
- Aiha! - piagnucolò l'italiano massaggiandosi la nuca dolorante.
- Dove diavolo credi di toccare?! - infuriò il giapponese, rosso come un tizzone ardente.
- Eheh, non hai tutti i torti. Infondo siamo sul tetto della scuola. - guardò alle spalle di Hibari, alzando un po' il tono di voce. - Ehi, Romario, potresti scendere e avvisare il mio autista? Fallo venire qui. -
Hibari, pietrificato, si voltò.
Poco distante Romario, e altri due picciotti, li osservavano imbarazzati e rossi in volto.
Il giapponese degludì.
Aveva completamente dimenticato la presenza di quegli uomini.
- Tu... - si voltò nuovamente verso Dino, parlando con voce bassa e minacciosa. - Brutto sporco esibizionista! - gridò alterato, saltandogli addosso.
- Ai—Aiha! -
- Cosa... con quegli erbivori dietro... - farneticò in preda all'imbarazzo e alla furia. - Tu... erbivoro... -
- No... è che... ecco, mi sono lasciato andare... -
Come se fosse una giustificazione valida.
- Preparati al peggio. -
Dino degludì, impaurito.
E furono botte.










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Here I am! °A°
Che faticaccia questa fic.
Se siete giunti qui... beh, in primis vi ringrazio di cuore, non so perché ma a questa fic ci tengo particolarmente <3
In secondo luogo... beh, non so ocme ma ce l'avete fatta °A° credo che sia di un pesante questa fic... *delira*
Comunque, starei programmando di fare una sottospece di seguito, con TYL Hibari e Dino... principalmente una lemon *coff*, e anche se l'ho scritta a metà devo ancora decidere se finirla o meno xD
Scrivere lemon è una brutta impresa .-.
Bene, fatemi sapere cose ne pensate con commenti e critiche costruttive °^° E' frustrante vedere che qualcuno legge la fic ma non si degna di commentarla... veramente frustrante .-.
Quindi, fatemi sapere se vi è piaciuta o no! Ah, e se mi consigliate di scrivere quella sottospece di seguito xD
Ciaossu! ~
   
 
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