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Autore: __carolineckt    08/02/2011    2 recensioni
Inconsciamente Elena gli si stringeva addosso, riconoscendolo come l’unico elemento stabile in quel turbinio che doveva averla circondata, e Damon non riusciva a non provare un brivido di piacere nel percepirla così vicina a lui, a separarli solo pochi millimetri di tessuto
Bien, sono tornata. Qualcuno si dirà "ma non ha finito di pubblicare fan-fic?" Bhe, si direbbe di no :) Questa è una delle mie prime FF, (probabilmente si vedrà anche dallo stile, forse appena diverso) riguardante il salvataggio di Elena da parte di Damon nella 1x11. So che la scena è vecchia, ma sicuramente fu una di quelle che mi colpì in modo impressionante, forse perchè era una delle prime volte in cui si vedeva Damon provare distintamente qualcosa per Elena. Spero vi piaccia, e ringrazio ancora chiunque abbia recensito o preferito le mie altre storie; enjoy :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di nuovo. Era successo tutto nuovamente. Quando era a pochi passi dal suo traguardo, quella meta così disperatamente anelata, ogni piano andava in frantumi. E pure questa volta era accaduto esattamente come sempre. La mente di Damon era immersa in una tempesta rabbiosa: voci discordanti che si sovrapponevano l’una all’altra, una cacofonia di pensieri che lo riempiva di un dolore sordo e minacciava di farlo annegare. Annaspava nella pena, mentre si lanciava a folle velocità fra i boschi rigogliosi di Mystic Falls: qualunque essere vivente si fosse imbattuto nella sua furia sarebbe morto, e quegli sventurati che avevano avuto questa sorte, giacevano dissanguati fra il fogliame compatto come marionette senza fili. Due conigli e un cervo per l’esattezza. Non che il giovane si proibisse il nettare proibito come quello smidollato di suo fratello, ma quella notte la furia era così incandescente che la fame aveva preso il sopravvento sui suoi sensi, rendendolo un predatore avido di vita. Qualunque vita.
Katherine.
Uno spasmo gli scosse il corpo, al solo pensiero di lei. La donna che l’aveva stregato, maledetto, imprigionato per l’eternità. Fra i flutti della sua mente in tempesta affiorò il viso di una giovane, di una così immensa bellezza che i cherubini disegnati dai grandi maestri del passato sfiguravano a confronto. Damon ne assaporò ogni dettaglio, rigirando il coltello in quella ferita che sanguinava ormai da 145 anni; la bocca voluttuosa, rossa come un fiore esotico, invitante come acqua quando si è riarsi dalla sete, il naso sottile sormontato da due occhi profondi come le tenebre; a ogni lieve battito di palpebre le ciglia incredibilmente lunghe le formavano mezzelune scure sulle gote del colore delle rose damascate. L’arco elegante delle sopracciglia era scuro come lo erano i suoi capelli, una colata di cioccolato fuso che le ricadeva con delicatezza sulle spalle; ogni singola ciocca era avviluppata su se stessa a formare ricci rigogliosi che le incorniciavano il viso bello da far male. In quel momento il ricordo era assurdamente nitido, e le labbra vermiglie erano macchiate di un sorriso ironico, che le accendeva gli occhi scuri, brillanti come stelle lontane.
Damon sorrideva a sua volta, immerso nel rievocare ogni dettaglio, ogni minuziosità che ancora lo legavano a lei. Ma il ricordo iniziò a svanire, così velocemente come era emerso da quel turbinio incessante che gli avvolgeva la mente. Scompariva con rapidità mentre gli si sovrapponeva la consapevolezza di averla persa per sempre. Il giovane si arrestò e con rabbia schiumante colpì col pugno serrato un pino enorme, trapassando la corteccia durissima e resinosa. Serrò gli occhi, tentando di far scivolare via il dolore che lo assediava da dentro. La mascella era contratta al solo pensiero della stupidità di Logan Fell. Quell’essere inutile si era fatto ammazzare proprio quando lui ne aveva più bisogno, ora che aveva trovato una possibile soluzione al dilemma che lo tormentava sin dalla sua trasformazione in vampiro. Aprire la tomba. A quanto pareva qualcuno era in grado di togliere il sigillo a quella cripta, e lo voleva almeno quanto lui. O quasi. Quel sepolcro gelido che racchiudeva ventisette vampiri assetati da 145 anni fra i quali c’era anche Katherine. Damon la reclamava con un’intensità maniacale; non riusciva ad immaginare la sua esistenza senza avere l’idea di un futuro, per quanto remoto, che lo vedeva al suo fianco. L’amore che lo riempiva, che traboccava da ogni argine del suo essere era così intenso da giustificare qualunque azione efferata da lui commessa nell’ultimo secolo. Ogni sua mossa era stata compiuta in nome dell’amore. Contorto quanto triste, si disse fra sé, mentre tentata di calmarsi.
Fu lì, mentre cercava di porre un termine, per quanto temporaneo, al dolore che lo avviluppava che percepì l’intero incidente. La testa bruna del giovane scatto di lato quando avvertì con chiarezza i freni della macchina stridere sull’asfalto polveroso, l’odore acre di gomme bruciate ed infine l’impatto. Devastante. I sensi da vampiro confermarono al ragazzo che il veicolo si era ribaltato diverse volte, ed ora giaceva rovesciato come un animale ferito.
Il giovane stava per andarsene, indifferente all'accaduto, ma venne bloccato dai rumori che il vento portava alle sue orecchie estremamente sensibili: la cosa che era stata travolta dall’auto in corsa si stava ricomponendo con una certa velocità; riusciva a percepire le ossa riallinearsi con uno scricchiolio inquietante mentre lo sconosciuto si rialzava da quella posizione contorta in cui si era ritrovato dopo l’impatto, e si dirigeva con sicurezza verso l’abitacolo della macchina distrutta. Avvertì che il guidatore del veicolo stava tentando di liberarsi, assaporò il suo terrore chiaramente riscontrabile dalla frenesia con cui tentava di aprire la portiera bloccata della macchina. Poi, tutti i pensieri di Damon, tutte le preoccupazioni che lo avevano avviluppato sino a quel momento scomparvero come neve al sole nel momento in cui il guidatore si lasciò sfuggire un lungo grido di puro sgomento, probabilmente causato dalla vista dello sconosciuto che si avvicinava. Il giovane riuscì a riconoscere quella voce, così delicata e dolcemente morbida, che in quel momento era trasfigurata dalla paura più profonda. Elena.
Si lanciò a velocità impensabile fra gli alberi, tentando di arrivare sul luogo dell’incidente, prima che l’assalitore potesse aver modo di toccarla, di violare quella carne perfettamente olivastra. Quando finalmente il fogliame si diradò abbastanza per permettergli di avere una visuale completa della scena riconobbe ancora una volta che i suoi sensi acutissimi non l’avevano ingannato; lo sconosciuto si stava chinando con deliberata lentezza sul veicolo, tentando con una certa probabilità di infondere ancora più paura nella giovane già ottenebrata dal terrore. Damon si mosse con rapidità indescrivibile, come un fiume che rompe gli argini, e vide con precisione l’assalitore farsi rigido, quando percepì l’avvicinarsi repentino di un predatore molto probabilmente simile a lui. Damon lo osservò mentre a velocità sovraumana abbandonava il luogo dell’incidente mentre dall’auto arrivava un piagnucolio sommesso, un singhiozzare convulso sintomo che Elena era riuscita a resistere all’emozione che doveva averla quasi sopraffatta.
Per un solo istante, Damon sentì che qualcosa nel profondo del suo animo si era rilassato che fino a quel momento era stato teso come una corda di violino. Senza indugi corse alla macchina ribaltata e fumante, accovacciandosi sul catrame freddo per riuscire a constatare con i suoi occhi le condizioni fisiche della giovane. Si mosse con rapidità eccessiva tanto che la ragazza ne fu terribilmente spaventata, e si ritrasse con terrore voltando la testa bruna nel tentativo di farsi scudo dal giovane. Damon riusciva ad avvertire un moto profondo di tensione che lo avvolgeva, e che si sarebbe placato solo e soltanto quando sarebbe riuscito ad estrarla da quella prigione di rottami. Con voce accorta le chiese: “ Hei, come va là dentro?” sentendosi immediatamente uno stupido per quella domanda così banale e retorica: ovvio che non se la passasse bene; aveva appena rischiato di perdere la vita, e ben due volte. Vide con chiarezza che la giovane era bloccata, probabilmente dalla cintura di sicurezza, ed avrebbe dovuto sollevare di un poco la macchina per poter rendere possibile la manovra di salvataggio. Nel frattempo Elena si era voltata, ed un espressione di puro terrore le trasfigurava il volto delicatissimo, così uguale a quello di Katherine. Un sottilissimo velo di speranza le illuminò gli occhi quando si rese conto che l’aggressore se n’era andato ed al suo posto vi era un giovane di una bellezza allucinante, che per una volta sembrava preoccupato per la sua condizione invece che essere estremamente pericoloso o insopportabile come di solito. Elena avvicinò lievemente il viso a quello del ragazzo, quasi incredula che fosse proprio lui e con un mormorio tremolante pronunciò soltanto il suo nome, Damon, quasi ad aver paura che scomparisse nella notte, così come era arrivato.
“Sembri incastrata” constatò Damon e fece leva sui suoi muscoli flessuosi, morbidamente esaltati dalle vesti che indossava, per spostare di un poco il veicolo che emise uno stridio fastidioso. La giovane confermò le sue teorie quando gli disse che la cintura di sicurezza le rendeva impossibile qualunque via di fuga e la mente febbricitante di Damon si arrovellò immediatamente su una possibile manovra da eseguire e quando riuscì a scovarla, chiese con delicatezza alla giovane di posare le mani sul tettuccio dell’auto, in modo da poterla estrarre con maggior facilità e sicurezza. Quasi ciecamente e continuando a tremare di paura Elena eseguì ciò che Damon le aveva chiesto, fidandosi per una volta di quel giovane che tanto era riuscita a farla soffrire nelle ultime settimane. Il ragazzo tentava di essere il più morbido possibile, come non lo era da tempo con nessuno, forse per tentare di calmare l’animo già profondamente turbato della giovane, che non riusciva a interrompere il flusso di singhiozzi leggeri che le sfuggiva dalle labbra. Damon, dopo aver contato fino a 3 per preparare la ragazza alla mossa che stava per compiere, ruppe bruscamente la cintura che la teneva avviluppata e quasi immediatamente se la ritrovò fra le braccia vigorose. Il contatto lo spaesò non poco, una corrente elettrica sembrava averli attraversati, che defluiva dal corpo morbido e caldo di lei e passava per le dita fresche di lui, avvolgendolo tiepidamente. “Ti ho preso” la rassicurò Damon, stringendola più intensamente, quasi con la paura di vedersela sgretolare fra le mani. Era così simile ad una scena da romanzo, il giovane cavaliere coraggioso che salva la damigella in pericolo; ma Damon non era un gentiluomo, no… non lo era affatto. Era estremamente pericoloso e sembrava quasi fuori luogo in una situazione di cotale triste romanticismo. Si sollevò da quella posizione scomoda in cui si era ritrovato e, sempre sorreggendo con incredibile delicatezza quel corpo debolmente morbido, mosse alcuni passi per riuscire ad osservarla meglio in viso. Era ancora piuttosto scosso e quasi a testimoniare ciò che lo agitava dentro iniziò a bersagliarla di domande nella speranza che almeno una parte dei suoi timori scomparisse all’orizzonte.
“Stai bene?”
“Riesci a stare in piedi?”
“ Niente di rotto?”. Una nota di timore gli macchiava la voce, un elemento estremamente inusuale in quel timbro così costantemente modulato alla perfezione, che giocava dall’ironico al terrorizzante con una certa frequenza. Inconsciamente Elena gli si stringeva addosso, riconoscendolo come l’unico elemento stabile in quel turbinio che doveva averla circondata, e Damon non riusciva a non provare un brivido di piacere nel percepirla così vicina a lui, a separarli solo pochi millimetri di tessuto. Con una smorfia di sofferenza a sporcarle il viso, la giovane scosse lievemente il capo, sciogliendo notevolmente quel nodo di apprensione che aveva avviluppato i sensi di Damon. Il giovane non riusciva a spiegarsi il perché di quell’attaccamento alla fragile umana, un sentimento che cresceva di giorno in giorno, facendosi man mano più caldo e tenero, ma riconduceva il tutto alla sua strabiliante somiglianza con Katherine. Lei ed Elena erano identiche in ogni minuziosità, dal fisico alto e slanciato come una lama di fioretto, al viso delicatamente cesellato, al colore dei capelli, così caldo ed intenso. L’unica differenza che poteva distinguerle era che Katherine portava la lunga chioma arricciata in boccoli affusolati, mentre la schiena snella di Elena era accarezzata da una serica cascata di capelli liscissimi. Ogni volta che si soffermava troppo a lungo sul viso della giovane riusciva a percepire il dolore ed il desiderio innalzarsi, intrecciarsi fra loro in una corsa senza fine, innescati dal ricordo della passione che era scorsa fra lui stesso e la sua gemella del passato.
Il giovane venne bruscamente ridestato da quelle considerazioni mentali che lo avevano impegnato da un odore sinuoso, maledetto, che gli solleticava i canini e la gola secca. Sangue. Con un moto d’apprensione scorse il viso di Elena finchè non trovò una leggera ferita che le segnava la fronte, molto vicino all’attaccatura dei capelli castani. Dal taglio scorreva un’esigua quantità di liquido scarlatto che però gli accendeva i sensi, ottenebrandogli la mente con una insidiosa nebbia rossa.
Tentò allora di allontanarla, debole com’era non sarebbe riuscita a resistere ad un prelievo molto probabilmente indesiderato. Con estrema delicatezza le fece posare i piedi a terra, sorreggendola saldamente in caso non fosse riuscita a rimanere in posizione eretta; erano ancora dolorosamente vicini, i respiri che si sfioravano e si abbracciavano l’un l’altro. Come si era aspettato, dopo pochi istanti la giovane perse stabilità, e le ginocchia le si piegarono facendole perdere l’equilibrio, ma il ragazzo fu estremamente rapido nel prenderla al volo e stringerla per pochi secondi a sé.
“Caspita, sei parecchio debole Elena” proruppe Damon, cercando di non farla precipitare di nuovo. Le passò con dolcezza una mano fra i capelli morbidi e setosi, sentendone la consistenza sui polpastrelli. Perfino quella era la stessa di Katherine, si ritrovò a pensare il giovane, di nuovo rapito da una fitta sorda al centro del petto. Si ricompose in fretta, e constatò con un certo disappunto che Elena non rispondeva al suo sguardo, il capo oscillante come quello di un cigno ferito, le palpebre chiuse a serrare gli occhi con la mezzaluna delle ciglia scure che risaltava sulle gote pallide. Tentò dunque di richiamare la sua attenzione e, con il timbro più persuasivo che riusciva ad ottenere, le sussurrò: “ Elena, guardami” con delicatezza le pose una mano affusolata sotto il mento, per tentare di stabilire un contatto con quell’animo tormentato.
Poi, gli occhi del giovane si soffermarono su un particolare fino a quel momento non considerato; la sua bocca. Le labbra della ragazza erano infatti dolcemente socchiuse, umide e lievemente gonfie, un richiamo irresistibile per le dite fresche del giovane che scivolarono con lentezza su di esse. Con il pollice Damon le percorse per tutta la loro lunghezza, assaporandone la morbidezza sui polpastrelli. Fu un contatto casuale quanto intenso che agitò di nuovo la mente già in tumulto del ragazzo. Mormorandole ancora “concentrati, guardami.” Damon riuscì ad ottenere uno sguardo dalla giovane, un’occhiata disperata attraverso quelle ciglia incredibilmente lunghe che le contornavano gli occhi umidi di lacrime. Stabilito un contatto, il giovane tentò di rassicurarla continuando ad accarezzarle lievemente il capo, gustandosi inimmaginabilmente quel momento così intenso quanto intimo. Ma Elena sembrava profondamente scossa non solo dall’incidente, ma da un qualcosa che doveva averla ferita anche in precedenza; le parole che però le sfuggirono disperatamente dalle labbra socchiuse erano una confessione che Damon non si sarebbe mai aspettato, almeno non così presto. Sussurrando fiocamente la giovane disse soltanto: “ le assomiglio”, ma bastò al ragazzo per comprendere l’enormità dell’accaduto. A quanto pareva Elena era venuta a conoscenza della sua somiglianza incredibile con Katherine, e il tutto doveva averla sconvolta oltremodo come un uragano tropicale. Damon né fu così sorpreso che non riuscì a frenare quel “ che cosa?” che gli proruppe dalle labbra, troppo allucinato per fermarsi. Dovette però reprimere quel moto di incredulità quando Elena, evidentemente stremata dall’intera situazione, gli svenne fra le braccia come un giovane fiore che appassendo si ripiega sul suo stesso stelo. Damon si piegò con lei, accompagnandola in quella caduta liberatrice, che l’aveva trasportata in un mondo meno severo. Non riuscì a non provare un senso di pena per la giovane, che giaceva inerme nella sua stretta, con i capelli lasciati scivolare all’indietro leggermente mossi dalla brezza. Fu lì che si chiese se fosse solo e soltanto Katherine a legarlo a lei, mentre teneramente le carezzava il capo; non era da lui prendersi cura così di un’umana, anche se era la perfetta copia della donna che amava immensamente. Vi era infatti un qualcosa di profondamente radicato nell’animo di Damon che sembrava legarlo a doppio filo ad Elena. Il giovane non riusciva infatti a non ammirare la ragazza, che, nonostante il pericolo che egli rappresentava, concetto che non tardava mai a dimostrare, non era intimorita da lui a tal punto da sottomettersi al ragazzo; rimaneva sempre a testa alta, con un coraggio che ammaliava Damon all’inverosimile. Era impossibile starle lontano, e quando erano vicini al punto di sfiorarsi non riusciva a trattenersi dal punzecchiarla, solo per guardare quegli occhi vellutati spalancarsi, la mascella serrarsi, le gote arrossarsi; e poi era ancor più bella quando si infuriava, se ciò era possibile. Era una presenza calda nella vita dura e fredda del giovane, anche se apparteneva al fratello tanto odiato. Con un moto di rabbia, si chiese se mai qualcosa fosse stato veramente suo, se avesse mai potuto urlare al mondo intero: “ è mia.” Ma non trovò risposte evidenti. Perciò doveva sapere: doveva schiarirsi le idee su ciò che provava per la giovane vita abbandonata fra le sue braccia: doveva capire se la tensione che crepitava fra di loro ogni volta che erano abbastanza vicini da toccarsi fosse dovuta solo a Katherine. L’idea gli apparve al’improvviso, come un fulmine che squarcia un cielo temporalesco; l’avrebbe portata con sé. Per un giorno soltanto avrebbe potuto godere della sua presenza, e comprendere a fondo i movimenti profondi che la sua anima stava subendo. Inoltre avrebbe fatto incazzare a morte quello smidollato di suo fratello, particolare non irrilevante nell’intera faccenda. Il giovane gettò uno sguardo attorno a sé, con fare circospetto, tentando di individuare un qualunque movimento che dimostrasse che un qualcuno era stato testimone dell’intimità che li aveva avvolti. Non percependo nulla, Damon sollevò Elena dal duro asfalto polveroso e la strinse fra le braccia. L’odore di lei l’avvolgeva come una tiepida coperta, era una fragranza fruttata che gli solleticava la gola ed i canini, e l’ averla così, inerme fra le sue braccia, liberava nel giovane fantasie proibite e pericolose. Si mosse con quel suo passo elegantemente cadenzato, mantenendo una presa incredibilmente morbida sulla ragazza svenuta, sentendosi… bene. Per un motivo completamente sconosciuto alla sua mente affilata.
Dopo pochi passi le braccia del giovane cinsero ancor di più il corpo di Elena, affondando fra i vestiti soffici, ed il ragazzo iniziò a correre. Corse per arrivare alla sua macchina lasciata a diversi chilometri, per liberarsi, per non sentirsi solo. Corse perché per una volta il dolore non lo stava dilaniando dall’interno.
In meno di un minuto raggiunse l’auto posteggiata ai confini del bosco, dove era sceso in preda all’orrore ed alla furia e, con uno scatto repentino aprì la portiera che cigolò sommessamente. “Devo ripromettermi di oliarla, quando avrò finito di fare l’eroe coraggioso.” Pensò Damon, mentre un lieve sorriso ironico si dipingeva sulle sue labbra perfettamente vermiglie. Con estrema gentilezza posò Elena sul sedile anteriore, distendendole le lunghe gambe fasciate da Jeans che risaltavano le sue curve delicate, e adagiandole la testa morbidamente allo schienale. Il giovane rimase a guardarla per qualche istante, sopraffatto nuovamente dalla sofferenza che si stagliava all’orizzonte; Katherine era qualcosa di completamente irraggiungibile e la ragazza che ora riposava teneramente dinanzi a lui, era decisamente fuori dalla sua portata. Non poteva averla….. o forse no? Chi aveva dettato le regole di quel gioco così immensamente doloroso? Chi gli proibiva di prenderla lì con la forza, di soggiogarla, di farla sua schiava per il resto dell’eternità? O semplicemente dov’era nascosto quel divieto che non gli permetteva di assaporarle l’anima, di riversare in lui una parte di lei? Chi gli proibiva di morderla? Forse Damon Salvatore si stava rammollendo, forse non era più in grado di ottenere ciò che bramava. Scuotendo violentemente la testa bruna il giovane si rifiutò anche solo di prendere in considerazione una sciocchezza di cotale portata; pertanto agì di conseguenza.
Con un lampo ad accendergli gli occhi di ghiaccio, si sporse sulla ragazza, avvertendo la sua fragranza farsi più intensa, un profumo caldo e maledettamente invitante che gli faceva dolere la mascella; un fastidio profondo accompagnato dall’allungarsi repentino dei canini, ora più che mai simili ad affilatissimi pugnali. Riusciva a percepire il battito primordiale del suo sangue, che scorreva impetuoso in quelle vene di seta, ed era un richiamo così irresistibile che in meno di due secondi si ritrovò a incombere sul collo delicatamente vulnerabile di lei, le labbra schiuse a mostrare i denti da predatore. Damon chiuse gli occhi, si preparò a colpire, pregustando sul palato il sapore squisito che lo avrebbe attraversato e risvegliato.
“Mmmh…” Elena farfugliò qualcosa nel sonno e voltò il viso dalla pelle di velluto. Damon aprì gli occhi con lentezza, quasi disturbato da quell’interruzione indesiderata, ma appena le palpebre contornate dalle ciglia nere come la notte si furono sollevate abbastanza, gli si preparò dinanzi una visione che lo avrebbe tormentato per l’eternità. Il viso di Elena era perfettamente sotto il suo; erano così vicini che le labbra di Damon, ancora schiuse a mostrare i canini, al minimo movimento avrebbero solleticato quelle umide e socchiuse di Elena. Gli occhi del giovane, del colore dell’acqua più limpida, si spalancarono con stupore, le labbra tornarono a coprire i canini che ora sembravano quasi pulsare, contaminati dall’eccitazione che permeava l’aria.
E se la bacio?” si domandò il giovane, che non riusciva ad allontanare il viso perfetto da quello delicatamente stupendo di Elena. Se mai la giovane si fosse svegliata, l’avrebbe soggiogata e costretta a proseguire; d’altronde era così che si comportava di solito il ragazzo, accaldato e dissoluto come un pirata. Impercettibilmente si avvicinò alle labbra perfette della ragazza, ormai a separarli solo un sottilissimo pertugio. Riusciva a percepire il suo respiro fondersi con quello di Elena, li immaginava abbracciarsi e disperdersi insieme. Schiuse le labbra perfettamente disegnate, pronto per modellarle con quelle dolci e calde della giovane, che non si era mossa da quella posizione maledetta.
Ma non poteva.
Non doveva farlo…voleva ma.. qualcosa glielo impediva. Forse Katherine, forse il pensiero che l’avrebbe fatto senza il consenso della giovane, forse spaventato dall’idea di soggiogarla; vi era un qualcosa di sbagliato in quel gesto che per quei pochi istanti aveva colmato ogni sua fantasia.
Si ritrasse lentamente, lasciando che l’aria rifluisse fra i loro corpi tiepidi. Si risollevò e meditando sull’azione appena compiuta si diresse elegantemente all’altra portiera, aprendola con lentezza per non svegliare la giovane vita che l’aveva così tanto tentato. Morbidamente vestito di nero, sembrava che un soffio di notte si fosse plasmato per dar vita ad un qualcuno la rappresentava in ogni particolare; affascinante, ammaliatore e peccatore; ma anche cinico, astuto e assolutamente indubbiamente pericoloso.
Nonostante ciò, non riusciva a spiegarsi il perché del suo comportamento, così galante e poco “Damonesco”, ma cercò di sopire ogni pensiero che gli suggerisse l’idea che la ragazza potesse portarlo a tali azioni. Era semplicemente impossibile, ma se fosse stato davvero sincero avrebbe ammesso che una parte di sé era al contempo affascinata ed intimorita dalla possibilità che ciò fosse vero.
Accese il motore della macchina e morbidamente fece manovra, lanciandosi a folle velocità nella notte scura.
“Domani sarà divertente.” Constatò Damon, mentre sorrideva ironicamente, bello come il diavolo.
Mentre la strada scura si dipanava dinanzi a lui, si sentì molto meno il se stesso che era divenuto nell’ultimo secolo, e più una persona. In quei minuti di doloroso piacere il pensiero della bella Katherine era stato soltanto un ombra nella mente in tumulto del bellissimo giovane.


  
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