Vi aspetto giù!
Naturalmente... riferimenti a fatti, persone, luoghi e eccetera, sono puramente casuali!
Enjoy this new story!
Never…
without my enemy
Prologo
-Tornerai?-
Fu
l’ultima domanda che gli rivolsi, ben sapendo che non avrei
ottenuto risposta.
Il
suo sguardo intenso e dolce mi stava rispondendo con un chiaro e netto No.
Era
il suo lavoro, doveva andare dove gli era stato chiesto ed io non
potevo dire o
fare niente.
Ormai
non cercavo neanche di trattenere le lacrime, tanto la situazione mi
sembrava
“comica”.
Non
volevo credere che non sarebbe tornato anche perché io
ormai, senza di lui, mi
sentivo annullata da tutto. Mi sentivo come un pacchetto di fazzoletti
usati:
inutilizzabili. Sentivo le sue mani scorrere sulle mie spalle, ma non
riuscivo
a percepirle veramente: il mio dolore era più forte di
qualsiasi sensazione
esterna.
-Amore…
Io… non posso farci niente. Sapevi anche tu che questo
momento sarebbe arrivato
prima o poi: sono un militare e partire è la mia missione.
Non ti voglio
illudere dicendoti che se potessi rinuncerei alla missione, ma
è il mestiere
che mi sono scelto… Lo sapevamo fin dall’inizio.
Però, amore.. io.. vorrei che
tu facessi una cosa- mi disse, prendendo il mio viso tra le sue mani.
Lo
guardai, ma non lo vedevo effettivamente: stavo ascoltando, assorta, le
sue
parole.
-C..Cosa?-
chiesi, infine, fra le lacrime.
-Io..
con dolore.. ti lascio libera. Non pensare che non t’abbia
mai amato: non è
affatto vero. Penserò a te ogni singolo istante che sarai
lontana, come se
t’avessi accanto a me, però.. voglio che tu ti
rifaccia una vita, che ti trovi
qualcuno che possa stare sempre con te e che non ti faccia soffrire.
Scegli il
lavoro che desideri e non fare mai in modo che qualcuno possa
influenzare su
questa tua scelta… sii forte e combatti con la solita forza,
il solito carisma
e il solito amore che usi di solito.- disse, baciandomi teneramente.
L’abbracciai
e, piangendo, risposi:
-E’
inutile anche solo provarci: ormai ti amo come la mia stessa vita e non
posso
fare a meno di te. Tanto vale neanche provarci.-
-Non
dirlo mai. Dimenticami e ama davvero, tesoro mio- mi disse, sciogliendo
lentamente l’abbraccio. Aprii gli occhi e mi accorsi che era
svanito.
Il
vento aveva soffiato via l’amore della mia vita.
Il
vento era cambiato ed aveva soffiato nella direzione opposta alla mia
felicità.
PRIMO
CAPITOLO
Sei
mesi dopo…
Ero
in ritardo mostruoso.
Presi
i libri dell’università che mi servivano ed uscii
in corsa da camera mia,
scapicollandomi dalle scale e raggiungendo velocemente la cucina.
Là,
vidi tutta la mia famiglia riunita per la colazione; il problema della
mia
famiglia?
Erano
tutti poliziotti!
Tutte
le sacrosante mattine, la cucina di casa mia sembrava un tripudio di
blu scuro
adornato da manette di qualsiasi tipo e pistole dall’aspetto
minaccioso.
L’unico
che non si vestiva con la divisa era mio padre, dato che era il capo
della
polizia di tutti i distretti della città e a lui bastava
mostrare il
distintivo.
Mia
madre lavorava in collaborazione con mio padre: si erano conosciuti
quando
ancora erano all’Accademia di Polizia e da quegli anni in
poi, non si erano più
lasciati.
Poi
c’erano loro.
I
miei tre fratelli maggiori: Daniel, Alex e Michael. Per caso o per
gioco, sono
gemelli e, molto spesso, è difficile cercare di individuare
al primo colpo il
gemello giusto; poi, non bisogna contare le volte che si divertono a
scambiarsi
la medaglietta con il loro nome, facendo impazzire i capi dei loro
dipartimenti: infatti, ogni volta che volevano cambiare zona bastava
scambiarsi
la medaglietta e andavano nel dipartimento dell’altro
fratello.
Certo,
questa cosa non era certamente né legale, né
andava d’accordo con i buoni
principi instillati dall’Accademia di Polizia, ma sembrava
molto divertente.
Erano tutti e tre identici: i loro occhi azzurri sembravano oceani
riversati in
tre paia d’occhi e, in quegli anni, avevano la fissa di
tenere i capelli neri
volutamente lunghetti e mossi; ma io, che ero la loro sorellina avevo
imparato
a distinguerli dall’unica cosa che non avevano in comune,
vale a dire il
sorriso: sorridevano tutt’e tre in maniera diversa a partire
da Daniel che
mostrava i denti con i canini evidenziati bene in mostra, proseguendo
con Alex
che sorrideva semplicemente con le labbra, fino a raggiungere il
sorriso
sbieco, accompagnato da un movimento leggero della testa di Michael.
Erano
identici, ma solo per chi non li conosceva veramente.
Avevano
tutti e tre ventisette anni ed erano entrati da poco nei loro
rispettivi
distretti.
E
poi, c’ero io: mi chiamo Liberty Wilde ed ero
l’unica della famiglia che non
aveva mai avuto in mente di entrare in Polizia. In quegli anni, avevo
ventun’anni ed ero iscritta alla facoltà di
Medicina, sentendomi molto spesso
fuori posto in casa mia, dato che non comprendevano il motivo per il
quale
avessi scelto una facoltà che non mi avrebbe portato a
entrare nelle Forze
Armate.
Mia
madre, ormai, si era quasi rassegnata di vedermi in Polizia, mentre mio
padre e
i miei fratelli non la smettevano di pregarmi di iscrivermi in
giurisprudenza o
di fare l’Accademia di Polizia. Non c’era verso; di
entrare in polizia me ne
fregava quasi quanto una rivista di macchine d’epoca:
cioè, interesse al di
sotto del “meno infinito”.
Presi
la mia tazza di caffè latte e la bevvi tutta d’un
sorso, sentendomi invadere da
un senso di calore immediato, mentre trangugiavo un biscotto,
già pronta per
risalire in bagno a lavarmi i denti.
-Hey
sorellina… stai andando a lezione di “Origami di
corpi”?- cominciò
Daniel.
-…O
forse di “Storia dell’imbottigliamento delle
pillole”?...- Alex gli diede man
forte.
-O
magari… a lezione di “Anatomia
femminile”? A quella si che vorrei partecipare,
ma solo se c’è la volontaria che si fa studiare..
vero, fratelli?- propose
Michael, facendo ridere tutti, tranne me e mia madre.
-Certo
che potreste smetterla- disse mia madre, dando una pappina a mio padre
sulla
nuca – e tu evita di dar loro corda: non sei
d’esempio!-
Mi
alzai da tavola e in un balzo mi ritrovai sulla soglia della porta.
-Dato
che non sono accettata, forse è meglio che salga in camera:
sono già in ritardo
ed ho lezione di “Intelligenza dell’uomo”
.. ah, no.. dimenticavo che hanno
eliminato quelle lezioni data l’inutilità della
materia di studio- risposi a tono,
mentre prendevo le mie
cose e corsi di nuovo verso il piano di sopra, facendo ridere mia madre
e
lasciando di sasso quegli altri quattro.
-Aspetta,
Libby. Avrei qualcosa da comunicare a tutti.- disse mio padre,
bloccandomi.
Mi
voltai, mentre era calato il silenzio tra noi.
-Bene..
questa sera, un collega ed io lavoreremo ad un caso e dato che anche la
loro
famiglia è come la nostra…-
-In
pratica, una famiglia di sbirri assatanati…- commentai,
sommessamente.
-…
non definirci in quel modo.. Comunque.. ci sarà anche la
famiglia. E’ la
famiglia di Chris Pherson.- disse mio padre, spiegando ai miei fratelli
chi
fosse.
Michael
ci pensò su un attimo e chiese:
-La figlia è per caso la biondina del reparto denunce del distretto principale?-
-Sì..
proprio lei- rispose mio padre, annuendo energicamente.
-E
allora…- cominciò Alex.
-…
ce ne sono altre due di sorelle: le sventole delle volanti!-
terminò Daniel,
risvegliandosi totalmente da quello stato di trance mattutina,
rendendosi conto
che quella sarebbe stata una splendida giornata
-…
E non dimenticatevi di quel mastino del fratello che è a
capo del distretto
accanto a China Town…- continuò Michael, mentre
beveva il suo caffè con
tranquillità.
Daniel
e Alex si guardarono e risposero in sincrono, furbescamente:
-Motivo
in più per provarci…-
Michael
sollevò lo sguardo e lo fissò dritto in quello
dei suoi gemelli; un sorriso si
fece vivo repentinamente sulle sue labbra: avevano decretato la sfida
per
stuzzicare il fratello di quelle ragazze.
-In
pratica, siete coinvolti tutti ragazzi: non voglio che nessuno si
passi.- disse
mio padre, puntandoci un dito contro. In quel momento
(accidentalmente… e
chissà come mai!), mi ricordai di avere un impegno per la
sera e mi alzai
dicendo:
-Mi
dispiace tanto, ma.. ho un impegno irrevocabile stasera, Papy, quindi
non credo
di poter esserci.. e poi, stiamo parlando di un caso di polizia e mica
io posso
entrare nelle indagini, no?- dissi, sorridendo vivacemente e
svignandomela.
Inevitabilmente, sentii il suo sussurro soffocato:
-..
Ancora per poco…-
Mi
voltai e gli dissi:
-Non
ti sei ancora rassegnato, Papà? Davvero.. lo sai da un paio
d’anni che non è la
mia strada diventare poliziotta o qualcos’altro che si
avvicini a quelle
professioni dove si utilizzino le armi! Sono contro la violenza e
l’uso delle
armi! E il mio compito sarà salvare le vite.. in maniera
differente dalla
vostra, ma il fine è lo stesso!-
Non
ero più calma, ero arrabbiata, anzi credo che imbufalita
possa esprimere la mia
espressione di quel momento; non mi era mai capitato di arrabbiarmi
così:
certamente, in quegli anni mi ero opposta, avevo litigato con loro per
questa
situazione, ma non mi ero mai imbestialita così tanto.
Ormai, mi ero talmente tanto
scocciata di quella situazione che non sopportavo più che mi
dicessero quello
che avrei voluto o dovuto essere da grande.
Mio
padre non sembrava contento della mia risposta, ma non ne volevo
sentire
nemmeno parlare. Non volevo mai più avere una discussione su
quell’argomento e
non avrei transitato oltre su quello.
-TU
FARAI QUELLO CHE DICO IO!- mi urlò addosso, come se avessi
detto la peggiore
delle bestemmie. Mi misi davanti a lui: ormai avevo deciso che la
lezione di
Fisica per il giorno, me la sarei dovuta scordare; avevo ingaggiato una
lotta
dalla quale sapevo che non ne sarei uscita tanto presto.
-Io
farò quello che desidero e non entrerò in
Polizia, punto e basta. E NIENTE E
NESSUNO MI FERMERA’, TANTOMENO TU!- urlai, impuntata come una
dodicenne in
pieno litigio adolescenziale.
-BENISSIMO…
ALLORA SCORDATI DI ESSERE MIA FIGLIA E DIMENTICATI DI POTER AVERE IL
MIO
SOSTEGNO ECONOMICO!- urlò mio padre, troncando
così ogni possibilità di
risposta.
Sotto
gli abiti portavo delle medagliette dei militari come portafortuna e
tra quelle
c’erano le sue; le strappai con violenza e gliele buttai a
terra, come se le
volessi frantumare.
-Ecco
a te: da oggi in poi non sarò più tua figlia. Ti
consideravo il mio eroe e
pensavo saresti stato in grado di capire, con il tempo.. ma forse mi
sbagliavo
di grosso. Bene, me ne vado.. così potrai avere la tua
famiglia di sbirri al
completo. Addio.-
dissi freddamente,
mentre giravo sui tacchi e riprendevo la strada per la mia camera,
pronta a
farmi le valige.
Tutte
le altre volte che avevo litigato con lui, scoppiavo sempre a piangere,
ma
quella volta sentivo che la rabbia guidava le mie azioni e che le
lacrime
sarebbero giunte quando sarei uscita di casa. Entrai nella mia camera
come una
furia e feci la valigia, buttando alla rinfusa tutte le mie cose e
cercando di
portarmi l’essenziale: prima o poi sarei tornata quando non
ci sarebbe stato e
mi sarei ripresa tutte le mie cose.
Chiusi
la mia valigia e scesi di sotto, alla velocità della luce.
I
miei fratelli erano fermi davanti alle scale, magari pensando anche di
convincermi.
Siete
degli illusi
se pensate che io possa rimanere qui anche un singolo minuto in
più del dovuto,
pensai
tra me e me, mentre scendevo con lo sguardo alto.
-Dai,
Libe, non prendertela..- cominciò Alex.
-Ha
ragione: non voleva…- cercò di migliorare la
situazione Daniel, guardando
Michael e cercando l’appoggio giusto per farmi rimanere.
Michael, però, ignorò
il suo sguardo e lo fissò profondamente nel mio…
Conoscevo quello sguardo ed
era l’unico che sapeva capirmi realmente.
Vai..
e diventa
quello che vuoi diventare…
I
suoi occhi blu parlavano per la sua bocca ed io non potei fare altro
che
poggiare la valigia ed abbracciarlo con tutta me stessa,
trasmettendogli tutto
il bene che provavo per lui. Mi abbracciò stretta e mi fece
scivolare qualcosa
nella mia tasca, sussurrando:
-Sii
sempre te stessa… tranquilla che tra qualche ora ti
troverò anche una casa dove
sistemarti..-
Mi
staccai da lui, sussurrando un leggero Grazie.
Presi
la valigia e mi diressi verso la porta d’ingresso e sentii,
nella cucina la
voce di mia madre che litigava con mio padre.
-Bene..
sei contento adesso? Bene, io no!- disse mia madre, scocciata. Sentii
lo
sbuffare sonoro di mio padre.
-..
Valentine ha solo complicato le cose..-
Non
volli più ascoltare altro, presi di slancio tutte le mie
cose e mi fiondai
fuori dalla porta di casa. Mi voltai un attimo giusto per vedere la
casa.. e
mai casa mia mi sembrò più lontana.
Il mini- angolo dell'autrice!
Bene.. Eccomi tornata con una nuova storia! E' da 9 mesi che la scrivo e la rielaboro.. spero vi possa piacere!!
Come avete potuto ben leggere, la storia si fa intrigante fin da subito.. spero di aver suscitato la vostra curiosità...
BESOSSS**
Vostra, Kyryu!!! :D