Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Kyryu    09/02/2011    2 recensioni
La solita storia newyorchese: una ragazza come tante cerca di ribellarsi al volere della propria famiglia... ma se, stavolta, la famiglia in questione fosse un gruppo affiatato di poliziotti, cosa accadrebbe?
Per Liberty Wilde è una sfida riuscire a realizzare il proprio sogno di diventare un chirurgo.. e tra poliziotti in famiglia, un'amica cinese mafiosa (o no? :D), commissari aitanti alle calcagna.. qualcuno complotta alle sue spalle!!
Una storia ambientata a New York che, spero, vi lascerà perennemente con il dubbio e che vi farà divertire!!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
Vi do' un caloroso benvenuto nella mia nuova storia!
Vi aspetto giù!
Naturalmente... riferimenti a fatti, persone, luoghi e eccetera, sono puramente casuali!


Enjoy this new story!


Never…  without my enemy

 

Prologo

-Tornerai?-

Fu l’ultima domanda che gli rivolsi, ben sapendo che non avrei ottenuto risposta.

Il suo sguardo intenso e dolce mi stava rispondendo con un chiaro e netto No.

Era il suo lavoro, doveva andare dove gli era stato chiesto ed io non potevo dire o fare niente.

Ormai non cercavo neanche di trattenere le lacrime, tanto la situazione mi sembrava “comica”.

Non volevo credere che non sarebbe tornato anche perché io ormai, senza di lui, mi sentivo annullata da tutto. Mi sentivo come un pacchetto di fazzoletti usati: inutilizzabili. Sentivo le sue mani scorrere sulle mie spalle, ma non riuscivo a percepirle veramente: il mio dolore era più forte di qualsiasi sensazione esterna.

-Amore… Io… non posso farci niente. Sapevi anche tu che questo momento sarebbe arrivato prima o poi: sono un militare e partire è la mia missione. Non ti voglio illudere dicendoti che se potessi rinuncerei alla missione, ma è il mestiere che mi sono scelto… Lo sapevamo fin dall’inizio. Però, amore.. io.. vorrei che tu facessi una cosa- mi disse, prendendo il mio viso tra le sue mani.

Lo guardai, ma non lo vedevo effettivamente: stavo ascoltando, assorta, le sue parole.

-C..Cosa?- chiesi, infine, fra le lacrime.

-Io.. con dolore.. ti lascio libera. Non pensare che non t’abbia mai amato: non è affatto vero. Penserò a te ogni singolo istante che sarai lontana, come se t’avessi accanto a me, però.. voglio che tu ti rifaccia una vita, che ti trovi qualcuno che possa stare sempre con te e che non ti faccia soffrire. Scegli il lavoro che desideri e non fare mai in modo che qualcuno possa influenzare su questa tua scelta… sii forte e combatti con la solita forza, il solito carisma e il solito amore che usi di solito.- disse, baciandomi teneramente.

L’abbracciai e, piangendo, risposi:

-E’ inutile anche solo provarci: ormai ti amo come la mia stessa vita e non posso fare a meno di te. Tanto vale neanche provarci.-

-Non dirlo mai. Dimenticami e ama davvero, tesoro mio- mi disse, sciogliendo lentamente l’abbraccio. Aprii gli occhi e mi accorsi che era svanito.

Il vento aveva soffiato via l’amore della mia vita.

Il vento era cambiato ed aveva soffiato nella direzione opposta alla mia felicità.

 

 

PRIMO CAPITOLO

Sei mesi dopo…

Ero in ritardo mostruoso.

Presi i libri dell’università che mi servivano ed uscii in corsa da camera mia, scapicollandomi dalle scale e raggiungendo velocemente la cucina.

Là, vidi tutta la mia famiglia riunita per la colazione; il problema della mia famiglia?

Erano tutti poliziotti!

Tutte le sacrosante mattine, la cucina di casa mia sembrava un tripudio di blu scuro adornato da manette di qualsiasi tipo e pistole dall’aspetto minaccioso.

L’unico che non si vestiva con la divisa era mio padre, dato che era il capo della polizia di tutti i distretti della città e a lui bastava mostrare il distintivo.

Mia madre lavorava in collaborazione con mio padre: si erano conosciuti quando ancora erano all’Accademia di Polizia e da quegli anni in poi, non si erano più lasciati.

Poi c’erano loro.

I miei tre fratelli maggiori: Daniel, Alex e Michael. Per caso o per gioco, sono gemelli e, molto spesso, è difficile cercare di individuare al primo colpo il gemello giusto; poi, non bisogna contare le volte che si divertono a scambiarsi la medaglietta con il loro nome, facendo impazzire i capi dei loro dipartimenti: infatti, ogni volta che volevano cambiare zona bastava scambiarsi la medaglietta e andavano nel dipartimento dell’altro fratello.

Certo, questa cosa non era certamente né legale, né andava d’accordo con i buoni principi instillati dall’Accademia di Polizia, ma sembrava molto divertente. Erano tutti e tre identici: i loro occhi azzurri sembravano oceani riversati in tre paia d’occhi e, in quegli anni, avevano la fissa di tenere i capelli neri volutamente lunghetti e mossi; ma io, che ero la loro sorellina avevo imparato a distinguerli dall’unica cosa che non avevano in comune, vale a dire il sorriso: sorridevano tutt’e tre in maniera diversa a partire da Daniel che mostrava i denti con i canini evidenziati bene in mostra, proseguendo con Alex che sorrideva semplicemente con le labbra, fino a raggiungere il sorriso sbieco, accompagnato da un movimento leggero della testa di Michael. Erano identici, ma solo per chi non li conosceva veramente.

Avevano tutti e tre ventisette anni ed erano entrati da poco nei loro rispettivi distretti.

E poi, c’ero io: mi chiamo Liberty Wilde ed ero l’unica della famiglia che non aveva mai avuto in mente di entrare in Polizia. In quegli anni, avevo ventun’anni ed ero iscritta alla facoltà di Medicina, sentendomi molto spesso fuori posto in casa mia, dato che non comprendevano il motivo per il quale avessi scelto una facoltà che non mi avrebbe portato a entrare nelle Forze Armate.

Mia madre, ormai, si era quasi rassegnata di vedermi in Polizia, mentre mio padre e i miei fratelli non la smettevano di pregarmi di iscrivermi in giurisprudenza o di fare l’Accademia di Polizia. Non c’era verso; di entrare in polizia me ne fregava quasi quanto una rivista di macchine d’epoca: cioè, interesse al di sotto del “meno infinito”.

Presi la mia tazza di caffè latte e la bevvi tutta d’un sorso, sentendomi invadere da un senso di calore immediato, mentre trangugiavo un biscotto, già pronta per risalire in bagno a lavarmi i denti.

-Hey sorellina… stai andando a lezione di “Origami di corpi”?-  cominciò Daniel.

-…O forse di “Storia dell’imbottigliamento delle pillole”?...- Alex gli diede man forte.

-O magari… a lezione di “Anatomia femminile”? A quella si che vorrei partecipare, ma solo se c’è la volontaria che si fa studiare.. vero, fratelli?- propose Michael, facendo ridere tutti, tranne me e mia madre.

-Certo che potreste smetterla- disse mia madre, dando una pappina a mio padre sulla nuca – e tu evita di dar loro corda: non sei d’esempio!-

Mi alzai da tavola e in un balzo mi ritrovai sulla soglia della porta.

-Dato che non sono accettata, forse è meglio che salga in camera: sono già in ritardo ed ho lezione di “Intelligenza dell’uomo” .. ah, no.. dimenticavo che hanno eliminato quelle lezioni data l’inutilità della materia di studio- risposi a tono, mentre prendevo le mie cose e corsi di nuovo verso il piano di sopra, facendo ridere mia madre e lasciando di sasso quegli altri quattro.

-Aspetta, Libby. Avrei qualcosa da comunicare a tutti.- disse mio padre, bloccandomi.

Mi voltai, mentre era calato il silenzio tra noi.

-Bene.. questa sera, un collega ed io lavoreremo ad un caso e dato che anche la loro famiglia è come la nostra…-

-In pratica, una famiglia di sbirri assatanati…- commentai, sommessamente.

-… non definirci in quel modo.. Comunque.. ci sarà anche la famiglia. E’ la famiglia di Chris Pherson.- disse mio padre, spiegando ai miei fratelli chi fosse.

Michael ci pensò su un attimo e chiese:

-La figlia è per caso la biondina del reparto denunce del distretto principale?- 

-Sì.. proprio lei- rispose mio padre, annuendo energicamente.

-E allora…- cominciò Alex.

-… ce ne sono altre due di sorelle: le sventole delle volanti!- terminò Daniel, risvegliandosi totalmente da quello stato di trance mattutina, rendendosi conto che quella sarebbe stata una splendida giornata

-… E non dimenticatevi di quel mastino del fratello che è a capo del distretto accanto a China Town…- continuò Michael, mentre beveva il suo caffè con tranquillità.

Daniel e Alex si guardarono e risposero in sincrono, furbescamente:

-Motivo in più per provarci…-

Michael sollevò lo sguardo e lo fissò dritto in quello dei suoi gemelli; un sorriso si fece vivo repentinamente sulle sue labbra: avevano decretato la sfida per stuzzicare il fratello di quelle ragazze.

-In pratica, siete coinvolti tutti ragazzi: non voglio che nessuno si passi.- disse mio padre, puntandoci un dito contro. In quel momento (accidentalmente… e chissà come mai!), mi ricordai di avere un impegno per la sera e mi alzai dicendo:

-Mi dispiace tanto, ma.. ho un impegno irrevocabile stasera, Papy, quindi non credo di poter esserci.. e poi, stiamo parlando di un caso di polizia e mica io posso entrare nelle indagini, no?- dissi, sorridendo vivacemente e svignandomela. Inevitabilmente, sentii il suo sussurro soffocato:

-.. Ancora per poco…-

Mi voltai e gli dissi:

-Non ti sei ancora rassegnato, Papà? Davvero.. lo sai da un paio d’anni che non è la mia strada diventare poliziotta o qualcos’altro che si avvicini a quelle professioni dove si utilizzino le armi! Sono contro la violenza e l’uso delle armi! E il mio compito sarà salvare le vite.. in maniera differente dalla vostra, ma il fine è lo stesso!-

Non ero più calma, ero arrabbiata, anzi credo che imbufalita possa esprimere la mia espressione di quel momento; non mi era mai capitato di arrabbiarmi così: certamente, in quegli anni mi ero opposta, avevo litigato con loro per questa situazione, ma non mi ero mai imbestialita così tanto. Ormai, mi ero talmente tanto scocciata di quella situazione che non sopportavo più che mi dicessero quello che avrei voluto o dovuto essere da grande.

Mio padre non sembrava contento della mia risposta, ma non ne volevo sentire nemmeno parlare. Non volevo mai più avere una discussione su quell’argomento e non avrei transitato oltre su quello.

-TU FARAI QUELLO CHE DICO IO!- mi urlò addosso, come se avessi detto la peggiore delle bestemmie. Mi misi davanti a lui: ormai avevo deciso che la lezione di Fisica per il giorno, me la sarei dovuta scordare; avevo ingaggiato una lotta dalla quale sapevo che non ne sarei uscita tanto presto.

-Io farò quello che desidero e non entrerò in Polizia, punto e basta. E NIENTE E NESSUNO MI FERMERA’, TANTOMENO TU!- urlai, impuntata come una dodicenne in pieno litigio adolescenziale.

-BENISSIMO… ALLORA SCORDATI DI ESSERE MIA FIGLIA E DIMENTICATI DI POTER AVERE IL MIO SOSTEGNO ECONOMICO!- urlò mio padre, troncando così ogni possibilità di risposta.

Sotto gli abiti portavo delle medagliette dei militari come portafortuna e tra quelle c’erano le sue; le strappai con violenza e gliele buttai a terra, come se le volessi frantumare.

-Ecco a te: da oggi in poi non sarò più tua figlia. Ti consideravo il mio eroe e pensavo saresti stato in grado di capire, con il tempo.. ma forse mi sbagliavo di grosso. Bene, me ne vado.. così potrai avere la tua famiglia di sbirri al completo.  Addio.- dissi freddamente, mentre giravo sui tacchi e riprendevo la strada per la mia camera, pronta a farmi le valige.

Tutte le altre volte che avevo litigato con lui, scoppiavo sempre a piangere, ma quella volta sentivo che la rabbia guidava le mie azioni e che le lacrime sarebbero giunte quando sarei uscita di casa. Entrai nella mia camera come una furia e feci la valigia, buttando alla rinfusa tutte le mie cose e cercando di portarmi l’essenziale: prima o poi sarei tornata quando non ci sarebbe stato e mi sarei ripresa tutte le mie cose.

Chiusi la mia valigia e scesi di sotto, alla velocità della luce.

I miei fratelli erano fermi davanti alle scale, magari pensando anche di convincermi.

Siete degli illusi se pensate che io possa rimanere qui anche un singolo minuto in più del dovuto, pensai tra me e me, mentre scendevo con lo sguardo alto.

-Dai, Libe, non prendertela..- cominciò Alex.

-Ha ragione: non voleva…- cercò di migliorare la situazione Daniel, guardando Michael e cercando l’appoggio giusto per farmi rimanere. Michael, però, ignorò il suo sguardo e lo fissò profondamente nel mio… Conoscevo quello sguardo ed era l’unico che sapeva capirmi realmente.

Vai.. e diventa quello che vuoi diventare…

I suoi occhi blu parlavano per la sua bocca ed io non potei fare altro che poggiare la valigia ed abbracciarlo con tutta me stessa, trasmettendogli tutto il bene che provavo per lui. Mi abbracciò stretta e mi fece scivolare qualcosa nella mia tasca, sussurrando:

-Sii sempre te stessa… tranquilla che tra qualche ora ti troverò anche una casa dove sistemarti..-

Mi staccai da lui, sussurrando un leggero Grazie.

Presi la valigia e mi diressi verso la porta d’ingresso e sentii, nella cucina la voce di mia madre che litigava con mio padre.

-Bene.. sei contento adesso? Bene, io no!- disse mia madre, scocciata. Sentii lo sbuffare sonoro di mio padre.

-.. Valentine ha solo complicato le cose..-

Non volli più ascoltare altro, presi di slancio tutte le mie cose e mi fiondai fuori dalla porta di casa. Mi voltai un attimo giusto per vedere la casa.. e mai casa mia mi sembrò più lontana.

Come avevo previsto, le lacrime si fecero vive, scorrendo liberamente sulle mie guance; adesso, che avevo concluso qualsiasi legame con mio padre.




Il mini- angolo dell'autrice!


Bene.. Eccomi tornata con una nuova storia! E' da 9 mesi che la scrivo e la rielaboro.. spero  vi possa piacere!!
Come avete potuto ben leggere, la storia si fa intrigante fin da subito.. spero di aver suscitato la vostra curiosità...
BESOSSS**

Vostra, Kyryu!!! :D

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Kyryu