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Autore: SLAPPYplatypus    11/02/2011    0 recensioni
hey, solo una piccola cosa che ho scritto. ci tenevo davvero a farla bene, e non dico che sia venuta esattamente come volevo, ma almeno in una minuscola parte ci sono riuscita, e va bene così, per ora.
penso sia sufficiente dire che non è ispirata a un sogno o a niente del genere, ma a un disegno che avevo in mente di fare (e che non ho ancora fatto).
non è particolarmente romantico o sentimentale, ma penso di essere fortemente influenzata dal romanticismo, un sacco di cose che ho scritto trasudano romanticismo contro la mia volontà, quindi... sì, ho finito.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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80 The moonlight of my life.






Ophelia si sedette piano sull'erba morbida, sbattendo nervosamente le palpebre e guardandosi attorno, accecata da tutto quel bianco.
Aveva sempre avuto paura del bianco. Bianco è la totale assenza di colore, in fondo. Bianco è il nulla, la privazione totale. Bianco fa paura; ma non aveva paura, in quel momento. Quello non era un bianco malvagio, non sembrava aggressivo, pronto a strapparle via la tua anima per stringerla a se, come minuscole gocce di inchiostro nero e oleoso per scurirsi un po', per dimostrare che anche lui, in fondo, valeva qualcosa. Quella strana, pacifica gradazione di bianco era candido, il colore che le veniva in mente pensando ad un angelo, ad una creatura divina capace soltanto di fare del bene; anche se, in fondo, lei nemmeno ci credeva, in queste cose.
Era tutto bianco, in quel posto tanto speciale ed incantevole da sembrare un sogno: alberi bianchi ed erba bianca, sembrava che fosse appena terminata una pesante, feroce bufera di neve; eppure una piacevole, calda brezza estiva le spingeva i lunghi capelli castani davanti agli occhi.
Sfiorò con la mano il tronco dell'albero sotto il quale era seduta; non poteva certo essere neve. Non era freddo, ma non era neache caldo. Era precisamente della stessa temperatura della sua pelle, e il bianco non sembrava nemmeno scalfito dal suo tocco.
Ophelia girò piano la testa, osservando il paesaggio che la circondava.
Tutto era bianco; ogni piccola, insignificante cosa era delineata soltanto da delle impercettibili sfumature, scure o chiare, che ne marcavano le ombre.
Il cielo non era bianco, no. Il cielo era preso da una particolare, impossibile ed unica parte del giorno; era facile capire che era stato di un vivace colore verde smeraldo fino a poco tempo prima ma in quel momento, come se stesse calando una cappa molto più rassicurante della notte, si stava rapidamente tingendo di blu cobalto, lasciando brillare diversi, luminosi puntini bianchi, come stelle che qualcuno si era dimenticato di colorare.
La ragazzina abbassò lentamente la testa, sorridendo tra se e se.
Quello doveva essere il paradiso. Sì, non c'era altra spiegazione: lei non sognava mai. Doveva essere morta senza accorgersene, e quello doveva essere il paradiso.
Udì dei rametti scricchiolare; era incredibile come anche un rumore sgradevole, un suono che sapeva di morte e di vita interrotta, sembrasse rilassante ed armonioso in quel luogo. Girò la testa, un bianchissimo ragazzo stava lentamente camminando verso di lei con una bianchissima chitarra appesa alla spalla sinistra.
Si sedette appena davanti a Ophelia, senza nemmeno vederla.
Incrociò le gambe e allungò un braccio dietro di se per afferrare lo strumento. Lo accordò con cura, assicurandosi che ogni corda producesse esattamente il suono che desiderava, e iniziò a muovere le dita su corde e tasti, creando una canzone, un'atmosfera così bella, che Ophelia avrebbe dato ogni cosa per avere ancora un cuore, per sapere ancora piangere.
   
 
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