Ad Alessia,
perché è raro
trovar una coppia che piaccia ad entrambe <3
A Kyo e Monica,
per avermi
iniziata [saggiamente] a Vampire Knight <3
A Matsuri Hino,
perché
dovresti dar più spazio a questi due. ù_ù
h
Our Pages Still Unwritten g
Senri Shiki x Rima
Touya
h La Prima Pagina. Incontro g
Lei odiava quei
posti, sempre li aveva odiati e sempre lo avrebbe fatto.
Quelle serate
mondane erano solo una lenta e straziante tortura per una tipa solitaria e
taciturna come lei, che a causa del suo aspetto carino non faceva altro che
attirare mosconi a ronzarle attorno; e che, a causa del suo carattere
irascibile, respingeva in sequenza senza troppa cortesia.
Era una
ragazzina difficile, sentiva sempre mamma e papà dirlo, seduti a tavola alle
luci soffuse dell’alba, quando la credevano già dormiente nel suo letto –
quelle poche volte che erano a casa, ovviamente.
Ma dicevano
anche che, carina com’era, sarebbe senz’altro arrivata da qualche parte.
Quella parte
dove i suoi genitori volevano farla arrivare – lo capì solo durante la sua
prima serata mondana, avvenuta proprio nel periodo in cui la sua adolescenza
vampiresca si decideva a darle un tocco di classe e bellezza in più, come se non
fossero una piaga già abbastanza grande per lei –, la direzione verso cui
puntarono i coniugi Touya non appena giunti alla
festa, senza esitazione, fu quella del tavolino intorno al quale sostava la
famiglia Ichijou.
Ah, ora era
tutto chiaro.
“La piccola Rima
era così impaziente di conoscerla, nobile Takuma!” esordì la signora Touya, con una voce che pareva più uno scampanellio che un
verso umano.
All’udire quelle
parole totalmente inventate, Rima inarcò un sopracciglio, fissando fra il
perplesso e lo schifato il damerino biondo poco più alto di lei che le
sorrideva di fronte.
“Il piacere di
conoscere una così bella ragazza è mio. Piacere, sono Ichijou
Takuma.” La salutò il bel principino biondo, accompagnandosi con un inchino e
un baciamano di gran classe.
“Ciao.” Lo
liquidò Rima svogliata, riprendendosi immediatamente indietro la sua manina
avvolta in un guantino di pizzo bianco davvero grazioso.
Ichijou rimase perplesso a fissare
quel velo di pesante irritazione calato su di un volto così angelico. Insomma,
quella era davvero la prima persona a respingerlo in maniera così brutale.
Anzi, era proprio la prima a bistrattarlo in generale. Lui, che fin da piccolo aveva conquistato vampiri e umani con un
solo sorriso, tanto era dolce e carino. Lui,
discendente dei nobili Ichijou, respinto così da una
nobile vampirella senza nemmeno una valida
motivazione. Gli venne quasi voglia di scoppiare in lacrime, ma si trattenne,
gelato dallo sguardo minaccioso di Rima che gli intimava silenziosamente di
comportarsi bene e di non crearle grane con i genitori.
a
Oh sì. Lo
ricordava bene.
Era stata la
volta in cui il frignare di Ichijou gli era parso più
insopportabile del solito.
A parte che
l’adolescenza di Takuma era stato un periodo veramente difficile per lui,
avrebbe più e più volte desiderato di rinchiuderlo in una bara chiodata, ma… no,
sarebbe stato decisamente troppo faticoso e controproducente, dato che
conoscendolo Ichijou avrebbe continuato a frignare
anche là dentro.
Quindi anche
quella sera, la sua prima serata mondana in assoluto, faceva finta di ascoltare
i piagnistei dell’amico, mentre in realtà era perso nel suo mondo altrove, fra
le nuvole lontane.
“Shiki, ti odio.
Non mi ascolti mai.” Piagnucolò il biondino, piazzando la sua faccia triste
davanti a quella dell’amico.
“Mh? Sì, sì, ti ascolto.”
“Non è vero. Di
cosa stavo parlando?”
“Di… una tizia a
cui non sei piaciuto.”
“La figlia dei Touya.”
“Ecco, lei. Ma
non capisco che cosa te ne possa importare.”
“A me importa,
perché voglio piacere sempre a tutti. Mi piace piacere a tutti. Sono sicuro di
piacere anche al Nobile Kaname. E lei… questa qui,
che non si sa manco da dove sia sbucata, col suo bel visino angelico e il suo
sguardo truce, mi smonta così! La odio! E pensare che le nostre famiglie
puntavano ad un fidanzamento d’interesse, ma stando così le cose… quella
vorrebbe solo vedermi squartato in mille pezzi, me lo sento.” Si lamentò il
giovane Ichijou, crogiolandosi nella sua
disperazione.
“Beh, e allora
stalle alla larga. Sai quante nobili vampire ci sono a tua disposizione…
sarebbe assurdo che tu ti facessi scegliere proprio l’unica che ti odia. Ma
conoscendoti, non porresti di certo resistenza…” sospirò Senri, grattandosi
svogliatamente la zazzera di capelli spettinati.
“Uff, sei sempre
il solito apatico insensibile, Shiki…” sospirò Takuma, accasciandosi mestamente
sulla ringhiera del balconcino rialzato che si affacciava sulla sala da ballo.
Improvvisamente si sollevò, scrutando curioso un punto preciso del salone.
“Ehi, Shiki, ma quella non è tua madre? Chi è il tizio con lei? Dove stanno
andando?”
Senri dedicò
solamente uno sguardo sfuggente alla lunga chioma scarlatta della madre che
spariva dietro ad un portone con l’ennesimo sconosciuto, per poi voltarsi e
dirigersi esattamente dalla parte opposta.
“Non lo so e
sinceramente non mi importa. Ora vado. Buona fortuna con la tua bella
assassina, Ichijou.” Lo salutò con un cenno Shiki,
sparendo giù per le scale.
“Ecco, mi ha
liquidato pure lui. E stasera sono in due.” Frignò Takuma, accasciandosi a
terra, depresso.
a
“Lasciami stare,
stupido scimmione!” sbraitò una vocina delicata, ma decisa e per nulla
aggraziata.
A risponderle fu
una voce roca e spiacevole, viscida, che lasciava trasparire chiaramente le sue
spregevoli intenzioni.
Il contrasto
vocale era netto: era chiaro che fosse un adulto che invitava una ragazzina ad appartarsi
con lui. Sebbene lei opponesse una fervida resistenza, non si azzardava ad
urlare aiuto. Avrebbe combattuto e si sarebbe fatta uccidere, ma non avrebbe di
certo chiesto a nessun altro di aiutarla.
Senri non sapeva
che fare. Il suo stile di vita gli avrebbe imposto di andarsene
tranquillamente, ignorando gli avvenimenti, però la sua coscienza, per la prima
volta, ululava contrariata. Così sostava
dietro al tronco di un albero, indeciso sul da farsi, totalmente inerme. Ma in
cuor suo già sapeva che non avrebbe permesso a quel villano di far male ad
un’innocente ragazzina. Doveva solo trovare il coraggio – e la voglia – di
farsi avanti per proteggere una perfetta estranea.
“Sei una
ragazzina difficile, tu…”
“Sì, lo sono! Mi
avete stancata tutti quanti con queste assurde pretese…” ringhiò sottovoce la
biondina, tirando uno schiaffo ben assestato al vampiro che la stava
importunando “…non mi importa chi tu sia… che tu sia nobile, ricco, famoso...
non mi importa nulla. Mi fate schifo, mi fate tutti schifo. Siete tutti falsi e
ipocriti, voi adulti, tutti viscidi e morbosi. Non voglio entrare in questa
società. Non mi farò succhiare il sangue da nessuno di voi, voi, che non
pensate altro che al potere e a soddisfare le vostre bieche voglie. Non sarò il
vostro burattino… non voglio soffrire a causa vostra… quindi statemi lontani!”
urlò la ragazzina disperata, prima di essere afferrata con forza per il collo
dal nobile di fronte a lei.
Shiki sussultò.
Il sangue gli divampò nelle vene. Il respirò gli venne a mancare.
Che cosa aveva
appena detto quella ragazzina?
Che cosa aveva
appena fatto?
Ciò che non
aveva il coraggio di dire o fare lui, ciò che faticava pure ad ammettere a se
stesso?
“Sciocca
ragazzina… in questo modo non farai altro che disonorare il casato dei Touya, lo sai?” sogghignò il vampiro, divertito “Il tuo
destino è stato scritto dalla tua nascita, ormai. Quindi ora fai la brava, e ti
farò sentire cosa si prova ad essere morsi da un vampiro di classe come me…”
“NO!” si dimenò
lei, con tutte le sue forze, e la sua voce ferma e fredda per la prima volta
tradì un fremito di paura.
a
“Lasciala
stare.”
Quella voce
calma e bassa, ma estremamente seria e decisa, fu come un fendente vellutato
che tagliò l’aria con classe e forza. Non l’avrebbe mai potuto scordare.
L’alito pesante
e dolciastro di quel viscido vampiro si scostò dal suo collo – ancora intatto,
grazie al cielo – per volgersi a destra, dove la figura di un ragazzino si
stagliava nella penombra creata dalla luce lunare.
“Finalmente ti
sei deciso a mostrarti, moccioso. Era da un po’ che mi ero accorto di te, ma
credevo che la tua fosse solo morbosa curiosità.” Sogghignò l’uomo, lasciando
la presa su Rima.
“L’unica persona
morbosa che c’è qui sei tu. Lasciala stare, o tutti verranno a sapere che cosa
hai cercato di fare. Non sarebbe di certo una bella pubblicità per il tuo
casato, non credi?” argomentò tranquillamente il ragazzino, impassibile, quasi
stesse parlando con un invitato a cena o con un passante.
“Ah ah… bell’intervento ragazzino… ad ogni modo la mocciosa mi
aveva già stancato da un po’…” affermò tranquillamente l’uomo, lanciando di
forza Rima contro il nuovo arrivato, che la prese fra le sue braccia. “Prendilo
come un regalo per il tuo silenzio.” E così dicendo, il vampiro svanì velocemente,
senza lasciar traccia.
Rima rimase
qualche momento boccheggiante fra le braccia del ragazzino, stringendosi alla
sua giacca, tremante. Lui, da parte sua, rimase immobile. Né un gesto di
conforto, né una parola. Semplicemente, attendeva, la studiava, ascoltava il
suo respiro, il suo sangue scorrere furioso e divampante.
Non appena
riuscì a riprendere il controllo di sé e la sua calma, Rima gli diede uno
spintone, allontanandolo.
I suoi occhi
infiammati erano ancora lucidi e lo fissavano freddi e fermi, ma senza rabbia.
Sembravano piuttosto imbarazzati e colpevoli, in verità. Sembrava una gattina
bagnata e arrabbiata che cercava di ringhiare come una tigre.
“Rilassati, Touya. È tutto finito ora.” La rassicurò lui, inespressivo.
“C…come fai a
sapere chi sono?!”
“Ho sentito il
tuo nome dal tizio di prima… e un mio amico mi ha già narrato del vostro
incontro disastroso nemmeno un’ora fa.” Sospirò lui, grattandosi la fronte, con
fare affaticato.
“Sei amico del
damerino biondo?!” sbottò Rima, arrossendo lievemente.
“Già.”
“Ah… non l’avrei
mai detto… siete così… così…”
“Diversi? Lo
siamo. Scusalo, lo so che è insopportabile a volte.” Affermò, appoggiandosi con
un sospiro al tronco di un albero del giardino, lasciandosi scivolare al suolo.
“Ha l’impellente necessità di piacere a tutto e tutti.”
“Mh. A me raramente piace qualcuno. E non m’interessa
piacere a nessuno.” borbottò lei, con fare stizzito.
“…credo di
averlo già capito…” rispose lui con un sussurro, concedendosi un lievissimo
sorrisino a fior di labbra che non passò inosservato al cuore di Rima, che
scalpitò per la prima volta, stretto in una strana convulsione: per la prima
volta, trovava un ragazzo davvero carino e affascinante. Del resto,
obiettivamente, quello lì era davvero
un bel tipo.
“Mh… perché non sei dentro alla festa?” domandò Rima, come
se sentisse il bisogno di attaccar bottone, contrariamente alla sua natura,
come se necessitasse saperne di più su di lui.
“Perché io e te…
siamo simili, a quanto pare la pensiamo allo stesso modo… sulla gente là dentro.”
Affermò lui, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al tronco.
Rima ripensò
alle parole che aveva urlato contro al vampiro, e in cuor suo si sentì
sollevata nel sapere che non era l’unica anormale
ad odiare la classe nobiliare là dentro.
Si fece coraggio
e si avvicinò al ragazzo, sedendosi al suo fianco e portando le ginocchia al
petto, affondandovi in mezzo il viso, rosso d’imbarazzo.
“Grazie per…
avermi salvata.” Mormorò lei, sottovoce, in modo appena percettibile.
“Figurati, Touya.”
“Rima… io sono
Rima.”
“Io sono Shiki
Senri. Chiamami pure come preferisci.”
“Grazie… Shiki.
Posso stare qui con te per un po’?” domandò lei, sollevando la testa per
guardarlo, imbarazzata.
“Puoi restare
con me tutto il tempo che vorrai.”
h Interludio I g
Lo aveva
pensato. A lungo, intensamente. I suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli
spettinati, la sua espressione enigmatica. Li rivedeva sempre più spesso nei
suoi sogni di ragazzina adolescente ed insicura.
Era stato
terribilmente difficile ammetterlo pure a se stessa, figurarsi se ora si
metteva a scriverlo in quel stupido coso.
Sollevò lo
sguardo dal foglio a righe, abbandonando le memorie del passato, per lanciare
un’occhiataccia omicida a Aidoh, seduto in prima
fila, che rabbrividì sentendo quello sguardo assassino puntato contro la
schiena.
“Aiuto, Ichijou, Rima mi sta fissando male…” mugugnò Hanabusa, rivolgendosi al compagno con aria sofferente.
“Immagino come
ti senti, non è affatto piacevole aver a che fare con una Rima arrabbiata. Però
c’è da dire che stavolta te la sei cercata… non è giusto che a causa delle tue
bravate dobbiam pagare tutti.” Sospirò Takuma,
fissando il suo foglio ancora completamente bianco.
“Che idiozia,
questo tema…” sbuffò Kain, leggendo con sguardo
assente il titolo Racconta il tuo primo
incontro con una delle persone più importanti della tua vita.
“Senza dubbio
sconfina fin troppo nel personale.” Assentì Ruka al
suo fianco, giocherellando annoiata con la penna – e Kain
sapeva bene che era il suo modo per nascondere l’imbarazzo.
“Aidoh, dovresti scriverlo tu per tutti.” Sorrise Ichijou, divertito.
“Sono
d’accordo.” Sbottò Rima dal fondo, irritata. “Se non ti facessi beccare ogni
volta nell’intento di farti qualcuna della Day Class,
a noi non toccherebbe sorbirci le inutili punizioni dei professori.”
“Ohhh… ti ho già detto che mi dispiace, okay?!
Piantala di rompere, strega!”
“Capra.”
“Cosa?! Razza
di… arpia!”
“Capra.”
“Non hai
vocabolario, eh, Rima?”
“No, è che se
sei una capra, sei una capra e basta, Aidoh.”
All’udir ciò, Hanabusa si voltò verso Shiki, rimasto impassibile fino a
quel momento.
“Shiki. Come fai
a sopportarla?”
Senri inarcò un
sopracciglio con fare annoiato, voltandosi verso Akatsuki
con un lieve cenno della testa.
“E tu, come fai
a sopportare Aidoh?” gli domandò Shiki, provocando
l’ilarità generale.
“Purtroppo non è
una libera scelta, è un obbligo. Del resto non è mica il mio ragazzo.” Ammiccò Kain all’amico, causando il rossore di Rima.
“Ohhhh… piantatela tutti, cretini.” Mugugnò la biondina fra
sé e sé, tornando a scrivere il tema, non prima di aver scambiato un’occhiata
complice con Shiki.
h La Seconda Pagina. Insieme g
Lo aveva
pensato. A lungo, intensamente. I suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli
spettinati, la sua espressione enigmatica. Li rivedeva sempre più spesso nei
suoi sogni di ragazzina adolescente ed insicura.
Finché non li
rivide davvero, ancora.
Aveva
frequentato assiduamente gli eventi mondani, ma non lo aveva più rivisto. Non
aveva il coraggio di chiedere al damerino biondo che fine avesse fatto il suo
amico: sarebbe stato troppo imbarazzante.
E poi era
arrivata la proposta, accettata dal Consiglio, di partecipare alla vita
scolastica del collegio.
Collegio
significava un sacco di scocciature: ragazzi che ti ronzano attorno, ragazze gelose,
studio, lezioni… seccature, seccature, seccature.
Senza contare
che col suo nuovo lavoro di modella era già abbastanza scocciante stare in giro
tutto il giorno. Figurarsi se le toccava pure dividersi fra lavoro e scuola.
Eppure… si
annoiava e si sentiva sola. Anche questo era da ammettere.
Quindi l’idea di
frequentare una scuola andava pian piano prendendo piede nella sua mente, fin
quando non decise di dare una possibilità a quella storia del collegio. Senza
contare che era un modo per perorare la causa dei buoni rapporti fra umani e
vampiri, e con il lavoro che aveva sarebbe stata un’ottima condizione. Per di
più l’uniforme era adorabile e le stava a meraviglia.
Di certo non si
sarebbe mai aspettata, entrando nella classe la prima notte di scuola, di
trovarsi quegli stessi occhi glaciali, quei capelli arruffati e quel viso
annoiato in fondo all’aula.
Inutile mentire,
il cuore le balzò in gola alla sola vista di Shiki.
Si guardò
intorno nervosamente, facendo finta di non essersi accorta di lui, ma venne
immediatamente attaccata da un damerino biondo di sua conoscenza.
“Ciao, Rima!” la
salutò il principino, sorridente e gioioso.
“Ciao… Ichijou.” ricambiò lei, sorpresa.
“Che felicità
che tu abbia accettato la partecipazione al collegio! Sono sicuro che andremo…
d’accordo… vero?” le domandò Takuma, tradendo un certo nervosismo.
“Certo, come no.
Vado a sedermi.” Lo liquidò Rima,
dirigendosi automaticamente verso il fondo della classe.
“Se vuoi posso
presentarti le altre ragazze della classe.” Si offrì Ichijou,
affiancandola. “Così potrai scegliere con chi sederti!”
“Non ho bisogno
della balia, Ichijou.” Borbottò Rima, fissandolo
annoiata.
In tutta
risposta, si sentì una sedia strisciare contro il pavimento, mossa da qualcuno.
Entrambi i
biondi si voltarono, vedendo Shiki che indicava con una mano la sedia del banco
accanto al suo.
“Ah, vuoi che mi
sieda lì, Shiki?” gli domandò Ichijou, gioioso.
“Non tu. Lei.”
Lo scaricò Senri, mentre un sorrisino felice si illuminava sul volto di Rima
che, senza farselo ripetere due volte, trotterellò verso il ragazzo.
“Grazie.” Gli
sussurrò Rima, quando ormai Ichijou era già volato ad
importunare qualcun altro.
“E’ un bravo
ragazzo. Un po’ appiccicoso, ma simpatico.” Le spiegò Shiki, fissando dapprima
Takuma, per poi spostare il suo sguardo sulla figura snella della biondina.
“Non sapevo ci saremmo rincontrati in questa situazione.”
“Già… è strano.”
“Sì, lo è. Ma è
anche piacevole.”
All’udire quelle
parole, Rima non poté fare a meno di arrossire lievemente, guardando altrove
per non darlo a vedere.
“Sì, lo è. Perché
hai deciso di iscriverti al collegio?”
“Perché non ce
la facevo più a vedere mia madre. E tu?”
“Direi per la
stessa motivazione. E anche perché… mi sentivo un po’ sola.”
Senri posò il
suo sguardo enigmatico su di lei, scrutandola con attenzione, colpito da quella
risposta.
“Sì… direi che…
anche per me è stato lo stesso.” Ammise lui, fissando poi la penna sul tavolo.
“Ti scoccia stare seduta di fianco a me?”
“No. Resterò per
tutto il tempo che vorrai.” Sorrise infine lei, ricordando le parole che lui
stesso le rivolse.
h Interludio II g
“A cosa pensi?”
Sussultò al
suono di quella voce soave, che come sempre la sorprendeva, silenziosa, alle
spalle.
Rima, che era
persa nei suoi pensieri seduta sul davanzale della finestra, fissando la luna
che si stagliava fra le tenebre, si volse impassibile verso il ragazzo, che
sostava dietro di lei, giocherellando con una ciocca dei suoi codini.
“A niente.”
“Mh. Capisco. Hai
scritto il tema?”
“Lo sto
scrivendo. E tu, Shiki? Su chi lo stai scrivendo?”
“Sulla
meravigliosa amicizia fra me e il simpatico damerino biondo.”
“Ah. Ti
dovrebbero dare un’insufficienza solo per il soggetto del tema.” Ribatté lei,
acida.
Senri sogghignò
sommessamente, divertito dalla risposta. La mano abbandonò il codino che stava
torturando, per farla scivolare sul suo collo, carezzandole dolcemente la nuca
con movimenti ripetitivi.
Il ragazzo
avvicinò le sue labbra all’orecchio di Rima, sussurrandole suadentemente
qualcosa.
“Lo sai bene su
chi l’ho scritto il tema…” bisbigliò Shiki, scivolando dall’orecchio verso la
linea del collo, scostandole la camicetta per carezzarle la pelle con le labbra
fredde e umide.
Poteva percepire
il suo respiro, il suo sangue scorrerle violento nelle vene, il suo cuore palpitare
veloce e scatenato. Il profumo della sua pelle… il sapore del suo sangue… erano
come una tentazione irresistibile, come acqua fresca per un viandante nel
deserto.
“Te la ricordi…
la prima volta…?”gli domandò improvvisamente Rima, fissandolo con i suoi
occhioni blu in profondità, alla ricerca della verità nel suo cuore.
“Ovviamente. E
tu quando hai intenzione di aver qualche ricordo della tua?” le soffiò sul
collo Senri, prima di allontanarsi velocemente, senza aggiungere altro.
Rima arrossì e
si voltò verso il ragazzo per protestare, ma lui era già sparito chissà dove.
“Stupido Shiki…”
h La Terza Pagina. Il sapore del tuo sangue g
Non ricordava
nemmeno quanto tempo fosse passato dall’inizio della scuola. Forse sei mesi,
forse di più; forse addirittura un anno.
Fatto sta che da
quando aveva iniziato la scuola, il tempo aveva smesso di essere dilatato e le
giornate noiose. La solitudine era stata spazzata via dalla silenziosa
compagnia di Shiki, che stava sempre al suo fianco di giorno in giorno.
Non l’avrebbe
mai ammesso apertamente, ma la vita al collegio Cross era davvero piacevole.
Ovviamente non
poteva sperare di vivere in assoluta
tranquillità. In quanto apprendisti della pace fra umani e vampiri, a volte
toccava agli studenti della Night Class andare in giro per la città a caccia di
quei vampiri di classe E impazziti.
Fortunatamente,
Rima andava sempre in compagnia di Shiki, ormai si poteva dire che fosse diventata
parte della loro routine “di coppia”.
Quella volta
però ci fu un assalto di più vampiri di livello E, erano almeno in quattro,
quindi per sicurezza Shiki e Rima agirono insieme a Aidoh
e Seiren, come disposto da Kaname.
Fu uno scontro
difficile, e Rima dovette subire l’oltraggio di trovarsi più volte in
difficoltà: ma poté orgogliosamente proclamare di esserne uscita salva da sola.
Aveva appena
ucciso la sua avversaria – una vampira scesa a livello E da parecchio tempo e
quindi totalmente selvaggia e incontrollabile – e nella lotta si era procurata
un lungo taglio che dal palmo della mano si estendeva lungo il polso e il
braccio. Essendo abbastanza profondo, la rimarginazione ci stava mettendo più
del previsto, e il sangue sgorgava denso e copioso lungo l’arto, macchiandole i
suoi preziosi vestiti da bambolina.
Rima stava
ancora contemplando il rosso della ferita quando balzò immediatamente in
posizione di difesa, voltandosi all’indietro.
Una risatina
sommessa anticipò l’arrivo di Hanabusa, che entrò nel
seminterrato nel quale ancora giacevano le ceneri del nemico.
“Visto che Shiki
era ancora occupato a combattere con Seiren ho ben
pensato di venire ad aiutarti, ma a quanto pare hai già fatto tutto da sola,
Rima…” notò il biondino, oltrepassando le ceneri e dirigendosi verso di lei
divertito.
“Sì, ti
ringrazio Aidoh.” Affermò lei, tornando a sedersi su
una sedia cigolante e riprendendo a medicarsi con un fazzolettino che aveva con
sé.
“E’ un bel
taglio, eh? Di certo non fermerai l’emorragia con quel misero fazzolettino.”
“Basterà a
contenere il sangue finché il taglio non si chiuderà da solo.” Rispose
tranquillamente Rima.
All’improvviso,
sentì il tocco freddo della mano di Hanabusa
stringersi intorno al polso ferito, e vide il volto pallido del vampiro
avvicinarsi al suo sangue, i canini brillare all’ombra assieme ai suoi occhi
illuminati dalla bramosia.
D’istinto, Rima
cercò di ritrarre il braccio, ma la presa di Aidoh
era forte, tanto quanto la sua brama di sangue.
“Avanti, lascia
che ti aiuti a pulire il sangue e a rimarginare la ferita, Rima…” le sussurrò
il biondo, fermandole con l’altra mano il braccio, in modo da bloccarla
definitivamente.
“NO! Lasciami!”
urlò la ragazza, preda dell’agitazione più totale: non voleva che il suo sangue
ancora puro venisse assaggiato per la
prima volta da Aidoh. Non era lui a cui avrebbe
voluto darlo. Non se lo meritava. Come poteva il suo prezioso sangue, che aveva
cercato di proteggere fino allo stremo, essere assaggiato così, inutilmente, da
qualcuno a cui non gliene importava nulla? “FERMATI AIDOH!”
a
L’urlo di Rima,
l’odore inebriante del suo sangue portato dal vento, la sua paura vibrante
nell’aria.
Fu una delle
poche volte – contate sulla punta delle dita – in cui Senri si sentì pervaso da
una ira incandescente.
Sentì di avere
le ali ai piedi quando si lanciò, trascinato dall’odore del sangue, verso il
seminterrato da cui provenivano le urla di Rima, guidato da un istinto omicida
nei confronti del compagno.
Non appena vide
la ragazza al suolo, sovrastata da un Aidoh fuori di
sé, che lottava disperatamente per tenerlo lontano dal suo braccio insanguinato,
Shiki avvertì il sangue divampargli nelle vene, e si lanciò con tutta la forza
che possedeva contro il compagno.
“Stalle
lontano!” ringhiò Senri, assestando un paio di colpi a Hanabusa,
che parve riprendere dopo un attimo il controllo di sé.
Nemmeno il tempo
di ribattere che subito apparve Seiren a dividere i
due, con un’espressione così cupa e truce che non ammetteva repliche: lo
scontro finiva lì in quello stesso istante.
Aidoh lanciò uno sguardo colpevole a
Shiki, che ricambiò fulminandolo con un’occhiata gelida, per poi dargli le
spalle e dirigersi da Rima, ancora seduta a terra imbambolata.
Seiren afferrò Hanabusa
per i capelli, trascinandolo fuori con sé e intimando agli altri due di
seguirla subito al dormitorio.
Senri si
avvicinò silenzioso a Rima, si piegò verso di lei prendendola fra le sue
braccia. Lei gli si strinse al petto, senza protestare – riusciva benissimo a
camminare da sola, ma vedere Shiki in quello stato la inquietava parecchio,
quindi decise di non parlare dell’accaduto fino a quando non l’avesse visto più
tranquillo.
La lasciò cadere
sul letto, come fosse un pacco, senza troppa delicatezza.
“Ehi!” protestò
Rima, d’istinto, ma subito si pentì di aver parlato.
Shiki si voltò
verso di lei, scrutandola col suo sguardo tornato alla solita apatia: il velo
di furia pareva esser svanito così com’era giunto.
“Come va il
braccio?” le domandò Senri, levandosi la giacca e lasciandola cadere sulla
poltrona della sua camera.
La biondina gli
porse il braccio, la manica della camicia bianca ancora intrisa di sangue,
strappata all’altezza del taglio, ormai completamente rimarginato.
“Bene. Vuoi
andare in bagno a farti una doccia? Posso chiedere a Ruka
di portarti degli abiti puliti…”
“Non posso
andarmene direttamente in camera mia?” protestò Rima, polemica.
“No. Non finché Aidoh avrà ancora in testa l’odore del tuo sangue e tu
profumerai ancora di esso.”
“Profumerò?
Quindi il mio sangue profuma?” sogghignò lei, maliziosa.
Senri la fissò
impassibile, scrutando sottecchi il braccio insanguinato dell’amica.
“Sì, per me sì.”
“Aidoh stava per berlo, Shiki.” Asserì lei improvvisamente,
tornando seria. “Stava per sbaffarsi il mio sangue senza troppi complimenti.”
“Lo so. Ma mi
pare di aver evitato l’accaduto.”
“E se l’avesse
bevuto, Shiki? Cosa avresti fatto?”
“Ma non è
accaduto, Rima. Piantala di fare l’irritante.”
“Non te ne
importa nulla, vero?”
Irritato da
quell’ennesima protesta, Senri tirò un potente pugno contro il tavolo – se
fosse stato di un legno un po’ scadente, sarebbe andato in frantumi.
“Se non me ne
fosse importato nulla, avrei evitato di aggredire Aidoh,
non ti pare?” sibilò il ragazzo, fissandola con sguardo cupo.
“…io ti piaccio
perché non faccio bere il mio sangue a chiunque, perché lo tengo per me? Perché
sono diversa da tua madre?” gli domandò ancora Rima, con una nota di
risentimento nella voce.
Shiki sussultò.
“Che cosa vai…
dicendo?”
“L’ho sentito
dire da Ichijou a Ruka un
giorno. È solo per questo che stai con me?”
Senri non
rispose. Sostò per lunghi, interminabili minuti alla finestra, lo sguardo vacuo
perso altrove, nei suoi pensieri. Finché non trovò il coraggio di parlare.
“L’ho pensato,
l’ho pensato davvero Rima. Ti ho sempre profondamente stimata per questo.
Perché non sei una donna che per farsi apprezzare si concede agli altri come
fosse niente. Ho sempre amato questo di te, fino a quando…” e qui si bloccò, lo
sguardo piegato in un’espressione sofferente, il pugno chiuso in una stretta di
rimorso “…fino a quando non ho cominciato a bramare io stesso… il tuo sangue. A
questo punto mi chiedo… quanto possa essere migliore io, rispetto agli altri
che reputo ipocriti e viscidi… e mi tocca ammettere che in verità no, non ti ho
salvata perché non volevo che il tuo sangue venisse bevuto inutilmente; ti ho
salvata perché volevo che il tuo sangue fosse mio, e non di Aidoh.
La gelosia e la bramosia mi hanno accecato. Perdonami Rima, per essere stato
così egoista.” Concluse Shiki, sedendosi al fianco della ragazza sul letto, lo
sguardo basso a fissare il pavimento per la paura di incontrare gli occhi
cerulei dell’altra.
Passarono lunghi
momenti di silenzio.
Istanti che
parvero anni.
Il silenzio fra
di loro non era mai stato così pesante.
Percepì Rima
muoversi sul letto, avvicinarsi a lui.
In cuor suo,
sapeva che l’avrebbe perdonato. Il loro legame era troppo profondo per esser
spezzato da un’ammissione di colpa del genere. Sarebbe cambiato, certamente, ma
difficilmente si sarebbe incrinato per sempre… ma cosa stava facendo Rima?
Shiki trasalì
quando si trovò di fronte al volto il braccio insanguinato della ragazza, messo
lì come fosse la portata di una cena.
“Rima… che stai
facendo?!”
“Assaggialo,
Shiki. Il mio sangue.”
“Non dire
idiozie.”
“Il mio sangue…
è per te. Solo per te.”
Il vampiro stava
per ribattere qualcosa, quando lesse la decisione e la sincerità scritti a
grandi lettere nelle iridi cerulee della compagna. Volse lo sguardo al suo
braccio. A quel sangue. Quel sangue che aveva tanto desiderato in quei lunghi
mesi. Era per lui. Era solo per lui. Stava vivendo uno di quei momenti in cui
più che un vampiro, si sentiva un animale affamato e bramoso.
Qual era la
differenza fra lui e il vampiro che anni prima aveva aggredito Rima?
Ma poi una
differenza c’era davvero?
Una volta
assaggiato il suo sangue, si sarebbe stancato di lei?
No.
L’unica risposta
che gli girava per la testa, mentre le sue labbra scorrevano delicatamente
lungo il braccio di Rima, la sua lingua si saziava deliziata di quel sangue
dolce e denso… era no.
Lui non era come
quel vecchio vampiro. Lui non era nemmeno come Aidoh.
Lui la
desiderava, perché – non si sapeva spiegare nemmeno lui come potesse essere
accaduto – la amava. Perché non
l’avrebbe mai ferita, e perché avrebbe custodito il suo sangue come qualcosa di
prezioso. Perché aveva accettato di offrirlo solo a lui e lui l’avrebbe offerto
solo a lei. Perché si appartenevano, nei loro silenzi, nell’anima, nel corpo,
nella mente.
Dopo aver
ripulito la superficie insanguinata del braccio, Shiki sovrastò la ragazza col
suo corpo, invitandola a sdraiarsi sul letto. Rima afferrò Senri per la
cravatta, portandolo giù con sé, desiderosa di percepire i suoi canini
affondare nel suo collo con forza e passione.
Ma le labbra del
ragazzo scivolarono inermi lungo il collo della biondina, seguendo la linea del
suo viso fino al mento, che saltarono per accarezzare direttamente le labbra di
lei, con tutta la dolcezza del mondo.
Rima strinse la
presa su di lui, allacciando le braccia intorno al suo collo e attirandolo a
sé, per unire finalmente le loro labbra nel loro primo e tanto atteso bacio,
che sapeva un po’ di sangue, un po’ di lacrime, un po’ di colpa e un po’
d’ingenuità.
Ma fu così puro
e profondo che quasi temevano di perdersi l’uno nell’altra.
Senza dir nulla,
Rima interruppe il bacio, slacciandosi i primi bottoni della camicetta per
lasciar scivolare il lembo bianco giù, lasciando la spalla nuda, offrendogli
senza timore l’incavo nitido e intoccato del collo.
Shiki non ebbe
neanche un attimo di esitazione.
Il collo di
Rima… sapeva fin troppo bene com’era fatto, anche senza guardarlo da vicino.
Le si avvicinò,
leccando lievemente l’incavo, sentendola rabbrividire sotto il suo corpo.
Si domandava se
le avrebbe fatto male, ma non riusciva a rinunciare all’idea di affondare
quanto più poteva i canini in lei.
Shiki digrignò i
denti e il suo alito caldo accarezzò la pelle di Rima, facendola rabbrividire
di un piacere delicato; immediatamente si tramutò in un dolore acuto, a cui si
incatenò automaticamente un verso sofferente della ragazza.
Rima percepiva
rivoli di sangue scorrerle lungo il collo, caldi, densi… mentre un dolore
pulsante le picchiettava la gola, man mano che Senri la mordeva più in
profondità e la privava del proprio sangue facendolo suo.
E poi…
Quel misto di
emozioni dolorose, profonde, sconvolgenti si tramutavano in una specie di
piacere intenso che la pervadeva in ogni cellula del suo essere, come un
fremito che le sottraeva forza e la lasciava ansimante fra le braccia di Shiki,
che non la mollava fin quando non era sazio e soddisfatto di quel sangue puro,
e dei gemiti deliziosi della ragazza.
Non riusciva mai
a spiegarselo. Accadeva sempre, ogni volta in cui Senri la mordeva. Ed era
successo parecchie volte ormai: a casa, a scuola, a letto… senz’altro i loro
amici non si aspettavano una così movimentata
relazione da parte di due tipi pacati e riservati come loro. Anche se a
volte Akatsuki e Ruka, i
più intuitivi – o forse solo i più maliziosi? – un paio di allusioni ironiche
le avevano fatte. Ma era sempre caduto tutto senza certezze né dubbi. La coppia
più carina e duratura della scuola restava anche la più misteriosa.
h Interludio III g
Fu una
meravigliosa soddisfazione. Vedere quel dannato pezzo di carta appallottolata
finire nella pattumiera della sua camera. Non che vi avesse scritto chissà cosa:
appena iniziava a scrivere di lei, della loro vita, dei loro ricordi… come
poteva tradurre quei sentimenti e quelle sensazioni inesplicabili in parole?
Del resto non era un tipo particolarmente loquace di natura, e questa sua
caratteristica si rispecchiava anche nei temi.
Stupido Aidoh.
Shiki sbuffò,
stropicciandosi le palpebre degli occhi e accasciandosi sulla scrivania. Era
stufo di quell’idiozia, ed era stanco di star a rimuginare sui suoi problemi con Rima. Sì, perché per lui
c’erano dei problemi, ma finché Rima non si decideva ad affrontarli, era come
se non ci fossero. Forse lei non vedeva quella situazione come un ostacolo al
loro rapporto, ma per lui era… frustrante. Decisamente frustrante.
Ormai la mattina
brillava attraverso le tende chiuse della sua stanza. La Day
Class era nel pieno delle sue lezioni e non si sentiva alcun suono provenire né
dall’esterno, né dall’interno: tutta la Night Class era a letto a dormire.
Tutti tranne lui.
E qualcun altro.
Mentre Shiki si
levava la camicia per accingersi a mettersi a letto, sentì la porta della
stanza aprirsi silenziosamente, e vide una graziosa testolina bionda, dai
lunghi capelli sciolti, intrufolarsi furtiva.
I due si
fissarono senza parlare, e Rima si chiuse la porta alle spalle, il volto impassibile,
senza tradire alcuna emozione.
Eppure tramava
qualcosa, Senri la conosceva troppo bene.
“Che succede,
Rima?”
“Ho finito il
tema.”
“Se sei venuta
per farmelo copiare, sei ben accetta.”
“No, sono venuta
perché non mi piace la fine.”
Rima si stampò
un lieve sogghigno malizioso sulle labbra, avvicinandosi a grandi falcate al
ragazzo seminudo in mezzo alla stanza.
“Non avrai
scritto… tutto… tutto?”
“Ho scritto un
po’ di cose… ma tanto ho deciso di non consegnarlo.”
“Bene, mi fa
piacere per la nostra privacy. Allora che ti importa, non finirlo, no? Tanto
nemmeno io ho intenzione di consegnarlo.”
“Però vorrei
saperlo comunque… che sapore ha il tuo
sangue.” Sorrise lei, avvicinandosi al petto del ragazzo e sollevandosi in
punta di piedi, di modo da portarsi più vicina al suo volto.
Shiki la scrutò
dubbioso, sollevando un sopracciglio con fare perplesso: perché aveva cambiato
idea? Dopo tutti quei mesi passati assieme, cosa l’aveva convinta a… morderlo?
“Non prendermi
in giro.”
“Sono seria.”
“Non devi sentirti
obbligata.”
“Non mi sento
obbligata. Mi sento…” asserì lei, leccando lievemente il collo del ragazzo con
una lentezza disarmante “…affamata.”
Non poté mentire
a se stesso: quel contatto e quelle parole gli diedero una scarica
d’eccitazione che gli travolse ogni cellula del corpo.
“Bene. Siamo in
due.” Sorrise lievemente Senri, sedendosi sul letto e scrutandola con sguardo
intenso, mentre lei gli si sedeva sopra a cavalcioni, digrignando i piccoli
canini brillanti e desiderosi di sangue, del suo sangue.
“Potrebbe farti
male…”sussurrò Rima, affondando immediatamente i denti nella candida pelle di
Shiki, percependolo sussultare a quel contatto tanto bramato.
“Stavo peggio
prima…”
hThe Endg
Note:
La
mia prima [e ultima?] fanfiction su VK. Sebbene non
sia uno dei miei manga preferiti in assoluto (ma mi piace molto), questi due mi
hanno ispirata fin dal principio, e l’evoluzione del loro rapporto è ciò che mi
ha preso di più di tutto il manga… la mia mente si è messa a lavorare su di
loro e le mani non sono riuscite a restar ferme senza trascrivere i miei
pensieri malati.
Ad
ogni modo ne sono abbastanza soddisfatta. <3
È
come immagino sia iniziata la loro storia… infatti tutto ciò dovrebbe aver
luogo poco prima dell’inizio del manga, giusto per dare una collocazione
temporale coerente con gli avvenimenti.
Spero
che vi sia piaciuta. <3