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Autore: NonnaPapera    12/02/2011    4 recensioni
Quanto si può aspettare per realizzare la felicità del cuore? L'amore può vincere ogni avversità o il tempo e la società a poco a poco lo fanno morire?
La storia d'amore di Luigi e Franco attraverso gli anni e la solitudine.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN FUTURO D’AMORE I pezzi in corsivo sono flashback

Franco stava lavando i capelli di un ragazzo sui trentacinque anni.
-Cosa vuole che facciamo? Gli do una bella tagliata? Sono piuttosto lunghi-
-Mio dio nooo! Cosa le salta in mente… non voglio tagliare i capelli corti, mi basta solo che mi dia una spuntatina-
Franco sospirò rassegnato, ormai sarebbe stato il momento di andarsene definitivamente in pensione. I tempi da che era giovane lui erano cambiati in modo enorme. Lui ai suoi tempi non si sarebbe di certo mai permesso di lasciarsi crescere i capelli in un modo tale… solo le donne potevano portare i capelli lunghi, gli uomini no.
Finì di fare lo shampoo al cliente e si apprestò a spuntare la folta chioma del ragazzo e a ridefinirgli la barba.
Aveva appena finito il lavoro quando il campanello del suo negozio da barbiere tintinnò.
Un uomo alto e allampanato, vestito impeccabilmente, lo salutò cordialmente e poi sicuro di sé si diresse verso il ragazzo dai lunghi capelli:
-Allora sei pronto?- chiese.
-Si certo ho appena terminato, allora come ti sembro? Sto bene?-
-Si… ma tu sei sempre splendido- mormorò di rimando posandogli un bacio sulle labbra.

Il sig. Franco sessantasettenne dal fisico asciutto e con lo sguardo ancora vivo e brillante, guardò i due uomini scambiarsi effusioni e li fissò con occhi strani, poi soprappensiero mormorò tra sé:
- Eh si i tempi sono proprio cambiati – e scosse la testa sconsolato.
I due uomini si voltarono alquanto alterati dal commento del  vecchio. Poi il suo cliente lo apostrofò con astio:
-Cosa c’è vecchio, ti diamo fastidio? -
Franco sorpreso dalla domanda alzò lo sguardo su quello del ragazzo. Non si era neppure accorto di aver formulato il suo pensiero ad alta voce.
Negli occhi dei due uomini, nei loro gesti, nel loro amore, rivide dopo tanti anni le schegge di un passato così lontano da apparire come non suo.

Luigi se ne stava appoggiato allo stipite della porta del bar. Fumava indolentemente una sigaretta senza filtro, i capelli impomatati tirati all’indietro, la camicia leggermente slacciata sul davanti.
I suoi occhi scandagliavano la grande sala, osservando gli avventori  bere, giocare a carte o a morra cinese. Aveva le iridi color grigio scuro che combinate al taglio degli occhi particolare, gli davano un’aria di mistero e di pericolo. Era il bello e dannato del paese, ogni ragazza in età da marito, o già sposata, sospirava d’amore al suo passaggio. Al bar del paese comunque si vociferava che fosse un invertito, ma era ovvio che le accuse fossero mosse dagli uomini gelosi del suo innegabile fascino.
Franco entrò correndo trafelato ed entusiasta. Nella fretta non si accorse di Luigi, che era lì appoggiato alla porta e inciampando nei pedi di quest’ultimo perse l’equilibro cadendo malamente sul pavimento sporco del bar e suscitando l’ilarità generale.
Fu così che lui e Luigi si conobbero.

-Allora il mio compagno ti ha fatto una domanda, non rispondi?- l’uomo alto e ben vestito fece due passi avanti in direzione del vecchio barbiere con i pugni stretti per la rabbia e l’indignazione.
Franco lo guardò stranito, riscuotendosi  dal fiume di ricordi che lo aveva sommerso.
- Mi scusi, ma non capisco a cosa si riferisca… - mormorò leggermente spaventato  guardando il volto teso e furibondo dell’uomo davanti a sé.
- Non capisce? Cos’è noi gay le diamo fastidio?-
Franco guardò allibito il suo interlocutore e freneticamente tentò di fare mente locale, per cercare di capire cosa avesse fatto per offendere i due, finalmente si ricordò della frase che aveva detto senza riflettere e scuotendo le mani si affrettò a scusarsi e a giustificarsi:
- No no, mi avete frainteso, non mi riferivo a voi due… ma hai capelli del suo amico. Ai miei tempi nessuno li portava così lunghi, eccetto le donne-
I due a quella frase che sapeva di giustificazione forzata si adirarono, se possibile, maggiormente.
Franco era certo che la faccenda si sarebbe conclusa male… almeno per lui. Chiuse gli occhi, il cuore a mille che batteva forte. Si sorprese a sperare con la mente che Luigi arrivasse a salvarlo come faceva sempre un tempo.

-Ehi che ti è successo al labbro?- Luigi nel pronunciare quelle parole allungò una mano e la portò sotto il mento di Franco, per osservare meglio la ferita sulla bocca.
Franco mugugnò un po’per il dolore e poi biascicò:
- Nulla, sono inciampato-
Luigi sollevò un sopracciglio con fare scettico –Inciampato? E dove… contro un pugno?- disse ironico.
Franco abbassò lo sguardo mortificato e sussurrò:
-E’ stato mio padre… dice che passo troppo tempo in tua compagnia-
Il viso di Luigi si tirò in una smorfia dura, poi senza pensarci afferrò il polso di Franco e se lo trascinò dietro, dirigendosi  alla volta del bar.
Entrò come una furia, sempre con Franco al seguito che caracollava ad ogni passo. Arrivato di fronte al Gigi, padre di Franco, lo squadrò con occhi pieni di rabbia, poi allungò le mani e sollevò di peso dalla sedia Gigi. Il silenzio nel bar era tombale, nessuno prima ad ora si era mai permesso di sfidare quella montagna del macellaio Gigi. Si vociferava nel paese che fosse in grado di uccidere un toro con un pugno. Ecco perché tutti gli avventori fissavano la scena sconvolti e in trepidante attesa.
-Devi smetterla di ubriacarti e prendere a botte tuo figlio- ringhiò alterato Luigi.
Il Gigi lo fissò un poco sorpreso, ma subito si riprese e scoppiò in una fragorosa e sguaiata risata.
-A botte? Non essere ridicolo moscerino… gli ho solo tirato un ceffone. E  ho anche fatto bene, quello stupido mi ha fatto cadere della carne pregiatissima per terra, ora non la posso più vendere-
Franco abbassò lo sguardo mortificato, era vero…  aveva fatto cadere la carne, ma non lo aveva fatto certo apposta. Odiava maneggiare carne morta e sanguinante, ogni volta si trovava sempre sul punto di vomitare. Fare il macellaio non gli piaceva, avrebbe sempre voluto fare il barbiere, ma suo padre era stato irremovibile.
-Ora lasciami andare il bavero della giacca se non vuoi fare una brutta fine, o ti do una ripassata che neppure quella bagascia di tua madre ti riconoscerebbe-
Luigi per risposta gli sputò in faccia. A quel punto lo scontro era inevitabile.
I due si studiarono per qualche istante poi Gigi attaccò con violenza cercando di tare un pugno in pieno viso a Luigi. Continuarono così per alcuni minuti, con il macellaio che tentava di colpire il ragazzo, ma questo ogni volta, più veloce di lui, lo schivava e derideva.
Alla fine Luigi si stancò del gioco e presa una sedia la ruppe sulla schiena dell’avversario. Gigi cadde a terra tramortito ed intontito.
- Bene ed ora che abbiamo chiarito la faccenda, lascia stare Franco- poi voltandosi verso Franco, che se ne stava in disparte disse:
-Se non sbaglio tu hai qualcosa da dire a tuo padre giusto?-
Franco lo fissò sorpreso, non capendo a cosa l’altro si riferisse. Luigi sbuffò esasperato e parlò per lui:
- A Franco non piace lavorare con te… da oggi in poi andrà a bottega per imparare il mestiere di barbiere-
Così dicendo si accese la sigaretta ed uscì dal bar.

-Non pensare di convincerci con una storia tanto campata per aria. E’ per via di persone come te, che a tutto oggi noi dobbiamo lottare per i nostri diritti- l’uomo con i capelli lunghi rincarò la dose, fissandolo con astio.
-Davvero mi dispiace, non vi volevo in alcun modo offendere credetemi…- Franco non sapeva più cosa fare o dire. Ogni sua iniziativa per appianare l’equivoco pareva offendere maggiormente i due uomini.
Ad un tratto il rombo assordante di un motore squarciò il silenzio teso che si respirava nella piccola bottega da parrucchiere.
Tutti e tre si voltarono verso la vetrata che dava sulla strada e videro una vecchia Harley, tenuta benissimo, parcheggiare sul ciglio della strada proprio di fronte al negozio.
L’uomo che la guidava scese e con passi certi e decisi si avvicinò alla porta del barbiere.
La campanella suonò quando il motociclista la spalancò entrando senza esitazione. Una volta dentro si levò il caso e si abbassò la bandana che gli copriva il volto.
Franco smise di respirare e  per lo shock dovette appoggiarsi  al bancone della cassa… sentiva il cuore battere a mille quasi fosse sul punto di esplodere, cosa che data la sua veneranda età non era del tutto da escludere. Il biker sorrise sornione, gli occhi segnati dalle rughe del tempo si piegarono dolcemente, mentre con una mano si sistemava i capelli canuti. Franco parve riacquistare un po’ di lucidità, infatti mormorò:
-L…Luigi…-
-Ciao Franco- la bocca si piegò in un sorriso impaciato e teso –Sorpreso di vedermi? Eppure ti avevo detto che un giorno sarei tornato…-

-Luigi, Luigi- Franco stava correndo euforico per il paese verso la casa dell’amico. Oramai erano passati due anni dal loro primo incontro, e quasi un anno e mezzo da che Luigi aveva affrontato con coraggio suo padre e lo aveva liberato dalla sua tirannia.
Luigi aprì la porta di casa sua affacciandosi curioso nell’aia, per capire chi avesse tanto da urlare. Vice che Franco stava correndo nella sua direzione e decise di andargli incontro.
-Luigi ho una novità fantastica-
-Davvero? Allora entriamo in casa così stiamo più comodi- disse sorridendo Luigi alla vista del volto felice di Franco.
Appena la porta fu chiusa dietro le loro spalle Franco disse tutto d’un colpo:
-Mi sposo con la figlia del barbiere-
Il volto di luigi si scurì di colpo e guardò l’altro con astio e con dolore. Poi ringhiò con tono basso:
-Cosa hai detto ?-
Franco lo fisso stupito e leggermente intimorito, aveva creduto che a quella notizia Luigi si sarebbe congratulato e avrebbero festeggiato stappando una bottiglia di buon vino… ma la reazione di Luigi lo aveva spiazzato.
-Ho ho detto che mi sposo con SaraMaria… la figlia di Camillo, il barbiere-
-Allora avevo capito bene…- il tono amaro sconvolse Franco.
-Perché fai così? Sembri arrabbiato…- poi come colto da un’illuminazione riprese – Oh Cielo… mi dispiace io-io non avevo capito che tu fossi innamorato… mi dispiace davvero tanto, se le cose stanno così io non la sposerò-
Luigi lo fissò in un misto di sorpresa e di gioia.
-Davvero ? Non ti da fastidio questa cosa… insomma io e te-
Franco scosse forte il capo con decisione:
-No assolutamente. Io voglio molto bene a SaraMaria, ma non la amo. L’idea è nata dal fatto che suo padre un giorno vorrebbe cedermi la sua bottega e facendo così tutto rimarrebbe in famiglia… Perciò vedi non ci sono problemi. Però scusa… potevi dirmelo prima che eri innamorato di lei…-
Luigi all’ultima frase tornò ad incupirsi e mormorò caustico:
-Sei solo un idiota… io non sono innamorato di quella ragazzina-
Franco lo fissò senza capire –Ma allora… io non capisco la tua reazione…-
La rabbia di Luigi al sentire quell’ultima affermazione parve esplodere violenta, e senza che si rendesse conto di ciò che faceva, Luigi afferrò Franco per il bavero della giacca e lo batté con violenza conto al muro.
Franco per la botta perse il respiro e si afflosciò a terra tossendo sconvolto. Luigi lo fissò spaventato, rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. Si inginocchiò vicino all’amico che ansimava per terra e cercò di aiutarlo per farlo rialzare ma Franco terrorizzato si ritrasse.
- Mi dispiace… io non ti volevo fare del male… ti prego scusa- disse mesto Luigi scuotendo il capo sconsolato- Io… - non trovando le parole per esprimersi decise di dimostrare cosa provava con i fatti.
Si spinse vicinissimo a Franco e poi afferratagli il volto tra le mani, lo baciò. Un bacio lieve, solo un brevissimo sfiorar di labbra e poi si staccò immediatamente.
- Io è di te che sono innamorato-
Franco si rialzò come se fosse stato percorso da una scossa, lo guardò negli occhi sconvolto, completamente rosso in viso e gli urlò contro:
-Allora tutte quelle voci che giravano su di te in paese… era tutto vero. Che schifo, mi fai venire da vomitare- così dicendo si pulì la bocca con la manica della giacca e corse fuori.
Luigi rimase lì sulla soglia di casa, a fissarlo mentre si allontanava con il cuore a lutto e gli occhi grigi pieni di dolore.

-Luigi, Luigi- Franco ripresosi dallo shock si lanciò addosso al vecchio amico abbracciandolo forte, ormai completamente dimentico dei due clienti infuriati.
Luigi dopo il primo istante di sorpresa strinse forte il corpo di Franco, come se fosse la sua ancora di salvezza.
-E’ passato così tanto tempo…  più di quarant’anni… - poi staccandosi leggermente dall’abbraccio  fissò quel vecchio che un tempo aveva amato più della sua stessa vita, e prendendo un respiro profondo chiese:
-Come promesso sono tornato da te… ora devi solo decidere… io mi adeguerò-
Franco a quelle parole lo guardò con tristezza, ricordando tutto in un colpo il dolore provato quando il suo giovane cuore aveva dovuto rinunciare all’amore di Luigi.

Erano passate due settimane, dalla dichiarazione d’amore di Luigi, e Franco non riusciva più a dormire sereno. Quello che lo turbava maggiormente era il modo in cui se ne era andato dalla casa dell’amico. Lo aveva offeso ed umiliato, ma lo sconvolgimento quel giorno era talmente forte che non aveva potuto farne a meno. Aveva sognato spesso negli anni passati di avere Luigi tutto per sé… loro due soli ed innamorati. Ogni volta questi pensieri lo sconvolgevano e lo turbavano, credeva di essere malato… un mostro indegno. Poi la dichiarazione di Luigi aveva come per miracolo abbattuto tutte le barriere e rivelato a lui quanto vicino fosse alla realizzazione dei suoi sogni.
Però quelli erano tempi in cui gente come loro si doveva nascondere. In un piccolo paese della Brianza nessuno avrebbe mai accettato una storia simile. E la paura aveva avuto il sopravvento sul cuore, era scappato insultando e ferendo Luigi.
Franco immerso nei suoi dolorosi pensieri si ritrovò quasi per miracolo di fronte alla porta di casa dell’amico. Capì che non poteva ne voleva più scappare. Lo amava tutto il resto poteva andare al diavolo.
Bussò ma nessuno rispose, così si azzardò a spingere la maniglia. La porta cedette senza sforzo, aprendosi e dando la possibilità a Franco di spiare all’interno della stanza buia.

Quando il suo sguardo attraversò la stanza il cuore trasalì… l’appartamento era vuoto. Sconvolto Franco spalancò d’un colpo la porta e si mise ad urlare il nome di Luigi ad alta voce. Solo il silenzio in risposta, Luigi se ne era andato.
Tra gli occhi pieni di lacrime vide il bianco di un foglio, fare mostra di sé sul tavolo della cucina.
Lo aprì con mano tremante e lesse le poche righe vergate dal pugno di Luigi:

Mi dispiace di averti sconvolto con il mio amore. So che non è una cosa “normale”, però è ciò che provo e non lo posso cambiare. E poi… sarò arrogante, ma sono convinto che anche tu provi gli stessi sentimenti che provo io per te. Però non sono uno stupido, mi rendo conto che stare insieme non è possibile. Ecco perché ho deciso di partire… me ne vado lontano da te, perché se restassi so per certo che rovinerei la vita ad entrambi.
Ma non rinuncerò mai a te… MAI
Vivi la tua vita felicemente ed intensamente, segui sempre i tuoi sogni e non ti risparmiare di niente, io farò lo stesso. Quando i tempi saranno diversi e le nostre vite libere da impedimenti… allora io tornerò da te, e ti pregherò di passare il resto dei tuoi giorni con me.
Senza paure e senza rimpianti, solo il nostro amore a farci compagnia. Aspettami… io tornerò da te.

Ti auguro ogni felicità.
Con tutto l’amore che provo
Luigi

Franco fissò il foglio incredulo pregando il Signore di ucciderlo in quell’istante, perché vivere senza Luigi era impossibile per il suo cuore.
Dopo molto tempo e molte lacrime, uscì finalmente dalla casa del suo perduto amore e come uno spettro si addentrò per le vie del paese.
- Ehi Franco- un ragazzotto della sua età lo salutò picchiandogli una pacca sulla schiena.
-Ciao- mormorò Franco senza entusiasmo.
-Oh che faccia tetra… ah ho capito, non hai ancora comprato il regalo per la tua fidanzata…-
-Regalo?- chiese Franco riscuotendosi leggermente dallo stato di apatia nel quale era piombato.
- Ma dai non dirmi che te lo eri scordato… oggi è S. Valentino, la festa degli innamorati. No ti puoi presentare senza un regalo a casa si SaraMaria-
Franco annuì e dopo altri insulsi convenevoli si congedò dal conoscente.
Con il cuore a lutto si preparò a passare il resto del giorno a cercare un regalo di fidanzamento per la sua futura moglie. Vivere intensamente? Ci avrebbe provato così come Luigi gli aveva chiesto.

Franco sollevò lo sguardo verso Luigi, non riuscendo più a trattenersi, si sciolse in lacrime piene di dolore, da troppo tempo desiderose di uscire.
-Si – mormorò solo tra i singhiozzi trattenuti.
Luigi lo strinse a se commosso e felice.
- Amore mio, quanto tempo – e senza attendere oltre poggiò le sue labbra su quelle di Franco sigillando la loro nuova vita d’amore con quel gesto tenero e intimo.

A pochi passi di distanza i due giovani uomini fissavano quei due ultra sessantenni baciarsi con una passione e un trasporto pari a quello di ragazzini adolescenti.
Il cliente con i capelli lunghi si avvicinò all’orecchio del compagno e con la voce un po’ imbarazzata gli mormorò:
- Senti Carlo, non so tu ma io ho l’impressione di essermi sbagliato sul conto del vecchio barbiere-
-Già anche io… e poi ripensandoci bene… forse ha ragione lui Stefano, i tuoi capelli così lunghi magari è arrivato il momento di tagliarli… -

End

Piccolo spazio privato:

Storia scritta per il contest Happy V-day  vincitrice perché unica partecipante .-. ( si avete capito bene, sono stata l’unica a consegnare!)

Ci sono alcun errori che provvederò in seguito a correggere

Allora cosa ne pensate?

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Bhè? che fate ancora qui? correte! Ci divertiremo un sacco
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