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Autore: rolly too    13/02/2011    1 recensioni
Clarissa sfregò tra loro le mani nella speranza di scaldarle. Guardò con rabbia la neve sotto ai propri piedi e si trovò a maledire nuovamente quell'idiota di Valerio, che non solo era in ritardo, ma che sembrava anche decisamente ostinato a non rispondere al cellulare. Come se lei non avesse avuto nulla da fare! Che cosa pretendeva? Che sarebbe rimasta ad aspettarlo in eterno? Se credeva veramente che il semplice fatto di essere innamorata di lui – ma in quel momento, al freddo, da sola, non ne era più tanto convinta – l'avrebbe convinta ad aspettare l'ibernazione in quella via desolata, be', allora si sbagliava di grosso.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Clarissa sfregò tra loro le mani nella speranza di scaldarle. Guardò con rabbia la neve sotto ai propri piedi e si trovò a maledire nuovamente quell'idiota di Valerio, che non solo era in ritardo, ma che sembrava anche decisamente ostinato a non rispondere al cellulare. Come se lei non avesse avuto nulla da fare! Che cosa pretendeva? Che sarebbe rimasta ad aspettarlo in eterno? Se credeva veramente che il semplice fatto di essere innamorata di lui – ma in quel momento, al freddo, da sola, non ne era più tanto convinta – l'avrebbe convinta ad aspettare l'ibernazione in quella via desolata, be', allora si sbagliava di grosso. Quell'imbecille! Mise di nuovo mano al cellulare, sperando di trovare almeno una chiamata, un messaggio, un qualsiasi segno che non si era dimenticato di lei e che stava arrivando. Ma non vide nulla di tutto ciò. Solo la foto di loro due abbracciati che aveva impostato come sfondo. Ma iniziava a pentirsi di quella scelta. Come prima cosa, una volta che le sue mani si fossero scaldate abbastanza perché potesse muoverle, avrebbe cambiato immagine.
Decise di tornare a casa. Chi se ne fregava se era l'anniversario del loro fidanzamento? Non importava! Tanto, Valerio non se ne sarebbe comunque ricordato. Aveva dimenticato il suo compleanno, dopotutto, sia quell'anno che quello prima, e l'anniversario era una data che proprio non gli entrava in testa, nonostante non fosse difficile da ricordare: la Vigilia di Natale. Ebbene, non doveva essere solo lei quella che gioiva a festeggiare il loro secondo anno insieme. Quella situazione, in verità, cominciava a stancarla. Valerio, nell'ultimo periodo, sembrava essere diventato ancora più distratto di quanto era prima. E come se non fosse bastato, iniziava anche a ignorarla! Cosa gli impediva di rispondere ai suoi messaggi e alle sue chiamate? La neve, forse, che aveva ricominciato a cadere? Il freddo gli aveva congelato i neuroni a tal punto che non riusciva a ricordare d'avere un appuntamento con lei? Sbuffò e maledisse lui e tutto il genere maschile. Non era molto, ma non riusciva a trovare nulla di meglio da fare.
Quando giunse a casa era ghiacciata e aveva i piedi bagnati per la neve che le era entrata nelle scarpe. Tutto per colpa di Valerio! Quello stupido... Ah! Ma l'avrebbe pagata.
«Be'? Che ne è stato del tuo appuntamento?» l'apostrofò Alessia quando la vide, ferma sulla porta, a contemplare con rabbia la schermata del cellulare.
«Mi ha dato buca.»
«Di nuovo?»
«Già. Quell'idiota! E io che ho detto a mia madre che non potevo andare a cena da lei apposta...» Carlotta soffocò un'imprecazione tra le parole e si morse le labbra. Non solo aveva rinunciato alla cena in famiglia, che le avrebbe consentito di vedere, dopo molto tempo, parenti che abitavano lontano, ma aveva anche scatenato la rabbia della genitrice, che non vedeva di buon occhio la sua assenza. «Non si è nemmeno fatto vedere! Non ha chiamato, non mi ha avvertita! Ho un nervoso intorno che, credimi, potrei uccidere.»
«Se evitassi di farmi fuori ne sarei felice.» replicò Alessia lanciandole un asciugamano e una felpa asciutta. «Vorrà dire che passeremo la Vigilia da sole io e te, no? Davanti alla stufa con una cioccolata calda. Che te ne pare?»
«Onestamente? E' un po' triste. Piuttosto me ne torno a casa, dai miei. Se vuoi puoi venire anche tu.»
A quelle parole Alessia sembrò agitarsi.
«No, no!» esclamò agitando le mani. «No, dai, non andare! Io non ci vengo, lo sai che a tua madre non piaccio. Vuoi lasciarmi qui da sola?»
«Non ti lascio da sola.» rispose Clarissa, stizzita. «Te l'ho detto: vieni con me. E non è vero che a mia madre non piaci.»
«Ha uno strano modo di dimostrarlo.» sbuffò Alessia. «Non essere cattiva, dai! Resta qui...»
«Ti ho già detto...» fece per rispondere Clarissa, ma Alessia la interruppe:
«E dai! Tanto, il tempo di arrivare in stazione, prendere il treno e arrivare a casa tua e la tua famiglia avrà già finito di cenare.»
Non aveva tutti i torti, riflettè Clarissa. Tanto valeva rimanere a casa e accettare la proposta dell'amica, che, in caso lei se ne fosse andata, avrebbe davvero passato la Vigilia di Natale da sola.
«E va bene.» acconsentì sgarbatamente. «Ma solo perché rischierei di rimanere senza cena.»
«Così si ragiona!» approvò Alessia battendo le mani. «Forza. Perché non ci scegliamo un bel film o qualcosa di simile?»
«Scegli tu.» la liquidò Clarissa. «Io vado a mettermi qualcosa d'asciutto.»
«Ottima idea.» gongolò Alessia. L'amica la guardò mentre si allontanava verso il salotto con il cellulare in mano e un sorriso stampato sulle labbra, poi si decise ad andare nella propria stanza. Ribolliva di rabbia. Quell'idiota di Valerio! Ma come si permetteva di trattarla così? Era la sua fidanzata e, anniversario a parte, meritava un trattamento migliore. Avrebbe potuto tollerare il fatto che si fosse dimenticato la data – l'aveva già fatto, in passato. Era fastidioso, certo, ma era qualcosa a cui poteva sopravvivere – ma che l'avesse lasciata lì, al freddo, da sola, ah! Quello proprio no. Gliel'avrebbe fatta pagare. Senza dubbio. Avrebbe almeno potuto avvertirla! Non gli sarebbe costato poi più di tanto. Questione di mezzo minuto! Mandare un messaggio con il cellulare era improvvisamente diventata un'azione al di sopra delle sue capacità?
«Clarissa!» strillò Alessia dal salotto. «Clarissa! Muoviti, quanto ci metti?»
«Arrivo!» ringhiò di rimando Clarissa. Ci mancava solo Alessia a metterle fretta! Aveva voglia di mettersi a piangere.
«Finalmente.» commentò Alessia quando Clarissa la raggiunse in salotto. «Credevo che ti fossi persa.»
«Riflettevo sulla possibilità di lasciare Valerio e trasferirmi nell'Isola di Pasqua.»
L'amica sgranò gli occhi e inarcò lievemente le sopracciglia chiare.
«Non sarà un po' esagerata, come reazione?» domandò accomodandosi sul divano. «In fin dei conti, potrebbe esserci un motivo se non si è fatto vedere, no?»
«Cosa?» strillò Clarissa guardandola male. «Mi stai prendendo in giro? Lo difendi!»
«Non è che lo difendo!» si affrettò a specificare Alessia sollevando le mani. «Ma magari ha avuto dei problemi, no? Magari, con tutta questa neve che c'è in giro per le strade, ha avuto un incidente in moto, che ne sai? Oppure, ecco, potrebbe aver trovato traffico. Non poteva certo chiamarti mentre guidava!»
«Oppure, semplicemente, si è dimenticato che dovevamo trovarci.»
«Sempre a pensare in negativo.» borbottò Alessia, risentita. Clarissa la fissò mentre incrociava le braccia al petto e arricciava le labbra in un piccolo grugno. Non riuscì a fare a meno di sorridere, nonostante provasse ancora il forte impulso di strangolare qualcuno.
«Pensare che abbia fatto un incidente in moto, invece, è positivo?»
«Be',» commento Alessia con leggerezza «non avresti motivo di essere arrabbiata con lui, giusto?»
«Giusto.» sospirò Clarissa lasciandosi cadere sul divano accanto all'amica. «Hai scelto un film?»
«Non ancora.» replicò Alessia. «Anzi, sai che ti dico? Sceglilo tu. Io vado a preparare un té. Ne vuoi?»
«Sì, grazie.» sospirò Clarissa mettendo mano ai CD che l'amica aveva sparpagliato sul tavolino e iniziando a esaminarne i titoli. Alessia si allontanò in fretta, il cellulare ancora in mano. Clarissa la sentì borbottare qualcosa a un probabile interlocutore che stava dall'altra parte della cornetta, ma non se ne curò.
Quando si ritrovò da sola, per un istante, le venne il folle desiderio di uscire di casa, andare a ripescare Valerio – ovunque si trovasse: anche se si fosse sepolto sotto dieci metri neve, be', l'avrebbe trovato – e gridargli la sua rabbia fino a ucciderlo. Ma non lo fece. Rimase seduta, immobile, ad ascoltare il silenzio. Si sentiva solo il crepitare leggero della legna nel caminetto e, oltre a quello, solo il nulla ovattato delle sere di neve. E poi, all'improvviso, da lontano, una musica leggera, di un violino che suonava... Si riscosse. Lo immaginava nella propria mente, o c'era davvero?
«Alessia!» chiamò a voce alta. «Alessia, vieni qui!» Lo sentiva anche lei? Ma l'amica non rispose. E la musica continuava, dolcissima e avvolgente, senza interrompersi. E sbagliava – ma non era possibile, era follia – o quella che sentiva era la sua canzone? La loro canzone, quella nenia che Valerio le aveva suonato quel pomeriggio quando, mentre chiacchieravano nella sua stanza, lui le aveva raccontato di come la madre l'aveva sempre costretto a prendere lezioni di musica e di come, alla fine, si fosse appassionato al violino. Quant'era stupido chiedersi una cosa simile! Certo che era la loro canzone, come dubitarne? L'aveva ascoltata così tante volte, e così tante volte aveva visto Valerio che la suonava, concentrato, con gli occhi socchiusi, mentre lei, sdraiata sul letto, lo ammirava? Era in quei momenti che lui si rivelava per quello che era e che le faceva capire che era davvero speciale come lei aveva sempre pensato.
Si alzò dal divano, titubante, e si avvicinò alla finestra in punta dei piedi. E se, guardando fuori, avesse spezzato l'incantesimo? Forse la musica sarebbe finita, e a lei sarebbe rimasta soltanto la delusione e la rabbia per tutto quello che era successo quella sera. Ma che senso aveva rimanere lì, ad ascoltare quasi senza respirare, temendo che anche soltanto un minimo sussurro, un fruscio appena accennato, potessero mettere fine alla magia?
Scostò la tenda con la mano e si decise a guardare il giardino.
Ed ecco! Eccolo, Valerio, il suo Valerio, nel bianco della neve! In piedi lì, in mezzo al praticello candido, lui stesso vestito dello stesso colore, con la pelle chiara e i capelli biondi, mentre suonava il suo violino! Un'apparizione, un'illusione, un frutto della sua mente. Un dipinto in tinte chiare, circondato dalla macchia scura della notte – ma non era poi tanto scura, con il riflesso della neve che la tingeva di luce – ed era lì per lei, suonava per lei! Era quello il motivo per cui non si era presentato all'appuntamento? Per farsi trovare lì, alle dieci e mezza di sera, la Vigilia di Natale, a suonarle il loro amore? Clarissa aprì la finestra e il suono, finalmente, le arrivò dolce e deciso come l'aveva sempre ascoltato. Ecco, era questo il suo Valerio! Lui, quello che l'aveva fatta innamorare con il suo carattere imprevedibile. Chiuse gli occhi e rimase soltanto la musica, ma le sembrava di vedere ancora la neve dietro alle palpebre chiuse, e le bastava il profumo che quella sera aveva, e la melodia, e non aveva bisogno di null'altro. Le sembrava – ed era una sensazione così forte, così reale – che il pavimento si fosse sciolto sotto ai suoi piedi. E lei, ora, viaggiava tra fiocchi di neve che suonavano per lei...
«Forse varrebbe la pena perdonarlo, non credi?» mormorò la voce di Alessia alle sue spalle. Si voltò in fretta, ricordandosi di essere nella realtà, e abbandonando l'illusione bianca in cui era piombata, e solo quando vide il volto sorridente dell'amica si accorse che Valerio aveva finito di suonare. Non rispose nemmeno ad Alessia, che pensò bene di allontanarsi, e tornò a guardare il fidanzato.
E lui, lì, nel giardino, guardava lei. Aveva il volto e le mani arrossate per il freddo, ma lì, con i piedi affondati nella neve fino alle caviglie, non aveva perso quell'aurea magica che l'aveva avvolto poco prima. Non le disse niente e, in fondo, cosa c'era da dire? Le bastava lo sguardo, e il ricordo della musica, e di lui che suonava per lei, al freddo, e tutto svaniva e... e che cosa, che cosa aveva ancora importanza?
C'era lui, là, immerso nel bianco, e c'era lei, che lo guardava.
C'erano loro.
Bastava così.

 

Piccola fluff così, perché mi piacciono i violini e mi piace la neve. Null'altro da dire.
Spero solo che vi sia piaciuta almeno un pochino, in ogni caso, mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate.

Baci,

rolly too

   
 
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