Titolo: Catastrophe!
Saint Valentine's Day (again)
Fandom: Bleach.
Personaggi: Pesche
Gauitche, Neliel Tu Oderschvank, Szayel Aporro Grantz.
Parte di: 1/1
Rating: verde.
Conteggio parole:
1971
Generi:
introspettivo, comico, generale
Avvertimenti: missing
moments, oneshot, what if?
Note Autore:
Altra mia piccola oneshot
scritta per la ricorrenza di San Valentino (che non mi è mai
piaciuta tra le altre cose. Il consumismo rovina le feste). Una
ispirazione improvvisa e forse un po' cattiva lo ammetto. Ma
è il
pensiero che conta no? Per il resto, piccolo accenno di
Szayel/Neliel. Vi auguro buona lettura!
Nell'Hueco
Mundo non vi
erano molti svaghi degni di nota. Se non si cercava di sopravvivere e
si aveva le mente abbastanza lucida e non corrotta dal troppo stress,
allora le menti più “brillanti”
riuscivano sempre a trovarsi
qualcosa da fare.
Ma a Pesche Gauitche –
fracctiòn piuttosto singolare della Tercea Espada Neliel Tu
Oderschvank – piaceva fare svariate cose nel proprio tempo
libero.
Non aveva hobby fissi come
la stragrande maggioranza degli arrancar presenti nel palazzo di Las
Noches... E a differenza dei suoi “colleghi”
durante i brevi
periodi di riposo non si fermava a chiacchierare con loro. Ne a
leggere libri o a giocare a scacchi.
Già le altre fracctiòn
lo trovavano strano con i suoi discorsi che si smarrivano per strada,
aggiungendoci strane allusioni e il portare la
spada dentro
i pantaloni anziché alla cintola, per cui perchè
scomodarsi a stare
con gente che non lo comprendeva?
No, la sua passione
la condivideva con il collega Dondochakka
Birstanne
e la sua
stessa signora Neliel Tu, gli unici con cui andasse davvero
d'accordo, alla costante ricerca di feste del mondo umano che
prevedessero una consistente scorpacciata di dolci. O comunque di
cibo sostanzialmente buono.
Le sue fughe nel mondo
umano non erano rare, e cadevano spesso durante periodi ben precisi
in cui c'era spesso un ingente quantità di cibo che gli
umani
sfruttavano per cose a dir poco assurde.
Quindi accadde che in quei
giorni di febbraio mezzo mondo si preparasse a festeggiare una strana
festività – portava il nome di un certo San
Valentino – dove si
dovevano regalare dolci a forme di cuore e altre cianfrusaglie da far
venire il diabete solo a guardarle.
Se si parlavano di
“dolci” o di “roba da mangiare”
era già quella una scusa
bella e buona per scendere nel regno mortale, anche senza star li ad
informarsi sulla festa ricorrente. E a rigor di logica, ne Pesche e
neppure Dondochakka stettero ad informarsi troppo nel mentre che
saccheggiavano
un po' ovunque delizie che ispiravano entrambi.
“Oh
cielo, Pesche! Ma
come è successo?”
Era quello che voleva
sapere pure lui. Ma dalla bocca non riusciva che a mormorare qualche
frase sconnessa che si perdeva dentro la sua maschera da hollow,
sentendo solo fitte di dolore estremo.
Accanto a lui la sua
signora, la Tercea Espada, se ne rimaneva pietrificata dalla
preoccupazione nel guardare il proprio servo steso su quell'anonima
barella consapevole di essere impotente.
Era una sensazione a dir
poco frustrante per Neliel non poter aiutare i propri amici, ma era
sapere di esserne in qualche modo la causa dei loro dolori per colpa
della sua golosità che non se lo perdonava affatto.
Intuendo tale sconforto
nella bella guerriera, Pesche si sentì in dovere –
quantomeno di
provarci – di sollevarle quel peso fastidioso.
“Nov
è covpa
shuah... io...”
“Tu vedi di stare zitto.
I denti non ti si rimetteranno a posto da soli se continui a
muoverti”
le mortificate scuse della
fracctiòn, vennero seccamente bloccate dalla fredda
– quanto
lievemente melliflua – voce di Szayel Aporro Grantz, altro
arrancar
del castello dedito soprattutto a cose che il povero Pesche non
capiva.
Quell'uomo dallo sguardo
perfido racchiuso in una maschera a forma di occhiali, si definiva
uomo di scienza che amava osservare e sperimentare su qualunque cosa
lo stuzzicasse.
Per tale terrore viscerale
– lo stesso che nutriva il servo – in molti
evitavano di passare
da lui nel caso ci si sbucciava un ginocchio e si aveva bisogno di
curarlo.
Purtroppo però, Neliel Tu
Oderschvank non condivideva il parere di molti che quel maschio fosse
decisamente pericoloso. Confidando in lui affinchè curasse
la povera
fracctiòn infortunata nel suo stesso laboratorio. Magari
lo sottovalutava troppo... Chissà.
“Ora, mia cara...
Potresti nuovamente spiegarmi come ha fatto il tuo schiavetto a
–
cercò le parole esatte senza mostrare troppo disgusto nella
voce –
rompersi buona parte degli incisivi? Perchè lo trovo poco
fattibile...”
Si, era una cosa
decisamente poco fattibile che un dolce caramellato facesse un
disastro simile. Un innocente dolcetto prelevato da Pesche e socio
durante quel quattordici febbraio e spaesatamente addentato in
compagnia dei suoi amici, che allegri quanto lui si erano spesi il
pomeriggio a mangiare schifezze.
Ma Neliel parve un po'
stizzita alle parole del Grantz, che volle replicare in modo
autorevole la sua visione dei fatti.
“Pesche non è il mio
schiavetto, Szayel. Ma un fidato amico –
ignorò la sottile
risata di Aporro che distrattamente guardava altrove verso il tavolo
dei propri attrezzi e continuò nelle spiegazioni –
e poi è stato
quando ha addentato quel biscotto che è stato subito
male”
in modo composto la donna
indicò un cartoccio di carta con su sopra un oggetto oblungo
e
rivestito di caramello e granella di cioccolata. Una parte di
suddetta glassa, quella addentata, era sparita del tutto per lasciare
in bella vista una superficie perfettamente bianca e liscia.
Culminante con una punta arrotondata simile alla fine ad una specie
di pillola gigante.
Osservandolo poi con più
attenzione – sistemandosi addirittura gli occhiali con fare
pensoso
– lo scienziato dette finalmente uno sguardo a tale oggetto
che
ancora mostrava il sangue versato dal servo di Neliel.
Nell'osservarlo
attentamente per un paio di secondi, ebbe un momento di assoluto
sconcerto misto a sgradevole disgusto quando capì cosa
quell'idiota
di Pesche avesse realmente cercato di mangiare.
Prendendo con una certa
discriminazione l'oggetto tutt'altro che commestibile in mano, volle
mostrarlo attentamente ad una Espada che ora lo guardava dubbiosa in
volto.
“Mia cara... Credo che
il tuo amico non abbia affatto addentato un biscotto...”
con una mano inguantata di
candido tessuto volle scrostare via il rivestimento delizioso per
mostrarle meglio l'oggetto in questione.
L'anima interna del
suddetto biscotto era di un candore assoluto e dall'aspetto di
plastica totale, anziché di qualcosa di commestibile come lo
zucchero.
“Ma che... Cosa è
esattamente?!”
se Neliel guardava senza
capire che cosa fosse quell'oggetto simile ad un proiettile –
o a
una banana, o anche ad un cetriolo per quanto ne sapesse –
Pesche
si irrigidì sulla barella come preda di un improvviso
sconcerto. Tu
guarda cosa era andato a masticare...!
Reazioni entrambe ben
studiate da un folle scienziato prossimo ad una scalata di potere
sorprendente, che ben pensò di portare a suo favore e diletto
quella penosa situazione.
“Questo qui che vedi –
alzò lievemente l'oggetto cilindrico con fare leggermente
plateale –
sulla terra viene comunemente chiamato vibratore. E
benchè
trovo piuttosto insolito che qualcuno lo condisca con del caramello,
trovo affascinante che sia stato proprio il nostro Pesche a
trovarlo...”
condì la frase finale con
una nota decisamente melliflua che all'interpellato non piacque
neanche un po', trovandosi addirittura a confrontare in silenzio uno
sguardo d'ambra beffardo e arrogante.
Stranamente, il giovane
Gauitche si ritrovò a sudare freddo scosso da lievi brividi
a
quell'accennarsi di un sorriso agli angoli della bocca dello
scienziato.
“Allora Pesche... dove
sei stato a raccogliere questo delizioso dolcetto,
hm?!”
la voce di Aporro suonava
lievemente derisoria e maliziosa per la simpatica umiliazione fatta
ai danni di quel coglione buono a nulla, come se già sapesse
quale
risposta avrebbe dato.
“Io
nov vicovdo...”
e in effetti era vero,
Pesche non si ricordava dove aveva preso quel dolce tanto letale ai
suoi denti.
Insomma, lui e Dondochakka
erano stati in giro per posti diversi a prendere innocentemente dolci
più o meno belli da vedere.
Sapeva solo che lo aveva
visto e che lo aveva preso. Punto
dove poi avesse colto
quella schifezza da pervertiti – oh si, era da pervertiti dai
–
lui proprio non se lo ricordava.
Ma questo non toglieva lo
sguardo cattivo di Szayel di dosso, osservandolo addirittura
mormorare compiaciuto un “capisco” prima di sentire
la voce di
Neliel Tu venirgli in soccorso.
“Pesche ha preso questo
oggetto il quattordici febbraio scambiandolo per un dolce. E dato che
in quel giorno ci sono parecchi dolci che vengono sfornati, ci siamo
detti che era il caso di provarli. Ma comunque –
tagliò corto
l'Espada volendoci vedere chiaro – che cosa sarebbe un
vibratore?
Si tratta forse di una trappola?!”
la deliziosa ingenuità di
Neliel portò una strana luce farsi strada negli occhi del
Grantz,
con grande dispiacere di un Pesche immobilizzato
dai parecchi
antidolorifici somministrati prima da quel folle dottore.
Sul serio, non riusciva a
muovere neppure un dito per tutti gli intrugli strani che gli aveva
iniettato. Proprio ora che fremeva di panico per
l'incolumità della
sua signora.
“No, cara Neliel –
mormorò finalmente un Aporro che non staccava il suo sguardo
dalla
fracctiòn immobile – non si tratta di una
trappola, quanto di un
giochetto organizzato in un giorno in cui i dolci
sono una
scusa per fare ben altro...”
un sussulto fuoriuscì in
modo contorto dal dolore dalla maschera di Pesche – per sommo
compiacimento dello scienziato che stava architettando qualcosa di
poco piacevole – scambiato però dalla Tercea
Espada come un
rantolo causato dall'agonia che da una avvisaglia di pericolo
imminente.
Lo sguardo della donna
tuttavia, rimase serio quando gli occhi d'ambra del dottore si
posarono su di lei. In un silenzio così teso, che chiunque
avrebbe
detto che la donna non fosse ben disposta a sopportare ancora a lungo
quel sorriso impertinente e sibillino.
“Allora Neliel, vuoi
vedere di che gioco si tratta?”
lo sguardo esplicito ma
allo stesso tempo elegante di Aporro, corroso da un tono mellifluo da
far venire i brividi ad un Pesche che si dimenò preda
dell'istinto a
quella domanda pericolosa e lasciva – rumore ben accolto
dalle
orecchie del perfido arrancar – venne accolta in modo
inaspettato
da una donna apparentemente sconcertata dall'offerta fatta.
Tutte le preghiere dettate
mentalmente e poi quasi biascicate in modo confuso da una
fracctiòn
che chiedeva a più non posso alla sua signora di andarsene
da li,
per il terribile pericolo che correva, andarono
tutte a morire
in un freddo incredibile quando la risposta di Neliel arrivò
squillante come una presa in giro.
“Un gioco? È davvero un
gioco?! Dai mostramelo!!”
all'infantile gioia
mostrata da Neliel Tu Oderschvank a quell'indecente proposta
– che
forse non aveva ancora realizzato cosa Aporro
intendesse per
“gioco” – dette la mazzata finale ad un
Pesche incredulo per
come la situazione fosse letteralmente sfuggita di mano.
Come se un macigno gli
fosse caduto sulla pancia, dovette assistere allo spettacolo assurdo
di una Espada che sorrideva entusiasta ad un uomo con una espressione
soddisfatta e malignamente eloquente, che solo quello avrebbe fatto
desistere chiunque ad accettare una simile offerta.
“Maledetto
Szayel
Aporro” pensò con acidità.
Non riuscendo comunque a muoversi
correttamente se non a rantolare come un febbricitante in terapia
intensiva.
Ma nulla poteva fare. E il
povero Pesche si ritrovò così a lanciare una sola
occhiata
aggressiva ad un Aporro che lo fissava sogghignante nell'atto di
tirare del tutto la candida tenda – collegata ad anellini
argentati
su di un'asta che percorreva tutto il perimetro della barella,
proprio come in un ospedale vero – per separarlo in modo
quasi
metaforico da quello che avrebbero fatto da li a poco.
“Oh si mia cara... uno
dei tanti giochi divertenti che si fanno a San Valentino”
Se solo Pesche avesse
avuto la forza sufficiente di scostare via quel tendone e affrontare
a faccia aperta quel dannato sbruffone, invece che essere mezzo
rimbambito dalle sue sostanze, sicuramente si sarebbe fatto capire
meglio da una Neliel che spesso appariva ingenua come in quell'esatto
momento.
Ma invece no, alla povera
fracctiòn toccò restare li cercando di mantenere
la calma il più
possibile e mandare giù un gran nervoso, trovandosi
istintivamente a
mandare a quel paese una festività decisamente ingannevole.
Maledizione... E in
quelle condizioni non poteva neanche sbirciare un pochettino! Ma
giusto per farsi una idea della situazione, non per altro si
intende...