Dove la stanza finiva, vi giaceva un’immagine, accostata alla porta. La luce fioca proveniva dal corridoio e si avvicinava lentamente, seguito da sussurri incomprensibili. Allora quando la lanterna era abbastanza vicina si poteva scorgere la sagoma di un ragazzo con le braccia consorte sulla soglia dell’entrata della sua camera. Vi era un letto, un letto a baldacchino dove una donna sui 30 anni dormiva lieta. Il volto era talmente bello che ogni uomo l’avesse visto se ne sarebbe subito follemente innamorato. Il vestito lungo arrivava ai piedi e i capelli ricci disegnavano sul cuscino. E lì, in quell’angolo, ingenuo a tutto, inconsapevole, c’era lui. Un bambino di otto anni che stava prendendo sonno.
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La vita a New York non è sempre facile, soprattutto di lunedì mattina, quando dopo un week end rilassante ri-inizia la solita e sempre uguale settimana. E vai a scuola e torna da scuola e una cantilena noiosa che finisce solo il sabato, quando si mette il piede alla fine delle scale della prigione degli studenti. E allora c’è allegria, il grigio diventa colorato, sulle facce mogie si allarga un sorriso, anche se solo per una giornata e mezzo. Per le vie della NY City c’era una ragazza sempre all’ultima moda, con cerchietto e scarpe col tacco. Irene, così si chiamava e odiava le cose noiose come, appunto, la scuola. E per un ragazza così il lunedì è uno strazio. Ma si fermò, davanti ad una porta altissima che un omino anziano stava aprendo.
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La vita da sposina felice e mammina buona era troppo poco per una ventunenne come Susan. In quel momento del lunedì mattina si trovava nella stalla, ad accarezzare il suo cavallo preferito: Fulmine. Era veloce, amichevole e soprattutto perfetto per la Pevensie. Quella mattina alle cinque si era svegliata, Susan. Con la faccia addormentata si era diretta in cucina, dove una tazza di spremuta d’arancia l’aspettava accogliente. Il suono del campanello l’aveva distolta dai pensieri mattutini e aprendo la porta fece in tempo a vedere il postino saltellare lontano sulla sua bici rossa. Una lettera era sullo zerbino. Sembrava una lettera delicata ed importante. Estremamente importante.
Ho provato con tutta me stessa a fare qualcosa di sensato, ma ho pensato di far apparire prima i personaggi e poi svelare qualcosa. Lo ammetto, non c'è filo e vi faccio sempre più confusi, quasi vi gira la testa, vero? Volevo promettere per la prossima volta un capitolo a luce chiara, ma mi è impossibile. Dunque aspettatevi qualunque cosa. Un continuo di questo, il racconto di qualcos'altro.. sono sincera: tutto tranne qualcosa che vi possa aiutare. Dunque volete sapere chi è il bambino? O volete seguire dentro la porta Irene? Magari preferite leggere con Susan la lettera! Tutto questo nei prossimi "episodi"!
PS: Lo so che gli anni tra i personaggi non vanno bene, ho cercato di fare contenta _Sofia, ma tanto non ce la faccio! Quindi non badate all'età! :) Saluti a tutti voi e grazie per aver letto fin qui!
_Irene