L’auto della Hoshi è
quasi a secco. Fantastico!
A soli quattro minuti dalla mia fuga le sirene
della polizia si fanno già sentire.
Accendo la radio, mi scarto una caramella
trovata sul cruscotto e mi infilo in fretta nel
traffico.
Peccato che mi ritrovi
in colonna dopo solo un centinaio di metri!
SI PUÒ SAPERE CHE CAZZO CI FA IN GIRO A QUEST’ORA TUTTA ‘STA
GENTE?!?!??!!!??
MA NON PUÒ STARSENE A
CASA A RONFARE BEATAMENTE SU UNO STRASACROSANTO FUTÒÒÒÒNNN?!?!?!?!?!?!?????
Ma non è ppposiiiiiibileeee…..
Sono intento a tamburellare nervoso le dita sul volante fissando i
semafori, ansioso di ripartire, quando un tizio su una moto mi supera sulla
destra bruciando come una scheggia il semaforo rosso.
Quanto vorrei poter
fare come lui…. Ehi! Aspetta un attimo….. Sono o non
sono su un’auto della polizia…?!?
-Sccchhgreanzààààdòòò!!! Come osi, ville
marrano!?!-, impreco tra me gettandomi all’inseguimento.
Mi serve assolutamente la sua moto.
È l’unico mezzo con cui
potrei seminare
quegli agenti del cavolo..
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La distanza che mi separa dal motociclista,
però, rimane sempre la stessa.
Gli tengo testa ma
sperare di raggiungerlo è una cosa impensabile.
Questa carretta da quattro soldi non reggerà ancora
a lungo. Sarò costretto a fermarmi, maledizione!
Come se non bastasse, gli sbirri non demordono
e se rimarrò a secco dovrò per forza accostare. E loro
potrebbero fare altrettanto.
Cazzo.
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Ovviamente mi tocca anche rallentare vistosamente a causa della corsia ridotta per rifacimento del manto stradale…!
CI SI METTONO ANCHE I LAVORI STRADALI, ADESSO??!? PORCA PUTTANA, MA PROPRIO ALLE DUE E UN QUARTO DEL
POMERIGGIO DEVONO RIFARE L’ASFALTO?!?!?!???!??
Kami, che nerrrvi!
Prendo a pugni il volante, rabbioso, ulteriormente irritato dai clacson suonati a
manetta e dal brulicare della gente che,
scesa dalle auto, si mette ad
imprecare contro la fila e a mettersi le mani nei capelli.
Quando un uomo mi sbatte le sue manacce sul cofano lamentandosi per il mega
ingorgo che si è venuto a formare mi girano del tutto le balle.
Al diavolo il proposito di fare il buon
poliziotto!
Gli regalo il migliore dei saluti
internazionali che riesco a sfornare, poi sterzo a
destra ed esco dalla fila ritrovandomi sul pietrisco della banchina. Avanzo a
folle velocità distruggendo tutti i paletti segnaletici che mi trovo davanti e una volta superato il punto critico torno in corsia.
L’uomo imbufalito di
prima non ha apprezzato il mio saluto e mi sento profondamente offeso: mi
domando perché non gli sia piaciuto… Il mio dito medio è bellllissimo..!
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Oh, non so se è l’auto che porta sfiga o se sono io che attiro tutti gli automobilisti più
rincoglioniti del mondo, fatto sta che uno di questi si sposta improvvisamente
contro mano sulla mia stessa corsia avvicinandosi pericolosamente al
motociclista che stavo inseguendo.
Lampeggio coi fari abbaglianti per rinsavirlo ma
niente, non se ne accorge.
Mi rimetto a lampeggiare e suono il clacson.
Nada. Quello continua sulla nostra
corsia avvicinandosi rapidamente. Per il
ragazzo sulla moto la vedo davvero brutta: gli sta arrivando dritto contro.
Cazzo, sta succedendo tutto
nel giro di pochi secondi e mi sembrano istanti senza fine!
In preda al panico, il ragazzo frena cercando
di sterzare. La moto, però, si blocca di colpo e si impunta, sbalzandolo dalla
sella. Lo vedo volare in avanti per
alcuni metri e cadere pesantemente a terra sul fianco sinistro picchiando il
casco sul suolo dopo aver mancato l’auto contromano per un soffio. Cristo santo, l’ha
scampata per un pelo! Inchiodo di fianco a lui e abbandono la macchina.
La sua moto è leggera e mi lascio eccitare dal
ruggito del suo motore mentre vedo il ragazzo muoversi
piano, più o meno ancora tutto intero. Poi mi riprendo, balzo in sella e
schizzo via.
Alle mie spalle un’auto della polizia si è fermata sul luogo dell’incidente, altre due avanzano nella
mia direzione. Porcaccia…
Lascio subito la strada principale e imbocco
una via laterale dal fondo pietroso.
Essendo abituato alla guida sull’asfalto con
la moto di Mitsui e lo scooter di Yohei,
ci metto un po’ ad adeguarmi al nuovo veicolo. Sono un po’ scomodo a stare in piedi sulle pedane, in più ho
braccia e polsi indolenziti. Ma almeno riesco ad avanzare sicuro tra solchi e pietre,
aumentando così il distacco dai poliziotti, che sono costretti a rallentare.
Devio a destra e, con
il sole negli occhi, mi dirigo ad Ovest per un breve tratto, verso il centro
di un piccolo borgo.
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Sto costeggiando un marciapiede lungo il quale
si ammassano diverse botteghe d’artigiani, quando
all’improvviso un idiota mi taglia la strada. D’istinto metto il piede sul
freno ed inchiodo. Sbando verso sinistra e riesco ad evitarlo. Per un attimo mi
domando se il mio oroscopo avesse previsto tutto questo…
Contro le mie aspettative,
anche in questa frazione il traffico è spaventoso: auto, furgoncini, gente a piedi, ma specialmente biciclette che brulicano
ovunque.
Imbocco una via che però
è senza uscita. Merda. Anziché rallentare, però, accelero.
Salgo sul bordo di un muretto, la moto che ruggisce
in modo tremendo, dopodichè balzo nel
vuoto e finisco con un clangore metallico sui cofani di un pick-up e di
un’automobile, parcheggiati l’uno a fianco dell’altra.
Prima che la moto si distrugga contro un palo,
riesco a saltare e ad afferrare quest’ultimo a mo’ di
Tarzan,
atterrando al suolo come un felino.
Sì, beh. Più o
meno.
In questo istante mi sento da Dio, come prima di
una partita.
Sento il silenzio, sento la canzone del vento sul mio
viso e tra i capelli.
Sento la concentrazione, l’adrenalina che risale lungo la
schiena e serpeggia sulle spalle, lungo le braccia e nel torace. Sento l’ossigeno bruciare nei polmoni e i
muscoli pronti a scattare.
Apro gli occhi e vedo una stradina
dissestata. I poliziotti sono alle mie
spalle. La moto è distrutta, ancora
gorgogliante.
Basta esitare!
Scatto
di lato e sparisco nel vicolo.
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La strada è davvero strettissima, tanto che mi
sto scorticando le braccia. In più mi sto facendo un pranzo a base di muffa e
ragnatele. Scommetto che di qui non ci passano nemmeno gli scarafaggi!
Ad un tratto sento dei passi confusi alle mie
spalle.
-L’hai beccato?-
-No! È qui dietro l’angolo!- Toh, è il tappo bastardo!
-…Non riesco a raggiungerlo!- Eccecredo…
-Lascia, ci penso io.- I passi diventano distinti: da due, i poliziotti sono diventati uno
solo. E questo è molto più veloce.
-Polizia!-, Ma va?
-Ti ordino di fermarti!-, Col cazzo! Anzi no, neanche
con quello. D’accordo che sono un genio
superdotato, ma non ce l’ho così lungo!
-Ho detto fermati!-
Ma cheppalle!!!
-Fermati o sparo!- Uè, questo
no!
Il vicolo sbuca su un vialetto alberato e mi
sposto dalla strada, proseguendo parallelo a fianco ad essa,
nascosto dalle piante.
La fatica della salita
si fa sentire…
Il viale dà su una piazzola deserta, popolata
da qualche veicolo sgangherato, parcheggiato lungo inesistenti
marciapiedi.
Continuo a correre basso, la milza che va in
fiamme, protetto dai veicoli;
alla fine mi rialzo, sicuro di averlo distanziato, e attraverso la piazza dirigendomi verso un
altro vicolo.
Poi un dolore lancinante.
Così
improvviso che non riesco nemmeno ad urlare.
Le pupille mi si dilatano, le orecchie mi
ronzano e la mia corsa si blocca, facendomi ruzzolare per diversi metri
sull’asfalto ruvido, sbucciandomi la pelle e lacerandomi i vestiti.
Provo a muovermi ma
sento un dolore atroce alla gamba e a un fianco. Mi fa male una mano. Non la
guardo.
Non
posso restare qui.
Cerco
di rialzarmi ma il cuore mi si contrae in uno spasmo e
mi si blocca il respiro.
Non
posso restare qui!
Riesco a girarmi e ad appoggiare la schiena a
terra, cercando di riprendere fiato. Il cielo è così azzurro…
Dei passi!
Dei passi, merd…Devo arrivare… Devo arr… Là…
Non poss.. mollare… Non ora…
Ma la vista mi si annebbia e tutto si scurisce.
Ci
devo..riusc…
Io…
Però…
È tutt.. ..sì buio…
No, io…
Io dev…
-L’hai trovato?-
-No, sembra svanito nel nulla…-
-Ho
le braccia piene di graffi, maledizione!-
-…Eppure, cavoli, era davanti a me fino ad un
attimo fa...-
-Mi sono tagliato anche io, Sakiko.-
-Era davanti a me…-
-Nulla
di grave?-
-Com’è possibile che sia
sparito..?!-
-No.-
-L’ho anche colpito…Ne
sono certo…-
-…-
-…-
-Non…Deve pur essere da qualche parte…-,
ripetendo quella frase sommessamente, come una litania infinita, l’agente si
sporge sul ponte.
Shunsuke lo imita.
Nessuno. Eppure…
se era ferito non può essere andato lontano.
-Non può essersi buttato. Si sarebbe
sfracellato di sotto.-
-Io. L’ho. Beccato. …-
-E non c’è nemmeno lungo la strada…-, sbuffa. Corre il ragazzo…
-…Ne sono sicuro. Non posso aver sciupato tre
munizioni così!-
-Va
bene. Facciamo così: tu, tu e tu .. di là,-, Sakiko accenna con
il capo ad un vialetto su un angolo della piazza, -mentre
tu cercherai lassù,- una strada in salita, -siamo
intesi?-
Tre
degli agenti obbediscono. Uno lo trattiene ancora un attimo.
-Shun’ ,-
-Sì?-
-…Tutto
okay?-
La
fissa.
-Si. Non è niente, sto
bene-.
-Shun’…-
Allora abbassa lo sguardo sulle esili dita che
circondano il suo polso.
Un brivido gli saetta lungo la schiena.
-È tutto a posto, dico davvero.-
-D’accordo. Sai cosa devi fare.-
-…Portarli
lontano da qui?-
-Lontano
da qui…- Sakiko sorride. E Shunsuke corre via, lasciandola
sola.
-Saku’!-,
-Sakuragi, dove diavolo sei!?-, ma niente.
Le rispondono soltanto il silenzio e una
folata di vento che
le scompiglia i capelli.
Avanza lungo il ponte muovendosi di lato,
lentamente, rimane
in ascolto, attenta ad ogni rumore.
Poi inciampa e impreca contro il sasso,
preoccupata. E poi lo vede.
Sangue.
Sangue ovunque, che si rifugia tra steli
d’erba sul bordo della strada.
È fresco, lucido. D’un
rosso vivo. Arterie.
Poi nota macchie più larghe, più scure. Sono
tante. Merda.
-Sakuragi!-
Distingue l’impronta rossa di una scarpa da ginnastica.
Delle nuvole oscurano il sole e in lei
comincia a farsi strada la paura.
-Sakuragi!-
Segue la scia per alcuni metri, poi si
arresta: al bordo del ponte, la traccia sparisce.
-CAZZO,
RISPONDIMI!!!-
E finalmente la sente.
-Sak…- la sua voce è
debole, ma è già qualcosa.
-Sak,
qui…-, dove?
Dove, maledizione?!?
-‘aki…ko…-, un gemito più potente le permette di localizzarlo.
Ma ciò che vede non fa altro che preoccuparla
ulteriormente: una mano coperta di sangue aggrappata al bordo esterno del ponte
che sta per mollare la presa.
-Hanamichi!!-, cerca di afferrarla al volo, invano.
-Hanamichi, no!!!-, non è possibile, non
può…
-Più
giù…Sono… solo più giù…-
Sakiko si sporge dal ponte e le si riempiono gli occhi di lacrime.
Sakuragi si sta sorreggendo
con le sole dita delle mani, le dita infilate nei solchi formati dalle file di
pietre che
compongono l’antico ponte del borgo.
Le sue unghie sono rotte e una mano presenta un leggero
squarcio di carne viva. Il suo collega
deve avergli sparato a bruciapelo.
-Hana…-
Poi scorge dell’altro. Una macchia scura e
umida gli imbratta un fianco della maglia, e il sangue gli scorre lungo la
pelle e i pantaloni.
-Hana, dammi la
mano…-, dice a mezza voce
sporgendosi in avanti.
Ma il ragazzo non si
muove. Rimane aggrappato alle pietre, in uno stato di semi-trance, dando segni
di cedimento.
-Hanamichi, muoviti!-
Lui allora obbedisce meccanicamente,
allungando un braccio. Le sue dita raggiungono quelle fresche di Sakiko, sfiorandole più e più volte, lasciando leggere scie
rossastre sulle punte dei suoi polpastrelli e sulle sue
unghie laccate di smalto lucido.
-Non ce la faccio..
Non ci arrivo!-
-Riprovaci, Hana, riprovaci!-
La ragazza si sporge ulteriormente,
spalancando la mano, pronta a prenderlo.
Ma Hanamichi non
riesce a raggiungerla e,
agitandosi per riuscirci,
perde la presa e scivola ancora più in basso, tagliandosi le dita.
-Hana!-
Sakuragi le sorride a denti stretti, serrando
violentemente le labbra violacee per trattenere una fitta di dolore.
Si sporge più che può mentre
le lacrime le scivolano lungo le ciglia.
-Avanti sbrigati! Afferra la mia mano!
Afferra la mia mano!-
Lo guarda annaspare boccheggiando, cercando
ossigeno.
Il sangue gli scorre lungo le gambe e sgocciola ritmicamente dai piedi, frammentandosi in mille gocce di vita
che muoiono schizzando sul terreno pietroso diversi metri più in basso.
Perché non la ascolta?
Perché?
I suoi capelli le ondeggiano davanti al viso scompigliati dal vento, sfiorandole le braccia esili
e pallide e nascondendo fino all’ultimo le lacrime che le bagnano le guance.
Non deve piangere… È così bella…
Sembra…
Un’altra fitta improvvisa gli fa perdere la
presa e scivolare più in basso. Comincia ad essere stanco. Lei se ne accorge, eppure non si arrende e continua a dirgli di afferrare la sua mano,
ad allungarsi verso di lui più che può.
Hanamichi le sorride triste, ma pieno di riconoscenza.
-Datti una mossa!
Puoi farcela, lo sai! Avanti!-
Ma lui scuote piano la
testa. Si sente troppo debole. Non ce la farebbe mai…
Gli manca l’ossigeno e respira affannosamente
cercando di ottenerne il più possibile.
-Maledizione, muoviti!-
Ma Sakuragi
non ce la fa, ormai sente male dappertutto e le dita non riescono più a
reggerlo…
-Allora vuoi morire? È questo che vuoi?-
Allora lui solleva lo sguardo, ma non riesce a
vedere altro che una macchia indistinta. Ha la vista offuscata. E si chiede se non siano lacrime anche le sue…
No che non vuole morire… Anzi…forse sì… Niente
più fughe continue, niente più pericoli… Niente sofferenze…
Guarda in basso oltre i suoi piedi che
scalciano l’aria ormai senza troppa determinazione, e non vede altro che
tenebre.
La morte è lì che lo attende a braccia aperte, sogghignando, avvolta nel suo saio nero fumo che si confonde
nella nebbia che aleggia pigra sotto di lui. A che serve lottare per sfuggirle,
quando già sa che sarebbe tutto inutile?
-Hanamichi, cazzo, molla
quelle pietre e afferra la mia mano!-
E lui ci prova, ma non appena allenta una
presa si sente scivolare
ed è costretto a desistere.
-Hana, ti prego…-
Ma Hanamichi
non vuole sentirla parlargli così… Lui ormai sta cedendo e sa che questo l’ha
capito anche lei…
È stufo, stufo,
stufo… Non ce la fa
più….
È troppo stanco…
Stanco di continuare a combattere…
E poi…
Che importa se un insignificante
puntino nell’intero universo scompare? Che differenza fa…?
Nessuna.
Nessuna…
Le palpebre gli diventano pesanti e la voce di
Sakiko si fa sempre più lontana.
Sente una
lacrima scivolargli pigra su una guancia, e
morire lentamente lungo il collo.
Le dita ormai non le sente più.
Basta…
Basta…
Chiude gli occhi e molla la presa, precipitando nel
vuoto.
E il suo ultimo
pensiero è uno solo.
Papà…
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Mi scuso tantissimo
per il mostruoso ritardo con cui ho aggiornato la fic, ma purtroppo il
tempo che riesco ad avere a disposizione è ormai diventato scarsissimo…! ^__^’ ‘ ‘ Inoltre mi ci è
voluto un po’ per riprendermi dallo shock avuto quando mi si è bruciato l’Hard
Disk del computer ed ho perso
completamente tutti i dati, quindi cerate di capirmi…! Ho finalmente riscritto
il nono capitolo di questa ficcy, anche se purtroppo non è come quello che
avevo fatto originariamente… Eh, pasiensa..
Ringrazio di cuore asami, Shak4, Uriko, foglia,
satin, sakura, kiba91, NohaIjiachi, NaughtyDia
e Yumi per aver lasciato qualche commento! Recensite
ancora e fatemi
sapere come vi è sembrato questo capitolo!
Baci8i,
=Angels’ Isl@nd=