I miracoli non hanno biglietti da visita.
Mi hanno definito in tanti modi.
“Un animale da palcoscenico” esclamava il mio professore
di teatro.
“L’ennesimo drogato” urlavano i giornali.
“Mio marito” pronunciava Susan.
“Papà” gioiva Indio.
“Il nuovo Downey” sussurrava la critica.
E, per quanto mi riconosca in tutto questo, non riesco a
capire.
Chi
sono?
“Lo so io chi sono. Sono uno che interpreta un altro che
recita qualcun altro” spiegava Kirk Lazarus.
Per un po’ queste definizioni mi erano bastate, ma ero veramente
io?
Charlie Chaplin, Julian Wells, Harry Lockhart, Tony Stark
e lo stesso Kirk erano solo piccoli pezzi di vetro appartenenti a uno specchio
più grande, a me.
Una giostra di maschere, sempre in movimento e sempre in
trasformazione.
Quando il mondo girava troppo veloce, mi rifugiavo lì e
mi affidavo a loro –le maschere della mia
vita.
Era semplice, così semplice che ero riuscito ad ingannare
tutti.
Ma a volte desideravo,
pregavo, che qualcuno scoprisse tutto, che vedesse oltre il riflesso.
Ed era arrivato, quel giorno, era arrivato e nessuno se
n’era accorto.
Era bastato un incontro per un tea.
«Piacere, Jude.»
Io, che mi stavo preparando a raccogliere l’ennesimo
tassello del mio mosaico, avevo appena trovato il mattone che l’avrebbe mandato
in frantumi.
Ma al tempo non lo sapevo, non potevo neanche
sospettarlo.
I
miracoli non hanno biglietti da visita.
Così conobbi Jude Law, Judsie, il mio Watson.
Non eravamo in grado di separarci.
Respirammo la stessa aria per mesi, a volte rubandocela a
vicenda con un bacio a tradimento.
Ed era divertente guardarlo, farlo ridere, morderlo, fare
l’amore con lui.
Due
palloncini persi nell’aria.
Non potevamo fermarci, non potevamo scendere.
E volteggiavamo sopra gli altri –irraggiungibili.
Così vicini, ma in verità così lontani.
Vissi a lungo così, sospeso tra la realtà e quel mondo
parallelo.
Quel
mondo che amavo chiamare noi.
Eppure il mondo stava ruotando, sempre più velocemente,
minacciando di travolgermi.
L’ansia mi covava dentro e io rubavo aria a Jude per nutrire
quella brutta bestia.
Il mostro che mi tenevo dentro fin da bambino diventava
sempre più forte, costringendomi sulla giostra che girava, girava, girava.
Un giorno scoppiai, vomitai tutto quello che avevo dentro
e purtroppo lo feci su Jude.
Litigammo –veramente.
Sopravvissi un giorno in quella condizione, poi tornai da
lui piangendo.
Facemmo l’amore sul pavimento, con una lentezza
estenuante.
Non
dissi altro che il suo nome.
Tornò tutto come prima e la mano di Jude era di nuovo
nella mia.
Anche se gli altri non potevano vederla, c’era –sempre.
E mi stringeva forte mentre volavamo via, verso il nostro
mondo.
Ma il mostro rideva.
Si nascondeva dietro uno sguardo basso, una voce stanca o
un semplice sospiro.
Il
dubbio.
Era il dubbio il cappio al mio collo, le mani strette
intorno al mio cuore –soffocato.
E mi stava divorando dall’interno, pezzo per pezzo,
costringendomi a ripiegare sulle maschere, sui vetri del mio specchio infranto.
Dovevo stare attento, perché Jude correva a piedi nudi ed
io ero un campo minato.
Dovevo avvisarlo, dovevo salvarlo.
E lo feci.
Diedi
voce al mio mostro.
«Jude…»
Un sorriso, il suo splendido sorriso.
«Che c’è, Rob?»
Mi guarda e sento già i piedi staccarsi da terra.
«Volevo chiederti una cosa…»
Annuisce, ma è preoccupato –per me.
«Tu… io chi sono per te?»
Inclina la testa, è perplesso.
«Non lo so, ha importanza?»
Lo dice così, senza pensieri.
«Rob…»
Abbasso gli occhi e sento i suoi passi avvicinarsi.
«Io ti amo così come sei, hai veramente bisogno di
un’etichetta?»
Sento la sua mano calda spingermi il mento verso l’alto.
«Sei tu, solo tu. E questo non dovrebbe significare
niente, eppure mi fa impazzire…»
Apro la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma lui me la riempie.
E sento dei guaiti, sento il mostro dentro di me morire, strangolato,
sepolto dai vetri rotti.
Jude mi stringe forte e un terremoto inghiotte tutto ciò
che ho dentro.
Ma lui continua, penetra nella mia gola, dentro di me, e soffoca tutto.
Quando abbandona le mie labbra, il mondo sembra cambiato.
Lui mi osserva e appoggia la testa sulla mia spalla.
Mi sento vuoto –leggero.
Respiro come non ho mai fatto.
Mi guardo dentro e d’istinto stringo Jude.
Giardini,
fiori, stelle e risate, tante risate.
Fare
l’amore sul divano, scompigliare i capelli di mio figlio, improvvisare al
piano.
Rido
come un matto.
È questo che sono?
È questo che hai visto dentro di me, Jude?
Jude…?
Non ti sarai mica addormentato!
Jude, ehy Jude, don’t let me down ~
Jude? Su forza, tira su la testa e guardami negli occhi.
«Bob.»
Bob?
Ma cosa dici, tu non mi chiami mai così…
«Bob!»
Jude, ti prego, smettila di scherzare.
Guardami!
«BOB!»
[Crack.]
Sussulto e apro gli occhi.
«Oh, finalmente ti sei svegliato, tesoro.»
Susan.
Susan che mi sorride, si volta e si veste.
Niente
Jude.
«Devi prepararti, oggi vengono quelli di Rolling Stone.»
Niente Jude, niente giardini, niente risate.
Niente
me stesso.
«Mi stai ascoltando?»
Si sta per voltare, ma non me ne accorgo.
Sento
il mostro ridere.
«Ma mi vuoi…»
Nudo e lontano da casa.
Ancora
una volta.
«Robert… ma tu stai piangendo…»
[La maschera si è rotta.]
~ I miracoli non hanno biglietti da visita, perché
i miracoli non esistono.
***Angolino del cambia colore***
Io continuo a chiedermi perché mi ostini a scrivere cose
del genere, ma il mio cervello non rispondere (non trovo il pulsante di
accensione, accidenti!) quindi amen xD.
Come al solito, però, vorrei fare alcune specificazioni
sulla storia.
-“Animale da palcoscenico” è come mi ha chiamato la mia
prof di religione dopo aver visto la mia recita, poi vedendo la mia faccia
perplessa ha aggiunto “in senso positivo!” xD Ovviamente ciò vale anche per Rob
che, sì, ha vinto anche dei premi all’accademia d’arte quindi sicuramente avrà
avuto un prof di recitazione. Sarò brava? =D
- Charlie Chaplin, Julian
Wells, Harry Lockhart, Tony Stark e Kirk Lazarus sono i
ruoli che Rob ha
interpretato rispettivamente in Charlot, Al di là di tutti i limiti (Less than Zero, in inglese), Kiss Kiss Bang Bang, Iron man e Tropic Thunder. Ora,
volevo solo specificare che ho citato questi personaggi non perchè siano i miei
preferiti o siano i più importanti, ma semplicemente sono i primi che mi sono
venuti in mente.
-Il gioco delle maschere, la giostra delle maschere sono
una mia… come posso dire? Interpretazione? Comunque, volevo solo specificare
che non mi rifaccio ai termine “maschera” dell’universo pirandelliano (mitico
Piraaaaa ♥). Comunque sono curiosa di
sapere la vostra interpretazione, anche perché non ne esiste una sbagliata.
-“Era bastato un incontro per un tea” qui mi rifaccio al
primo incontro di Rob e Jude. Come a detto Guy, li aveva invitati a casa sua
(prima delle riprese) per un tea e per farli conoscere e a quanto pare si sono
trovati bene insieme dal primo istante.
-“ Io, che mi stavo preparando a raccogliere l’ennesimo
tassello del mio mosaico” qui con tassello del mio mosaico intendo un altro
personaggio, un altro pezzo di vetro, un’altra scheggia della sua personalità,
quindi Holmes.
-Il dubbio… Ecco, io ho ipotizzato che sia questo il
mostro di Robert. Non solo il dubbio di “chi sono?” ma anche “cosa faccio?,
perché sono qui?, qual è il mio scopo?” ecc…
Non dico che sia un insicuro cronico, semplicemente non capisce se stesso.
-Il discorso di Jude è semplicemente “chissene frega
delle maschere, io ti amo e basta, qualsiasi cosa tu indossi o qualsiasi sia il
tuo nome”. E poi lo bacia e lo riempie.
Jude distrugge tutto per poi poter ricreare –insieme.
-So che non c’è bisogno di specificare ma “Jude. Ehy
Jude, don’t let me down” è un verso della famosissima “Ehy Jude” dei Beatles.
-Quando Susan dice “oggi vengono quelli di Rolling Stone”
si riferisce all’intervista su quel giornale che hanno pubblicato ad Ottobre.
Ho inserito la cosa perché la giornalista, impicciona rompiballe, faceva
continuamente notare come Robert fosse stanco, irritato e non fosse giornata.
Che altro dire per tediarvi? xD
Scherzo, basta mi zittisco e concludo qui.
Ringrazio gli impavidi che sono arrivati fin qui e tutti
quelli che hanno commentato le mie storie precedenti e che commenteranno
questa.
Grazie, veramente.