PIANTATA
IN NASSO
- Mi
chiamano Arianna dal bel sorriso.
Credo di avere davvero un bel sorriso; mette allegria, dicono. Dopotutto mi è sempre piaciuto ridere. - Sono
figlia di Minosse, che ha avuto l’ottima idea di promettere
un candido toro in
sacrificio a Poseidone per poi sacrificargliene un altro, e di Pasifae,
che si
è fatta costruire una vacca di legno onde mettercisi dentro
ed accoppiarsi col
candido toro di cui sopra, per poi generare un mostro divoratore di
uomini.
Capite che o prendo la vita a ridere, o tanto vale chiudermi nel
labirinto e
darmi in pasto a mio fratello.
- Tra
le vittime del labirinto che mio padre ha fatto costruire per
rinchiuderci il
mio fratellastro dalla testa di toro ci sono, in ordine di
apparizione: il
Minotauro stesso, che poverino, non l’ha chiesto lui di
nascere mostro; il
costruttore Dedalo e suo figlio Icaro, a cui mio padre ha affidato il
progetto
del labirinto e poi, da quella brava persona che è, ce li ha
chiusi dentro; un
numero piuttosto elevato di ragazzi e ragazze ateniesi; e infine il mio
cuore e
la mia reputazione.
- Era
a questi ultimi che pensavo il giorno in cui mi svegliai
sull’isola di Nasso e
mi resi conto che Teseo e i suoi compagni se l’erano svignata
durante la notte
lasciandomi lì. Inizialmente non volli crederci, pensai che
fossero andati
semplicemente a fare rifornimenti e che presto avrei rivisto la nave
nera di
Atene, ma passavano le ore, il carro del sole era un bel pezzo avanti
con i
lavori, e dovetti arrendermi all’evidenza: il mio amore,
l’uomo a cui avevo
donato anima, cuore e virtù, mi aveva abbandonata.
- Scoppiai
a ridere per l’assurdità della situazione. Poi
scoppiai a piangere perché non
avevo la minima idea di cosa fare. Poi mi riscossi e andai a cercare
acqua e
frutti nella radura in cui eravamo stati il giorno precedente,
rifocillandomi
un po’ e pensando al da farsi. Poi mi resi conto di come
dovevo sembrare vista
da fuori, con la mia bella tunica color zafferano e i capelli
scomposti,
sedotta ed abbandonata come una servetta, e scoppiai di nuovo a ridere.
Infine mi
addormentai di nuovo, tra i singhiozzi.
- Mi
risvegliò una cacofonia di cimbali, flauti e voci chiassose.
Una folla di gente
stava entrando nella radura, uomini e donne seminudi col tirso in
mano, dal
capo cinto di ghirlande di foglie d’edera e grappoli
d’uva, ed io mi ritrovai
paralizzata come una gazzella davanti al leone. Ecco, adesso mi
prendono, mi
fanno a pezzi e poi stuprano quello che rimane, pensai. Quando si
è convinti
che non possa andare peggio di così, si scopre sempre di non
avere avuto
abbastanza immaginazione.
- Invece
nessuno sembrò volermi fare a pezzi; il primo ad avvicinarsi
fu un ragazzo dai
riccioli scuri e un sorriso quasi esagerato, con indosso una tunica
corta, un
mantello di pelle di pecora e una ghirlanda di grappoli d’uva
giganteschi.
- -E
tu?-, mi disse chinando il capo di lato. –Come sei arrivata a
Nasso? Sei nata
dalla schiuma del mare come Afrodite?-
- Scossi
la testa, impaurita. Cercai di mettere insieme una risposta, ma tutte
le
varianti sul tema di “sono stata abbandonata qui
dall’uomo che amo” mi davano
un’impressione di estrema vulnerabilità; insomma,
se avessero voluto farmi del
male avrebbero avuto la certezza che nessuno sarebbe accorso in mio
aiuto. Il
ragazzo mi si avvicinò un po’, sempre continuando
a sorridere.
- -Non
avrai mica paura che facciamo cose tipo smembrarti e divorarti, vero?
Tranquilla, le ragazze hanno detto che oggi non faranno nulla del
genere, e poi
non sono pazzo, mio padre ha controllato!- rise, strizzandomi un
occhio. Mi chiesi
se questa frase avrebbe dovuto tranquillizzarmi; se non fossi stata
così
spaventata sarei scoppiata a ridere.
- -Sono
Arianna di Creta, figlia del re Minosse-, mi presentai. Sperai che fare
il nome
di mio padre mi garantisse una certa protezione, almeno
finché non avessero
scoperto che quello che avrebbero potuto farmi loro sarebbe stato nulla
rispetto a quello che mi avrebbe fatto lui stesso se mi avesse potuto
rimettere
le mani addosso.
- -Il
re Minosse quello del Minotauro?- chiese lui sgranando gli occhi. Mi
venne da
ridere.
- -Quanti
re Minosse di Creta ci sono, senza che io ne fossi al corrente? Certo
che è
quello. Minotauro, labirinto, gigli e piroette sui tori.-
- -Oh,
quello che sua moglie si è fatta… va bene, ho
capito. E quindi cosa ci fai
qui?-
- Tacqui
di nuovo. Lui si rivolse ai compagni, sorridendo.
- -Bene,
ragazzi, facciamo una cosa: con la principessa parlo io, voi cominciate
pure,
siamo troppo sobri e non è il caso di restarlo oltre!- Non
se lo fecero
ripetere due volte. Si sparsero per la radura, senza più
degnarmi della minima
attenzione. Nel frattempo il ragazzo si era portato di fronte a me; era
abbastanza alto, anche se non sembrava avere il corpo di un guerriero.
- -Prima
di tutto, Arianna di Creta, stai tranquilla: nessuno ti
farà del male. Te
lo giuro su tutti gli dèi dell’Olimpo, tutti
tranne Hermes. Posso sapere come
mai sei qui?-
- Obbiettivamente,
cos’avrei dovuto fare? Decisi di provare a fidarmi, anche
perché ogni bugia che
mi veniva in mente era strampalata quanto la realtà.
- -Sono
qui perché mi ci ha portato un principe ateniese. Che, prima
che tu me lo
chieda, no, ora non è più al mio fianco.-
- -Ah,
infatti stavo per chiederlo… bene, adesso sono preda di una
smodata curiosità.
Vuoi unirti a noi, intanto che mi racconti come hai fatto a finire da
un
minotauro ad un ateniese?-
- Mi
schernii. –Non mi sembra molto il caso, questo non sarebbe il
posto per una
principessa, non sono a mio agio…-
- Lui
staccò un chicco d’uva da uno dei grappoli della
sua ghirlanda e me lo lanciò
scherzosamente, ridendo. Lo parai con la mano, come fossi una bambina.
- -Ma
qui non sei una principessa, quindi nulla ti vieta di unirti a noi; non
che le
principesse non lo facciano, oltretutto. Senti, facciamo una cosa:
siediti
accanto a me e raccontami questa storia di ateniesi e minotauri!-
- Si
tolse il mantello e lo gettò per terra, per poi sedercisi
sopra. Mentre lo fece
mi afferrò per la vita, costringendomi a sedere accanto a
lui. Ridacchiai.
Pensai subito che ridacchiare di fianco ad un uomo che è in
mezzo ad una specie
di rito dionisiaco e che ti ha appena gettato a terra non è
una buona mossa, ma
la verità era che lui aveva un atteggiamento divertente ed
accattivante, che mi
piaceva. E comunque, urlare e cercare di fuggire mi sembrava una mossa
ancora
peggiore.
- Stavo
per iniziare a raccontare quando lui m’interruppe.
- -Gente,
guardate qua, io non ho niente in mano!- esclamò ad alta
voce, alzando le
braccia. Immediatamente qualcuno gli diede una coppa ricolma di vino,
che lui
svuotò per metà con espressione beata.
- -Ottimo…
ne vuoi?- mi disse offrendomelo. Declinai, e lui mi guardò
con espressione
perplessa.
- -Non
bevi? Ah, ma questo non va bene. Non puoi mica metterti a raccontare
con la
gola secca!- Temendo di averlo offeso accettai un sorso di vino, uno
piccolo;
era ottimo, mischiato col miele, il vino più buono che
avessi mai bevuto, e
sono figlia di un re. Prima che facesse altre domande o gli venisse in
mente di
prendermi con la forza lì e subito, cominciai a parlare.
- -Dunque,
questa è la mia storia: “Piantata in
Nasso”, tragedia in un solo atto,
personaggi Arianna, Teseo, gli amici suoi, il Minotauro, il padre di
lei, i
giovinetti ateniesi, coro.-
- Lui
ridacchiò. –Non mi piacciono molto le tragedie,
sono tristi!-
- -Questa
no-, commentai asciutta. –Questa ti farà ridere a
crepapelle. Bevi e ascolta.-
- Lui
si mise comodo e obbedì, sorseggiando il vino.
- -Prima
scena: siamo nel palazzo del re Minosse. Egli sta riscuotendo il
tributo che,
in seguito ad una sconfitta, la città di Atene è
tenuta a pagargli: ogni nove
anni deve mandargli sette giovani e sette fanciulle che saranno dati in
pasto
al Minotauro, rinchiuso in un labirinto dal quale è
impossibile uscire. A sua
figlia, Arianna, questa usanza ripugna: nove anni prima era una
bambina, ma ora
questi quattordici giovani potrebbero avere la sua età,
pallidi e in lacrime.
Ogni tanto qualcuno implora il re di avere pietà, ma il re
non ce l’ha mai.-
- -Aspetta
un attimo: il labirinto è quello da cui Dedalo ed Icaro sono
fuggiti fabbricandosi
ali con piume e cera, giusto?-
- Mi
stupii. –Non sapevo che fossero salvi! Sono davvero contenta
di sentire questa
notizia, pensavo che fossero stati divorati!-
- Lui
si strinse nelle spalle. –E’ salvo solo Dedalo.
Icaro ha voluto volare troppo
in alto, la cera delle sue ali si è sciolta e lui
è precipitato in mare.
Dicevi, ci sono questi quattordici tipi al cospetto del re, e una
principessa
dal cuore tenero. Poi?-
- Avevo
spalancato la bocca nel sentire di Icaro. Lui staccò di
nuovo un chicco d’uva
da uno dei grappoli della ghirlanda e me lo mise in bocca. Lo
inghiottii quasi
senza masticare.
- -Poi
la principessa dal cuore tenero si accorse di un giovane in
particolare. Sai,
se un uomo coraggioso finge di avere lo sguardo impaurito
può ingannare uno
come mio padre, ma non certo una donna; c’erano fuochi nei
suoi occhi neri, e
sotto le sue vesti si indovinava il fisico di un campione. Arianna
volle
parlare con lui.-
- -Ecco,
sempre le solite, voi donne: vedete un tizio unto e muscoloso e subito
perdete
la testa!-
- -E
voi uomini la perdete per un sorriso e la fugace visione di un seno
bianco.
Quindi come vedi siamo tutti sulla stessa barca, che
affonderà di certo, dato
che è piena di stolti.-
- Lui
scoppiò in una gran risata. –Già, tutti
lì a mostrare muscoli e seno e nessuno
al timone, vela, o remi! E quindi cosa fece Arianna? Mostrò
il suo bianco seno
all’ateniese muscoloso dalle pessime doti recitative?-
- Pensare
a Teseo in questi termini fu come ricevere una salutare secchiata di
acqua
gelida. Cominciai a rendermi conto che forse l’avevo
idealizzato un po’ troppo
senza conoscerlo abbastanza; non avevo mai provato l’amore, e
non ero pronta ai
suoi inganni. Ero grata a quel ragazzo che mi faceva parlare di lui, mi
sembrava quasi che affidare al vento il ricordo del mio amore lo
facesse piano
piano uscire da me, per poi disperdersi.
- -Quello
Arianna lo farà più tardi. Aspettò la
notte e, piena di intraprendenza seppur
non di originalità, si travestì da serva e
raggiunse il giovane. Gli chiese chi
fosse e lui le rivelò di essere Teseo, figlio di Egeo,
sovrano di Atene. Non
sopportava più che i giovani del suo popolo fossero mandati
a morire per pagare
il tributo ad un re crudele, così si era infiltrato tra loro
per uccidere il Minotauro
o morire nell’impresa. La parte riguardo al “re
crudele” era vera: Arianna,
solo al sentire di un figlio di re pronto a rischiare la vita pur di
aiutare
quattordici sudditi ogni nove anni, lo ritenne il più nobile
e meritevole dei
sovrani. A suo padre un’idea del genere non sarebbe mai
balenata per la mente.-
- -Sì,
ma anche Teseo, va bene nobile e magnanimo, ma insomma, rivela missione
e
identità alla prima che passa? Ammetterai che è
una cosa stupida, cosa ne
sapeva che tu non saresti corsa a denunciarlo al sovrano?-
- Mi
strinsi nelle spalle.
- -Sorridevo
molto e i vestiti da serva erano parecchio aderenti al corpo-, ammisi.
–Una
donna non si presenta davanti all’uomo che le piace senza
badare al proprio
aspetto.-
- -E
si risale sulla nave degli stolti. Tutti a bordo, compagni!-
- -Tutti
salirono a bordo, Arianna per prima. Infatti rivelò allo
straniero, che le
aveva preso le mani tra le sue e la guardava negli occhi con quello
sguardo
pieno di fervore mentre le confidava i suoi propositi, di essere la
figlia del
re. Dopodiché lo supplicò di desistere
dall’impresa; non aveva dubbi sul suo
valore, certo avrebbe potuto uccidere il Minotauro, ma poi non sarebbe mai
riuscito
ad uscire dal labirinto.-
- -Fammi
indovinare: invece di dire “cazzo, sono fottuto”,
il nobile Teseo dal bicipite
guizzante avrà guardato Arianna con occhi neri come il
Tartaro, avrà detto una
frase tipo “non importa, se così ha deciso il Fato
così sarà, io non mi
sottrarrò a questo compito”, e a questo punto la
principessa dal bel sorriso si
scioglierà come cera e si concederà al muscoloso
eroe più volte e in varie
posizioni. Sbaglio?-
- Bene,
sarei dovuta arrossire, o indignarmi, o scoppiare in lacrime. Invece
risi, risi
fino ad aver male alla pancia. Lui si unì alla mia risata,
si fece versare
altro vino e portare una ciotola di olive.
- Finito
che ebbi di ridere ne presi una; avevo fame.
- -Sbagli
solo in una cosa: non fu più volte e in varie posizioni. Fu
una volta soltanto,
ed io non l’avevo mai fatto prima. Naturalmente
m’innamorai di lui;
naturalmente pensai che anche lui fosse innamorato di me, e tornata che
fui
nelle mie stanze mi chiesi come potevo aiutarlo nella sua impresa.
Dormire
neanche a parlarne, non ci sarei riuscita in nessun modo.-
- Lui,
siccome divoravo un’oliva dopo l’altra, si fece
portare anche del miele e delle
focacce. E si fece riempire di nuovo la coppa, naturalmente. Mi chiese
ancora
se volessi del vino, e ancora ne accettai un sorso. Nel frattempo era
calata la
notte, la musica non aveva cessato un attimo e le danze attorno a noi
diventavano sempre più sfrenate. Di male in peggio, pensai.
Per non pensarci
troppo continuai il racconto.
- -La
principessa dal bel sorriso, mi piace questo appellativo, ti
ringrazio!- Lui
sollevò la coppa. –La principessa dal bel sorriso
capì una cosa: non poteva far
nulla per il combattimento, quelle erano faccende da uomini e lei non
ne sapeva
granché. Doveva solo aver fiducia nel valore
dell’amato, e in quel momento ne
avrebbe avuta anche se Teseo avesse dovuto scontrarsi conto Ares in
persona. Ma
i labirinti, quelli sono faccende da donna. Tutti gli uomini prima o
poi ci si
perdono, ma le donne sono abili nel lasciare una traccia che gli
permetta di
uscirne; Arianna doveva solo fare in modo che Teseo ripercorresse a
ritroso la
stessa strada, e l’avrebbe riportato fuori da lì.
Lo sguardo le cadde sul fuso
e la risposta le parve semplicissima. Passò il resto della
notte a filare e
filare.-
- Lo
fissai, sorridendo. Lui aveva smesso di mangiare e mi guardava come un
bambino,
preso dal racconto. Intinsi nel miele un pezzo di focaccia.
- -Filare?
La principessa diede una tunichetta di morbida lana al suo amato bene
dall’addominale scolpito, affinché non prendesse
freddo nell’umido labirinto?-
- Mi
presi la soddisfazione di rivolgergli uno sguardo saputo, masticando la
mia
focaccia. Lui raccolse col dito una goccia di miele che era rimasta
nell’angolo
della mia bocca e se la portò alle labbra. Decisi di
attribuire l’ondata di
calore che mi aveva appena assalito al fatto che qualcuno aveva acceso
fuochi
scoppiettanti nella radura.
- -Vedi
che i labirinti sono faccende da donna, così come i fusi? Il
giorno dopo
Arianna si fece trovare, nascosta, alle porte del labirinto. Aveva
passato
tutta la notte a fabbricare un filo lunghissimo, che aveva avvolto in
un
gomitolo. Lo diede al suo amato, che la guardò perplesso.
“Svolgilo mano a mano
che procedi; quando avrai trovato il Minotauro e l’avrai
ucciso ti basterà
riavvolgerlo per ritrovare l’uscita, e la tua impresa
sarà compiuta”, gli disse.
Teseo baciò la principessa sulla bocca ed entrò
nel labirinto; trovò il Minotauro
e lo uccise, poi seguì il filo a ritroso fino a trovarsi di
nuovo davanti al
sorriso di Arianna.-
- -Ferma,
ferma, ferma! Così non va bene affatto:
“trovò il Minotauro e lo uccise”? E
dov’è il pathos? Dov’è il
sangue? Dovresti dire qualcosa tipo: con un orrendo
muggito il terribile mostro si scagliò contro Teseo,
caricandolo a capo chino.
Il nostro eroe però era tutto unto, così gli
bastò spostarsi di lato con un abile
guizzo per far sì che le corna affilate gli scivolassero
sulla pelle,
scalfendogliela appena. Con un leggiadro salto mortale, così
perfetto che gli
avrebbe sicuramente fatto vincere un premio ai Giochi, Teseo fu sul
collo del Minotauro.
Egli sgroppò selvaggiamente per scagliare a terra
l’avversario, ma l’eroe
mantenne la presa salda e gli crivellò le reni di colpi con
i calcagni. Ripreso
nella destra il pugnale che aveva tenuto tra i denti, il nostro glielo
conficcò
ripetutamente tra le scapole e tra gli occhi, con tutta la forza che il
suo braccio
muscoloso gli permetteva. Infine, tra orridi lamenti e grandi sprizzi
di sangue
scarlatto, al Minotauro si sciolsero le membra. Si accasciò
al suolo, e mentre
Teseo ancora e ancora si accaniva sul suo corpo, esalò la sua anima fra tremendi spasmi
d’agonia. I compagni dell’eroe
esplosero in un boato di
vittoria mentre Teseo, interamente ricoperto di sangue non suo,
tagliava le
corna del mostro per farne… qualsiasi cosa di abbastanza
esagerato si possa
fare con delle corna di toro, direi. Dopodiché, cantando
canzonacce
militaresche, il gruppo seguì a ritroso il gomitolo della
principessa; costei
quando vide il suo amato coperto di sangue impallidì, ma lui
la rassicurò
prendendola tra le braccia e possedendola lì davanti a
tutti, più volte e in
tutte le posizioni.-
- Avevo
fatto in tempo a finire tutta la focaccia e a bere un altro
po’ di vino, solo
un po’. Avevo sete e non c’era altro da bere.
- -“Trovò
il Minotauro e lo uccise” è più che
adeguato, ti assicuro. L’ha trovato
addormentato e l’ha ucciso nel sonno.-
- Lui,
che aveva appena preso la coppa e stava bevendo a grandi sorsate,
esplose in
uno scoppio incontrollato di risa spruzzando vino dappertutto.
Fortunatamente
riuscì a girare la testa in tempo per non sputarlo addosso a
me, però rischiò
di strozzarsi con quello che gli era andato di traverso, senza mai
riuscire a
calmare lo scoppio di risa. Aveva il volto paonazzo e gli scendevano le
lacrime. Non riuscii a rimanere seria.
- -Arianna,
Arianna-, ansimò tra gli ultimi scoppi di risa, -avevi
ragione tu: questa è la
tragedia più comica che abbia mai sentito! Il grande eroe,
l’uomo dal deltoide
possente, che uccide il mostro mentre è
addormentato… tanto valeva che ci
andassi tu, dentro al labirinto!-
- Quel
ragazzo mi aveva completamente smontato l’immagine di Teseo e
non eravamo
neanche ad un quarto della notte; tentai una blanda difesa del mio
amore, ma
ero vagamente consapevole che, se mai l’avessi rivisto,
probabilmente sarei
scoppiata a ridergli in faccia.
- -Ma
lui era pronto a combattere, poteva anche trovarlo sveglio…
l’ha trovato
addormentato, meglio così!-
- Lui
continuò a ridere. –Avrà maledetto il
fatto che c’erano altri tredici persone
con lui, scommetto che se fosse stato da solo avrebbe detto che i
minotauri in realtà
erano quattro e lui li aveva sconfitti da solo usando un nocciolo di
oliva e
tre fili di rame! Che figura ha fatto, uccidere un mostro addormentato!-
- -Ma
io ne fui così sollevata quando lo seppi! Anche
perché un po’ di sangue non suo
addosso ce l’aveva comunque, e mi ero spaventata.-
- -Bene,
quindi siamo al punto in cui il baldo Teseo esce dal labirinto e
possiede la
principessa…-
- -No,
non possiede la principessa davanti a tutti e nel modo che dici. Bacia
la
principessa e, probabilmente nell’euforia
dell’impresa, le manifesta eterna
gratitudine ma soprattutto eterno amore. A quel punto la principessa
è
innamorata e, ricorderai, ha tradito la sua patria e il re suo padre,
oltretutto concedendosi allo straniero; facendo leva su questi
argomenti,
sorridendo molto e lasciando scivolare accidentalmente la spallina
della
tunica, Arianna convince Teseo a portarla con lui ad Atene.-
- -E
qui, mi pare, arriviamo al punto dolente. Cos’hai combinato,
Arianna dal bel
sorriso, perché l’eroe dal polpaccio furente se la
desse a gambe? Ti sei messa
a fare le pulizie sulla nave? Gli hai detto che non ne potevi
più dei suoi
amici? Gli hai vietato di guardare i Giochi il giorno del vostro
anniversario?-
- Sospirai,
e decisi che un altro sorso di vino poteva essere d’uopo.
- -La
principessa passò su quella nave un paio di giorni e di
notti al colmo della
felicità. Prima che tu lo chieda sì, si concesse
a Teseo, il quale sembrava
gradire…-
- -In
tutte le posizioni? E, dimmi, il baldo eroe dalla natica di bronzo
mostrava un
membro adeguato ad una fama leggendaria, o era più una cosa
adeguata ad uno che
uccide mostri addormentati?-
- Non
capii perché invece di indispettirmi le sue balordaggini mi
provocavano
divertimento. Forse perché mi piaceva quel sorriso che non
abbandonava mai il
suo volto e quell’espressione maliziosa negli occhi scuri,
appena appannata
dal vino; forse dopo aver tradito tuo padre ed aver abbandonato la tua
patria,
Arianna, la tua turpitudine non ha più limiti, mi dissi.
- -Sono
inesperta in cose d’amore. Non so quante posizioni ci siano e
non so come sia
un membro adeguato ad un eroe-, tentai invano di tagliare corto.
- Lui
alzò le sopracciglia. –Beh, te lo dico io
com’è un membro adeguato ad un eroe,
così tu fai il paragone: guarda, adesso chiamo un mio amico,
ti assicuro che ha
il membro più grande mai…-
- -No!
No, non voglio vedere il suo membro, grazie!- gli bloccai il braccio
appena in
tempo, perché lui si era voltato e stava per fare un cenno
ad un uomo barbuto
che se ne stava in penombra tra la vegetazione ai margini della natura,
evidentemente ubriaco fradicio ed intento ad affondare il viso
nell’ampio seno
di una fanciulla molto più giovane di lui. Mi
sembrò per un attimo che avesse
zampe caprine, ma pensai fosse un inganno del vino e del baluginio
delle
fiamme.
- -D’accordo,
se cambi idea però dillo, basta fare un fischio. Questa
è la parte in cui
indulgi in particolari scabrosi? Perché secondo me uno
spettacolo non è
completo se non c’è un bel combattimento o una
bella scopata, e qui il
combattimento non c’è stato per colpa del
Minotauro che si è messo a dormire
sul più bello. Vuoi ancora del miele?-
- Intinse
il dito nel miele dorato e me lo appoggiò sfacciatamente
sulle labbra.
Altrettanto sfacciatamente (doveva essere stato tutto quel parlare di
membri e
cose d’amore) gli succhiai il dito. Lui mi rivolse un tale
sguardo che fui
costretta a chiudere gli occhi per un momento. Non di nuovo, mi dissi,
non è il
caso. Per lo meno questo ragazzo non sembrava particolarmente
muscoloso; decisi
che raccontare la parte relativa alla mia delusione d’amore
mi avrebbe
certamente calmato i bollori.
- -Facciamo
finta che ci sia stato il combattimento come l’hai descritto
tu, perché non
indulgerò in particolari scabrosi. La storia è
quasi finita: la nave giunse
sulle coste di quest’isola e Teseo, la principessa e alcuni
dei loro compagni
sbarcarono per rifornirsi d’acqua. La principessa si
addormentò accanto al suo
amore, ma quando la mattina dopo riaprì gli occhi si
ritrovò sola. Aspettò
quasi tutto il giorno di vedere tornare la nave, cosa che non accadde,
e allora
capì che il suo muscoloso eroe uccisore di mostri
addormentati l’aveva
abbandonata. Fine.-
- -Certo
che Teseo è uno che decisamente sa come approfittare del
sonno altrui-,
commentò. -Comunque non c’era il coro. Nei
personaggi l’hai elencato.-
- -Il
coro lo stanno facendo i tuoi amici-, dissi un po’ seccata.
Nella radura stava
succedendo di tutto, raramente avevo sentito una baraonda del genere in
uno
spazio così circoscritto. –Questa è la
mia storia, che ti ricordo essere una
tragedia, anche se fa ridere. Tutto quello che sai commentare
è che non ho
inserito il coro?-
- Lui
chinò il capo in un esagerato segno di scuse, e i pesanti
grappoli d’uva della
ghirlanda franarono in avanti perdendo acini che rotolarono in mezzo a
noi. Ne
recuperai uno particolarmente grosso e glielo lanciai, ma lui lo prese
al volo
e lo mangiò.
- -Chiedo
scusa, in effetti hai avuto proprio sfortuna, Arianna non
più di Creta; per
fortuna hai trovato me, che a curare queste cose sono più
bravo del centauro
Chirone. Per prima cosa, il farmaco!-
- Si
fece riempire la coppa da una ragazza ridente e poi, già che
c’era, si prese
tutto il cratere. -Così ti lascio ai tuoi giochini, bella
Dorothea-, le disse
allungandole una sfacciata pacca sulle natiche e facendola ridacchiare.
Poi mi
porse la coppa, sfidandomi a bere tutto d’un fiato.
- -Da
quando bere in modo smodato cura le delusioni d’amore?- gli
chiesi. Lui mi
fissò col volto genuinamente perplesso.
- -Ma
da sempre, Arianna, e sempre sarà così; hai detto
di non essere esperta in cose
d’amore, quindi fidati di me e svuota questa coppa. Se non
tutta, almeno in
buona parte!-
- Siccome
non ero convinta, lui riprovò con la mossa di intingere un
dito nella coppa e
bagnarmici le labbra. Questa volta mi limitai a scostare la testa,
leccarmi le
labbra e fare buon viso a cattivo gioco: presi quella coppa e tracannai
vino
fino a che non mi mancò il respiro.
- -Ecco,
brava, così!- Esclamò, per poi svuotare quel poco
che avevo lasciato.
- Per
gli dèi, che botta. Non ero abituata per niente, sentivo la
testa leggerissima.
–Anche tu cerchi di dimenticare una delusione
d’amore?- gli domandai.
- -Io?-
lui si mise a ridere. –No, io non ho mai avuto delusioni
d’amore… non
particolarmente grosse, almeno. Però è una cura
testata sulla maggior parte dei
miei fratelli, loro sì che ne hanno un sacco: una bella
sbornia e via, verso
nuove avventure!-
- Sorrisi
più di quanto avrei voluto fare, ma la mente sembrava
arrivare sempre qualche
istante dopo il corpo. –E basta una sola sbornia per
dimenticare?-
- -Dipende.
Per dimenticare un muscoloso uccisore di mostri addormentati dalle
pessime doti
recitative, direi che una basta e avanza.- In quel momento mi
sembrò un
discorso perfettamente logico. Quasi non ricordavo più il
volto di Teseo, lo
confondevo con i lineamenti del viso che avevo davanti agli occhi. Il
volto di
Teseo doveva essere molto più squadrato, pensai.
- -Va
bene. E invece per dimenticare che sono sola, sperduta su
un’isola, senza un
posto dove tornare e senza un modo per cavarmela cosa devo fare?-
- Lui
spalancò gli occhi, porgendomi di nuovo la coppa che aveva
provveduto a
riempire.
- -Ma
bere ancora, no? Al resto non serve pensarci adesso: ci penserai
domani.- Ha
senso, pensai, bevendo di nuovo. Mi venne voglia di mangiare qualcosa
di
fresco e adocchiai la sua ghirlanda; staccai un acino d’uva,
e nel farlo gli
sfiorai i capelli. Erano bellissimi, neri, morbidi e ricci. Trattenni
la mano
un po’ più del necessario, lui se ne accorse e di
nuovo mi riservò quello sguardo
che mi faceva infuocare il volto; mangiai velocemente il chicco,
cercando di
guardare da un’altra parte. Lui però ne
staccò un altro e me lo portò alle labbra,
per poi chinarsi verso di me e recuperarlo direttamente con la sua
stessa
bocca. Sapeva di vino, miele e uva, ma soprattutto vino.
- Quando
il pensiero “non baciare uno sconosciuto che ti ha appena
fatta ubriacare e
probabilmente ti coinvolgerà in una specie di rito
dionisiaco” riuscì a venire
a galla era già troppo tardi, e venne immediatamente
soppiantato da qualcosa
tipo “nessuno mi ha mai baciata in questo modo”,
che significava solamente che
lo sconosciuto baciava meglio di Teseo, dato che non avevo altri
termini di
paragone. In tutto ciò mi venne in mente di toccargli il
corpo per sentire se
era muscoloso e no, non lo era. Inaspettatamente la cosa mi fece
perdere quel
poco di ragione che mi era rimasta; gli afferrai la carne sui fianchi,
poi non
pensai più a niente.
- Insomma,
per usare la formula che gli piace tanto mi concessi a lui
lì e subito, davanti
a tutti, in varie posizioni. Comunque nessuno ci fece caso, tutti erano
presi
in divertimenti di varia natura, parecchi dei quali simili al nostro.
- Quando
la mia mente ricominciò a funzionare stavo riprendendo
fiato, e leccavo dal suo
viso del succo di chicchi d’uva che si erano schiacciati
durante i fatti. Lui
non mi aveva tolto la tunica, aveva trovato più comodo
lacerare un pezzo di stoffa
per guardarmi il seno, che a quanto pare gli era piaciuto parecchio,
dato che
non aveva mai smesso di toccarlo.
- -Un
sorriso e un seno bianco, la nave degli stolti è decisamente
il mio posto
preferito-, sospirò, continuando a giocherellare col mio
seno. Scoppiai a
ridere; mi sentivo euforica.
- -Guarda,
Arianna! Stanno ballando tutti, vieni, non possiamo mica fare la parte
degli
asociali!-
- Mi
accorsi che la musica si era fatta ancora più intensa e la
maggior parte delle
persone della radura stavano ballando, ubriache fradice, in una specie
di orgia
di gesti scomposti.
- -Ma
sono mezza nuda!- tentai di protestare. Lui si allungò verso
la coppa
abbandonata a terra, la riempì di nuovo e bevve, per poi
allungarla verso di
me.
- -Perché,
gli altri ti sembrano vestiti? E comunque sei di Creta, voi ci andate
in giro,
col seno nudo!- Non è proprio così, ma
effettivamente il vestiario dei
partecipanti alle danze andava dal misero all’assente,
così mi lasciai
afferrare la mano e tirare in piedi; mi girò tremendamente
la testa, ma lui mi
sorresse e, passato il capogiro, mi trascinò saltellando in
mezzo a quella
danza sfrenata.
- Muovermi,
saltare, ballare mi fece riprendere. Mi venne voglia di bere altro
vino,
ridevo, non m’importava di altro che non fosse la danza e la
musica. Poi ebbi
un brusco e improvviso cambiamento d’umore, repentino come un
fulmine.
- Ma
che sto facendo? Pensai. Sono appena stata presa in giro da un principe
ateniese e sto lasciando fare la stessa cosa ad un perfetto
sconosciuto? Non
sono dunque la più stolta delle donne?
- Mi
bloccai nel bel mezzo del ballo. Dovevo avere un’espressione
stravolta, perché
il perfetto sconosciuto con cui mi ero data alla pazza gioia fino
all’istante
prima smise di ridere e mi portò fuori dalle danze, sulla
pelle di pecora.
- -Che
c’è, Arianna? Stai male? Se devi vomitare ti
accompagno in un posto tranquillo…
ti tengo anche la fronte!-
- -Non
devo vomitare-, dissi. Mi inginocchiai sulla pelle di pecora,
recuperando
cratere e coppa; dovevo assolutamente bere qualcosa. Lui si accorse che
mi
tremavano le mani e impedì che rovesciassi buona parte del
vino.
- -Ma
stai piangendo? Perché stai piangendo? Non per
l’unto bastardo dai muscoli
d’oro, vero?-
- Stavo
piangendo, non me ne ero resa conto. Piangevo per me stessa, non per
l’uccisore
di mostri addormentati. Glielo dissi.
- -Ero
una principessa, figlia di un re non proprio eccelso ma insomma, ognuno
ha i
propri difetti… Non mi mancava niente, avrei avuto tutto
ciò di cui avevo
bisogno, invece sono corsa dietro al primo che mi ha sedotta e
abbandonata, e
guardami adesso!-
- -Ma
insomma-, disse lui accoccolandosi vicino a me, -magari poteva andarti
peggio…-
- Non
lo ascoltavo affatto, presa dal mio sfogo.
- -Cosa
credi, lo so quello che dicevano di me gli amici di Teseo, lo immagino,
mica
sono stupida!-
- Tirai
su col naso e ingollai un gran sorso di vino dalla coppa, asciugandomi
poi le labbra
col dorso della mano.
- -Dicevano
la stessa cosa che gli Argonauti, Teseo per primo, dissero a Giasone
quando si
portò via la crudele Medea: non fidarti di una che ha
tradito suo padre,
tradirà anche te. Ma pensavo che lui sapesse distinguere tra
me e una che ha
suggerito di fare a pezzi il proprio fratello pur di rallentare il
padre che la
inseguiva, insomma, se non ci fossi stata io sarebbe ancora
lì a girare dentro
a quel labirinto!-
- Ormai
singhiozzavo senza ritegno, e più pensavo che oltre alla
casa ed alla famiglia
avevo perso anche la dignità, piangendo come una stupida tra
le braccia di uno
sconosciuto, più mi veniva da singhiozzare.
- -Arianna,
Arianna, non ci pensare, il passato non cambia, goditi il presente,
goditi la
vita-, mi canterellava lui. Intanto mi reggeva la coppa, mi faceva bere
piccoli
sorsi di vino, staccava chicchi d’uva dai grappoli che aveva
sulla testa e me
li metteva in bocca. Ogni tanto leccava le mie lacrime e mi baciava in
volto.
- Le
sue attenzioni mi fecero piacere, e poi ero ubriaca come un satiro (non
è vero.
C’erano satiri molto meno ubriachi di me, è che io
non ero abituata). Gli
circondai il collo con le braccia, affondai le mani tra i suoi riccioli
scomposti; adoravo quei riccioli. Per farla breve mi offrii di nuovo a
lui, con
la sfacciataggine di una prostituta.
- Dopo
mi sentii un po’ meglio, e non so come mai, dato che non
avevo certo dato prova
di virtù. Forse perché pensavo che non potessi
finire più in basso di così,
quindi tanto valeva trarre il massimo giovamento dalla situazione.
- -Allora,
hai ancora voglia di piangere? Preferisco quando ti dai alle tragedie
comiche,
Arianna non più di Creta ma di Nasso.-
- Si
era steso sulla schiena, spiluccava i pochi chicchi d’uva
ancora intatti. Mi
piaceva guardare il suo corpo nudo, e mi piaceva guardare il suo
sorriso. Era
contagioso.
- -Non
credo di avere ancora voglia di piangere. Ma so di non avere voglia di
dormire.-
- Avevo
paura che arrivasse domani. Domani avrei dovuto pensare a cosa ne
sarebbe stato
di me, e le premesse non erano per niente incoraggianti.
- -Allora
non dormiremo. Devo dirti una cosa, e non fare la finta pudica come
fate sempre
voi donne, che non ci crede nessuno: non sarai esperta nelle cose
d’amore, ma
impari proprio bene.-
- –Ho
un bravo insegnate-. Gli indirizzai un sorriso malizioso.
–Migliore del
precedente-.
- Rise
di gusto. –Questa sì che è una frase
che spedisce un uomo di filato sulla nave
degli stolti!- esclamò.
- -E
io dove altro sono, secondo te? Mi sono appena concessa a te
più volte e in
tutte le posizioni malgrado la tua assenza di muscoli oliati!-
- -In
tutte le posizioni? Quelle che abbiamo fatto non sono neanche
lontanamente
tutte, Arianna.-
- -Ah,
no? Bene, allora potresti insegnarmene un’altra-, lo provocai
sfacciata. E al
resto penserò domani, mi dissi.
- Lui
mi tirò a sé, gli occhi appannati dal vino e dal desiderio.
–Mettiti sopra di
me, Arianna dal bel sorriso, e togliti quello che resta della tunica.
Questa
posizione è più bella se posso vederti nuda.-
- A
svegliarmi non fu l’aurora dalle rosee dita, ma un
mezzogiorno di fuoco.
- Mi
sembrava di avere l’intera fucina di Efesto dentro la testa,
o una dea già
armata e pronta a combattere; il piacevole indolenzimento del corpo
dopo una
notte d’amore era coperto dallo spiacevole malessere del
corpo dopo una notte
di bagordi. Attorno a me, nella radura, parecchi dormivano ancora, ma
altri si
erano svegliati e chiacchieravano, come se niente fosse, della notte
appena
trascorsa. C’era perfino una giovinetta, forse la bella
Dorothea, che aveva
ricominciato a fare l’amore con un uomo che non vedevo bene,
perché lui era
sdraiato e lei gli era sopra. Ma come fa, mi chiesi.
- Io
avevo paura perfino a girare il capo per guardare alla luce del sole il
volto
dell’uomo con il quale avevo appena trascorso la notte. Un
po’ perché la sola
idea di muovere la testa mi faceva venire la nausea, un po’
perché avevo paura
che le saette impietose di Apollo mi avrebbero rivelato un volto che la
scura
notte e il vino avevano pietosamente mascherato in qualcosa di molto
più
gradevole di quanto fosse in realtà. Andiamo, Arianna,
peggio di così, mi
dissi.
- Voltai
la testa con cautela, e tirai un sospiro di sollievo.
- Lui
era ancora addormentato, un braccio a coprirgli gli occhi dalla luce.
C’era
tutto quello che ricordavo: i morbidi riccioli neri, la bocca
sorridente.
Certo, la corona di acini d’uva era completamente andata e
tutto il succo dei
chicchi che non avevo leccato io gli si era appiccicato in volto,
inoltre
odorava ancora di vino, ma trovai la cosa carina.
- Molto
bene, Arianna, fai il punto, riflettei. Sei stata appena abbandonata
dal tuo
unico amore per cui hai tradito tuo padre e la tua patria, hai
incontrato uno
sconosciuto che ti ha trascinata in un baccanale e tu gli hai aperto il
cuore e
le gambe. “L’astuta Arianna”, ti
chiamavano i compagni di Teseo? La cosa era
talmente tanto comica che risi per davvero.
- Accanto
a me lui mugolò qualcosa. Poi aprì gli occhi e mi
guardò fissa; neanche gli
occhi ricordavo male, pensai con un brivido di piacere.
- -Ricordami
di dire a Febo che è uno stronzo-, esordì
strizzando le palpebre alla luce.
–Dovremmo metterci all’ombra; che dici, Arianna di
Nasso, ce la facciamo a
trascinarci sui gomiti fin sotto a quell’albero
laggiù?-
- In
verità lui non mi sembrava uscito tanto male dalla nottata.
Non aveva nemmeno
un po’ di occhiaie e mostrava la vivacità di uno
che sotto l’albero ci sarebbe
potuto arrivare anche piroettando sui tori.
- -Tu
vai,- sospirai, -Io starò qui a spiare la tua impresa. Mi
raccomando, se arrivi
sano e salvo issa le vele bianche-, gli dissi. Tempo dopo seppi che
invece
Teseo non le aveva issate e a farne le spese era stato il suo povero
padre, che
credendolo morto si era gettato nel mare. Se n’era
dimenticato; io gliel’avrei
ricordato, se mi avesse tenuta al suo fianco.
- Lui
scoppiò a ridere di gusto; anche la risata era come la
ricordavo, ricca e
contagiosa. Deve esserci la fregatura, pensai.
- -Dovrai
farci l’abitudine, dato che starai con me; vedrai che presto
una notte come
questa non la sentirai neppure!-
- Come
per rimarcare il concetto balzò in piedi stiracchiandosi,
per poi dirigersi a
lunghi passi dietro ad un cespuglio, fresco come una rosa. Lo udii
urlare a
qualcuno di portargli una focaccia, che stava morendo di fame. Ah, e
anche
delle olive. E del formaggio di capra, grazie.
- C’era
un pensiero che cercava di farsi ascoltare, tra un colpo e
l’altro del martello
di Efesto. Nel tempo che il mio compagno di bagordi impiegò
a tornare da me
l’avevo afferrato.
- -Starò
con te?- chiesi, tra il scettico e l’incredulo. Lui si
chinò e, incurante del
mio aspetto orribile e del mio alito di vino, mi baciò sulla
bocca. Poi mi
prese in braccio.
- -Ma
certo. Dove vorresti andare, scusa?-
- In
effetti non avevo alcun posto dove andare. In effetti non avrei saputo
proprio
cosa fare. In effetti, considerazione futile ma dal peso non
indifferente,
avevo passato la notte più bella della mia vita; alla luce
soffocante del sole
perfino i momenti di pianto dirotto mi sembravano impagabili.
- In
una sola notte avevo riso, pianto, bevuto e amato più di
quanto avessi fatto
nella mia intera esistenza.
- Opposi
un minimo baluardo di razionalità, un’ultima cosa
che mi sembrava così ridicola
e insignificante, a questo punto.
- -Ma
non so neanche come ti chiami!-
- -Oh,
è vero, non te l’ho detto!- esclamò.
- –E
io devo aver dimenticato di chiedertelo-, farfugliai, un po’
imbarazzata.
- Lui
mi guardò, poi scoppiò a ridere rovesciando la
testa all’indietro. –Allora preparati,
perché questa è divertente: Arianna, io sono
Dioniso!-
La locuzione “piantato in asso” deriva proprio da “piantato in Nasso”, in riferimento alla vicenda di Teseo e Arianna.
In verità Minosse non fu affatto un re crudele, anzi, pare fosse un re giusto e saggio. Sono i miti greci che lo disegnano così!
Teseo, poverello, non era così sfigato come lo fa passare Dioniso (che stava soltanto demolendo l’avversario), inoltre ci sono anche versioni del mito in cui il Minotauro non è addormentato e quindi c’è il combattimento splatter, e versioni in cui Arianna lo fornisce pure di pugnale avvelenato, oltre che del famoso filo. In ogni caso Teseo, Minotauro addormentato o meno, è un eroe che ha un curriculum di tutto rispetto.
L’amico di Dioniso dal membro enorme e le zampe caprine è Sileno.
“Arianna dal bel sorriso” è un appellativo che le ho dato io. Ho sempre pensato che ad uno come Dioniso potesse piacere una ragazza con un bel sorriso!