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Autore: lmutpimi    07/01/2006    5 recensioni
La storia di un bracciale d'oro bianco.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ciao, Dario. Che cosa stai facendo?
-Eh?
Alzai gli occhi verso la figura che m'aveva parlato.
Era una ragazza bionda, anzi, non bionda; biondo oro. I suoi capelli scendevano a lunghe ciocche ondulate, gli occhi azzurri brillavano dalla pelle rosata.
-Chi sei? - le chiesi.
Ancora non avevo avuto il tempo di stupirmi della sua bellezza quasi eterea, perché ero incantato dal suo lungo vestito bianco. Aveva spalline sottili ed arrivava, svolazzando, al ginocchio, tra mille morbide pieghe.
E' un tipo di bellezza che riconosci e che ti lascia basito, è un tipo di bellezza che ammiri, ma che non desideri sin da subito.
-Io mi chiamo Luce, piacere.
-Bel nome - commentai. Lo pensavo davvero, al di là del fatto che le si addiceva molto.
-Grazie - sorrise gentile.
Il suo non era un sorriso distante, né un sorriso affettuoso: era un sorriso simpatico, il sorriso di qualcuno che si sente a suo agio con te.
-Allora? - riprese - cosa stai combinando?
-Niente, stavo dormendo fino a poco fa - risposi - poi mi sono alzato e sono venuto a fare un giro qui, al parco.
-Capito - annuì lei - Hai visto che è deserto?
-Sì, ho visto - constatai, grattandomi il mento - E il verde è strano.
-Sì? - mi incoraggiò lei.
-Sì, non è il verde dell'erba, è verde pino. Un verde più buono.
-Anche il cielo è strano - soggiunse lei, partecipe.
-Sì, è vero. E' bianchissimo.
-A te piace?
Sembrava avesse una serie di domande pronte da sottopormi, in fila.
-Sì, adoro il cielo bianco.
-L'immaginavo - mi rispose, con un sorriso un po' enigmatico.
Ma non enigmatico in quel modo che t'innervosisce. Semplicemente, lei lo sapeva e io no, ed era giusto così.
-Ti va di tornare a casa? - mi domandò, con reale interesse nel viso.
-Sì, d'accordo, andiamo.

Mi riaccompagnò a casa, dove c'era mia moglie ad aspettarmi.
Era in cucina che metteva i piatti nella lavastoviglie, china su di loro con espressione seria, nonostante i suoi occhi tradissero il vuoto.
-Mara? - la chiamai.
Lei si voltò e mi sorrise.
-Uffa, Mara - la rimproverai - la devi smettere di sorridermi sempre.
Il suo sorriso cadde improvvisamente in una smorfia di tristezza e di rabbia, in un attimo così veloce da rendere mostruosa la trasformazione.
Mi spaventai a morte; mi sembrava di trovarmi al cospetto di un'assassina, che tutt'a un tratto avrebbe potuto anche accoltellarmi.
-Andiamo - sbottai; afferrai sbrigativamente Luce per un braccio e uscii guardandomi alle spalle, per timore che ci stesse seguendo.
Ma Mara era tornata a mettere i piatti nella lavastoviglie, chinata con la sua espressione seria e gli occhi vuoti.

-Tua moglie non ti piace, Dario? - mi domandò Luce, rallentando il passo.
La sua calma mi fece pensare che non c'era nulla da temere. Mara era in casa, non al parco; e c'era Luce.
Non era successo niente.
-Sì che mi piace mia moglie - replicai sinceramente.
-Quanto?
-Uno ti piace o non ti piace - osservai - non si dà una quantità a queste cose.
-Questo discorso - disse lentamente lei, scrollandosi i capelli, per non dirlo in modo troppo secco - vale solo per l'amore.
-Eh? - finsi di non capire.
Per fortuna, Luce era paziente e non se la prese. Così, senza dolcezza né freddezza, domandò:
-Tu ami Mara?
Grato per sua correttezza e la sua pazienza, non girai attorno alla questione.
-Non lo so, Luce.
-Lei lo sa questo?
-Sì, lo sa.
-E' triste?
-Sì che è triste, non vedi? - mi salì un nervoso improvviso, infantile e ingiustificato - Mi sento sempre in colpa.

Mi risvegliai di colpo nel mio letto.
-Mara? - gridai d'istinto; fu quando salì le scale che mi prese una gran paura.
-Ehi! Cosa c'è? - domandò lei, correndomi vicino e inginocchiandosi, infine, di fianco a me.
La guardai in faccia; era preoccupata. Controllò attorno a me cosa potesse avermi spaventato, accarezzandomi i capelli. I suoi riccioli ramati rimbalzavano nell'aria davanti al suo volto.
-Un brutto sogno?
-No - dissi come se fosse stato ovvio - niente, scusa.. ora dormo un altro po', sono stanco...
-Ok - mormorò lei; poi mi sorrise, mi baciò la fronte e mi carezzò una guancia. Nel farlo stava già alzandosi.

Al parco non era sorto nemmeno un raggio di sole.
Non c'era nemmeno Luce, anche se il cielo e il verde erano rimasti tali.
Il parco deserto mi spaventò, ma non osai cercare Luce. Con ogni evidenza non c'era bisogno che la vedessi, e mi andò bene così.
Chissà se Mara era in cucina o mi cercava da qualche parte.
Mi sarebbe spiaciuto che mi cercasse sola in quel parco senza buio e senza luce, lei che mi aveva cercato anche nelle più profonde tenebre.
Piansi un po' per Mara, perché lei cercava me, ma io non stavo cercando lei.

-Dario?
Era Luce, con il suo sorriso e il suo vestito bianco.
-Ciao - dissi, senza particolare entusiasmo.
-Piangi? - constatò; era dispiaciuta, ma come può esserlo una bimba perplessa.
Il fiume lungo il quale sorgeva il parco era limpido e silenzioso.
Non le risposi nemmeno; io avrei dovuto cercare Mara, oppure andare da lei a catturare la vita nei suoi occhi.
Non piango rumorosamente. Le lacrime scendono, per chi vuole raccoglierle.
Per chi riesce.
-Ho un regalo per te! - mi disse Luce, allegra - Guarda!
Mi mostrò un bracciale; una piastrina portava inciso il suo nome.
-Per me...? - mormorai.
-Sì, per te! - esclamò gioiosa - Dai, mettilo!
-Aspetta - chiesi io - di cos'è fatto?
-Ovviamente, è d'oro bianco - rispose sorridente.
-Perché se fosse stato d'argento...
-No - scosse la testa decisa - non sono così disattenta; se voglio regalarti un oggetto che sia un ricordo di me, non dev'essere fatto di qualcosa che si logora alla prima goccia d'acqua.
Tacqui.
-O che tu debba togliere ogni volta che rischia di rovinarsi.

Sentii l'eco di un lamento disperato espandersi nell'aria da casa mia, uno di quelli che sembrano urla.
Sentii nella mia testa il rumore di bicchieri rotti. Poi, il pianto di Mara, a piccoli singhiozzi di bimba.

-Luce - piagnucolai. Ero spaventato a morte dal pianto di Mara, casa mia è vicina al parco. Non volevo vederla.
-Luce - ripeté lei, con aria convinta.

-Maraa... - ripetei di nuovo - Mara...
-Sono qui! - esclamò lei - Dario, che succede? Stai facendo incubi? Vuoi una camomilla?..
-Nooo... - biascicai, cercando di afferrarle una manica; il sonno mi appannava la vista. Eppure era solo un sonnellino pomeridiano.
-Dario - mi chiamò lei, scuotendomi un po' e mettendomi la sua manica in mano - svegliati. Svegliati.
La sua voce mi ricondusse per mano alla veglia completa.

Era preoccupata per me.

Per me, che non mi preoccupavo di lei.
-Uh.. - mi lamentai, quasi piangente - Luce...
-Vuoi che accenda la luce...?
-Nooo!..
Lei mi guardò per un momento, stranita; poi decretò:
-Posso sapere cosa c'è?
-Niente... - bofonchiai.
-Vuoi che stia un po' qui?
-No, no... vai pure...
Non è che non la volessi, Mara. E' che se prima stavo bene lo stesso senza, ora stavo bene quando c'era Luce.
Perché Luce non aveva mai pianto per me, ed era capace di farsi ricordare.
Una capace di farsi ricordare, non mi avrebbe fatto piangere per le urla dalla casa dagli occhi vuoti.

Corsi al parco, trafelato.
-Ciao - disse Luce, girandosi verso di me. Il suo sorriso, i suoi capelli, perfino il suo abito, luccicavano.
Era così bella e luminosa.
-Luce - dissi - non avrò bisogno di ricordarti, perché sarai tu al mio fianco, adesso.
-E Mara? - chiese lei, senza scomporsi.
-E Mara - iniziai; poi iniziai a piangere senza singhiozzi, avevo soltanto quel nodo in gola, che però non era d'oro bianco, e con qualcuna delle mie gocce sarebbe sparito.
Tirai su col naso.
-Lei non sa trattenermi.
Non disse nulla.
-A te, invece, penso sempre.
Annuì e mi prese per mano. Era seria, ma d'una serietà benevola, di quando un desiderio va in porto e lo si sta incanalando nella sua direzione.
-Facciamo una passeggiata? - propose.
-Sì! - esclamai rincuorato; allora ci prendemmo per mano e volammo sfiorando i fiori con le punte dei piedi, fluttuando e nuotando nell'aria sopra il fiume, toccando ali d'uccelli e trapassando muri; camminammo tra le stelle accecanti d'un cielo bianco e ci sedemmo a intrecciare gigli su erba color pino, finché non dimenticai.


(Nda: questa, nel caso non fosse chiara, è la storia di un uomo che, incapace di sopportare i sensi di colpa verso una moglie che non ama quanto lei ama lui, scappa nei sogni con una ragazza che lì abitava. Spero di aver reso l'atmosfera almeno un po' onirica ^^.)

  
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