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Autore: Clare de Lune    08/01/2006    9 recensioni
Avete mai avuto un sogno fantastico che desideravate realizzare ad ogni costo, un desiderio che si annidava nel vostro animo e che anche se poteva sembrare irrealizzabile restava nella vostra fantasia come la più grande delle aspirazioni. Se è così avete scelto la storia giusta: perché questa miei signori e signore lettrici è il racconto di come i sogni impossibili si realizzano, di come la fortuna e il destino ti sfiorino e ti concedano la possibilità di cambiare il corso stesso della tua vita. Di come le opportunità si debbano prendere al balzo senza esitazioni, perché non ti capiterà mai più di poter rendere reale un sogno. Protagoniste della storia due ragazze che potrete definire le più grandi cullone sulla faccia di questo universo.////
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Daniel Radcliffe, Emma Watson, Tom Felton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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1- Inizio con botto.

 

Milano  

 

Una ragazza dai lunghi capelli neri se ne stava seduta a sfogliare svogliatamente un grosso libro di prosa inglese mentre scriveva su un altro foglio le informazioni che le servivano per la lunga tesina che doveva fare per il corso di letteratura internazionale che stava seguendo. Di tanto in tanto spostava la sua attenzione dalle tedianti pagine del libro concedendosi qualche fugace sguardo al panorama fuori dalla finestra che le mostrava solamente la buia facciata di un palazzo che stavano ristrutturando. Così trascorreva il pomeriggio leggendo citazioni di grandi autori britannici che con la loro erudizione avevano plasmato il modo di leggere e scrivere del mondo intero, leggendo di come le loro vite a volte travagliate abbiano influenzato le loro geniali menti e abbiano contribuito alla creazione di romanzi avvincenti e pieni di messaggi utili per l’umanità intera. Alle cinque in punto chiuse i libri e i quaderni con gli appunti buttandoli da una parte in modo disordinato, alzandosi poi dalla sedia della scrivania e raggiungendo calma la poltrona del salone dove si stravaccò per guardarsi un pochino di televisione. Doveva aspettare che quella ritardataria di sua cugina finisse quel cavolo di lavoro part-time e andare finalmente insieme a farsi il giro di spese che avevano organizzato: ovvero una grande spesa per rimpinguare le scarse scorte di cibo della casa. Erano sempre molto impegnate tra corsi universitari, studio, lavori part-time e amici che avvolte si dimenticavano entrambe di fare la spesa quindi una settimana su due si ritrovavano con le dispense della cucina vuote e per tanto dovevo uscire insieme per andare al supermercato. E quel mercoledì d’autunno erano completamente a secco di vivande tanto che da tre giorni o mangiavano pizza oppure cibo cinese o indiano, e di questa dieta malsana i loro stomaci ricavavano un brutto effetto. Per quanto vivessero insieme da più di un anno avevano una organizzazione della casa che rasentava l’assurdo anche se per loro aveva una logica schiacciante.

La ragazza dai lunghi capelli neri e dai leggeri tratti orientali non troppo accentuati aveva diciannove anni e frequentava il primo anno di letteratura antica e moderna di una prestigiosa università milanese mentre la sua cara cugina meticcia( suo padre era un puro italiano emiliano) aveva la sua stessa età e studiava al corso di lingue internazionale con specializzazione in francese, inglese e tedesco all’università internazionale di lingue di  Milano.

Il nome della ragazza era Isabel Livine mentre la sua coinquilina si chiamava Ivylen(si pronuncia Aivilin ma tutti in famiglia la chiamavano con il diminutivo scelto da lei stessa: Ivy pronunciato Aivi) Lucrezi, vivevano insieme a Milano in uno spazioso appartamento poco lontano dal centro della città, trasferitasi la prima da Modena  per esigenze di studio venne raggiunta dalla seconda appena questa ricevette la maturità. Entrambe andavano molto d’accordo e prima di essere cugine con legami di sangue quelle due si sentivano amiche del cuore, infatti fin dal loro primo incontro all’età di quattro anni si era stretta tra di loro una complicità tale che le scambiavano davvero per sorelle per quanto non si assomigliassero nemmeno per una virgola spuntata.

Isabel aveva intenzione di laurearsi in letteratura al più presto possibile per cominciare in qualche modo la sua desiderata strada verso la scrittura mentre Ivy voleva laurearsi nel settore delle comunicazioni internazionali ovvero diventare una di quelle traduttrici per professione che si occupavano degli scambi di affari tra persone che non parlando bene l’inglese avevano bisogno di una come lei. Comunque sia finalmente dopo altri cinque minuti di attesa la porta dell’appartamento si aprì facendo entrare una travisata ragazza che cercava di sistemarsi i capelli marroni disordinati dal vento.

“Ti sei dimenticata di nuovo il casco” le fece notare ironica Isabel che chiudeva la televisione e si metteva il cappotto mentre sua cugina le lanciava uno sguardo poco simpatico dicendo “Ah, ah, ah divertente Isy”

“Almeno spero che nessun vigile ti abbia visto e non chiamarmi Isy che sembra il nome di un asino! ” disse ancora lei prima ridacchiando e poi rimproverandola . Ivy appoggiò il suo zaino da una parte mentre guardandosi davanti allo specchio dell’entrata si dava un pochino di ordine “Ma dai Isy è carino e poi se sono tornata a casa vuol dire che i vigili non mi hanno beccato no? E poi non preoccuparti la prossima volta non me lo dimenticherò!!” rispose finendo di sistemarsi ed uscendo con l’amica fuori dalla casa.

“Ivy tu dici sempre che non te lo dimenticherai più ma non è mai così!” le fece notare la ragazza mentre scendevano dall’ascensore e si dirigevano verso la macchina di lei: una pegeot blu molto facile da manovrare. Ivy le fece una linguaccia arrivati davanti all’auto le disse “Lasciamela guidare ti prego!” implorò lei con occhini da cerbiatto ferito, Isabel rimase un secondo a fissarla con le mani incrociata ai fianchi rispondendo un secco “No”

“Perché?!” domandò sempre implorante l’altra ragazza “Perché se ti lascio guidare chi mi assicura che non ridurrai la mia piccolina in un ammasso di rottami come la tua machina, che ti ricordo si trova dal meccanico con le gomme forate e il cofano demolito?” Ivy borbottò qualcosa che doveva rassomigliare ad un “Pignola” ma però non si arrese dicendo “Daiii! In fondo quell’incidente non l’ho commesso io. Ti assicuro che non accadrà nulla voglio solo non dimenticare come si guida una macchina…per favore sister!!” la supplicò ancora, le mani giunte come in preghiera sulla testa. Rimasero in silenzio per alcuni minuti fino a quando Isabel schioccando le lingua le lanciava in testa le chiavi della macchina che caddero a terra “Va bene ma però mi offri un caffé quando finiremo la spesa” le disse lei andando dalla parte del passeggero. Ivy emise un urlò di giubileo ballando una hola solitaria prima di raccattare la chiave e aprire l’auto dicendo “Certo ti offrirò un caffé e anche una fetta di torta se vorrai. Evviva! Evviva! Si guida, si guida!” canticchiò euforica mentre si allacciava la cintura e accendeva il motore. Isabel si fece il segno della croce chiudendo gli occhi e pregando con tutto il cuore che non investissero nessuno durante il tragitto. La sua preghiera funzionò visto che per l’andata non uccisero nessuno anche se Ivy guidava come se fosse su una Ferrari, finendo a volte per far un rumore terribile per il solo rombare, come ad una gara. Infatti per questo al ritorno dal supermercato Isabel le ordinò categoricamente di non fare come Shumacher.

Ivy sbuffando contrariata dovette ubbidire e durante il ritorno andò più piano anche se per quanto uno sia attento gli incidenti capitino comunque, però c’è da dire che con una quasi tragedia si possono fare degli incontri interessanti che danno inizio ad una serie di eventi inverosimili. E tutto che quello che accadrà a queste due normali cugine dai grandi sogni inizierà con il più strano degli incontri fatto nel più strambo dei modi.

Stavano tranquillamente parlottando tra di loro in macchina mentre all’improvviso Isabel spostò lo sguardo verso il panorama esterno notando per la prima volta un cartellone pubblicitario di un film che osannavano entrambe da una vita e che con questa puntata avrebbe finito completamente la serie “Cavoli quel cartellone di Harry Potter e la fortezza delle ombre( titolo immaginato da me ma che non è per niente quello che la Row ha messo al settimo libro, mi serviva solo un modo per chiamarlo non confondete NdA)  è magnifico, più di come lo vedevo in Internet!” commentò allegra lei facendosi spuntare un sorriso beota in faccia: se c’era qualcosa che le faceva venire il buon umore era vedere il bellissimo volto di Daniel Radcliffe sul manifesto di uno dei suoi film, nonché uno dei suoi libri, preferiti di sempre. Era una fan scatenata che non ci vedeva dalla felicità per la eminente uscita dell’ultima puntata.

“Già e devo dirti che il fatto che in questo film si veda di più Tom Felton mi rende a dir poco entusiasta. Appena esce lo andiamo a vedere ok?” disse Ivy eccitata nel poter rivedere sul grande schermo quel grande figo del suo attore preferito. Le due erano delle fissate fan di questi due attori e fan di Harry Potter quindi il fatto che si unissero insieme in una fusione simile le rendeva a dir poco euforiche!

“Non c’è neanche il bisogno di chiederlo, se necessario dormiremo anche davanti al cinema per procurarci i posti migliori!” confermò l’altra ragazza sempre sorridendo allegra.

“Sai ho letto da qualche parte su un sito che in questi giorni gli attori sono a Milano per fare da ospiti in alcuni programmi televisivi come Trl, che ne dici andiamo davanti a piazza grande a vedere se riusciamo a vederli anche di sfuggita?” continuò Isabel che proseguiva a pensare al film.

“Uhm…si va bene tanto io gli esami gli ho già dati quindi sono libera!” rispose Ivy che frenò davanti al rosso di un semaforo, stranamente erano l’unica macchina per strada lungo la loro corsia ed era stranissimo per il traffico di Milano. Però nessuna delle due si interessava più di tanto, anzi era meglio visto che nessuno suonava il clacson per farsi strada. Appena si fece verde Ivy premette lievemente sull’acceleratore ma appena qualche metro e dal nulla sbucò la sagoma di una persona che correva lungo le strisce pedonali, le due ragazze emisero un urlò non potendo evitare lo scontro che per la fortuna del pedone non fu troppo violento. Il ragazzo investito cadde solo al suolo davanti alla macchina, non era stato sbalzato per grazia divina ma sembrava che si fosse fatto un pochino male. Ivy si slacciò subito le cinture e corse in aiuto del ragazzo dicendo istericamente “Oddio, oddio, oddio cosa ho fatto?!” Isabel più sotto schioc della cugina ci mise di più per tornare con mente lucida alla realtà però appena ci riuscì scese dalla macchina con le mani sui capelli preoccupata per l’investito.

Il ragazzo fortunatamente non sembrava ne morto ne gravemente ferito, semmai leggermente colpito e sorpreso di essere stato quasi investito: si teneva una mano sullo stomaco che bruciava un pochino mentre l’altra mano era sulla faccia sbiancata per lo spavento ricevuto prima. Si sentiva un pochino in trance come se stesse realmente pensando di star sognando quando le mani tremanti di una ragazza gli sentivano il polso e la sua voce piena di ansia gli chiedeva qualcosa in una lingua che non conosceva “Sorry but I don’t speak Italian very well” spiegò lui un pochino intontito. Ivy sbuffò, ci mancava solo che investisse un’ inglese creando un caso diplomatico, già vedeva i titoli sui giornali: Ragazza emiliana che investe un povero turista inglese, sarà giudicata dalla corte inglese a Londra!

Il ragazzo portava un lungo cappotto nero dall’aria costosa mentre al collo indossava una sciarpa grigio perla e alla testa un cappello con l’icona della squadra di beasball di New York. Ivy non riusciva bene a vederlo in faccia ma notò con stupore di essere fissata da due perplessi  occhi azzurri molto chiari e seppur la situazione non era adatta per esserne colpita, molti belli e limpidi. Magnetici, tanto che per alcuni secondi la sua gola si seccò non riuscendo a proferire parola: perché gli ricordavano qualcuno?!

Dal cappello sfuggiva alcune ciocche di capelli biondi chiari ma non troppo che lo rendevano ancora più famigliare. Ma dove cavolo l’aveva visto prima di allora?! Non è che l’aveva già investito una volta? No: si disse Ivy, perché se avesse investito un tale gnocco se lo sarebbe ricordata di sicuro. Perché il ragazzo era davvero un figo da paura.

Mentre Ivy perdeva momentaneamente la parola, Isabel si scusava con il biondo aiutandolo ad alzarsi dall’asfalto parlando in inglese corretto e veloce “Ci scusi immensamente ma cavolo è sbucato all’improvviso che poteva fare attenzione e poi se non lo sa il semaforo rosso indica che non deve muoversi!” si scusò lei dando metà della colpa a lui. Il ragazzo la fissò un attimo dicendo poi “Ha ragione ma credevo di poter raggiungere l’altra parte senza essere investito e poi potevate guardare no?” con gli occhi azzurri un pocchino irritati da quella mora orientale.

Isabel stava per ribattere a quel bell’imbusto quando Ivy emise un urletto eccitato “Ma cos’hai adesso?” chiese stizzita la cugina incrociando le mani al petto. Ivy provò ad aprire la bocca ma era troppo sbigottita dalla felicita della sua scoperta per dire qualcosa, semplicemente per alcuni secondi inspirò aria e poi con voce sicura disse rivolta al ragazzo investito “ Non ascolti mia cugina per farci perdonare possiamo fare nulla per lei?” domandò con cordialità mentre le sue dita si agitavano nervose. Il biondo alzò un cipiglio curioso per la reazione della ragazza ma poi si guardò l’orologio: era decisamente in ritardo!

“Ehm…mi potreste riaccompagnare all’albergo Ritz?…sono in ritardo per un appuntamento e non posso mancare!” rispose lui fissandole con uno sguardo di supplica. Isabel voleva quasi mandarlo a quel paese quando intercettando gli strani movimenti di assenso della testa di Ivy e mossa da una sensazione di pietà e colpa rispose “Ok” indicandogli l’auto. Il ragazzo ringraziò stringendo la mano di entrambe salendo poi sulla pegeot.

Ivy sfoggiava ora un sorriso radioso, alzando gli occhi al cielo e mormorando a fior labbra un “Grazie signore mio Dio! Ora so che esisti!”.

Isabel le scoccò uno sguardo di bieca impazienza domandando, dopo essere ripartite in macchina “Ma che cavolo ti succede!”

“Te lo spiego a casa!” rispose soltanto osservando nello specchietto retrovisore il volto del biondo che la fissava anch’egli negli occhi con un sorriso gentile e cordiale che fece arrossire la moretta.

Non stava avendo una allucinazione, quel sorriso poteva solo appartenere ad una persona soltanto e lei sarebbe riuscita a riconoscerlo tra mille altri: aveva quasi investito un celebrità per cui sicuramente miglioni di fans scatenate avrebbero attentato alla sua vita per vendetta, lì sul sedile posteriore della macchina di sua cugina sedeva come un angelo tra gli uomini il suo più grande sogno maschile dai tredici anni a questa parte.

Tom Felton sedeva a qualche centimetro da lei ed erano solo sei di pomeriggio!

 

***

 

Tom Felton alle sei e mezzo di quel giorno aveva una conferenza stampa assieme a Daniel e Rupert per la presentazione italiana dell’ultimo film di Harry Potter, con questa settima puntata finalmente terminava il suo lungo lavoro nella più colossale delle serie a cui doveva molta della sua fama attuale e il suo lancio vero e proprio nel mondo del cinema internazionale. Ora che aveva finito per sempre di interpretare Draco Malfoy, Tom poteva lavorare per altre produzioni, infatti aveva ricevuto una proposta molto allettante da una delle case di produzione più importanti d Hollywood. Dopo la prima di Roma infatti sarebbe dovuto andare a fare un provino a New York per una delle parti da protagonista per cui avrebbe combattuto con tutte le sue forze e il motivo chiedete voi? Semplice perché la produttrice del film sarebbe stata niente po’ po’ di meno di Kirsten Jonsonh : regina indiscussa del cinema, ovvero colei che possedeva la maggior parte degli studi cinematografici dell’intera East cost d’america.

Tom non vedeva l’ora di andare a quei provini ma per il momento doveva pensare a promuovere Harry Potter. La mattina di quel giorno aveva deciso di farsi un giro da solo in città senza guardie del corpo assicurando al suo assistente che sarebbe tornato in tempo per la conferenza con quelli dei giornali italiani. Promessa non mantenuta, come sempre si era soffermato troppo a guardare le canne da pesca di un negozio specializzato del centro e questo gli aveva fatto perdere la nozione del tempo, aveva cercato di accalappiare un taxi ma non poteva pretendere un miracolo con il traffico di Milano per cui aveva pensato di fare gli ultimi metri a piedi, anche se non aveva calcolato bene le distanze e il fatto che non sapesse minimamente orientarsi in quella città italiana, ragion per cui da mezz’ora vagabondeggiava per le strade fino a che non venne quasi investito dalla nostre due ragazze. Se loro due si erano spaventate, Tom aveva quasi avuto un infarto al cuore vedendo tutto quel blu notte andargli incontro come una mostro dalla bocca aperta. Per sua fortuna dopo qualche secondo di puro panico si era accorto di non essersi fatto nulla, tanto meno al viso togliendogli la probabile ramanzina di Kevin, il suo assistente, che l’avrebbe ammazzato di botte se si fosse presentato con qualche livido in viso. Lui era una attore famoso e non poteva permettersi di rovinare il suo faccino: bah! Tutte storie da fissati dell’immagine come Kevin, manco fosse una modella. A Tom non gliene sarebbe importato molto visto che finché poteva camminare a parlare poteva benissimo recitare.

Se ne stava da qualche minuto seduto su quell’auto mentre quelle due ragazze stavano parlando in italiano, di cui lui conosceva si e no due paroline in croce però gli pareva che quella mora un pochino orientale stesse rimproverando la castana che guidava e dal tono delle loro voci doveva essere proprio così. Tom rise tra sé pensando che quelle due erano buffe, anche se non capiva un acca di quello che si dicevano, davano l’aria di chi battibecca per scherzo e non per seria rabbia. Erano comiche, soprattutto nelle loro espressioni facciali così ironiche e fintamente polemiche, non gli prestavano una minima attenzione a quanto pare non si erano accorte di avere in macchina un attore famoso. Ma a Tom questo andava più che bene anzi se non facevano urletti e salti per l’eccitazione di averlo così vicino tanto meglio. Non sopportava le sue fan quando scalpitavano felici pensando di avere davanti un angelo dal cuore di diavolo come il personaggio che interpretava, lui non era così e quando le ammiratrici lo capivano lo tenevano a debita distanza perché non era quello che pensavano. E questo lo infastidiva molto.

Tom di tanto in tanto guardava furtivamente lo specchietto retrovisore per incontrare qualche volta gli occhi ambrati di quella ragazza che guidava: sembrava stranamente in imbarazzo anche se sorrideva un pochino buffamente tanto che il ragazzo cominciò a pensare che forse lei lo aveva riconosciuto. Ma finché non lo diceva apertamente poteva restare sicuro di non morire: perché l’ultima volta che si era presentato ad una fan a cui aveva scroccato un passaggio quella per la sorpresa stava per mandarli giù da un ponte. Ma alla fine così non successe anche se Kevin quel giorno non la smise di sbraitargli contro come una vecchia isterica.

Il ragazzo si guardò ansioso l’orologio pensando meditabondo che sarebbe arrivato con un ritardo di quindici minuti, se non contava il traffico, e che di certo Kevin lo avrebbe ucciso a randellate di giornale in testa. Meglio non dirgli che si era attardato perché stava ordinando una nuova serie di canne da pesca con il suo nome inciso sopra alla vernice. Per quanto fosse simpatico il suo caro vecchio assistente non avrebbe mai capito l’importanza di quel suo hobby e non avrebbe mai concepito il pensiero di poter perdere una conferenza giornalistica per degli stupidi pali raccogli pesci( Kevin le chiama così le canne da pesca). Tom aveva rinunciato a farsi capire  già da tempo in quel campo da lui.

Picchiettò tranquillo le dita sulla sua gamba, per niente spaventato dalla prospettiva di poter fare una brutta figura entrando dopo gli altri, in fondo non era di certo uno stinco di santo sempre puntuale e maniaco del professionismo come lo era Daniel. Benedetto ragazzo pensava Tom, secondo lui lavorava già troppo ma confrontato a Daniel che non smetteva mai o di fare interviste o sets fotografici o spots pubblicitari e chi ne ha più ne metta. Anche il biondo faceva queste cose ma cavolo non si faceva di certo venire un’ansia da paura come l’altro che era sempre in perpetuo movimento. Va bene che faceva carriera però c’era da dire che Daniel sarebbe divenuto nevrotico continuando di questo passo: una volta l’aveva anche invitato a fare una gita di pesca con lui in Canada ed era anche riuscito a convincerlo, anche se dopo una bruttissima performance peschereccia e un week-end di relax era tornato il solito attore in carriera. Per fortuna che il moro si concedeva degli spazi di riposo in cui si ascoltava la sua benedetta musica punk-rock o se l’avrebbe costretto Tom al riposo. Mentre immaginava gli sfottò che avrebbe ricevuto dall’amico per il ritardo vide con la coda nell’occhio che la castana gli lanciava alcuni sguardi fugaci contornati subito da un sorriso raggiante che partiva da un lato all’altro della sua bocca: sì, quella decisamente doveva essere una sua fan! Però apprezzava il fatto che  non facesse nessuna mossa isterica, sarebbe stato imbarazzante.

Il povero Tom non poteva sapere che l’unico motivo per cui Ivy non dava di matto era perché era seduta al volante: se le fosse stato possibile si sarebbe avventata come una ventosa su quel gran pezzo di ragazzo che il destino le stava offrendo su un piatto d’argento. Sì, avrebbe cominciato a saltellare felice come un canguro in calore sempre con quel sorriso incredulo e sfavillante che le incorniciava il volto! Ci mancava poco che le cadesse la mascella fino al suolo per quanto stesse trattenendo l’euforia che pretendeva di sbavare letteralmente, già, la bava incontrollabile che le spuntava maniaca quando vedeva una foto di Tom in qualche rivista e ora che era lì in tutta la sua bellezza non sapeva se sarebbe riuscita a trattenere un urlo isterico. Non era mai stata vicina al suo sogno come in quel momento, nemmeno quando trascinata da sua cugina si era fatta portare alla prima mondiale a Londra del sesto film di Harry Potter: uno dei momenti più belli della sua vita quando da una macchina nera era uscito in perfetto completo nero Tom Felton.

Ed ora era lì!!! Dio se questo è un sogno non pensare di svegliarmi! Pensò Ivy a cui tremavano leggermente le mani.

Da qualche minuto nessuno parlava più e Isabel aveva rinunciato a sgridare l’amica, lei invece per quanto obbiettivamente considerasse un bel ragazzo il signor Felton non sarebbe stata mia in grado di riconoscerlo ne tra la folla, ne in pieno deserto. Era una di quelle persone un po’ sognatrici ma con un fondo di realismo che non pensavano che persone comuni come loro potessero incontrare attori del cinema famosi in tutto il mondo, pertanto non le era passato per l’anticamera del cervello che quel biondino straniero potesse anche lontanamente assomigliare a Tom Felton, anche se lui era Tom Felton.

Poi lei non era una fan come sua cugina per cui non conosceva  a mena dito ogni singolo particolare dell’aspetto di quell’attore. Ma ad Ivy non importava molto che lei avesse capito l’importante era che se ne fosse accorta lei.

“Ehm come si chiama lei?” domandò innocentemente Isabel cercando di fare una conversazione cordiale. Il ragazzo pensò un po’ su e decise di essere sincero anche se non troppo. Quella ragazza non sembrava aver capito chi fosse lui “Mi chiamo Thomas” rispose lui dando il suo nome di battesimo che usava con gli estranei omettendo volontariamente il suo cognome. Voleva evitare l’imbarazzo di quella ragazza che sarebbe sicuramente venuto per la gaffe che stava commettendo nel non riconoscerlo.

“Piacere di conoscerla Thomas io mi chiamo Isabel mentre lei è mia cugina.” si presentò lei

“Ivy, io mi chiamo Ivy piacere di conoscerti Thomas…posso darle del tu?” si presentò con voce sicura la guidatrice calcando sul suo nome sapendo benissimo quello che stava facendo, sorrise sorniona pensando che prendere un po’ in giro la sua cuginetta a sua insaputa era una cosa che l’allettava molto.

Tom si accorse del sorriso e ridacchiò sotto i baffi anche lui “Certo mi dia pure del tu”.

Isabel del tutto ignara proseguiva con le sue domande “ E dimmi cosa fai qui in Italia, sei in vacanza?”

“No. Mi trovo qui per lavoro.” rispose lui sempre sorridendo, Ivy cominciò a ridacchiare pensando che Isabel era proprio ceca e al momento portava pure gli occhiali!

“Ah! Lavoro eh?… e dimmi che tipo di lavoro fai?” andò avanti scoccando una occhiataccia perplessa alla mora di fianco a sé.

“Diciamo che lavoro nel campo dello “spettacolo” ”  disse lui con certa allusione rimanendo vago. Ivy ora rise proprio apertamente.

“ Ma che cavolo ti prende?!” tuonò Isabel. Ivy agitò una mano “Nulla, nulla…pensavo ad una cosa buffa!” rispose senza controllare le risate che dopo qualche secondo contagiarono anche Tom. Isabel rimase in silenzio a guardarli come se fossero pazzi: ma che cavolo gli prendeva?!

Dopo qualche secondo Tom si rivolse a Ivy “Ehm…Ivy non è vero? Sai sei molto simpatica devo dirlo…fermati pure qui siamo arrivati” le disse lui. La ragazza si fermò davanti all’ingresso di un albergo costassimo a cinque stelle con un’aria un po’ delusa. Il suo sogno era già finito, sigh!

Tom scese dalla macchina ringraziando del passaggio le due, Ivy rimase immobile a fissare la schiena di lui che si aggiungeva a entrare nell’albergo quando quest’ultimo fece velocemente dietrofront e tornava verso la macchina blu con una strana espressione indecisa. Si appoggiò con un braccio al tetto dell’auto abbassandosi per poter parlare con lei. Quel magnifico azzurro le fecero divenire le ginocchia di pastafrolla, per fortuna che era seduta!

“Ehm…lo so che forse è inadatto ma pensandoci bene mi avete fatto un grande favore a darmi un passaggio fino a qui per tanto…” prese un biglietto da visita dalla tasca e una penna scrivendovi sopra qualcosa “questo è solo per te” disse rivolto ad Ivy che prese titubante il biglietto dalla sue mani. L’aveva firmato con il suo nome, le aveva fatto l’autografo!!

Tom prese poi qualcos’altro dalla tasca del cappotto “Mentre questi faranno piacere a tutte e due, spero. Beh ragazze ci vediamo!” disse porgendo dei biglietti nelle mani di una tremante Ivy e dopo un ultimo fugace e meraviglioso sorriso se ne andava correndo verso l’albergo. Ivy ci mise qualche secondo a focalizzare cosa gli avesse dato in mano ma quando capì per poco non si metteva a urlare. Isabel gli prese il biglietto da visita che aveva firmato leggendo il nome che aveva scritto il biondo. Rimase di sasso, qualche lungo secondo prima di emettere un urletto “Argh!! Quello…quello…q-quello era Tom Felton?!” chiese scandalizzata lei prendendosi una manata in faccia per quanto era stata stupida nel non notarlo prima. Ma si poteva essere più cretine, che figura di merda!

“Potevi anche dirmelo prima che era Tom Felton! Bene questa è una storia da raccontare ai nipoti: sapete figlioli quando avevo diciavone anni ho quasi investito Tom Felton!” tuonò lei isterica e ancora scioccata “Ehi! Ehi ma mi stai ascoltando?! Cos’è quella faccia?!” Ivy ruotò lentamente la testa verso di lei con gli occhi sgranati e sbarrati da una sorpresa senza fine. Isabel alzò un sopraciglio perplessa “Che hai?” domandò ancora passandole davanti una mano per essere certe che fosse sveglia. Ivy deglutì saliva per la gola prima di dire “Ci ha appena regalato i biglietti della prima di Harry Potter a Roma…” sussurrò senza fiato.

Ora anche Isabel aveva la stessa faccia da pesce lesso dipinta in volto.

Bene investire qualcuno serve a qualcosa.

 

                                                                               ***

 

Daniel Radcliffe sorrideva cordiale alle macchine fotografiche che da quindici minuti buoni sparavano flash a tutto spiano sulla sua povera faccia. Quell’idiota di Tom era in ritardo mostruoso e per contenere la pazienza di quelle faine di giornalisti aveva proposto di fare alcune foto a lui, Rupert ed Emma. Appena quella conferenza fosse finita avrebbe preso per il collo il signorino Felton sbattendogli la testa contro il muro più vicino. Va bene che non era un ragazzo particolarmente puntuale però non doveva finire che fosse lui a contenere l’isterismo di quel folle di Kevin Strigh, l’assistente psicologicamente malato del suo amico a nonché menager. Cosa cavolo centrava lui se Tom era in ritardo?! Per quale dannato motivo aveva dovuto sorbirsi gli isterismi di Kevin quando l’unico che doveva subire una ramanzina tediante doveva essere Tom?! Per quale ragione aveva passato mezz’ora a convincere Strigh che non era successo niente al suo protetto e che sarebbe arrivato in tempo correndo così il rischio di essere picchiato con un giornale?! Daniel trovava una sola cosa che spiegasse tutto queste domanda: il suo migliore amico Tom Felton era uno scemo!

Erano grandi amici certo ma quella stasi di rilassamento totale che distingueva Tom alcune volte gli faceva venire il desiderio di affogarlo nella vasca da bagno, come facesse a essere sempre così tranquillo non lo sapeva. Ed ora continuava a farsi fotografare in posa mentre mentalmente malediceva Tom con tutte le sue forze. Oramai i giornalisti avevano quasi finito le foto e sarebbe iniziata la vera conferenza purtroppo dell’attore che aveva interpretato Draco Malfoy non c’era ancora l’ombra.

Davanti alla porta della sala conferenze sostava con le unghie tra i denti un povero uomo vestito in giacca e cravatta viola che camminava come volesse creare un solco di trincea sul pavimento e da come si muoveva nervosamente ci stava riuscendo alla grande: Kevin Strigh si stava consumando le suole delle scarpe a forza di andare avanti e indietro e si sarebbe consumato anche le unghie se entro pochi secondi il suo caro Tom non fosse entrato da quella porta girevole, avrebbe cominciato a correre impazzito per le strade di Milano alla sua ricerca. Il povero assistente stava quasi per fare una cosa simile quando una mano in lontananza agitava trafelata un cappello azzurro che avrebbe riconosciuto tra mille: era arrivato per grazia divina!! Come un automa corse incontro al ragazzo con le braccia aperte, Kevin gli saltò letteralmente addosso come un koala cucciolo con la sua mamma stritolandolo in un abbraccio spezza ossa. Tom credete di soffocare ma Kevin lo lasciò andare presto dandogli poi uno schiaffo in testa “ Sei un’idiota Thomas Andrew Felton! Ora togliti il cappotto ed entra subito in quella sala: hanno già cominciato, manchi solo tu!” Tom si passò una mano veloce sulla parte che il suo menager gli aveva schiaffeggiato facendo un smorfia “Calmati Kevin ora entro! Entro!” lo tranquillizzò lui incamminandosi e allo stesso tempo togliendosi la sciarpa e il cappotto e buttandoli verso Kevin che li prese al volo urlando sotto il tessuto nero un “Dopo la conferenza non ti toglierà nessuno un bel calcio nel sedere!” lo minacciò lui. Tom fece finta di aver paura “Uhuuuu!!” lo prese in giro. Quando faceva così non lo sopportava proprio e come aveva immaginato doveva essersi innervosito parecchio visti i segni di scarpe davanti alla entrata della sala. Senza più interessarsi al suo assistente entrò ritrovandosi fissato da centinaia di teste che si voltarono all’unisono verso di lui. Tom rimase fermo qualche secondo perché i giornalisti capissero chi fosse entrato e alzando la mano mogiamente salutò l’intera sala dicendo con un sorriso innocente  “A quanto pare sono arrivato in ritardo mi dispiace ma i taxi qui a Milano sono piuttosto lenti” poi come se nulla fosse andò verso il palco, al suo posto vicino a Daniel che mostrava un sorriso tirato di scuse verso i giornalisti. Quando il biondo si fu seduto sulla sua sedia Daniel a denti stretti gli sussurrò “Ma dove cavolo eri finito?! Kevin è andato di matto e me lo sono dovuto sorbire io!” guardandolo poi con occhi fulminanti. Tom fece spallucce sempre sorridendo tirato verso i giornalisti mentre gli rispondeva ad un orecchio “Mi sono incantato a vedere delle canne da pesca cromate in argento, scusami” lo pregò lui con occhi supplichevoli, Daniel sbuffò pensando che non sarebbe mai cambiato. Tom e la pesca, la sua condanna!

L’intervista riprese dall’inizio e questa volta senza nessuna interruzione: parlarono del film e di come questa ultima puntata fosse stata per tutti quanti una grossa esperienza da tenere per la vita, del grande lavoro di ogni singola persona dello staff, di come tutti gli attori erano cresciuti, delle sensazioni che avevano avuto, di quello che provavano e ovviamente di come si sarebbe svolta la compagna pubblicitaria e di quando ci sarebbe stata la prima a Roma.

“Si terrà tra quattro settimane, quindi a metà novembre: per quella data abbiamo intenzione di dare in regalo centinaia di biglietti ai fan distribuiti attraverso concorsi e programmi televisivi italiani. Questa è la prima volta che veniamo alla prima italiana ma ci sentivamo in dovere verso un paese così bello che ha sempre espresso un grande apprezzamento verso Harry Potter” rispose ad un giornalista Daniel in modo professionale e gentile finendo con uno dei suoi sorrisi spezza ginocchia. Tom invece si stava annoiando a morte ma da bravo professionista cercava di restare in piedi e di essere il più cordiale possibile con quelle persone. Dopo un’altra mezzora di domande tecniche si andò a parare in discorsi personali del tipo cosa ne pensavano dell’Italia, di Milano e degli italiani. Questa domanda venne posta a Tom che in un nano secondo ripensò a quelle due ragazze, soprattutto a quella con cui aveva preso in giro la cugina. Rise da solo come un pazzo dicendo poi “Pensò che il vostro sia un bellissimo paese e che le ragazze italiane sono molto simpatiche oltre che belle” aggiunse riflettendo che la ragazza che si chiamava Ivy era decisamente il suo tipo. Alta ma non una stangona, atletica ma non uno stecchino asciutto, pelle non pallida ma solare e abbronzata in quel colore olivastro che amava molto in una ragazza e poi lunghi capelli boccolosi di un bellissimo color castano che gli ricordava proprio le foglie degli aceri in autunno mentre gli occhi di quel colore marrone sull’ambrato le davano un punto luminoso, quasi come ambra chiara: cavoli si era lasciato sfuggire una ragazza bellissima!

I giornalisti risero a quello ma non approfondirono oltre anche se l’avessero fatto avrebbero ricevuto una storia davvero esilarante visto che Tom era quel tipo di persona discreta ma che non riusciva a non essere sincera, anche a costo di ferire o scioccare. La conferenza finì finalmente concedendo così a Daniel e Tom di andarsene nelle loro stanze a riposare. Appena i giornalisti se ne furono andati dopo le ultime foto Kevin andò diretto verso Tom con una faccia minacciosa mentre Daniel gli posava una mano sulla spalla e gli diceva sorridendo bastardo “Ora te la farà pagare!” Tom fece una smorfia: aveva ragione ora Kevin gliela avrebbe fatta pagare.

 

***

Una signora vestita di un elegante e costoso taglier bianco di Versace con una grande cappello di Luis Voiton si dirigeva con passo spedito verso una limousine che attendeva solo lei. Era appena finita quella conferenza su Harry Potter e aveva visto quello che aveva voluto vedere, non le interessava sicuramente sapere del film, che pur apprezzava ma non la distoglieva dei veri affari, ovvero quello che avrebbe prodotto lei.

Entrò nella limousine assieme ad un valente uomo in giacca e cravatta che rispondeva al nome di David Hayman, cioè il produttore esecutivo di tutta la serie cinematografica di Harry Potter “Allora signora Jonsonh come le sono sembrati?” domandò David con un sorriso fiducioso. La signora che aveva all’incirca sui quarant’otto anni era ancora una bella donna con il fascino di chi conosce il mondo e ha molta esperienza. Si tolse gli occhiali neri di Ferguson con un colpo veloce, mostrando nel movimento le sue rifinite e lucide unghie  perfettamente tenute con cura. La donna ci pensò un po’ su prima di fare un sorriso soddisfatto “Sì, credo che mi piacciano molto David. Decisamente sembrano essere gli attori che cercavo per il mio prossimo film.” rispose lei togliendosi il cappello. David sorrise a sua volta compiaciuto “Non potevi fare scelta migliore…”

“Ehi! Io non ho detto che li ho scelti ho solo detto che forse sono adatti. Devo prima vedere come recitano ma almeno sanno muoversi nel mondo dello spettacolo. Hanno carisma e fascino dato non solo dalla loro bellezza ma anche dal modo in cui si muovono e parlano. Sono due ragazzi proprio belli e non mi dispiacerebbe renderli delle star!” lo interrupe lei. Se c’era una cosa che si doveva imparare con lei era che se si aveva talento e si catturava la sua attenzione allora avrebbero ricevuto l’appoggio di una delle donne più potenti del mondo del cinema o meglio la donna più potente di tutte e tutti. Hollywood era ai suoi piedi e se Daniel e Tom fossero riusciti a dimostrale quanto erano bravi come attori allora sì che la loro carriera sarebbe decollata alla grande.

Kirsten Jonsonh aveva in mente un nuovo film, con una trama che si prospettava un successo dai critici sin dall’ora: una storia d’amore che avrebbe battuto film strappalacrime come Titanic o Notthing Hill per quanto sarebbe stato commovente. Lei la padrona delle Millers Jonsonh Stars Productions, ovvero della casa di produzioni lider nel cinema, aveva in mente un grande progetto e per tale cosa aveva bisogno di due volti maschili abbastanza conosciuti ma che avevano bisogno di un film serio per decollare davvero e chi meglio di Daniel Radcliffe e Tom Felton?!

Li aveva notati su una rivista mentre disperata bruciava il curriculum di migliaia di attori famosi che non la ispiravano un cavolo di niente, appena i suoi stanchi occhi verdi si erano posati su quelli grigi-blu di Daniel e quelli azzurri di Tom era stata colpita da un colpo di fulmine e si era fissata con loro. Ed ora che li aveva sentiti e visti di persona era sempre più convinta che quei due ragazzi sarebbero stati perfetti per le parti maschili che aveva in mente.

Già, se Kirsten Jonsonh si fissava su una cosa non la mollava finché qualcosa non dimostrava che si era sbagliata sul suo giudizio iniziale e fino a quel momento le sue prime impressioni erano più che positive. Ma restava un problema le mancavano le attrici femminili; ne voleva due, anche sconosciute ma che le dessero al primo sguardo un colpo di fulmine come aveva avuto con quei due attori perché se c’era una cosa che funzionava era il suo puro istinto, quello non sbagliava mai un colpo!

Le doveva trovare ad ogni costo perché il film non si poteva fare se non aveva le due protagoniste, non esisteva film senza quelle attrici e visto che il lavoro doveva essere fatto come voleva lei le avrebbe cercate lei stessa. David la guardò sorridente pensando che Daniel e Tom avrebbero fatto salti di gioia alla notizia che la signora Jonsonh avesse scelto loro due e se conosceva bene quella donna il film che avrebbero fatto li avrebbe portati sulla vetta più alta del successo.

In quei giorni Kirsten avrebbe corso in lungo e in largo in tutti i corsi di teatro presenti a Milano dove sperava di trovare le attrici che le servivano, il perché cercasse attrici italiane non lo sapeva ma sentiva che il suo intuito la guidava in quella città. E chi le avrebbe mai detto che avrebbe trovato le sue protagoniste dentro in una libreria e davanti ad una università?!

 

  
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