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Autore: Oltre_    22/02/2011    3 recensioni
[prima classificata a parimerito al The Nightmare Hospital Contest di LoLLy_DeAdGirL]
L’ultima immagine che riusciva a visualizzare nel vortice confuso e sfumato della sua memoria era quella di un vicolo sudicio e buio e del suo corpo adagiato contro un muro in mattoni.
Ricordava il freddo penetrante che la sua sgualcita maglietta a righe non era riuscita a reprimere e la sensazione dell’ago di una siringa che perforava la pelle sensibile del suo avambraccio.
E così la memoria della sua ultima, quasi fatale dose di eroina gli precipitò addosso, scaraventandolo bruscamente nella realtà.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Diabolica Sostanza
 
 
Autore: HalfBlood Princess
Titolo:  Diabolica Sostanza
Fandom: Death Note
Personaggi: Matt (Mail Jeevas) e Mello (Mihael Keehl)
Tema/i scelto/i: Dipendenza da droghe (tema centrale) da cui scaturiscono Claustrofobia e Senso di Colpa.
Genere: Drammatico.
Rating:  Giallo.
Avvertimenti: /
Beta Reading: No. 
Introduzione alla storia:  Una dose, un’ultima dose e tutto cambiò.
Note dell’autore: Prima di scrivere questo testo mi sono documentata e ho cercato di rimanere il più realistico possibile. Inoltre aggiungo che questa storia, archiviata nella mia memoria da tempo immemore, è nata come un tributo al film Trainspotting.


Intro:
Questa storia ha partecipato al  The Nightmare Hospital Contest, e per mia grande gioia ha vinto (a parimerito). Sono molto affezionata a questa piccola fic, il perché? Beh il problema  'droghe' è un tema attuale che mi incuriosisce molto, infatti mia ambizione sarebbe lavorare in un centro per tossicodipendenti. Sinceramente non so spiegare il motivo di questo strano e insolito interesse, però vorrei sottolineare che la passione che metto nel trattare disagi quotidiani di cui a volte ci si dimentica non fa di me una drogata a mia volta, vorrei che questo sia ben chiaro. (:


Morbidezza.
Fu il primo, inaspettato ed improvviso impulso catturato dalle terminazioni sensoriali dell’epitelio e inviato al sistema nervoso centrale.
Le sinapsi erano tornate in funzione, trasmettendo informazioni captate dai sensi sopiti, consentendo al cervello di prendere percezione dell’ambiente circostante.
Si stava finalmente risvegliando, dopo uno snervante e indefinito periodo di buio.
L’olfatto inviò un secondo segnale.
L’odore di disinfettante, acre e pungente, tipico degli ambienti ospedalieri gli pizzicò le narici.
Dove si trovasse e perché, gli era sconosciuto.
L’ultima immagine che riusciva a visualizzare nel vortice confuso e sfumato della sua memoria era quella di un vicolo sudicio e buio e del suo corpo adagiato contro un muro in mattoni.
Ricordava il freddo penetrante che la sua sgualcita maglietta a righe non era riuscita a reprimere e la sensazione dell’ago di una siringa che perforava la pelle sensibile del suo avambraccio.

E così la memoria della sua ultima, quasi fatale dose di eroina gli precipitò addosso, scaraventandolo bruscamente nella realtà.
Matt spalancò gli occhi, strappandosi alcune ciglia rimaste incollate alla pelle sottile delle palpebre da troppo tempo serrate, come le persiane di una palazzina disabitata.
Aveva rischiato di morire là, in quella strada secondaria dimenticata dal mondo, che odorava di rifiuti e di piscio stantio.
Realizzò di essere disteso su di un comodo materasso imbottito, infagottato come un baco da seta in un groviglio soffice di lenzuola antisettiche e candide, con una miriade di tubicini che si diramavano da punti disparati del suo corpo esile e spossato.

Decisamente, era il letto più comodo su cui dormisse da tempo immemore, e, paradossalmente era quello di una clinica.
Niente a che vedere con le brandine pidocchiose e infeltrite del vecchio monolocale cui era abituato.
Provò a muovere gli arti, per verificare il corretto funzionamento di tutte le articolazioni, ma si trovò limitato nell’uso delle braccia, come se qualcosa lo inchiodasse con forza al materasso.
Si accorse così di avere entrambi i polsi ammanettati alle sbarre di ferro del letto, il che gli consentiva una scarsa e contenuta agevolezza nei movimenti.
Ad una prima e superficiale occhiata, la camera gli era sembrata deserta, arredata con spartani mobili perlacei che rilucevano nel chiarore lunare che filtrava dalle persiane socchiuse, ma in realtà nella penombra sedeva una figura familiare dalla folta chioma bionda.

Mello ronfava con la testa a ciondoloni su di una scomoda seggiola di legno, le braccia incrociate e le gambe aperte, a poca distanza dal suo giaciglio.
Matt trasalì sorpreso, facendo involontariamente risuonare di un clangore metallico le manette contro la struttura del letto, rumore amplificato dal silenzio quasi innaturale della camera spoglia.
Il ragazzo biondo si svegliò di soprassalto, scattando in piedi come una molla tesa e poi rilasciata d’improvviso.
“Matt! Sei sveglio...” mormorò atono, nascondendo con disinvoltura il sollievo dietro la solita facciata fredda ed impenetrabile.
Nonostante la semioscurità soffusa rendesse difficoltosa la visuale, si potevano scorgere il rammarico e la delusione velargli gli occhi, solidificando l’azzurro cristallino delle sue iridi.
“Già…” biascicò Matt, con la voce impastata e la gola secca. “Che… Che significa?”
Scrollò il braccio destro in modo eloquente, facendo tintinnare nuovamente la catena che lo imprigionava al letto d’ospedale.
“Ti puliremo le vene da quella porcheria che ti ostini a consumare, una volta per tutte.”
La voce di Mello era tagliente e risoluta, arrivò dritto al punto senza inutili fronzoli o giri di parole, decisamente poco consoni ai suoi modi di fare spicci.
La sua figura, dalla carnagione lattiginosa, svettava nella fioca luce lunare, come una macabra premonizione di ciò che sarebbe accaduto nel corso della notte.
Senza aggiungere altro, il suo migliore amico girò sui tacchi e uscì dalla stanza, lasciando Matt solo e ammutolito al suo capezzale, con il tonfo della porta che ancora gli rimbombava nelle orecchie.

La sua mente era incredibilmente piatta e vuota, un sorriso sarcastico appena accennato gli inarcava le labbra esangui e una sola parola glie le modellò per dare voce a ciò che descriveva perfettamente il suo stato d’animo.
“Merda”.
Un sussurro doloroso, che portava lentamente alla memoria, i ricordi di tutte le volte in cui aveva pronunciato le paroline magiche.
“Basta! Ho chiuso con quella roba!”
L’aveva ripetuto in più di un’occasione, in quei momenti in cui aveva creduto di aver toccato il fondo, mentendo con incredibile convinzione persino a se stesso.
Era partito tutto come un gioco, un fottuto scherzo da cui, si era illuso ne sarebbe uscito quando e come avesse voluto.
Stronzate.
Il dolore della disintossicazione era sempre lancinante, al pari di una pugnalata in pieno petto che però non si limitasse a trafiggere la carne ma trapassasse addirittura lo spirito.
L’orgasmico piacere generato dall’eroina era qualcosa di incomparabile, indescrivibile per chi non l’avesse sperimentato e vinceva ogni tentativo di salvezza.
Una volta dentro, ci si dimenticava di come riaprire le porte per evadere.
Un assurdo luogo comune associava la tossicodipendenza alla miseria, al dolore o alla morte, ma ciò di cui realmente ci si dimenticava era quanto fosse piacevole.
Se non fosse stato tale, Matt non avrebbe certo voltato le spalle alla vita, inibendosi ogni possibilità di costruirsi un futuro.
Si era crogiolato in quel tunnel caotico, fatto di visioni, trip e goduria, consumandosi la salute con lentezza, come la fiammella di una candela che lentamente scioglie la cera, lasciando una pozza liquefatta.
Aveva semplicemente deciso di assolutizzare il piacere in modo incondizionato, il tutto a discapito di una realtà controproducente e ipocrita.
Certo, ipocrita.
Perché le case, gli uffici, le famiglie pullulavano di individui che, nel loro modo domestico e socialmente accettabile, avevano sviluppato dipendenze da sostanze commerciabili quali caffè, alcol o medicinali.
Una volta immersi nel turbinoso e sfocato vortice dell’eroina, non c’era nulla in grado di carpire la propria preoccupazione se non la droga stessa.
 
Quanto tempo era passato dall’oblio? Dalla sua non morte nel vicolo di periferia? Di sicuro la quantità di eroina nel suo sangue si era diluita e presto, ogni singola cellula del suo corpo inquinato avrebbe cominciato a chiederne altra, con insistenza, prendendo a calci e pugni le sue membra, lacerandole dall’interno in una straziante agonia.
La porta si riaprì con uno scricchiolio sinistro, distraendolo dalle sue amare considerazioni e Mello rientrò, accompagnato da una dottoressa con i capelli raccolti in una crocchia e il viso austero.
“Ben svegliato Matt, io sono Rose e mi prenderò cura di te. Come ti senti?” gli disse con un sorriso affabile disegnato sulle labbra carnose, mentre distrattamente controllava la sua cartella clinica.
“Intorpidito” gracchiò il ragazzo, tirandosi lentamente a sedere.
Si sentiva spossato e appesantito, come se fosse reduce da un pestaggio e percepiva un retrogusto acre risalirgli la gola, con molta probabilità i residui di un riflusso.
“I risultati delle ultime analisi sono positive, ti abbiamo somministrato naloxone per farti uscire dal coma. Direi che sei fuori pericolo”
Scarabocchiò alcuni valori sulla cartellina che reggeva appoggiata al braccio, squadrata con incredibile attenzione dallo sguardo vigile di Mello.
“Il picco d’astinenza avviene solitamente dopo ventiquattro ore dall’ultima dose, quindi direi che se superi la notte, la strada sarà tutta in discesa. Almeno portai tornare a casa.” aggiunse, con tono pratico e professionale. “Ti somministreremo naltrexone, un farmaco che inibirà gli effetti dell’eroina. Ovviamente il mio programma non prevede l’utilizzo di Metadone. Dunque per il resto, dovrà sopportare”
“Oh andiamo dottoressa, nemmeno un po’ di Morfina?” biascicò Matt contrariato. Sorrise debolmente, in uno scadente e poco convincente tentativo di persuasione.
“Non diciamo sciocchezze! La Morfina è un oppiaceo mio caro ragazzo” abbaiò Rose, corrugando la fronte. “E ora, arrivederci”
Con passo austero e aggressivo abbandonò la stanza, lasciandosi alle spalle un’atmosfera tesa e persistente.
“E’ l’unica soluzione per tirarti fuori.”
Mello ruppe il denso silenzio momentaneamente calato tra i due, fissando con insistenza l’amico che però si ostinava a scrutare il vuoto. “Ho fatto alcune ricerche, so quanto la disintossicazione sia dolorosa, ma il programma della dottoressa Albarn è il migliore documentato”
Matt non rispose, era poco interessato alla validità delle terapie sperimentali.
Stava cercando di effettuare dei calcoli mentali per risalire al numero di giorni passati lontano dalla droga, in modo da prevedere il più puntigliosamente possibile il momento in cui l’assuefazione avrebbe
incominciato la sua tortura.

Non ci riuscì, ogni volta che si sforzava di percorrere a ritroso gli avvenimenti, si ritrovava davanti la stessa medesima immagine: il vicolo.
“Mello…” chiese con disinvoltura, cercando di nascondere il disagio e l’angoscia che gli stavano attanagliando le viscere. “Che.. Che giorno è oggi?”
L’amico irrigidì la mascella e strinse il pugno destro, facendo stridere in modo sinistro il guanto che gli fasciava la mano affusolata.
“Il ventisei Gennaio” mormorò, distogliendo lo sguardo da Matt, in modo che la cascata di biondi e folti capelli gli coprisse il viso sfregiato dalle fiamme.
Perché lo stomaco di Matt si era serrato, come se avesse divorato famelico un intero banchetto? E che cosa succedeva alle sue viscere, che si stavano contorcendo come serpenti furiosi?
E la debolezza? Quell’improvvisa mancanza di forze, che gli aveva afflosciato gli arti?
Senso di Colpa.
La consapevolezza di aver mandato a puttane il piano che Mello elaborava da mesi con una sola, sconsiderata azione, lo sciolse al pari di un acido altamente corrosivo.
Si sentì un verme, un inutile e rivoltante invertebrato indegno di strisciare sulla Madre terra, di vivere e proliferare.
“Oh Cazzo… Mello… Io… Mello…” sospirò passandosi con lentezza il palmo sul viso ruvido per la barba incolta. “Perdonami! Sono un cretino, un idiota!”
Avrebbe voluto dire di più, guardarlo negli occhi per trasmettergli tutto il suo sincero dispiacere, ma una sensazione di fastidio crescente inibì le sue capacità razionali, obbligandolo a concentrarsi unicamente sulla sua fisicità.
Brividi intensi incominciarono a scuotergli i muscoli, lo stomaco ribolliva, portandogli sulla lingua il sapore acre dei succhi gastrici, lasciandogli la gola secca e arida.

Ogni boccata d’aria bruciava, ma più faceva male più i polmoni richiedevano ossigeno, come se volessero torturalo, vendicarsi per tutto il monossido di carbonio inspirato in precedenza.
Matt si contorceva sul materasso, scalciando le lenzuola e dibattendo i polsi, facendo tintinnare le manette contro le sbarre del letto.
Il fastidio aumentava esponenzialmente, divenendo dolore con intensità e diffusione sempre crescenti.
Il corpo di Matt era entrato in un tormentato circolo vizioso, in cui i sintomi fisici accrescevano inevitabilmente le sensazioni psicologiche e viceversa, distorcendo in modo sistematico il suo stato d’animo e facendolo cadere a picco in uno stadio fobico.
“Mello ti prego… Mello, non… Volevo…” mugolò a fatica il giovane, cercando di ingoiare quell’improvviso nodo in gola che gli impediva di comunicare verbalmente.
La testa incominciava a girargli, trasmettendogli la sensazione di una variazione di gravità, che gli schiacciasse il corpo al letto.
I capelli fulvi e arruffati, ricadevano in ciocche scomposte e madide di sudore sulla fronte pallida, striando il verde delle iridi che sembrava acceso di puro delirio.
“Mello perdonami ti prego! E’ tutta colpa mia.. Oggi era il giorno del rapimento di Takada!” esclamò maniacale, sbarrando gli occhi.
C’era una punta di anomalia nell’improvvisa reazione di Matt, notò Mello, che non era certo tipo da esplodere in modo così pateticamente teatrale, tanto da risultare quasi forzato, falso.
No, doveva esserci altro.

Erano forse i farmaci ad alterare la sua coscienza? O era la droga a renderlo tale? O meglio, la mancanza di essa dopo lunghi periodi di assunzione quotidiana?
 “Tutta colpa mia! Colpa mia…” ripeteva quelle due parole con angoscia, afflosciandosi su sé stesso come un sacchetto vuoto, ansimando in maniera convulsiva.
Lo stomaco si contraeva, nel vano tentativo di ricacciare indietro il riflusso di succhi gastrici che di li a breve si sarebbe riversato sul pavimento candido a lato del  giaciglio, come lava che impetuosa fuoriuscisse da un vulcano.
Persino gli occhi pungevano e prima che potesse impedirlo si inondarono di lacrime non volute e nemmeno pensate, un primo segnale d'allarme che avvertisse il suo corpo di essere entrato in agonia.
Un altro, pungente fabbisogno incominciò a diffondersi a macchia d’olio per il suo sistema capillare, facendo ribollire il sangue, urlando a gran voce l’esigenza della droga e dei suoi effetti benefici.
Ma Matt non l’avrebbe richiesta, non avrebbe pregato per un’ultima dose, no.
Lo sguardo deluso di Mello era equivalso ad uno schiaffo in pieno viso, che impedì alle sue voglie di divenire parole.
Piuttosto si sarebbe morso la lingua fino a sentire il sapore di ruggine sul palato.
 
“Matt, Io… Non importa..” mormorò Mello, squadrandolo allarmato.
Ne era certo, i farmaci incominciavano a sortire i loro effetti e ciò non era esattamente un bene. L’amico infatti, preso dagli stimoli corporei, rischiava di auto lesionarsi involontariamente.
I riflessi di Matt erano alterati in modo anomalo, percepiva gli stimoli esterni amplificati, i colori troppo accesi, nonostante la sola luce presente fosse il bagliore lunare.
Un sottile strato di nebbiolina gli appannò la vista, mente un rumore di fondo, assordante e continuo, gli rimbombava nella scatola cranica, come se si trovasse in una caverna in cui la risonanza fosse molto elevata.
Di lì a poco sarebbe sicuramente esplosa.
Il petto si muoveva su e giù in un andirivieni frenetico e affannoso e piccole goccioline di sudore incominciarono ad imperlare la fronte corrugata.
Era entrato nel limbo dell’astinenza, in cui era troppo a pezzi per poter dormire ma troppo stanco per poter rimanere sveglio.
“Matt!?! Vado.. Vado a chiamare qualcuno”
Sentì la voce allarmata di Mello in lontananza, come se il mezzo di propagazione delle onde sonore fosse acqua anziché pura e limpida aria.
Passi affrettati, percepiti come martellate possenti gli risuonarono nelle orecchie, facendogli pulsare la vena della tempia, seguiti da un colpo sordo che lo fece gemere, segno che la porta era stata chiusa per l’ennesima volta.
“Basta…! Fermate questo assurdo rumore, mi sta uccidendo!”
Matt strizzò gli occhi e tuffò le dita affusolate nella chioma vermiglia scompigliata, facendole poi scendere fino alle guance, in cui affondò le unghie fino a solcarle.
Rivoli di sangue incominciarono a sgorgare dalle ferite, macchiando il bianco virginale delle lenzuola, in una macabra parodia di lacrime.

 
Colpa tua, Matty, solamente colpa tua. Come potrà Mello perdonarti? Sai bene che non c’è nulla che valga più della competizione con Near, per lui. No, nemmeno tu lurido irriconoscente.
 
“No.. Non è vero…” farfugliava, corroso dalle responsabilità che gravavano sul suo capo, come una spada di Damocle pronta a colpire.
Il sottile lenzuolo che gli copriva il corpo seminudo sembrava aver aumentato d’improvviso la propria pesantezza, gravando sul torace di Matt al pari di una lamina di acciaio.
Faceva fatica ad inghiottire ossigeno, percepiva il soffitto sempre più vicino, come se la camera si stesse rimpicciolendo d’improvviso. Le pareti gettavano oniriche ed intellegibili ombre sul suo corpo spossato, come se si trovasse al centro esatto di una pressa in funzione.
Conosceva precisamente i vari passaggi del processo di disintossicazione: dapprima brividi e sudore, seguiti da voglia di droga, oppressione e infine angoscia.
Stava percorrendo con incredibile velocità una fase dopo l’altra e sebbene ne fosse pienamente consapevole, era incapace di regolare le proprie reazioni, di controllarle e trattenerle.
Era come se il suo corpo fosse legato a fili sottili e manovrato da un burattinaio sadico.
Un altro assordante tonfo, che lo fece rannicchiare su se stesso e Mello corse al letto seguito dalla signorina Albarn.
Poteva sentire l’alito zuccherino dell’amico, addolcito dall’aroma del cioccolato che era solito masticare e un’altra fragranza fresca e pungente, associabile al respiro della dottoressa.
I due profumi si miscelarono tra loro, impedendogli di attingere al puro ossigeno, aumentando il suo già evidente affanno.
Le loro altezze incombevano su Matt, che cercò di schermarsi con le braccia, come a voler conservare uno spazio incontaminato davanti al proprio corpo.
Rose allungò le mani su di lui, nel tentativo di farlo distendere, ma il giovane si oppose con un gesto brusco, attenuato dalla scarsa possibilità di movimento imposta dalla manetta.
“Non mi tocchi! Se ne vada… Andatevene tutti!” gridò sbarrando gli occhi, facendo innervosire la già alterata dottoressa.
“Matt, che dici?” soffiò incredulo Mello.
“Non riesco a respirare, cazzo! Levatevi di torno!” rispose con voce incrinata.

 
Ah Matty, Matty.. Sembra proprio che tu stia avendo un attacco di panico! Allora lo sai, vero? Lo sai anche tu… Mello ti tiene con sé per pura pietà, da solo non saresti nessuno, solo un inutile rifiuto. Ma appena le tue abilità informatiche non gli faranno più comodo, ti scaricherà al primo angolo di strada, come un padrone che abbandona il proprio cane.
 
Oh, sta zitto!” singhiozzò Matt, premendosi le tempie, con rabbia.
Il giovane percepiva dentro di sé una sensazione scomoda, a tratti dolorosa, come se lentamente stesse montando una paura che aveva represso al momento opportuno.
Una fobia latente, scatenatasi in ritardo dalla presenza opprimente di due persone sopra il proprio corpo.
Il cuore gli martellava frenetico nel petto, facendogli pulsare le orecchie e le tempie ad intervalli ravvicinati e costanti, scuotendogli il cranio come sotto i colpi di un martello pneumatico.
Tentò disperatamente di protendersi in avanti, per scacciare da sé quelle presenze indesiderate, che non era nemmeno in grado di inquadrare e riconoscere: d’un tratto quell’improvviso panico soggiogò qualsiasi altra percezione ambientale.
 
Voleva uscire da quella camera e librarsi nel cielo, libero come un fringuello a primavera.
Sentiva un’intrinseca necessità di farsi sferzare il viso da violente folate di vento fresco, correre per lande infinite in cui era chiaramente intravedibile l’orizzonte.
E invece era incatenato ad un letto in una limitata e soffocante camera ospedaliera, in cui vari odori si mischiavano in un riflusso continuo, nascondendo il vero sapore dell’aria.
“MATT!”
Mello lo afferrò bruscamente per un braccio, scansando con poca gentilezza la dottoressa Albarn che trafficava con una siringa e una boccetta trasparente, contenente qualche medicinale a lui sconosciuto.
“Che cazzo stai dicendo? Ti vuoi ripigliare?”
Fu un attimo, un secondo e Matt si perse in un mare cristallino e impetuoso. Le iridi cerulee invasero il suo campo visivo, trasmettendogli la sensazione di libertà che bramava con tutto il suo essere.
Il suo corpo si immobilizzò, il tempo necessario a Rose di procedere con l’iniezione, completamente ammansito da un unico tocco improvviso.
Era Mello, lo stava scuotendo, lo obbligava a rimanere lucido, a ritornare in sé.
Lo stava trascinando via dai suoi fantasmi, che l’avevano avvolto, scuoiato, reso incredibilmente vulnerabile e spoglio.
Gli occhi verdi incontrarono gli azzurri, e il tempo parve arrestarsi per qualche istante, come a voler dare spazio a quel contatto visivo così profondo da risultare intimo.
Ma poco dopo quelli di Matt si rivoltarono, mostrando il bianco del bulbo oculare e il ragazzo perse conoscenza.
Venne trascinato nell’oblio, un dolce Nulla che inibì il dolore, lasciandolo sospeso e leggero nell’oscurità che non gli faceva paura, ma lo rincuorava.
La stanchezza fisica ebbe la meglio sul male psichico e il suo cervello indusse la sospensione della coscienza e della volontà, imponendo un sonno senza sogni né incubi, donandogli finalmente la pace.
 
 Outro:

Ebbene sì, ho preso libera ispirazione a Trainspotting come ho specificato nelle info inviate al Contest e poste all'inizio di questa pagina. Questo film mi ha colpito molto, per la durezza e la veridicità delle sue immagini, per gli anni in cui è ambientato, per l'attualità dei temi trattati.
La storia si è scritta da sola nella mia mente, buttarla su carta è stato abbastanza divertente anche se non così immediato. Matt e Mello sono stati un "dopo" che si è adattato perfettamente alla situazione, per mia grande fortuna!!
Ci ho lavorato molto, ma nonostante ciò non mi sarei mai e poi mai immaginata che vincesse un Concorso!!
Sono rimasta quasi secca XD
Spero che piaccia anche a voi!! Sinceramente vostra,
Jè!
Ecco le valutazioni ottenute al Contest, ringrazio ancora Lolly per avermi dato l'occasione di rendere finalmente viva questa fic!! E anche grazie vivamente per la sua recensione e i suoi giudizi molto costruttivi e stimolanti!
Correttezza grammaticale: 9,75/10
Stile e lessico: 10/10
Originalità: 8/10
Caratterizzazione psicologica e fisica dei personaggi: 10/10
Attinenza al tema: 10/10
Apprezzamento personale: 5/5
TOTALE: 52,75/55
Anche questa fan fiction merita pienamente il primo premio. Si vede molto bene che hai fatto una ricerca molto approfondita sugli argomenti medici, dati termini tecnici che hai utilizzato, molto corretti, a parte “riflusso” al quale sarebbe più indicata la parola “reflusso”, poiché è un termine medico ("reflusso gastro-esofageo"). Ho anche notato un’altra imprecisione: utilizzi la frase “Matt strizzò gli occhi e tuffò le dita affusolate nella chioma vermiglia scompigliata, facendole poi scendere fino alle guance, in cui affondò le unghie fino a solcarle.” Ma prima non avevi forse scritto che Matt era stato contenuto (legato)? A parte le imprecisioni, la storia è molto attinente al tema del contest, l’ospedalizzazione è vissuta in modo traumatico da Matt, visto anche il motivo per cui è ricoverato, è davvero un vero e proprio incubo in cui il senso di colpa che prova verso Mello e il fallimento del loro piano alterano i suoi pensieri, ingigantiti ovviamente dai primi sintomi dell’astinenza da droghe, sintomi che hai saputo descrivere con grande maestria! Una fan fiction cruda e drammatica, perfetta nell’attinenza al tema, complimenti!

 

 RICORDO AI GENTILI LETTORI CHE GLI AGGIORNAMENTI DELLE ALTRE STORIE SONO TEMPORANEAMENTE SOSPESI, CAUSA UN PLOTONE DI VIRUS NEL COMPUTER IN CUI CUSTODISCO GELOSAMENTE LE MIE STORIE MALATE.
LA COSA MI HA IMPIETRITO, NE STO ANCORA USCENDO...
QUESTA SONO RIUSCITA A SALVARLA GRAZIE AL CASO, O MEGLIO, ALLA FORTUNA SFACCIATA DI AVER CONSERVATO LA MAIL SPEDITA AL CONCORSO NELLE INVIATE!!
SCUSATE IL DISAGIO, ANZI NE APPROFITTO PER RINGRAZIARE DI CUORE TUTTI COLORO CHE LEGGONO LE MIE SCHIFEZZUOLE.

 
  
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