In the end, the truth
Era
iniziato tutto per curiosità.
Era
iniziato tutto quando aveva trovato quel quaderno nero con lapidarie parole
scritte sulla copertina. “Death Note”, il quaderno
della morte.
È
vero. All’inizio pensava che fosse solo uno stupido scherzo di qualche persona
altrettanto stupida. Poi aveva ragionato con calma sulle istruzioni scritte
all’interno. Troppo elaborato per essere uno scherzo. L’aveva provato. Tutto
ciò che c’era scritto era vero.
Aveva
ricevuto un’arma. E non aveva provato un attimo di
tentennamento, di ripensamento, quando posava la penna sulla pagina bianca e
vergava un nome.
Perché
era giusto così, l’aveva sempre pensato. Gli era stato inculcato che
l’ingiustizia va combattuta. Era cresciuto con il mito di L, l’esempio di L,
sempre presente nella sua vita. L. L. L. L’uomo
che dedicava la sua vita a combattere i crimini. Non l’aveva mai visto
in volto, è vero, ma provava nei suoi confronti un senso incondizionato di
devozione.
E quindi
se era giusto eliminare l’ingiustizia, era giusto eliminare chi la provocava.
Con la testa, ovvio. Ragionando, chiaramente. Non facendosi
scoprire, far passare il tutto come una causa ovvia e naturale. Non dare nell’occhio. Era questo che era riuscito a fare con il
Quaderno.
Finché non aveva capito che, nonostante tutto, era
troppo rischioso. E allora aveva cominciato a cercare persone intelligenti
come lui nel mondo. Sì, nel mondo, perché sebbene l’orfanotrofio ne fosse
pieno, passare il Quaderno a un’altra persona lì
dentro avrebbe comportato solo un rischio in più.
Ma di
tutte quelle che aveva trovato, nessuna aveva abbastanza sangue freddo. Esseri troppo deboli che pregavano in ginocchio lo shinigami di dare una fine al senso di colpa e all’orrore
che strisciava loro nelle viscere.
Era
arrivato persino a pensare di essere l’unico a poterlo
usare. Invece, finalmente, aveva trovato il giusto essere
umano. Light Yagami. Liceale, ottimi voti,
studente modello. Abitava nella zona del Kanto,
Giappone.
Non
batteva ciglio quando vergava quei nomi. Anche Light,
come lui, voleva eliminare tutte le impurità di quel mondo corrotto. Anche Light pensava prima di mangiare le pedine avversarie.
Ma non
tutto è perfetto. E anche Light era così. Si era fatto
notare ed L era intervenuto.
L. Il suo
mito era intervenuto nel gioco. Pensava che il ragazzo non poteva
vincere in una gara d’astuzia contro L. Pensava che
anche lui si sarebbe arreso come tutti gli altri. Invece
aveva tradito le sue previsioni. Aveva vinto.
Ma
L era morto.
Come
tutti lì all’orfanotrofio era rimasto profondamente shockato. Il mito che
credevano immortale era stato consegnato al nulla. Impossibile. Inammissibile.
Ma
dall’altra parte sapeva che adesso toccava a lui portare avanti le indagini,
anche se insieme all’altro. Ciò significava che poteva tenere ancora più
sott’occhio ciò che combinava Light.
Tuttavia
il ragazzo aveva cominciato a esagerare. Era sempre
più esaltato nel suo piano di pulizia del mondo. Ciarlava sul diventare un dio.
Non andava bene, la follia aveva intaccato la sua mente.
E intanto
anche Mello era morto. Troppe persone care erano morte a causa di Light, doveva sbrigarsi a dare fine a
quella storia e a riappropriarsi del Quaderno.
E adesso
si apprestava all’ultimo atto della tragedia. Lo Yellow Box.
Era
appena entrato un certo Mikami, Light pensava di
eliminare anche l’ultimo ostacolo che gli era rimasto, lui, Near.
Idiota.
Erano
passati 40 secondi esatti dal momento in cui Mikami
aveva scritto tutti i nomi sul Death
Note. Ma nessuno moriva. Era stato troppo
facile incastrarli.
Mikami
era stato bloccato, Near teneva in mano il Quaderno e
lo mostrava alla squadra del finto L.
-I
primi quattro nomi sono senza ombra di dubbio i veri
nomi dei membri dell’SPK. Inoltre, l’unico tra i presenti di
cui manca il nome è Light Yagami. Mikami ti ha chiamato “dio” e ha detto di aver fatto ciò
che tu gli avevi ordinato. È palese. Tu sei Kira.
Light
aveva provato a ribattere sostenendo che era tutta una trappola.
Beh,
forse si sarebbe anche potuta chiamare così. Una trappola per riavere indietro l’arma necessaria a debellare
l’ingiustizia. Una trappola perché Near diceva
che Light era Kira, ma non ammetteva che era da lui che era partito tutto. Una trappola in cui, tutto
sommato, Light ci era cascato a peso morto.
Ormai
era la fine. Le prove c’erano. La fine di Kira era
prossima.
Inutile il tentativo di Light di discolparsi. Inutile il tentativo di Light di far capire quanto erano nobili le sue ragioni. Inutile ogni azione fatta da
Light dopo essere stato accusato di essere Kira.
Inutile.
Inutile anche il tentativo di fuga dopo essere stato
colpito più volte dalla pistola di Matsuda.
Inutile anche la richiesta allo shinigami
di uccidere tutti i presenti nella stanza tranne lui.
Alla
fine era come aveva sempre pensato. Solo lui, Near,
sapeva usare il Quaderno senza dare nell’occhio e
senza cedere alla follia. E avrebbe continuato a
usarlo, all’ombra del suo ruolo di detective.
Alla
fine erano ritornati di nuovo loro due. Lo shinigami nero e il ragazzo bianco.
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Fine.
Chiedo scusa a tutte le fangirl di Near. Io amo Near. (spupazza pupazzo di Near, mentre nasconde quello di Light)
Questa storia è assurda lo so.
Ma è che mi ero messa a pensare che alla fine sopravvive solo Near.
Poi quando mi metto a pensare non mi fermo e mi è venuto in mente questo: “Non è che in realtà Kira è Near?”
Domanda assurda lo so.
Però mi sono messa a battere a computer la storia, e in quasi due ore è venuta fuori ‘sta roba.
Nonostante tutte le assurdità, che ne pensate?
Spero che me lo facciate sapere nelle recensioni (se avrete voglia di scriverle, ovvio).
sameth