Premetto che questa storia è strana, ma ho cercato di darle una logica.
I personaggi si rifanno a quelli di "Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie" (Lewis Carroll), ma non ci sono tutti e alcuni li ho aggiunti io.
Quindi, vi sono evidenti riferimenti, ma anche differenze sostanziali.
Spero che la fanfiction vi piaccia e la seguiate con piacere <3
PDA (Personal Digital Assistant - spesso detto computer palmare): un dispositivo elettronico portatile che può includere funzioni presenti su un computer, un telefono cellulare, un lettore musicale o video, di una fotocamera o videocamera.
Questo è l'oggetto che utilizza Celty e che nella fanfiction chiamo, appunto, PDA.
C r u e l t y l a n d ~
Il Corriere senza testa sfrecciava
a bordo della motocicletta nera.
La tuta scura e il veicolo della donna si fondevano con le
tenebre del cielo.
Stava tornando a casa, dopo aver terminato un incarico.
Il motore ruggiva, illuminato dalla luna.
D’improvviso una ragazza le
tagliò la strada.
Celty frenò, mentre quella continuò a correre,
senza curarsi
di aver rischiato la vita. Si voltò solo a guardarla un
momento, fissando il
casco, senza che le gambe, però, smettessero di muoversi.
Era buio ed era notte fonda. Dove stava andando tutta sola?
Stava scappando? Da chi?
A rincorrerla non vi era nessuno.
Per di più i suoi abiti la rendevano alquanto strana:
aveva una corta gonna azzurra, una camicia bianca, un grande fiocco
rosso al colletto, due
occhiali tondi con la bordatura dorata; le scarpe erano stivaletti
rossi.
Soprattutto aveva due lunghe orecchie bianche da coniglio
sulla testa e una codina, simile a un batuffolo di lana.
Celty decise di seguirla.
Fu facile, poiché in strada non vi erano né auto,
né pedoni. Sì,
Ikebukuro era vuota.
Anche quella era una cosa sospetta.
La ragazza si fermò ad un semaforo non funzionante e
aspettò
che il Corriere senza testa si arrestasse dinnanzi a lei.
Le fece segno di scendere dalla moto, accompagnando la
richiesta con un elegante e gentile inchino.
Celty aveva l’impressione di averla già vista
prima, ma non
riusciva a ricordare in quali circostanze
l’avesse
incontrata o vista prima d’ora.
Era una ragazza molto carina, con il seno abbondante.
Mi segua, per favore. »
Celty la seguì, perché era questo che lei
voleva. L’aveva
aspettata, le aveva anche parlato, nonostante non avesse capito cosa
volessero
dire quelle parole.
Giunsero su una grande terrazza,
all’ultimo piano di un
palazzo grigio e vecchio.
Ci era passata una volta, forse anche di più, per di
là. In quel
momento, però, Celty non ricordava neanche per quale motivo.
La ragazza si avvicinò alla rete di protezione e la
sorpassò, riducendo la distanza tra lei
e l’aria che creava un vuoto, data
l’altezza
dell’edificio.
I capelli scuri si fondevano con la notte,
illuminata solo dalla luna, visto che il resto delle stelle era coperto
dalle
nubi.
“Qual è il tuo nome?”, scrisse Celty sul PDA, raggiungendola.
« Sonohara Anri », si presentò lei, timidamente.
La donna senza testa si chiese il perché l’aveva
portata lì
e rispetto a cosa erano in ritardo.
Non ricordava dovesse fare altro dopo l’incarico appena
svolto, perché sì, aveva svolto un incarico, ne
era sicura, ma si chiese che tipo di incarico.
Fu allora che si paventò: non le veniva in mente nulla. Era
come se non avesse avuto una vita, come se fosse appena nata. Ma era
sicura di
aver vissuto una vita felice, fino a quando aveva visto quella ragazza.
Possibile che la sua testa, chissà dove, stesse prendendo i
minuti che passavano per immagazzinarli nel cervello?
Decise di chiedere ad Anri qualcosa su ciò che stava
accadendo, ma fu proprio quando prese il PDA, che precedentemente aveva
fatto sparire
nella manica d’ombra, che una botta alla schiena le fece
perdere l’equilibrio.
Cadde nel vuoto.
Più che sentire l’aria che la accarezzava e
accompagnava la discesa del
corpo, ebbe come l’impressione di essere risucchiata da
qualcosa.
L’ultima cosa che vide fu la ragazza che stringeva una
katana al contrario: nella mano teneva la lama, il manico con il quale
l'aveva colpita, invece, era ancora rivolto verso di lei.
« Mi dispiace », disse Anri, abbassando il capo.
Le mostrò poi un orologio, piegando un poco gli angoli delle labbra verso l’alto.
Celty udì il nitrito del
suo amato compagno di corse e
decise di non utilizzare l’ombra che poteva padroneggiare per
salvarsi, perché la
moto avrebbe salvato lei.
- Ringrazio A li per la correzione. :3 -