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Autore: Aleteia Furue    24/02/2011    2 recensioni
[...]“Posso esprimere la mia opinione riguardo il suo problema, signore?” aggiunse un secondo prima di aprire la porta. Attese un cenno e continuò “Credo che il Maggiore Elric abbia le sue buone ragioni per comportarsi in questo modo.” non rispose al suo sguardo confuso, lasciando la stanza con un sorriso.
Quello lo sapeva anche lui, maledizione![...]

Edward Elric si rende conto di non trovare il Colonnello solo irritante.
Roy Mustang comincia a credere che Acciaio lo detesti ancor più di quanto non si dica in giro.
Sapevate che cercare di attirare l'attenzione rovinando gli appuntamenti altrui può portare a ripicche estremamente divertenti?
[RoyEd][Incapacità cronica nel segnare il genere]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Jean Havoc, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Castelli in aria.


Colonnello! Anche lei qui.” strillò il proprietario di una familiare testa bionda, dall'altro capo della sala. Testolina bionda, ghignante, fintamente innocente e svelta ad avvicinarsi.
Mustang non poté fare altro che battere la testa contro il tavolo, lasciando allibita la donna che era con lui.
Era la quarta volta, che succedeva.

Era da un po' di tempo che le cose avevano assunto una strana piega, al Quartier Generale.
Più precisamente, era da quando i fratelli Elric avevano recuperato il corpo di Alphonse che le cose avevano assunto un nuovo andazzo, creando qualcosa che sapeva di routine, stabilità e assestamento. Ed anche situazione nuova, che nessuno aveva il minimo coraggio di commentare di fronte a Mustang, l'unico a cui i recenti cambiamenti cominciavano a creare problemi.
Erano passati tre anni mese più, mese meno.
Il minore degli Elric si divideva tra Resembool e Rush Valley tentando una sfrenata e sempre meno disperata – o almeno così diceva durante le sue telefonate il biondino – corte all'amica d'infanzia Winry, come sempre meccanico di fiducia del maggiore dei fratelli, Acciaio.
Era lui, a conti fatti, il motivo del cambiamento repentino che stava avvenendo alla sede militare di Central City. Inspiegabilmente ed a sorpresa – tutti credevano che senza la presenza ragionevole del fratello sarebbe divenuto una mina vagante - aveva smesso di viaggiare o ficcarsi nei guai, dedicandosi prettamente al lavoro d'ufficio e alla ricerca, a meno che non venisse espressamente richiesta la sua collaborazione in qualche caso ostico.
Tre anni di quiete per quel ragazzo e per chi lo circondava.
Molti mormoravano che fosse uno spreco tenere un tale elemento così poco sfruttato, ma Hawkeye aveva fatto notare che il ragazzo aveva lottato abbastanza durante gli anni passati e che anche come ricercatore poteva dare un grande contributo all'esercito. Con il tempo il carattere del ragazzo sembrava anche essere migliorato una volta dissolto in parte il peso degli errori del passato, senza però mai dimenticarli, grazie al braccio e alla gamba ancora artificiali e alla volontà di non cambiare le cose; con l'anima di Al di nuovo in un corpo di carne ed ossa non c'era più motivo di affannarsi, lui stava bene anche così.
Era gentile, disponibile, un ottimo conversatore – auto-ironico no, meglio non chiedere troppo dalla vita – ed un lavoratore instancabile.
“Un rompiscatole senza vita sociale; dobbiamo triplicare il suo lavoro ti dico.”
“Signore ha già provato con questa tattica e non ha funzionato.” replicò Hawkeye, trattenendo un sospiro rassegnato. L'unico con la quale l'Alchimista d'Acciaio non sembrava voler instaurare un rapporto minimamente cordiale era, neanche a dirlo, Roy Mustang.
Non perché fosse scortese con lui, beh sì lo era, ma non era per quello che il Generale aveva problemi nei confronti del ragazzo: i battibecchi erano routine ed era lo stesso moro a trovare che fossero un intermezzo divertente. In parole povere, Edward era quasi autorizzato a tenere un atteggiamento arrogante ed indisponente con il superiore.
Il problema si poneva fuori dagli uffici militari.
“Non solo non capisco come faccia a sapere sempre dove trovarmi, ma nemmeno capisco cosa ci trovi di divertente.” si lamentò il militare, accasciandosi sulla scrivania colma di documenti da firmare entro quel pomeriggio.
Le cose andavano avanti così da alcune settimane: dopo un periodo di congedo per stare accanto al fratellino che aveva problemi con delle ricerche che sta intrattenendo autonomamente, Edward Elric era tornato, pronto a riprendere il suo ruolo di Alchimista di Stato assumendo un atteggiamento esemplare, come da tre anni a quella parte. Irriconoscibile.
Ma per il Colonnello, per fortuna, perché non aveva mai amato i bruschi cambiamenti, non c'era stato alcun mutamento: era il solito marmocchio un po' troppo energico, per essere uno alto un metro e uno sputo.
La prima volta che i guai di Mustang ebbero inizio, l'uomo non gli diede peso: ritrovarsi Acciaio nello stesso locale in cui aveva portato a cena una signorina piuttosto interessante era stata una sorpresa, certo, ma non aveva pensato altro, se non che per Acciaio era stata una buona occasione per dargli fastidio, nient'altro; certamente non che sarebbe divenuta una routine.
Ovunque andasse, Acciaio era già lì; pronto ad urlare con un'aria che di innocente aveva ben poco quanto piccolo fosse il mondo; evidentemente doveva rivedere il livello di arguzia delle sue compagnie saltuarie, perché nessuna si rendeva conto che, di casuale, non c'era un bel niente nei loro incontri.
Come se la cosa, poi, non fosse già abbastanza snervante il più giovane riusciva anche a concentrare su di sé l'attenzione la maggior parte delle volte monopolizzando la conversazione.
Approfittando del nome che aveva in città e di tutto ciò che comportava essere stato il più giovane Alchimista di Stato di tutti i tempi.
Non importava se fuori città, in un locale raffinato o l'ultimo bar in cui Mustang sarebbe mai entrato: lui era lì. Prima di lui, spesso e volentieri.
La volontà che il ragazzo aveva di procurargli problemi era tale da spingerlo a dargli così tanto il tormento? Immaginava che no, non era il tipo di persona che agiva per puro capriccio, rischiando anche un richiamo disciplinare. Non senza una ragione valida.
Alla prima occasione gli avrebbe parlato, sì era così.
“Quando lo troverà il tempo, poi! Non ha sempre un mucchio di lavoro da fare?” sbottò irritato, guardando con astio il suo di lavoro.
“Svolge sempre le sue mansioni con celerità e particolare cura, signore.” fece notare la donna, raccogliendo una minima parte delle scartoffie che il superiore avrebbe dovuto firmare quel giorno, scostandosi dal tavolo per uscire, diretta verso i destinatari “Le consiglio di fare lo stesso se non vuole restare qui oltre l'orario.” minacciò raggiungendo la porta dell'ufficio, in realtà rassegnata a dover fare gli straordinari assieme all'uomo e agli altri. Per l'ennesima volta quel mese.
“Posso esprimere la mia opinione riguardo il suo problema, signore?” aggiunse un secondo prima di aprire la porta. Attese un cenno e continuò “Credo che il Maggiore Elric abbia le sue buone ragioni per comportarsi in questo modo.” non rispose al suo sguardo confuso, lasciando la stanza con un sorriso. Quello lo sapeva anche lui, maledizione!
“Buongiorno!” una voce fuori porta, familiare.
“Buongiorno Edward, il Colonnello è in ufficio.”
Si parlava del diavolo, appunto.
Un paio di colpi ben assestati alla porta e l'apertura di questa senza aspettare alcun invito, precedettero l'entrata del giovane Alchimista “Mi hanno dato questi da farle controllare.” borbottò irritato, perdendo completamente il tono gentile che aveva tenuto con la donna fuori l'ufficio “E questo è il lavoro che mi aveva chiesto.” porse due plichi differenti, prontamente raccolti dal moro che li controllò superficialmente, come se non fossero di sua competenza.
“Perfetto, puoi andare.” lo scacciò questi, senza degnargli che un'occhiata simile a quella dedicata alle scartoffie, in buona parte ancora irritato dal discorso che aveva tenuto con Hawkeye.
Perfetto.” non si accorse delle nocche strette e dell'aria dispiaciuta del biondino e prese quella ripetizione come un insulto. Da copione.
Alzò lo sguardo improvvisamente, come se si fosse appena ridestato, ma non c'era più traccia della delusione, negli occhi dorati del sottoposto “Anzi no.” non aveva forse detto che gli avrebbe parlato, quale occasione migliore di quella?
“Acciaio, hai impegni questa sera?” chiese, con noncuranza.

Il ragazzo scostò una sedia dalla scrivania accomodandovisi senza troppi complimenti, un sopracciglio inarcato scetticamente, camuffando quell'accenno di delusione iniziale. La risposta era sì: Mustang, secondo quanto gli aveva detto Fury, doveva vedersi con una donna e- si rese conto in quel momento di cosa volesse parlargli; effettivamente pensava che sarebbe stato richiamato già alla seconda volta. Quella sera sarebbe stata, invece, la sua quinta improvvisata.
Forse l'Alchimista di Fuoco aspettava che i suoi dispetti da moccioso trovassero una loro fine da soli o, chi poteva saperlo, si era convinto che recuperare il corpo del fratello gli avesse bruciato più neuroni del previsto. Aveva pensato anche lui a quell'ipotesi, la prima volta che aveva visto Mustang in compagnia di una donna: era in quel locale per puro caso, in compagnia di alcuni giovani Cadetti, che per età più si avvicinavano di più alla sua e con la quale aveva fatto conoscenza, perché vicini di camera agli alloggi militari. Una compagnia piacevole, nonostante lo trattassero con fin troppa deferenza, rimarcando la differenza di rango. A volte credeva che si sentissero più in dovere di invitarlo che altro, ma non gli importava finché all'apparenza sembravano divertirsi tutti. Lui almeno poteva dire di passare momenti piacevoli.
Erano lì, pronti ad uscire dopo una lauta cena, quando con la coda dell'occhio il biondino aveva visto il superiore splendidamente abbigliato entrare nel locale, accanto a lui una donna stupenda, dall'aria decisa e le forme morbide al punto giusto.
Splendidamente abbigliato, con una splendida donna. E non sembrava aver notato la presenza del ragazzo.
Aveva agito senza pensare e prima di essere fuori aveva salutato gli altri e si era diretto spedito verso il tavolo del Colonnello e della sua bella accompagnatrice.
Che coincidenza!” aveva trillato, salutando con garbo la donna e riuscendo ad ottenere tutte le attenzioni di lei. Si era reso conto, a fine serata, di aver raggiunto solo in parte l'obiettivo.
Aveva rovinato la cena certo, ma non il seguito.
Aveva ottenuto le attenzioni che voleva, ma non dal Colonnello.
Aveva chiesto una decina di volte a sé stesso cosa stesse facendo e perché.
Aveva trovato una risposta negli occhi scuri che lo guardavano come un bambino capriccioso, che non voleva andare a dormire e lasciare mamma e papà finalmente soli.
Era geloso.
Inizialmente credeva di essere geloso delle conquiste di Mustang, convincendosi che avrebbe voluto emularlo per dimostrargli che, anche in quel campo, poteva raggiungerlo e superarlo. Solo che non riusciva a dimostrare alcun interesse per le ragazze.
Winry – che aveva delle commissioni da sbrigare a Central – e suo fratello gli avevano fatto notare, non troppo delicatamente, che probabilmente stava evitando il problema vero.
Un problema che, checché lui ne dicesse, si protraeva da anni e che ora era giunto ad esternarsi concretamente.
Il Colonnello era l'unico con la quale era sempre furibondo, nervoso e per la quale era in agitazione. Sempre.
Senza contare tutti quei sintomi che aveva, ostinatamente, tentato di reprimere.
Ci aveva pensato per tutta la notte, dal colloquio con i due e pure durante le pause a lavoro, finendo con il subire le prese in giro di un Havoc fin troppo accorto.
Alla fine, era giunto ad una conclusione.
Era geloso.
Non del continuo corteggiare le donne, ma proprio della persona del Colonnello.
Realizzarlo lo aveva lasciato devastato per alcuni giorni. Poi, senza pensarci, aveva pensato che doveva fare qualcosa: una sciocchezza, qualcosa di irrazionale, pure di stupido; ma doveva muoversi.
Fury, devo chiederti un favore.
Ah, dimmi. Se posso ti aiut-
Sei in grado di dirmi esattamente gli appuntamenti del Colonnello?” la richiesta aveva spiazzato il moro ma, dopo aver posto qualche piccola domanda – giusto per capire se stava rischiando il posto o di morire incenerito - aveva pensato bene di farsi gli affari propri.
Il luccichio negli occhi dell'alchimista non era per niente rassicurante.
Alla fine, Edward aveva per lo più fatto da sé, pedinando il superiore – ripensandoci, forse non era propriamente normale come atto, ma pazienza – visto che Mustang prendeva molti più appuntamenti dal vivo che per telefono.
La sua risposta a quella gelosia era stata infantile e gli faceva più male che bene.
E la scena della prima sera si era ripetuta altre tre volte; per fortuna il Colonnello aveva fin troppo da fare al lavoro per fare il galante ogni volta.
Era certo che, molto più spesso, si accompagnava alle medesime donne senza aver bisogno di adularle con una cena. Altrimenti sarebbe stato difficile tenere il passo con il lavoro.
“Acciaio?” richiamò il moro. Doveva essere rimasto un po' troppo a lungo a rimuginare sui giorni appena trascorsi, quasi dimentico della domanda.
Acciaio, hai impegni questa sera?” Avrebbe davvero voluto che l'avesse chiesto per interesse nei suoi confronti.
“No.” borbottò stanco, cercando ostinatamente di far sembrare scocciatura la rabbia e la delusione che provava verso sé stesso. Essere gelosi implicava l'esistenza di altri sentimenti, qualcosa a cui non voleva pensare, per non rendere definitivo il punto di non ritorno.
“Beh, trova qualcosa da fare: è una serata alla quale tengo e, questa volta, non posso permetterti di venire a giocare.”
Come sospettava la ramanzina serviva a quello, ed ora aveva finito di giocare.
“Certo, signore!” si esibì in una copia approssimativa del saluto militare, alzandosi dalla sedia sulla quale si era stravaccato, certo di non aver lasciato trasparire alcun sentimento reale.
Giocare.
Fino ad allora era stato zitto solo per lasciargli un passatempo? Dargli il contentino? Si sentiva stupido e non voleva pensarci. La verità era che aveva travisato molte cose e si era prepotentemente illuso, come sempre.
Perché un uomo avrebbe dovuto interessarsi ad un ragazzino?
C'erano problemi legati all'età, al sesso, al fatto che facessero entrambi parte dell'esercito.
Non c'era ragione perché a Mustang potesse interessare un ragazzino, di sesso maschile, giovane la metà dei suoi anni, abbastanza da compromettere la propria posizione. O di compromettersi e basta.
Uscì dall'ufficio salutando con un grugnito, battendo con forza la porta alle sue spalle.
Lo faceva spesso e l'uomo non avrebbe notato la differenza tra questa e le altre volte.
Si chiese che scopo avesse rendersi ridicolo in quel modo; sospirò, non trovando una risposta adeguata, dandosi dello stupido e scuotendo forte la testa, in modo da scacciare via ogni sentimento negativo, prima di rientrare nell'ufficio che condivideva con gli altri.
Se proprio avesse voluto biasimarsi l'avrebbe fatto nella propria camera, più tardi.
“Giovane Elric, tutta la tua persona persona sembra circondata da un'imperscrutabile aura malinconica!” non ebbe tempo che di vedere la parte superiore di una divisa e una camicia volare lontano, prima di essere travolto e stretto in uno dei soliti abbracci di Armstrong.
“Mi lasci, mi lasci, MI LASCI, MI STA STRITOLANDO!”
“Oh, chiedo scusa. Sembri giù di corda ultimamente ed ho pensato potesse esserti utile un abbraccio: se vuoi raccontami pure cosa ti fa soffrire.” si rese disponibile il militare annuendo più volte mentre vantava una delle tante tradizioni degli Armstrong, anche se non c'entrava nulla né con l'ascoltare, né con la psicanalisi.
Non aveva davvero pensato di doversi rivolgere ad uno psicologo, vero?
“Ah, lasci stare Maggiore!” esclamò, mostrando un sorriso smagliante “Forse è solo un po' di stanchezza.” mentì. Il Maggiore era una brava persona, forse anche abbastanza sensibile da poterlo comprendere, ma non la persona adatta per parlare del suo piccolo problema. Troppo vicino alla fonte dei suoi problemi.
Era un povero stupido diciannovenne alla prima cotta, d'altra parte.
“Mi hanno detto che sei un gran lavoratore.” convenne il più grande “Non ti negherebbero una vacanza, se la chiedessi.” profetizzò, immaginando che il ragazzo la meritasse davvero.
Ed il biondino ci pensò seriamente a quella possibilità.
Ma aveva già chiesto una licenza per andare ad aiutare il fratello, perciò scartò l'idea “La ringrazio Maggiore, ma basterà che passi il mio giorno di riposo oziando completamente e sarò di nuovo in forma.” sperò di potersi congedare, dopo quelle rassicurazioni, anche se avrebbe preferito avere un contrattempo così da poter giustificare un ritardo in ufficio.
Voleva tornare agli alloggi abbastanza stanco da sprofondare nel mondo dei sogni in poco tempo.
Gli occhi dell'altro, effettivamente, lasciavano intendere che la conversazione non fosse conclusa “Ci chiediamo tutti che fine abbia fatto il vecchio Edward Elric.” buttò lì il soldato più grande, come se stesse parlando del tempo. Ed era già sfuggito a quella domanda – cosa ti ha ammorbidito? - ma non aveva risposto a nessuno, perché non sapeva cosa dire. Un'altra cosa di sé che non capiva.
“Non c'è un motivo, forse non ho più alcuna ragione per essere scontroso.” non era una risposta coerente, lo sapeva, ma sperava potesse bastare.
L'uomo sfiorò i baffi, lisciandoli pensieroso, osservando la porta dell'ufficio dell'Alchimista di Fuoco, allusivo. Quanto aveva detto non valeva certo per tutti.
Edward non aveva voglia di parlarne, perciò decise di congedarsi con una risata divertita ed una battuta feroce contro il Colonnello.
“Credo comunque che il vecchio Alchimista d'Acciaio avrebbe lottato.” era stato poco più di un sussurro ed il ragazzo pensò di esserselo immaginato.
Voltandosi aveva visto il Maggiore Armstrong dall'altra parte del corridoio, camicia e giacca a coprirgli l'esagerata muscolatura. Allucinazioni uditive: forse doveva davvero chiedere un non così breve permesso di licenza.

“Edward, torna pure a casa: oggi sembri distratto.” la mano che con delicatezza si era poggiata sulla sua spalla era di Hawkeye; si rese conto solo dopo aver ascoltato le sue parole di averci messo quasi due ore per leggere un rapporto dalle proporzioni insignificanti.
Le sorrise grato, muovendo la testa per sgranchire i muscoli del collo e far passare la sensazione di indolenzimento, incrociando – vedi che fortuna – lo sguardo di Mustang, lì per recuperare delle carte da Falman e che sembrava non starlo studiando da pochi secondi. Lo stava fissando.
Il ragazzo ordinò a se stesso di non arrossire, raccogliendo con calma le sue cose nella borsa, nei cassetti della propria scrivania e lasciando altri sul legno lucido, perché la donna potesse controllarli più tardi.
Salutò tutti con un sorriso e sussurrando un “Signore.” rivolgendosi al Colonnello.
Una licenza. Qualche giorno di ferie per poter far pace lucidamente con sé stesso; il pensiero non lo aveva ancora abbandonato, non del tutto.
“Signore.” chiamò una seconda volta, usando una deferenza che mai con lui si sarebbe sognato di mostrare “Sarebbe possibile avere qualche giorno libero, la prossima settimana? Avrei un impegno al mio villaggio natale.” usare quel tono distaccato ma rispettoso forse era stata una buona idea: l'altro era spiazzato.
“Non sei appena tornato da una vacanza per incontrare tuo fratello?” ribatté.
“Ricerche, non vacanza.” immaginava che qualche intoppo sarebbe stato trovato, ma non aveva potuto fare a meno di sperarci. Attese ancora, speranza affievolita ma viva.
L'uomo sembrò incerto ma quando parlò ne uscì un soddisfacente “Approvato. Fammi avere la richiesta il prima possibile, se sei certo di non avere impegni urgenti qui.” non sembrava convinto, ma l'importante era il risultato. Ringraziò e salutò formale, lasciando la stanza dopo averla percorsa a grandi falcate.
Avrebbe avuto del tempo per pensare.

Si era totalmente estraniato dal mondo, leggendo un libro interessante ma che aveva – esattamente come previsto – assunto le stesse funzioni di un sonnifero. Si era anche allenato un po', per non arrischiarsi in pensieri molesti e messo a letto.
Sarebbe stato curioso di vedere chi fosse stata, questa volta, l'accompagnatrice di Mustang.
Ogni volta si trattava di una donna diversa e l'unica cosa che accomunava tutte era la bellezza, mista ad una certa sicurezza nei modi; parlandoci, durante le sue improvvisate, aveva scoperto che si trattava anche di donne piuttosto intelligenti e gentili; comprese che anche per loro si trattava di una serata priva di promesse.
Farsi piacere un uomo, ed uno di quella pasta! Solo lui poteva finire in certe, orribili, situazioni.
Al mattino si svegliò presto, lavandosi e tirando in fretta i capelli nella coda alta, indossando la divisa perfettamente in ordine e lasciò la propria stanza con la borsa su una spalla ed il cappotto poggiato disordinatamente sul braccio.
Aveva preso il modulo per richiedere formalmente le ferie e si era recato in ufficio, pronto tanto a compilarlo quanto a sistemare tutte le pratiche in sospeso e lasciare varie disposizioni agli altri ricercatori del laboratorio, passando di lì nel pomeriggio o nella pausa pranzo.
Voleva partire già l'indomani.
“Eh? Ci abbandona per tutto questo tempo capo!” si lamentò Jean, mordicchiando il filtro.
“Una settimana non è tutto questo tempo.” scimmiottò ilare, raccogliendo le sue cose a fine giornata.
Il permesso lo aveva affidato alla diligente Hawkeye, con la scusa di avere troppo da fare per andare direttamente dal Colonnello. La bionda si era scambiata uno strano sguardo con Havoc ed aveva annuito, senza commentare in alcun modo.
Era, comunque, l'unico che riusciva sempre ad ottenere il permesso per uscire prima di Mustang, visto che aveva anche il controllo al laboratorio, perciò non ci furono storie.
“Ci rivediamo il prossimo Lunedì, non li strapazzi troppo.” salutò il Tenente mentre lasciava la stanza.
“Non passi a salutare il Colonnello?”
Deglutì a vuoto. Era una sua impressione o negli occhi della donna aleggiava una certa consapevolezza? Stava diventando paranoico.
“N-no, non vedo perché dovrei.” fu fin troppo brusco, e lo sguardo divertito della donna lo confermò. Merda.
“Ne resterà dispiaciuto.” rispose pacata. Lui non credeva proprio, ma non voleva prolungare troppo quel discorso perciò scrollò le spalle, lasciando intendere che non fosse un suo problema, lasciando l'ufficio senza aspettare ulteriori commenti. Non voleva ascoltarli.
Non incrociò il Colonnello per nessuno dei corridoi come fin dal mattino aveva immaginato: gli dispiaceva, ma sapeva di aver anche evitato una scena patetica visto che non aveva idea di come comportarsi con lui, dopo il rimprovero del giorno prima.
Tenere quel comportamento neutro poteva, a lungo andare, tradirlo; e se Hawkeye si era resa conto di qualcosa – perché certamente era così – allora c'erano molte possibilità che anche Mustang avesse compreso tutto. E non riusciva più a mantenere vivi quei siparietti senza sentirsi frustrato.
Salutò tutti al laboratorio e tornò sui suoi passi, dritto verso gli alloggi.
Nemmeno sulla strada del ritorno incontrò l'Alchimista di Fuoco.

“Quindi sei qui perché stai scappando?” quasi si strozzò, sentendo il fratello dirgli una cosa simile e con così poco tatto. M-Ma!
“Certo che no!” urlò isterico, posando la tazza di caffè sul tavolo “Voglio prendermi del tempo per pensare. Sai, se all'improvviso mentre guardi un tuo superiore pensi cose che-.” assunse un'invidiabile tonalità pomodoro, ripensando ad una certa fantasia che aveva fatto quella mattina, in treno. Era normale? Immaginava che lo sarebbe stato, se l'avesse fatte su una qualunque donna.
“-non sto qui a ripetere, è naturale essere un tantino confusi.” protestò.
“Considerando che è una cosa improvvisa solo per te... sì, stai proprio fuggendo.”
“Tu piuttosto?” cercò di cambiare argomento il maggiore, ignorando quella nuova allusione alla 'cotta repressa'.
Alphonse sorrise “Ieri Winry mi ha chiesto di accompagnarla ad una sorta di fiera dell'auto-mail!” trillò gioioso, come se non vi fosse niente di più bello al mondo.
Edward ripensò a quando Mustang gli aveva chiesto se avesse impegni, per quella sera, e al desiderio furioso che quella domanda nascondesse un invito. Forse poteva comprenderlo, ma non sarebbe mai riuscito a farsi piacere una fiera di accendini.
No, aspetta... che stava farneticando?
“Fratellone, davvero non ti rendi conto che è una cosa che va avanti da tempo, la tua?”
“Che intendi dire?” Alphonse inclinò il capo, chiedendosi se il fratello stesse mascherando o meno la realtà dei fatti anche a sé stesso, in un ultimo tentativo di difesa.
“Che non è una questione di settimane o mesi; hai una colossale cotta per il Colonnello da anni.”
“Non credi che me ne sarei accorto?” replicò sarcastico.
“Infatti te ne sei accorto: adesso.”
Che se ne fossero davvero accorti tutti tranne lui? Avrebbe spiegato le parole del Maggiore e lo sguardo del Tenente. Ma non cambiava le cose.
Se ne era accorto anche il Colonnello? Cazzo.
“Perché tu hai preso così bene il fatto che stia sbavando dietro un uomo?”
“Cerca di non sbavare sull'auto-mail, se proprio devi farlo.” Winry si palesò, trafelata e stanca, poggiando sul tavolino del bar dove sedevano, un numero imprecisato di sportine e pacchetti. Ed masticò un insulto, prima di riprendere il discorso senza troppi complimenti, tanto la ragazza aveva già capito su cosa vertesse, visto l'interesse che dissimulava a fatica.
“Mi è stato chiesto perché sono cambiato.” cominciò, passando apparentemente ad altro argomento, in realtà trovava che fattore 'infatuazione' – che parola stancante – e 'mutamento' fossero due facce di una stessa medaglia “Non ho mai saputo rispondere, ma in treno ci ho pensato: è vero che non voglio più lottare per nient'altro.” strinse la radice del naso tra il pollice e l'indice della mano buona, grattandosi poi pensieroso.
“Eh?!” urlò scandalizzata la ragazza, attirando l'attenzione di qualche avventore vicino “Stai dicendo che non farai nulla, niente di niente?”
“Ci ho già provato, non funziona!” mormorò, accasciando la testa contro un angolino del tavolo lasciato libero dalle buste. Al e Winry si guardarono allibiti.
“Come ci hai provato?”
“Ho-.” pausa, dettata dalla vergogna “Ho seguito il Colonnello, interrotto alcune sue cene e...”
“E...?” lo incoraggiarono.
“Sono stato richiamato per questo e non l'ho salutato prima di andar via.” concluse, incapace di alzare il volto.
“Infantile.”
“Che razza di metodo, sei un idiota.”
“Fratellone, è ridicolo.”
“LO SO DA ME, NON INFIERITE!” strillò muovendo le braccia come un ossesso e attirando questa volta l'attenzione del locale intero e pure quella di molti passanti.
“Se il Colonnello non riesce a stabilire un rapporto stabile con nessuna donna, non potrebbe essere che cerchi solo di mascherare un'eventuale omosessualità?” ragionò la meccanica, giocherellando con la cannuccia del proprio succo di ciliegia.
“Ti prego di non dire cose che vanno al di là della fantascienza.”
“Invece potrebbe avere ragione.” convenne il minore. Edward grugnì: quei due non lo stavano prendendo sul serio? O credevano davvero in ciò che dicevano?
“Forse dovresti essere più diretto.” continuò la biondina “Potresti sedurlo, oppure confessare il tuo amore per lui alla prima occasione adatta, magari aspettando assieme un tramonto stupendo.”
Alphonse annuiva, anche se sembrava più star annotando mentalmente tutto, per utilizzarlo in futuro.
“Come una ragazzina molesta, col cavolo!”
“Come se non ti fossi già reso ridicolo.” la sincerità di quella ragazza faceva male, a volte.
Mustang usciva con un mucchio di donne perché era un esaltato pezzo di merda, non c'erano ragioni alternative; il Colonnello amava solo sé stesso.
Amore.
Non aveva mai pensato seriamente a cosa fosse dovuta la sua gelosia, a che sentimento effettivo o affettivo. Ci aveva pensato, d'accordo, ma non si era mai voluto dare una risposta: convincersi che la sua era un'attrazione fisica e nient'altro era stato facile.
Anche se aveva mentito a sé stesso.

La settimana volò ed il ragazzo comprese soltanto che ci sarebbe voluta ben più di una piccola licenza per far pace con le scelte che, volente o dolente, il suo cuore – che stupidaggine – aveva già preso, senza interpellare il cervello; non accettava il fatto che, neanche in quello, potesse essere tutto normale e che dovesse ancora trovare ostacoli così imponenti.
Non era pronto ad affrontare i risvolti di un'infatuazione così strana. Un'infatuazione che era già qualcosa di più.
Proprio per quello doveva buttarsi: sapeva che non poteva arrendersi – non solo per Mustang, ma anche perché stava diventando l'ombra di Acciaio -, e che doveva essere pronto a tutto: soprattutto alla possibilità di subire l'umiliazione più grande della sua vita.

Note: non dovrei star buttando giù questa cosa nuova solo che avevo – ho - la febbre e mi è saltata in testa l'idea di Ed che si mette ad infastidire Mustang.
Era una scenetta comica, poi è diventata non saprei dire come questa cosa di una tristezza assurda (e non in senso positivo ç_ç).
Se vogliamo pensare alla serie di riferimento direi subito la prima, con tutti i What if? del caso.
Edward non ha recuperato i suoi arti, ma solo il corpo di Alphonse.
Come al solito, la mia idea di IC fa a cazzotti con il senso comune ma pazienza, perché davvero non riesco a vedere diversamente; Ed non lo trovo OOC perché, come spero si capisca, finge il suo buon umore e la sua spensieratezza: cosa che faceva anche nell'anime (o nel manga) spesso e volentieri.
Sperando di non aver annoiato nessuno – sono troppo prolissa ç_ç – con inutilità di troppo, si accetta ogni tipo di critica costruttiva o commentino che possa farmi sapere cosa ne pensate o come migliorare. Grazie per essere arrivati fin qui e al prossimo capitolo. <3

  
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