Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: BlackClover    26/02/2011    4 recensioni
" Ambientato dopo il finale della seconda stagione, siamo alle prese con l'eternità che vincola i demoni Ciel e Sebastian in una atmosfera ambigua e confusa. E a una convivenza forzata passata a fianco l'uno dell'altro, dovranno ritrovare un nuovo equilibro, ma per due demoni legati assieme da un vincolo senza tempo il concetto di equilibrio non sempre esiste.
Ma se esistesse avrebbe un confine veramente molto sottile in continuo procinto di rompersi. "
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ Ho sempre voluto illustrare le copertine delle mie fanfiction e ora lo sto facendo. Spero infatti che questa vi piaccia. Voglio che dall'inizio alla fine sia un lavoro unico e originale. Mio, soprattutto, grazie per ogni valutazione, mi riempie di gioia leggere di quello che ne pensate.




Quel maggiordomo, nutrimento.









Fame.




Gli alberi sussurrano al buio, trascino a stento gli arti doloranti non ho tempo di ascoltarli. Questa volta non era stato semplice procurarmi un’anima e lo scontro uno contro sei si era fatto problematico. Non ero più in forze come un tempo ma questo era superfluo, lo era sempre. Uscito dalle tenebre che mi avvolgevano con la foresta circostante la fiamma di una lampada mi salutò; balenava al vento appesa davanti all’entrata di una logora porta in legno, come una mera illusione nella notte. Dai vetri anneriti dalla polvere la musica di un giradischi suonava a ripetizione opere che conoscevo a memoria, e che a forza di ascoltare avevo finito per apprezzare.
Appoggiai pesantemente una spalla al muro vicino alla finestra, non riuscivo a distinguere nessun movimento all’interno del cadente rudere dove non sembrava celarsi anima viva. Mi sporsi non desideroso di farmi scorgere subito: un fuoco era acceso nel camino, ma il tentativo di controllare mi tradì aprendo nuovamente la ferita.
«..aah …gh» stringendo i denti, buttai uno sguardo alla camicia e una macchia rossa si allargò rapidamente « ...dannazione » di certo non avrebbe perso l’occasione per rimproverarmi il non sapermi presentare in modo decoroso…avrei dovuto fingere e sorridere come se la cosa non mi recasse alcun problema, neppure se fosse lui stesso ad’aprirmi la ferita di nuovo, solo per il gusto di cogliermi in viso una smorfia di dolore.

Degli spostamenti verso la finestra mi dissero che aveva avvertito l’odore del sangue. Ignorando le ferite mi scostai velocemente per bussare alla porta con dei brevi colpi ripetuti « Giovane padrone, sono tornato ».
La figura minuta rapidamente apri la porta facendosi  trovare di nuovo, come per incanto, seduta comodamente sull’unica poltrona che mi ero dedicato personalmente, nei giorni precedenti, a ripulire per lui da anni di deposito di polvere. Non mi fissò, ne si pronunciò, aspettò come ipnotizzato dal fuoco che io chiudessi la porta alle mie spalle « Dove sei stato finora? ».
Cercando di non tradire la sofferenza sorrisi e m’inchinai come da consuetudine
« Sono stato a caccia per voi, come mi avete ordinato ».

Un colpo di bastone da passeggio suono severo sulle assi del pavimento « ... Troppo, ci hai impiegato troppo tempo ». Non alzai il capo a fissarlo, l’aria era resa pesante dall'aura che irradiava mentre abbandonò il suo posto sulla poltrona e mi veniva minacciosamente incontro, usai un tono formale e monocorde per apparire innocuo e passivo davanti al suo sguardo che sembrava volermi sondare il cranio
« ...dei contrattempi lungo la strada, mio signore. Si sono resi conto che non l’avevo ancora divorata ».
Insinuò la sua mano sinistra fra i miei capelli, mentre l’altra reggeva saldamente il bastone, mi costrinse a tenere il capo dolorosamente all’indietro facendomi sfuggire un gemito fino a portare i miei occhi a incontrare i suoi «... E non l’hai fatto, vero?»

Deglutii a fatica, i begl’occhi un tempo eterei erano divenuti due rossi abissi di collera, che non conoscevano e non sapevano dare pace nonostante conservasse tutt'ora uno spaventoso sangue freddo.
Di cosa si cibasse veramente non ero ancora riuscito a determinarlo con certezza, mi strattono brevemente nella presa della sua mano sinistra per riportarmi all’attenzione e riuscì nel suo intento, una risposta gutturale mi usci dalla gola.
« ... No, l’ho con me »
« Dammela. »

Allentò la presa per permettermi di avvicinarmi, presi fra le mani il suo viso, era di una bellezza disarmante. Un fiore ultraterreno che sembrava stesse sempre per sbocciare con delle labbra delicate e severe per cui uno uomo o una donna sarebbero stati disposti a morire. Condannato ad avere l’animo di un uomo adulto relegato per sempre nel corpo di un fanciullo. L’Onnipotente aveva fatto un gran lavoro con lui. Ma tanta bellezza racchiusa in quegli occhi in cui risiedeva un tempo in entrambi l’azzurro di un cupo cielo invernale, insieme a quei corti capelli che al tatto parevano seta e nella sua figura disgraziatamente amabile, era stata una stoltezza. Perché non era passato inosservato. Nemmeno a chi, come me, amava rovinosamente corromperla come tutte le sue opere. Ma a quanto pare Dio aveva voluto pagassi affondo per il mio peccato, il contratto che gli avevo imposto in cambio della sua anima irradiava il tenebroso colore di una foresta perduta nel suo occhio destro, ora che era divenuto anche lui un eterno ed errante figlio del buio ero costretto a seguirlo e a sottostare ai suoi ordini fino alla fine dei tempi.

« Yes, my Lord... » Posai discreto le mie labbra dischiudendole sulle sue, erano morbide e fredde. Non era una situazione intima come poteva apparire, per lui era un gesto come un altro. Era così che avevamo scoperto la prima volta che un’anima si poteva condividere… ma la sua ingordigia come l’aveva sempre avuta per i dolci in vita, faceva si che praticamente non riuscissi a sostentarmi nella divisione se non in minima parte.
Aspirò dalle mie labbra tutto quello che il suo cuore riusciva a contenere, l’anima usci fuori quasi del tutto passando alla sua bocca e io caddi in ginocchio stremato e respirando affannosamente.
Mi fissò dall’alto sfoggiando un sorriso di scherno, facendomi cadere a monconi sul pavimento colpendomi al petto con il lucido manico del suo bastone da passeggio.

« ... Non farmi aspettare più così tanto ».
Morsi le labbra fino a sbiancarle la ferità si era aperta di nuovo cosa che sembrò gradire, allargando ulteriormente il suo sorriso di fanciullo. La rabbia invase il mio corpo e divampò nei miei occhi bruciante restringendo le pupille a due fessure.

Il mio signore ricambiò calorosamente lo sguardo,
apparendomi come un demone che sembrava riuscire a nutrirsi solo nel dolore...

   
 
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