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Autore: Iyah May    27/02/2011    12 recensioni
ATTENZIONE: Questa FF è il racconto di ciò che mi è davvero accaduto il 22 Febbraio 2011, giorno del concerto a Bologna degli ALL TIME LOW.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: Questa FF è il racconto di ciò che mi è davvero accaduto il 22 Febbraio 2011, giorno del concerto a Bologna degli ALL TIME LOW.
I FATTI E I PERSONAGGI CONTENUTI IN QUESTO RACCONTO SONO REALI.  Ci tengo a precisarlo perchè c'è gente che si è spacciata per autrice del mio cartello per farsi figa con gli altri.


Questa FF voglio dedicarla ad una persona speciale che era con me quella sera: grazie di tutto JaseyRae_



GROUPIE

2 ore 35 minuti e 49 secondi. Era il tempo che mancava all’apertura dei cancelli. Si, avevo fatto il countdown, così come avevo passato gli ultimi mesi scrivendomi ogni giorno, sul palmo della mano sinistra, i giorni che mancavano al concerto. Ancora non ci credevo: ero lì e mancava così poco. Nella mia mente scorreva un flusso di parole, ripassavo ogni singolo testo di ogni singola loro canzone, in modo da non fare brutta figura. Pensavo, forse anche troppo. Speravo di arrivare in prima fila, speravo succedesse qualcosa di interessante, speravo, speravo, speravo. Non avevo fatto altro che sperare di vederli da quando li avevo sentiti per caso su YouTube. Si ok, li avevo visti a settembre all’I-Day Fest ma, se devo essere sincera, non avevo visto molto, data la mia ‘imponente statura’ e la ‘poca gente’ che c’era. Avevo assolutamente bisogno di un’altra serata per godermeli.
Ero lì fuori ad aspettare e non ero sola. Con me c’erano persone fantastiche: i tre ragazzi che avevano reso tutto questo possibile, regalandomi questo viaggio a Bologna. Erano i musicisti del mio gruppo, Met, Olly e Papo. E poi c’era una ragazza conosciuta da poco e che aveva le mie stesse passioni: voglio chiamarla Jasey, in onore di una canzone che avremmo ascoltato quella sera.
Una rapida occhiata dentro il mio zaino. Ho visto il mio reggiseno azzurro che volevo lanciare sul palco e il piccolo cartello con scritto ‘Groupie’, con una freccia che mi indicava, che avevo fatto proprio quella mattina, dopo essere stata invasa da una voglia incredibile di fare qualcosa di stupido che probabilmente non sarebbe servito a niente.
Un’altra sigaretta, fumata velocemente, in preda all’ansia e al nervosismo. Quand’è che ci avrebbero fatti entrare? Cominciavo ad avere freddo e volevo essere scaldata dal sangue che scorreva veloce nelle mie vene, pompato con forza da un cuore che seguiva i battiti della batteria.
Tre, due, uno.
Entrata.
Chiusi gli occhi e cominciai a pensare ‘Prima fila, prima fila, prima fila’. Met mi chiamava. Aveva preso i posti in seconda fila, abbastanza centrale. Grande, cazzo!
«Ragazzi, arrivo subito» li ho abbandonati qualche secondo per correre a prendermi la maglietta che non ero riuscita a comprare mesi prima all’I-Day Fest. Ora era mia, fuck yeah.
Credo di non poter nemmeno descrivere ciò che ho provato quando il concerto è iniziato. Il primo gruppo non lo conoscevo eppure già mi piacevano. Young Guns. E ci tengo a sottolineare che Gustav, il cantante, è proprio carino. Si, mi sono persa nei suoi occhi azzurri mentre era di fronte a me e mi guardava. Quasi istintivamente ho alzato il cartello. Lui mi ha sorriso.
Foto. Tante. Una dopo l’altra.
Poi il secondo gruppo, i Vanilla Sky. Stessa procedura. Ero gasata al massimo, tanto da alzare ancora una volta il cartello quando Brian era davanti a me e mi guardava. Ha letto il cartello e si è messo a ridere. Ridevo anche io ed era una risata sincera. Mi stavo davvero divertendo.
Foto. Ancora tante.
Poi il mio cuore si è fermato. Letteralmente.
La scenografia era stata cambiata: ora al posto di ‘Vanilla Sky’ c’era un altro nome.
‘All Time Low’.
Luci spente. Poi colpi di mitra. Le luci vibravano. Alla fine il caos.
Entrò Rian. Urla dei presenti.
Entrarono Zack, Alex e Jack. Mi sentivo in Paradiso.
Hanno cominciato con la prima canzone, ‘Keep the change [you filthy animal]’, e io mi sono messa a cantare con tutta la forza che avevo, sapendo che quel momento non lo avrei mai più dimenticato. Anche gli altri fan la pensavano come me. Un inizio grandioso, da far scatenare chiunque. Erano carichi e lo eravamo anche noi. È stato assolutamente grandioso.
Alla seconda canzone – ‘Damned  if I do ya [damned if I don’t]’, una delle mie preferite – stavo letteralmente dando di matto. Saltavo, cantavo nonostante fossi senza voce a causa della febbre e del mal di gola che mi tormentavano da giorni, mi giravo per cercare i miei amici, sorridevo e tornavo a guardare i quattro ragazzi sul palco che mi stavano rendendo la vita migliore, semplicemente cantando quei testi.
Sentivo che era arrivato il momento.
«Olly, dammi una mano»
Guardai per l’ultima volta il mio reggiseno azzurro, tempestato di scritte per esempio ‘I want Alex to sing ‘Dear Maria suck my dick’. Only for tonight my name is Maria’. Poi lo passai al mio bassista che, avendo più forza e più mira di me, lo lanciò sul palco. Finì per terra proprio affianco ad Alex, il ragazzo che da anni mi fa impazzire con il dolce suono della sua voce.
Tombola.
Un ragazzo dello staff corre sul palco, raccoglie il mio reggiseno e lo appende all’asta del microfono di Jack. E’ stato il primo reggiseno lanciato e attaccato lì. Fuck yeah.
Terza canzone. ‘Jasey Rae’.
Era una canzone che mi piaceva davvero tantissimo – potrei sembrare noiosa ripetendolo ogni volta ma in effetti adoro tutte le loro canzoni – e potete immaginare quanto fossi gasata quando è finita. Momento di pausa. I ragazzi si sono messi a fare i loro discorsi che mi facevano tanto ridere. Met e Olly si sono guardati, poi hanno guardato me.
Tre, due, uno.
Mi hanno alzata e fatta sedere sulle loro spalle. Penso avessero capito che era il momento giusto per un altro regalo che avevo preparato per quei quattro ragazzi di Baltimora. Alzai il mio piccolo cartello con scritto ‘Groupie’.
 Non so esattamente cosa dovrei dire per farvi capire come mi sono sentita, davvero non so trovare le parole giuste per descriverlo. È come bere un sorso d’acqua dopo aver corso per ore sotto il sole, è come un bacio al tramonto dato alla persona che ami, è veder sorridere un bambino quando gli dai una caramella. Era tutto ed era niente. Era la sensazione più bella della vita, mi sentivo leggera ma allo stesso tempo piena… di felicità. Non capivo più niente, sapevo di essere percorsa da un vortice di emozioni ma non riuscivo a distinguerle.
Si. Alex aveva visto il cartello.
Si. Io ero lì, davanti a lui e sorridevo.
Si. Lui mi guardava negli occhi e io non capivo più niente.
Si. Mi ha parlato.
«Oh yeah, I’m gonna take you home and fuck you all night long, honey!»
Sono scoppiata a ridere, tutto qui. E con me hanno cominciato a ridere anche i miei amici e tutti i presenti si sono messi ad urlare. Quel semplice foglio strappato dal quaderno di matematica aveva fatto il suo lavoro e non potevo che ritenermi soddisfatta.
Ho lanciato il mio cartello sul palco, Alex l’ha raccolto e l’ha mostrato a Jack. Poi si è avvicinato al pubblico e l’ha alzato al cielo. Per fortuna sono riuscita a fare una foto al mio idolo con il mio cartello, prima che lo lanciasse sul pubblico. Ma le cose divertenti non erano finite.
Alex cominciò ad urlare.
«Guess whaaaaaat!»
«Whaaaaaaat?» rispose il pubblico.
«I said guess whaaaaaaaaaaaaat!!»
«Whaaaaaaaaat??»
«YOU’VE GOT ME POPPIN’ CHAMPAAAAGNE…» e così iniziò un’altra canzone, la quarta nella scaletta della serata.
Gli All Time Low hanno continuato alla grande, con tutti i presenti che li accompagnavano, cantando ogni singola parola. Agitavamo le mani, saltavamo, urlavamo il nostro amore per loro. Non so perché proprio io abbia avuto l’onore di essere lì quella sera. Sicuramente c’è qualche altro fan che se lo meritava più di me. Ma io ero lì ed ero sicura che quella fosse la serata più bella della mia vita. Mi perdevo in un sacco di pensieri, per poi rendermi conto che rischiavo di perdermi in concerto e tornare quindi a concentrarmi su quei fantastici musicisti.
Ho adorato qualsiasi cosa di quel concerto. Le canzoni, Jack che si mette a parlare finendo il discorso dicendoci di alzare le mani se non abbiamo capito un cazzo di quello che stava dicendo, Alex e Zack con le parrucche, Vinny Vegas che ha sostituito Jack per la fine di una canzone e poi Jack che torna sul palco dicendo ad Alex ‘I got a cramp’, massaggiandosi il fianco.
Una canzone dopo l’altra. ‘Six feet under the stars’, ‘A party song [The walk of shame]’, ‘Time bomb’, ‘Lost in stereo’.
«This is a song I wrote about beer and I think you should all drink beer right now. This song’s called ‘Stella’»
‘Break your little heart’, ‘Therapy’, ‘Teenage dream’.
Sorrisi, tanti, e anche qualche lacrima. Soprattutto durante la mia canzone preferita in assoluto. ‘Remembering Sunday’.
Ancora una volta mi trovavo sopra la folla, seduta sulle spalle dei miei musicisti. Il cellulare di Met era stretto dalla mia mano destra e io ero pronta a filmare quel momento. Alex era lì, con la chitarra acustica ben salda tra le sue forti mani. Io ero lì, davanti a lui, pronta a dare tutta me stessa per cantare quella canzone, pronta per dare a quelle parole, scritte da qualcun altro, la mia sfumatura, il mio significato. Forse era un discorso inutile: il fatto di essere lì spiegava già da sé cosa significava per me tutto quello.
Quando Alex ha finito di cantare, mi sono messa a piangere. Non sono sicura fossero solo lacrime di tristezza causate dal testo della canzone o dal fatto che sapevo che mancava poco alla fine del concerto. Erano anche lacrime di gioia per aver avuto l’onore di stare lì, in quella seconda fila che mi ha portato tanta fortuna.
La penultima canzone. ‘Weightless’. Canzone fantastica con uno dei video più belli che abbia mai visto.
Poi è arrivata. Sapevo sarebbe successo. ‘Dear Maria [Count me in]’. L’ultima canzone. Quella canzone che canto anche con il mio gruppo. Quella canzone che Met, Olly e Papo avevano scelto per dirmi che mi avrebbero portata a quel concerto, che ormai stava finendo. Quella canzone a cui erano ispirate le scritte sul mio reggiseno. Quella canzone che era uno dei maggiori successi del gruppo che stava per salutarci.
Troppe sensazioni incredibili contemporaneamente. Capire cosa stava succedendo era impossibile. Eppure ero sicura che fosse qualcosa di meraviglioso.
Avevo ancora poco tempo per dire ad Alex, Jack, Rian e Zack cosa provavo per loro. Ma non sapevo cosa dire. E mentre intorno a me c’era il caos, io sussurrai semplicemente ‘Grazie’. Non avevo altro da dire se non ringraziarli per quello che avevano fatto e per quello che so continueranno a fare.
Tre, due, uno.
Finito.





Ci sarebbero tante altre cose da raccontare, per esempio la foto scattata con Gustav dei Young Guns oppure il fatto che Brian dei Vanilla Sky mi ha aggiunta su Facebook per congratularsi con me per il cartello.
Ma queste sono altre storie.
Ho preferito concentrarmi su ciò che è accaduto con e grazie gli All Time Low. Dopotutto, ero lì per loro :)


[Se volete vedere le foto del concerto, fatemelo sapere e vi mando il link del mio album su Facebook]
   
 
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