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Autore: MissNobody    27/02/2011    2 recensioni
John e la sua reazione a "Dear Friend" di Paul.
Non c'è niente di peggio di capire che abbiamo quasi rovinato una delle cose a noi più care.
Dedicata a Jessica Fletcher, madrina della storia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Dear Friend
 
Dedicata a Jessica Fletcher, l’ispirazione.
 
John si chiuse a porta della camera da letto alle spalle. In quel momento non voleva vedere nessuno, solo raccogliersi nei suoi pensieri. Ci sono dei momenti in cui è necessario affrontare lo scontro più difficile, un’onesta chiacchierata con la persona che si vede riflessa nello specchio.
Bhe, John quel viso forse aveva smesso di riconoscerlo parecchio tempo prima.
Si sedette sul letto e lentamente mosse una mano verso il giradischi. Ma il movimento indeciso si affievolì a metà. Non era certo di voler ascoltare quella conzone, o meglio, non era certo di voler rinvangare i sentimenti che con così tanta fatica era riuscito a soffocare.
Ma non poteva fare altrimenti.
Allungò nuovamente la mano e il disco prese a scorrere. In un attimo una cascata di accordi tristi invase la stanza. Era Paul, era senza dubbio Paul.
Socchiuse appena gli occhi, prima di cedere ad un leggero sussulto quando la voce dell’amico lo investì dal giradischi.
Dear Friend…
 
Paul non stava cantando, gli stava parlando, e ogni parola era solo per lui. John quasi poteva vederlo lì, nella sua camera da letto, sfiorare i tasti del pianoforte e fissarlo dritto negli occhi.
Quegli accordi erano i più malinconici che avesse mai udito, quelle parole le più tristemente sentite.
Is this really the border line?
 
Come ci erano arrivati fin lì? Come erano arrivati a trovarsi su due fronti opposti, loro?
Qualche anno, se gliel’avessero detto, non avrebbe creduto ad una singola parola.
Eppure si domandava se le cose fossero davvero potute cambiare in maniera così ironicamente triste.
Sembrò quasi che a quel pensiero Paul gli stesse rispondendo.
 
Does it really mean so much to you?
 
Già, era davvero così importante per John? Era così fondamentale continuare quella stupida schermaglia? Così tanto, da cancellare una vita intera insieme?
In quelle parole non c’era rabbia, non c’era offesa, non c’era scusa. C’era solo Paul che come ogni volta sapeva leggere dentro John. Com’era sempre stato, in ogni canzone, in ogni sguardo.
Sentì Paul che gli chiedeva se era solo spaventato o se tutto quello che stava accadendo era la realtà. E John la risposta la conosceva bene.
Ma ammettere di essere spaventato non faceva parte di John.
Come stare su due fronti opposti non faceva parte di John e Paul.
Loro, loro due. Dall’inizio sì, ma non fino alla fine.
John sentì un brivido che gli percorreva la schiena, gli accelerava il cuore.
Il per sempre, forse, era sempre stato solo un per ora.
Troppe domande, troppi sentimenti contrastanti, e un nodo in gola che non lo faceva respirare.
-No- sussurrò John, fissando un punto indefinito davanti a sé, gli occhi socchiusi, la schiena curva, la sigaretta che si stava consumando da sola e che lasciava cadere la sua cenere sulle coperte candide.
Erano stati due stupidi, due bambini, come sempre lo erano stati.
John  sapeva perfettamente perché aveva reagito in quel modo e aveva dovuto vomitare tutto fuori con una canzone colma di rabbia.
Rabbia perché sentiva che giorno dopo giorno il loro legame andava affievolendosi, che la vita continuava, lasciando i ricordi indietro in un tempo in cui loro due riuscivano ad amalgamare perfettamente i loro sentimenti in poche parole. Un tempo in cui Lennon/McCartney era un’unità. Un tempo, ma non più.
La verità, quella vera, era che avrebbe solo voluto sentirsi dire che non era l’unico a ricordare, sentirsi dire che quella stupida intervista non era la prova che Paul aveva dimenticato ciò che era stato.
E Paul gli rispose ancora.
 
I’m in love with a friend of mine.
 
Aveva ragione. E John lo sapeva bene. Si sentì uno stupido per aver messo in pericolo un legame così forte, così forte da trascendere la collaborazione o l’amicizia. Spesso aveva sentito stupidi pettegolezzi su di loro. Ma il punto era che la gente non capiva.
 Era semplicemente quello che li univa, qualcosa di puro, semplice, spontaneo.
Improvvisamente sentì che tutto il male che aveva cercato di provocare con la propria canzone gli si stava rivoltando contro. Come aveva potuto ferire Paul in quel modo?
Era tutto così chiaro che quasi gli girava la testa. Quella canzone scritta per Paul non era altro che un attacco contro sé stesso*, in cui aveva riversato il proprio dolore. Solo ora si rendeva conto che ogni critica avrebbe potuto benissimo rivolgerla anche contro sé stesso, rimproverandosi tutto ciò che l’aveva spinto a fare del male ad una delle poche persone che l’avrebbero sempre amato, nonostante tutto.
Pensò a come, per stupidità, avrebbe rischiato di perdere tutto ciò che davvero contava nella sua vita. Ancora.
Ma un amico é quello che, pur di non perderti, dopo uno schiaffo ti porge una mano.
Il punto di tutta quella questione, di tutto, dall’inizio alla fine, per tutti quegli anni era che loro avevano un senso insieme.
Era sempre stato tutto così semplice, talmente semplice che John non era riuscito a vederlo. Ma gli era bastato sentirsi chiamare Dear Friend ancora una volta da Paul per riuscirci.
 
-Scusami, Paul. Scusami per tutto-.
 
 
LITTLE CORNER:
 (*questa frase non è proprio farina del mio sacco ma è stata detto da John in un’intervista).
 
Ok! Eccomi con un’altra mini-storiella depressiva ispirata alle riflessioni di John dopo l’ascolto di “Dear Friend”, scritta da Paul come risposta alla sua “How do you sleep?”. Vorrei precisare che in molti sostengono che Dear Friend si stata composta da Paul prima dell’attacco di John, mentre la maggior parte dice che sia stato proprio un tentativo di riconciliarsi con l’amico. In realtà io non ho le basi per dirvi con certezza cosa sia vero, ma penso che comunque ascoltare o riascoltare Dear Friend dopo il litigio abbia scatenato in John delle riflessioni. E io ho cercato di interpretarle, nella speranza di averci preso. Che dire, questa è un’altra di quelle canzoni che ti fanno sorgere mille domande e mille rimpianti. Mi auguro che vi sia piaciuta.
Ah sì, non per farmi pubblicità gratuita, ma questa storia in teoria ha più senso dopo “How do you sleep?”, dove ho provato a raccontare i pensieri di Paul, ma è uguale!
Ringrazio tutti quelli che l’hanno recensita, che recensiranno questa, o che semplicemente si fermeranno qualche minuto a leggerla.
Ringrazio inoltre ancora Jessica Fletcher, ispiratrice di questa storia. Grazie e spero ti piaccia!
Un bacione,
keep on dreaming,
NOBODY.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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