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Autore: Evilcassy    28/02/2011    5 recensioni
"Regalare un diario a me per Natale significa non conoscermi bene. Avrei preferito un vestito, una collanina, un paio di scarpe. Invece mi è arrivato un diario, da mio padre. Scommetto che l’ha preso all’ultimo minuto, come sempre. Ho abbozzato un sorriso ringraziandolo comunque. E non è neppure un affare piccolo. Potrei trascriverci tutta la bibliografia di Joyce" Anna Williams, attraverso il suo diario, racconta la sua adolescenza e quella della sorella Nina, Dalla Dublino degli anni '80 al laboratorio di Criogenesi del Dottor Boskonovitch, attraverso la loro rivalità e i primi due tornei di Tekken.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Nina Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diary of a Scarlet Queen.

4^ PARTE: 1985 – Dream, Plan, Act, TEKKEN!

6th Chapter: January – May 1985

01 GENNAIO 1985

Buon Anno a tutti, Buon 1985  a chiunque.

Buon Anno nuovo anche e soprattutto a me. Che sia migliore di quello appena passato.

Che porti buone novità. Che mi porti soldi e viaggi.

E buona compagnia, soprattutto.

 

04 Aprile 1985

No, non mi ero scordata di questo Diario.

Semplicemente, non volevo prendermi del tempo per sedermi alla scrivania e prendere in mano la penna per fissare i miei pensieri indelebilmente nero su bianco.

Sono passati quatto mesi dalla mia ultima annotazione. Poche righe al ritorno di un veglione di capodanno di cui ricordo poco o nulla, dato che l’ho passato prevalentemente con una bottiglia di whiskey in mano per cercare la voglia di festeggiare.

Credo di aver baciato un numero consistente di ragazzi e credo di aver fatto qualcos’altro a qualcuno di loro.

Ma non importa, tanto non me lo ricordo.

Non ho voglia di pensare a nulla, mi fa male riflettere, rimuginare, rendermi conto che tutto ciò non mi porterà da nessuna parte, se non all’autodistruzione.

L’unica cosa a cui riesco ad aggrapparmi è l’Aikido: continuo ad applicarmi nonostante non ci sia più mia madre, nonostante abbia un altro maestro.

Ma spesso questo non basta: posso frequentare un sacco di amici, farmi un sacco di ragazzi, sfiancarmi in palestra e nelle gare, ma quando apro la porta di casa, il più delle volte la trovo buia e vuota.

Partiamo da quello che non posso chiamare altro che ‘Il Principio della Fine’, ovvero l’inizio del mese di Novembre, dopo aver sepolto mia madre. Il giorno dopo, mio padre si è seduto a tavola con me e Nina e ha iniziato un discorso articolato sulle responsabilità e sul crescere in fretta. Un discorso senza capo né coda, a dire il vero; Tant’è che Nina, ad un tratto, l’ha interrotto e guardandomi negli occhi ha detto asciutta: “Quello che papà vuol dire è che dovrai imparare a cavartela da sola.”

Cosa significa?

“Papà e io non riusciremo ad essere sempre presenti. Ci alterneremo nelle missioni, è vero, ma capiterà molto spesso che saremo in giro nello stesso periodo e che dovrai cavartela da sola.”

Oh. Capito. Proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire il giorno dopo il funerale di mia madre. “Potrei lasciare la scuola ed unirmi a voi.” tento, cercando di mantenere la mia voce calma e sicura, mentre in realtà fremo dalla rabbia.

“Anna, per favore, non essere sciocca. Devi prima finire la scuola, e poi…

“… e poi non sono adatta a questo ruolo, giusto?” Papà apre le mani, come per rendere ancora più evidente la mia affermazione.

Se solo mi dessero la possibilità di provarci, dimostrerei ad entrambi di che pasta sono fatta: con la rabbia che ho in corpo in questo momento potrei fare una strage senza rimorsi.  Invece, mi fermano in partenza, senza che io possa mettermi alla prova. A volte penso che tutto il daffare di Nina per escludermi dalle loro attività sia dettato da un profondo sospetto che possa essere migliore di lei.

 “Capisco.” Ripeto.

“Non ti faremo mancare nulla.” Mormora, cercando di assumere un tono rassicurante. “Ogni mese ti invierò dei soldi, in modo che tu possa amministrarli a tuo piacimento, oltre che a pagare affitto e retta scolastica.”

Annuisco. Ho creduto opportuno ringraziarlo, prima di alzarmi e fare per uscire.

Nina mi chiede dove stia andando. “A studiare da Willow. Domani abbiamo il compito in classe di matematica” mento. Mia sorella annuisce. “Sarai a casa per cena?” la domanda è forzata, è come se la ponesse per avere la coscienza a posto, per farmi notare che la parte della sorella maggiore la stia facendo sul serio. Faccio segno di si con la testa, poi mi infilo il cappotto ed esco.

Non stavo andando da Willow, ma da P. Sapevo che sua moglie era andata con i bambini a Cork dai suoi genitori, l’avevo sentito dirlo a Papà la sera prima.

Da quel giorno ho una relazione con lui.

Non mi fa stare meglio, ma mi distrae. Avere una relazione con il collega di mio padre di quasi trent’anni più vecchio mi fa illudere di avere ancora il controllo della mia vita e su quella degli altri.

In realtà so benissimo che P. mi scopa semplicemente perché ogni uomo sogna di sbattersi un’adolescente disinibita e con le tette grosse e che i regali che mi fa (niente di che, qualche capo di vestiario, qualche ciondolo, un paio di scarpe) sono solo per far tacere la sua coscienza e per tenermi buona, nel dubbio che prima o poi spifferi qualcosa a mio padre.

Potrebbe sembrare che mi venda a lui con poco, ma così riesco a mettere da parte i soldi che papà mi invia ogni mese per andarmene di qui.

Con Ronan vogliamo andare a Londra. Appena avremo abbastanza soldi da parte scapperemo di qui ed inizieremo una nuova vita in Gran Bretagna: io farò la modella e lui il barman.

Con il mio lavoro da modella girerò il mondo, farò soldi a palate e poi apriremo insieme un cocktail bar raffinatissimo, che si riempirà di gente famosa e ricchissima. Sarà fantastico, faremo una vita da nababbi, in barba a mio padre e a mia sorella.

Ma prima devo andarmene di qua. I risparmi nella cassetta sono a quota 752 Sterline. Solo per il volo verso Londra me ne partirebbero 500. Devo attendere ancora.

 

05 Maggio 1985

980 Sterline nella cassetta. Con questa cifra un operaio irlandese manda avanti la sua famiglia per un mese. Per me invece sono ancora troppo pochi per andare. Ronan ha pochi spicci in più. Il viaggio ce ne porterebbe via la metà e gli affitti a Londra sono costosi.

In più, Ronan suggerisce di attendere che io compia 18anni: non vuole trovarsi in arresto per sottrazione di minore. Se poi sapesse il mestiere di mio padre e di mia sorella, sono sicura che le sue paure aumenterebbero, per quanto sia perfettamente a conoscenza del menefreghismo dei miei famigliari nei miei riguardi.

 

11 Maggio 1985

Per caso ho origliato una telefonata di mia sorella, in casa.

Ho risposto per caso al telefono e una voce con uno stranissimo accento straniero mi ha chiesto di lei. L’ho chiamata e le ho passato la cornetta, nascondendomi però nella stanza dei miei, dove c’è l’altra linea, e alzando il telefono incuriosita. Non è mai capitato che abbiano chiamato direttamente a casa per lavoro.

Infatti anche Nina era sorpresa inizialmente. Da come parlava con lo straniero, (che si presentava come un collaboratore di un certo ‘Mr Mishima’) pareva essere già stata contattata da loro. La telefonata è stata abbastanza breve, si sono solo accordati per un appuntamento a Francoforte per la settimana prossima.

Nina ha rapporti lavorativi internazionali. Chissà come è rinomata. Forse, nell’ambiente, è già una star. Nei suoi quasi 20 anni essere già un’assassina con le mani in pasta ovunque deve essere un gran risultato.

Che rabbia che mi fa!

Per scorno, le ho gettato via l’Earl Gray che aveva appena comprato.

 

20 Maggio 1985

Il nome ‘Mishima’ è rimasto in un angolo della mia memoria sino a questo pomeriggio, quando mi sono fermata in un’edicola vicino a scuola per comprare una rivista di moda. Mi sono soffermata un attimo davanti ai quotidiani: papà sarebbe rientrato alla sera, gli fa piacere trovare il quotidiano vicino alla cena. Almeno ha una buona scusa per non intavolare nessuna conversazione.  Ho preso in mano l’Irish Times, quello che legge di solito perché preferisce ‘avere una visione più ampia delle notizie internazionali’ e mi è caduto l’occhio su una notizia in un trafiletto intitolato ‘Magnate Giapponese indice torneo di Arti Marziali’. Tra le righe, trovo il nome Mishima.

Mi sono messa a leggerlo direttamente sull’autobus, e ne ero talmente assorta da scordarmi di scendere.

Pare che tale Heihachi Mishima, plurimiliardario giapponese a capo di una superindustria che non ho capito bene di cosa si occupi (a quanto pare di TUTTO), abbia indetto questo torneo per la prima settimana di Settembre a Tokio, aperto a tutti i combattenti di tutto il mondo con iscrizioni aperte da Luglio. Seguivano informazioni dettagliate sulle modalità di partecipazione e il premio in palio:  DIECI MILIONI DI DOLLARI a chi riuscirà a sconfiggere Mishima in persona.

Diamine, quanti soldi sono? Esiste davvero una cifra così alta? E Nina, come mai è stata contattata direttamente da qualcuno vicino all’organizzazione stessa? Dovrà impedire forse che qualcuno si avvicini troppo all’intento di vincere il premio in palio?

La mia testolina gira gira ed inizia a fare supposizioni. Ultimamente sono migliorata tantissimo nell’Aikido, ho vinto parecchie gare nazionali, ma non ho mai avuto l’occasione, dopo i mondiali a cui non ho potuto partecipare l’anno scorso, di provare una gara internazionale, perciò il mio nome non è molto conosciuto all’estero.

Però c’è sempre una prima volta. Potrei provare a chiedere al Maestro se posso partecipare a nome della palestra, in fondo potrei spacciare questo mio desiderio come il bisogno di onorare la mia povera madre (in parte è vero, quando vinco non faccio altro che pensare come sarebbe bello se lei mi avesse visto)  e farmi finanziare l’iscrizione e il viaggio sino in Giappone.

E’ anche vero che le iscrizioni sono aperte da Luglio e i minorenni posso accedere solo dietro autorizzazione dei genitori. Devo riuscire quindi a convincere mio padre a lasciarmi andare, anche se non lo farà tanto facilmente, temendo che possa danneggiare il lavoro di Nina.

Cavoli, questo è un bel rompicapo.

Forse dovrei lasciar perdere.

Però Dieci milioni di dollari sono una cifra enorme. E se ci aggiungo che potrei anche scontrarmi con Nina davanti a tutti, la tentazione è troppo forte.

Dovrò pensarci bene, fare il punto della situazione.

 

21 Maggio 1985

Se voglio andare in Giappone, innanzitutto mi occorreranno più soldi. Per questo ho chiesto un aumento della ‘paghetta’ così generosamente elargita da mio padre, ieri sera. Odio dovergli chiedere dei soldi: non vorrei essere tacciata un giorno di una qualche responsabilità nell’aver ridotto la nostra famiglia ad un mero rapporto commerciale, ma non ne potevo fare a meno. Se questo mese evito di mangiar fuori, limito le mie uscite (o magari le cancello proprio) e cerco di scroccare ciò che mi serve da P, dovrei riuscire a mettere da parte 120 sterline.

Quindi sarei a quota 1100 sterline. Con questo viaggio, però, cancellerei ogni speranza di partire per Londra con Ronan, o comunque la posticiperei di molto: ce la farà il mio amico a resistere? L’ho visto molto provato dal doppio lavoro in questi giorni. Lui riesce a mettere via meno soldi di me, dato che con quello che guadagna deve pagare affitto, spese e mandare qualcosa a casa dai suoi (suo padre si è ferito al lavoro e dovrà stare fermo per un bel po’ di tempo).

Questo calcolo escludendo un po’ di sponsor da parte della palestra: da quando non c’è più mia madre a dar lustro, non stanno navigando in buone acque. Finché non si vince una gara importante di entrate se ne vedranno pochine.

Intanto mia sorella attende di partire per Francoforte. E’ ignara che io sia a conoscenza del suo incontro, e non sa quanto vorrei seguirla per capirci qualcosa di più. Ma dovrò aver pazienza, e agire secondo i miei piani.

Quindi, al momento la cosa che mi preme di più è parlare con il Maestro per l’eventuale suo permesso e per intensificare gli allenamenti e con mio padre per convincerlo ad iscrivermi.

Non sono cose da poco.

 

23 Maggio 1985

Il no secco del Maestro, quando ho esposto le mie intenzioni di partecipare al torneo, mi ha destabilizzato. Non mi aspettavo una reazione così decisa e negativa. Non sono valsi a nulla i miei scongiuri, i miei buoni propositi, l’idea di riportare ai massimi livelli la palestra. E neanche giocare la carta della mamma è servito. Non si è mosso di un millimetro. “Dici di voler riportare in alto il nome della palestra partecipando ad un volgarissimo torneo indetto da un miliardario esagitato, come se fossi una lottatrice da strada, una prostituta delle Arti Marziali. Vuoi essere un’Atleta o una lottatrice da strada? Perché in questa palestra si allenano le Atlete. Per il resto c’è il marciapiede.” Ha urlato, indicandomi la porta. Ho troppo bisogno di questa palestra per farmi cacciare, perciò ho ricacciato indietro parole e lacrime di frustrazione e sono tornata ad allenarmi.

Però questo mi è servito. Perché la mia rabbia repressa, la mia frustrazione, la mia decisione hanno portato al miracolo, questa sera.

Perché ho sbattuto in faccia la mia volontà a mio padre, dopo cena, insieme al modulo da compilare per partecipare al Torneo. “Voglio avere la possibilità di dimostrarti che valgo qualcosa, che questi anni passati in palestra con mia madre hanno forgiato una lottatrice eccezionale, papà. Voglio rendere orgoglioso te e anche la mamma, se solo potesse vedermi.” Papà era titubante, davanti al modulo, con la penna in mano. Ma mi guardava con occhi diversi. Sorpreso, a dire il vero, davanti al fiume in piena che lo stava investendo. “Se non firmi quel foglio, troverò comunque il modo di partecipare al Torneo. In un modo o nell’altro finirò a Tokio, a settembre, e tu non potrai impedirmelo. Non costringermi a farlo alle tue spalle: quello che voglio è il tuo appoggio e la tua fiducia, la tua stima e il tuo rispetto. Non sarò adatta a fare il tuo lavoro, ma che io sia dannata se non so fare splendidamente dell’altro.”

Papà mi guarda ancora, in silenzio. Si, è stupito. Piacevolmente colpito nel vedermi finalmente decisa e attiva. A lui piacciono le persone così.

“E speri di vincere?”  mi domanda con voce afona.

“So che posso arrivare ad una buona posizione.” Rispondo. “Non tornerò a mani vuote.”

Mio padre annuisce. Smette di giocherellare con la biro “Ti conviene.” Dice. E firma il modulo. Mi sento svuotata da tutte le energie. Prendo il foglio in mano, con cautela, ma lui lo trattiene. “Fermo restando che dovrai pagarti il viaggio da sola.” Precisa. Non nomina Nina, che strano, e mi viene il dubbio che non sappia realmente della sua missione.

“Certo, papà. E’ ovvio” annuisco, imprecando mentalmente per questa condizione. Il foglio gli scivola tra le dita.

Prima di spedirlo per posta, questa mattina, ho fatto ben 5 fotocopie.

Ed ora, non resta che dire a Ronan che Londra dovrà aspettare. Ed allenarmi.

 

 

 

Non ci credo, sono riuscita ad aggiornare questa storia!! Per farlo ho dovuto prendere una storta al ginocchio a sciare, vedete un po’ voi!

Spero che mi ritorni finalmente l’estro per completare questa fic… ci tengo troppo e mi dispiacerebbe immensamente lasciarla morire. (L’ho rianimata all’ultimo minuto, vero? VERO?)

Bene, ormai si entra nel ‘vivo’ (?) della storia. Lasciamo da parte le seghe mentali tipiche dell’adolescenza, concentriamoci sul Tekken e sull’Anna Williams che abbiamo imparato a conoscere.

E speriamo di riportare in auge questa sezione…!!!!!

A la prochaine!!

EC

   
 
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