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Autore: Mayo Samurai    02/03/2011    5 recensioni
Tutti noi abbiamo un angelo custode, che veglia su di noi, che prega per noi.
E anche se non ne siamo a conoscenza o non ci crediamo, lui c’è e continua ad osservarci e a proteggerci.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo Alfred si svegliò con l’impressione che qualcosa gli fosse vicino, avvertiva una presenza.
Ma non quel tipo di presenza che i protagonisti dei film dell’orrore percepivano prima di essere brutalmente sbranati, no, era un qualcosa di benevolo, avvertiva il calore che proveniva da esso.
Stropicciò gli occhi e si ricordò della sera prima solo quando notò Arthur, disteso accanto a lui, che dormiva beatamente.
E senza rendersene conto il viso aveva cambiato colore, al pensiero, che la sera prima non era sembrato così cattivo, che Arthur avesse dormito accanto a lui per tutta la notte.
Scese dal letto senza far rumore e in punta di piedi e indietreggiando, si appoggiò al muro, sospirando pesantemente.
Tornò con lo sguardo alle coperte, dandosi del maniaco non appena gli occhi sfioravano la curva dei fianchi.
Chinò la testa, rimuginando su tutto quello che era accaduto in quel mese.
Uno strano angelo gli piomba in giardino dicendogli che sarebbe diventato il suo custode, e sempre lui lo accompagna a scuola, diventando miracolosamente un umano, ritirando le ali.
Poi era andato con lui a Central Park, e lì ci aveva passato la giornata, in piscina e nei musei, concludendo il tutto con un piatto di spaghetti e un bagno fuori programma.
Poi ancora erano finiti a Disneyland, a giocare a nascondino, con Arthur che si nascondeva e Alfred che lo cercava.
E infine, solo la sera prima, a notte fonda, entrambi avevano raccontato del loro passato, finendo la notte a dormire insieme.
Sospirò una seconda volta, accasciandosi a terra.
dopotutto pensò provare qualcosa per una persona, anche se dello stesso sesso, dopo tutto quello che abbiamo passato… è normale… no? si chiese malinconico.
Si ricordava di quello che Arthur gli aveva detto, quella sera al ristorante dei Vargas: “c’era un vecchio signore, che ho conosciuto quando ero ancora un marmocchio, che diceva che se tu ami una persona, non importa di che sesso, razza sia, a te importa solo che l’ami… potrebbe essere un mostro… ma tu di quella persona vedrai solo l’anima, solo ciò che è bello da vedere, mentre colore della pelle e l’aspetto fisico svaniscono”
Era così per lui?
Vedeva solo ciò che era bello da vedere in Arthur? lo guardò meglio e pensò che non fosse cambiato di un millimetro dal giorno in cui l’aveva conosciuto, né il carattere, né l’aspetto.
Ma forse… quel vecchio signore non intendeva questo, forse intendeva che la persona da noi amata diventasse ancora più bella di quello che era, mostrandosi in tutta la sua perfezione!
Fece un sorriso, stranamente sollevato e sereno: “si… probabilmente è così…” sussurrò a sé stesso, rialzandosi.
Ora si sentiva sicuro, molto più di prima, e con l’immagine di Arthur che gli sorrideva, di Arthur che lo riprendeva, di Arthur che lo consolava, andò in cucina, preparando la colazione, ormai certo di quello che provava.
Solo gioia e grande, grandissima felicità.
 
 
 
 
“ma perché dobbiamo far lezione anche oggi?” questa era la domanda ricorrente che tutti i ragazzi (compreso Arthur, stranamente) facevano ai professori.
“la scuola non è ancora finita e la festa sarà solo tra tre giorni, quindi anima in pace e su! Andate in palestra!”
Con mormorii di dissenso la classe si mosse, passando per il cortile picchiato da sole e fiondandosi negli spogliatoi, molto più freschi.
“non ce la faccio più… perché non finisce più-aru!?” chiese Yao togliendosi la maglietta per sostituirla a una canotta molto più leggera.
“a me piace il caldo!“ esclamò allegro Ivan, sistemandosi la sua sciarpa lilla, che tutti squadrarono come se fosse un mostro verdognolo: “ma mi manca molta la mia terra” aggiunse guardando fuori dalla finestra, come se all’improvviso potesse spuntare della neve.
“durante le vacanze me ne torno in Francia, non vedo l’ora di poter rivedere la mia adorata Torre Eiffel!” intervenne Francis affiancandosi ai due, mentre si legava i capelli con un codino turchese.
“e tu Arthur? Torni a casa tua?” gli chiese a bruciapelo Yao.
L’interpellato alzò la tesa dalla sua sacca, arrossendo di botto: “ecco..f-forse…” cominciò, venendo però interrotto da Francis, che gli mise un braccio intorno alle spalle: ”cherì, se non hai dove andare, casa mia è sempre aperta per i bisognosi!” esclamò insinuate.
A tutti sembrò che ad Arthur stesse per venire un infarto: divenne paonazzo e cominciò a balbettare qualcosa, tentando di sfuggire alla presa di Francis, cercando disperatamente di mettersi la maglietta, essendo colto mentre se la stava infilando.
“dove scappi? Guarda che non faccio niente sai…” sussurrò malizioso al suo orecchio, l’altro emise un gemito spaventato.
“Francis forse è meglio che lo molli.”
La voce stranamente fredda e ostile di Alfred fece desistere da qualsiasi intento il francese, che dopo averlo guardato un attimo si staccò, alzando le braccia a mo di difesa: “capito, non te lo tocco stai tranquillo!” commentò accennando a un sorriso, sperando di dissolvere l’aria tesa che si era creata.
Si girò vero di Arthur, sperando di farlo calmare, ma quest’ ultimo era già scomparso.
“è in palestra.” lo rassicurò Ivan, passandogli accanto.
Alfred tirò un sospiro di sollievo, non aveva voglia di rincorrere Arthur per tutta la scuola, tantomeno di spiegare perché uno dei suoi compagni di classe fosse misteriosamente sparito.
Seguendo i compagni lo ritrovò seduto in panchina, che si guardava attorno nervosamente, era tutta la mattina che era nervoso.
Il che era strano, lo aveva visto dormire placidamente e svegliarsi in maniera simile, per questo non capiva le profondo occhiaie che mostrava, nemmeno la pelle quasi bianca, da quanto fosse pallido.
Gli si avvicinò con cautela, era come avere a che fare con un animale braccato, che si sentiva il fiato dei suoi predatori sul collo in continuazione.
“g-grazie… per aver… scacciato Francis...” mormorò arrossendo, giocò un attimo con le dita:”non c’è l’avrei fatta da solo… grazie…” continuò chinando la testa.
Alfred lo guardò sorpreso, lui che lo ringraziava così apertamente? Sbatté le palpebre, chiedendosi se non gli fosse venuta la febbre.
Cosa più comprensibile con la faccia stravolta che si ritrovava.
La professoressa lo interruppe da qualsiasi supposizione ordinandogli di correre per riscaldarsi. Alfred rimase con lo sguardo fisso su Arthur per tutto il tempo della corsa, sembrava stanco, incredibilmente stanco, aveva anche faticato a svegliarlo quella mattina.
Guardò le proprie gambe correre, perso nei suoi pensieri, si accorse solo al giro dopo che Arthur si era fermato e stava piegato sulle ginocchia, respirando fatica.
Spaventato, gli fu subito vicino: “Arthur!? Tutto bene!?” chiese allarmato poggiando dolcemente la mano sulla schiena del altro.
Il biondo alzò la testa e la scosse, con una faccia da zombie tanto si sforzava di mantenere un’espressione normale: “v-và tutto bene…”sussurrò, respirando pesantemente, mentre piccole gocce di sudore gli colavano dalla fronte.
“JONES! KIRKLAND! Tutto bene!?” la voce della professoressa face alzare la testa all’americano, che si affrettò a rispondere: ”si, si! Gli serve solo un po’ di riposo…” mormorò mentre avvertiva il peso di Arthur sul corpo, cadergli addosso come morto, abbassò lo sguardo terrorizzato, cos’era successo ad Arthur?
Aprì la bocca per dire qualcosa ma se la ritrovò asciutta, e quando finalmente gli tornò dopo una deglutizione piuttosto dolorosa, urlò con tutto il fato che aveva in corpo:” P-PROFESSORESSA! ARTHUR E’ SVENUTO!”
 
 
 
 
 
Con un mugolio tentò di aprire gli occhi, ma una forte luce lo investì in pieno, facendogli cambiare idea, mugolò ancora quando tentò di alzare il braccio per difendersi, trovandolo bloccato da diversi tubi.
“A-Arthur!? Sei sveglio!? Rispondi!” la voce di Alfred gli giunse amplificata di almeno cento volte, gemette tentando di dirgli di smetterla di urlare, ma si ritrovò la gola secca: “a-acqua… per piacere…”
La figura di Alfred sparì dalla sua vista, nel tempo di battere le ciglia che fu di ritorno con un bel bicchiere di acqua fresca che Arthur scolò in tre secondi.
Con un sospiro di piacere si abbandonò nei cuscini: “che è successo?” chiese con voce flebile.
“sei svenuto e hai fatto prendere un colpo a tutti!” disse Alfred guardandolo severo, sospirò: “ma è bello vedere che ti sei svegliato” continuò con un tono molto più gentile e dolce.
Arthur arrossì fin alla punta dei capelli a quel sorriso e cercò di nascondersi nelle coperte, profondando un po’ più giù.
“i dottori hanno detto che è stato un calo di zuccheri… te lo dicevo io che non mangiavi abbastanza!” lo rimproverò incrociando le braccia la petto e sedendosi sul letto.
“…s-scusa …forse avevi ragione…” borbottò imbarazzato, non poteva dirgli tutto no? Gli lanciò un’occhiata e notò che si era messo a fissare fuori dalla finestra, distratto.
Era giusto dirglielo? No… lo avrebbe solo fatto soffrire, tanto ci era abituato a inghiottire tutto per non far soffrire gli altri, quindi una volta in più non gli avrebbe fatto male. Se non fosse che era molto più difficile delle altre volte.
“hai bisogno di qualcosa? Vuoi del tè?” la voce di Alfred gli fece alzare la testa verso il proprietario:”A-ah… si… grazie…” mormorò stingendo le coperte.
L’altro sorrise e uscì dalla stanza.
Arthur sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e cercando di calmare il tremito della mani.
 
 
 
 Si rese conto di essersi riaddormentato quando vide che il sole era calato già da un pezzo: “ho dormito tutto il giorno” pensò mentre cercava di alzarsi, notò con piacere che le flebo non c’erano più e che ora era molto più libero, si mise seduto guardando fuori dalla finestra, da cui si intravedeva il giardino dell’ospedale.
Sospirò un’altra volta, incassando la testa nelle spalle.
Perché gli sembrava tutto così difficile? Perché tutto sembrava essere più pesante? Si sentiva premere dentro il petto, il cuore si stringeva dolorosamente al pensiero del ragazzo o si allargava in maniera spropositata, facendogli quasi male.
Si portò la mano al cuore, stringendo la maglietta, cominciando a faticare a respirare.
Si ridistese, spaventato dalla sua stessa reazione, com’era possibile che il solo pensiero di Alfred lo mandasse in panico in quel modo?
Strinse il cuscino, riuscendo a stabilizzare il suo respiro.
Sbatté gli occhi più volte sentendoli pizzicare, e senza riuscire a trattenersi oltre, si addormentò lasciando che le lacrime cadessero dai suoi occhi ormai chiusi.
 
 
 
 
“ è bello che ti abbiano dimesso subito!” esclamò Alfred mentre camminava allegro per il vialetto dell’ospedale, tenendo la borsa del compagno che camminava accanto a lui, in silenzio.
“uhm? Qualcosa non và?” chiese fermandosi e chinandosi verso di lui, guardandolo negli occhi.
Arthur fece un passo indietro, intimidito, arrossendo.
“s-sto bene…” mormorò abbassando la testa.
L’altro sbatté gli occhi indeciso, aprì la bocca per commentare ma Arthur lo precedette:”t-ti va di mangiare qualcosa? Io sto morendo di fame!” esclamò con finta allegria, superandolo.
Alfred lo vide allontanarsi con passo frettoloso e con un sospiro pesante lo seguì.
 
 
 

“ah… stasera esco… mi chiedo perché non vieni anche tu!” disse Alfred mentre si metteva le scarpe e voltandosi verso Arthur.
L’altro rimase un attimo in silenzio, facendo mente locale dove stesse andando il ragazzo poi si ricordò: la festa finale della scuola.
Si ricordò della piccola discussione che avevano avuto, Alfred insisteva che anche Arthur venisse: “per farci compagnia e per salutare i compagni!”
“no grazie, sai che non mi piace la folla… non mi piace stare insieme agli altri…” borbottò arrossendo, mostrando molto interesse per i propri piedi.
“ma… non è giusto… e daaai, per piacere!”
Ma un’occhiata fredda da parte dell’inglese lo fece desistere.
“è un vero peccato! Ci siamo tutti e poi faremo anche un grande falò! Ci sarà da mangiare e da bere, ci sarà anche la musica e…”
“no, è inutile tentare di convincermi” lo bloccò Arthur, alzando la mano.
Alfred fece per aggiungere qualcosa, ma chiuse la bocca quasi subito.
Si avvicinò all’ altro che guardava la televisione distrattamente, con le gambe rannicchiate al petto.
“d’accordo” accettò infine: ”però continuerà a dispiacermi…” disse passando una mano tra i capelli biondi del angelo, che si irrigidì e divenne dei colore dei pomodori.
Staccò subito la mano, rendendosi conto solo ora del gesto compiuto, fece un passo indietro e balbettò qualcosa, mentre già apriva la porta e fuggiva fuori, in direzione della scuola.
Arthur si sfiorò la testa con mano tremante, mentre l’altra stringeva i pantaloni.
Sospirò nervosamente mentre nascondeva il viso tra le ginocchia, dandosi più e più volte dello stupido, ripetendosi che sentimenti del genere lo avrebbero solo mandato alla deriva.
Erano troppo sporchi.
Impuri.
 
 
 
 
“uhm? E Arthur non è venuto?” Francis gli si avvicinò reggendo un bicchiere colmo di quello che sembrava vino.
Alfred annuì sconsolato: “purtroppo non si sentiva molto bene…. E poi non gli piace la folla…” mormorò spiegando al francese, che tacque, per poi alzare le braccia in maniera teatrale rovesciando un po’ di vino: “è un vero peccato! Sono sicuro che si sarebbe divertito!” esclamò facendo un finto broncio, che scomparve subito quando Antonio e Gilbert lo chiamarono.
Lasciò in fretta l’americano, che si poggiò al tavolo, servendosi di una buona porzione di patatine.
Nemmeno lui se la sentiva di lasciare Arthur da solo a casa, non gli era piaciuta la luce che aveva negli occhi, e nemmeno le grosse occhiale che da qualche giorno glieli incorniciavano in maniera lugubre.
Sospirò, infilandosi una manciata di patatine in bocca, pensando: era da un po’ che Arthur aveva un’aria strana, sembrava sciupato ed erano giorni che non tirava più fuori la sua bacchetta, tantomeno non si era più trasformato.
Sembrava continuamente stanco, tanto che si addormentava praticamente ovunque, sul divano, sul suo letto, una volta anche in classe, per fortuna non russava.
E ogni volta che si svegliava, sembrava più intontito di prima e dopo neanche venti minuti, che già dormiva di nuovo.
Non riusciva a capacitarsi del perché del suo comportamento, il perché avesse continuamente sonno, ma conoscendo la natura irascibile e sensibile dell’altro preferì non farne parola.
La sua attenzione poi passò alla grande catasta di legna che si stava creando nel cortile, il falò di fine anno stava per iniziare, e questo significava: fuochi artificiali offerti gentilmente da Yao e i suoi genitori, balli e tanto tanto divertimento, tra musica e alcol.
Si sedette su una panchina, guardando divertito il Bad Touch Trio (il gruppo che Francis aveva creato insieme a Gilbert e Antonio) che già cominciavano a dimenarsi e a incitare gli altri a seguirli.
Rise leggermente, pensando che di sicuro Arthur li avrebbe giudicati come buzzurri, senza grazia e senza contegno.
Già Arthur… chissà come stava adesso…
 
 
 
Si affrettò lungo il viale, la festa era finita tardi e lui non se la sentiva di lasciare Arthur da solo ancora.
Accelerò il passo quando intravide casa sua, e non appena arrivò davanti alla porta l’apri di scatto (si ricordava di averla chiusa, strano) si precipitò su per le scale fu subito al pianerottolo (strano) e si fiondò in camera, sicuro di trovarli lì.
Infatti era lì, rannicchiato sotto il lenzuolo che dormiva tranquillo, le mani leggermente strette al cuscino, sentiva i suoi respiri calmi fin dalla porta, che chiuse delicatamente.
Si avvicinò a lui, in punta di piedi, per poi sedersi sul letto, sorridendo dolcemente.
Gli carezzò delicatamente i capelli, sentendoli morbidi e lisci sotto le dita, sorrise ancora di più quando Arthur sospirò qualcosa nel sonno e fece un piccolo sorriso.
Si avvicinò ancora un po’, fermandosi quando percepì il suo respiro infrangersi sul suo viso, e fu allora che Arthur aprì gli occhi.
Alfred si ritrasse spaventato e imbarazzatissimo, ma l’altro non sembrava dello stesso parere.
Sorrise dolcemente e si scansò facendo spazio ad Alfred, che lo guardò perplesso.
“ho sonno… ti va di dormire insieme a me?” chiese con voce impastata e incredibilmente dolce.
Lo spazio accanto ad Arthur era invitante, sentiva un po’ del calore e del profumo dell’angelo che lo invogliavano a stendersi.
Così fece.
Si sdraiò titubante, ancora incredulo della reazione del altro, che non la smetteva di sorridere, e non appena il ragazzo si fu steso lo abbracciò strofinando il viso nella sua maglietta: "è così bello averti qui…” mormorò ridacchiando appena.
Più imbarazzato che mai Alfred gli carezzò la schiena, non riuscendo a pensare a nient’altro, Arthur rispose con un sospiro di sollievo e un abbandono contro il suo corpo.
“sei comodo… “commentò a mezza voce, per poi alzare la testa e guardandolo con occhi lucidi.
Fece un sorrisetto sghembo, mostrando i denti candidi e si avvicinò al suo viso, sempre di più, la distanza si accorciava mentre Alfred chiudeva istintivamente gli occhi e diventando paonazzo al solo pensiero.
Si sporse un po’ anche lui, avvertendo le mani di Arthur che si stringevano alle spalle.
Era pronto.
Dischiuse leggermente le labbra, come aveva sembra visto nei film e si preparò.
A un bacio che non arrivò mai.
Sentì invece delle voce che lo chiamavano insistentemente.
“Alfred! Alfred! Su bello addormentato! È tardi! HOP HOP!!”
Con un mugolio infastidito aprì controvoglia gli occhi, per ritrovarsi davanti Francis che lo guardava divertito e la sensazione che quello che aveva vissuto prima era tutto un sogno.
Grugni scocciato mentre Francis si rizzava in piedi e gli prendeva la giacca: “ti sei addormentato lo sai? Ormai saranno le l’una passate!” esclamò lanciandogli l’indumento, che Alfred prese al volo.
“ah… CHE COSA!? L’una passata!?” urlò ormai completamente sveglio.
“si bello mio!” esclamò Gilbert comparendo alle spalle del amico:” e parli pure nel sonno! Però non abbiamo mica origliato, vero ragazzi?” ghignò dando una gomitata ad Antonio che ridacchiò divertito.
Alfred li guardò rosso in volto: ”tranquillo, borbottavi e basta, non abbiamo capito niente!” intervenne lo spagnolo con tono allegro, calmandolo.
Ma Alfred era tutt’altro che calmo, con un balzo fu subito lontano dai tre, che ancora se la ridevano, e cominciò a correre per le vie di Park Avenue.
E nel tempo record di un quarto d’ora fu davanti case e come si ricordava di aver fatto, la porta era ben chiusa.
La spalancò lo stesso, ansioso di controllare se effettivamente Arthur stesse dormendo come aveva sognato.
Si precipitò davanti camera sua, non sapeva se il suo sogno fosse premonitore, ma ora, mentre avvicinava la mano alla maniglia gli sembrava tutto così diverso, molto più cupo.
E i suoi sospetti divennero certezze quando sentì oltre la porta un pianto soffocato.
 
 
 
Aprì piano la porta, terrorizzato all’idea di cosa ci avrebbe trovato dietro.
In un primo momento non vide niente, la luce della luna colpiva il suo letto e basta, lasciando il resto della stanza in penombra, ma quando scorse la figura rannicchiata in un angolo di Arthur gli venne un colpo.
Prima che le ginocchia gli cedessero riuscì ad avvinarsi al ragazzo, che se ne stava nascosto tra le gambe e singhiozzava a mezza voce, come se si vergognasse dei suoi singulti.
“Arthur…” sussurrò sfiorandogli la spalla.
L’altro alzò la testa di scatto, spaventato dall’improvviso contatto e sgranò gli occhi quando vide Alfred, si fece rosso in volto e cercò di strisciare ancora più in là, tornando con la testa tra le ginocchia: “v-vattene via!” urlò dal suo nascondiglio.
“ma…”
“no! non voglio! Vattene!” strillò una seconda volta, scuotendo la testa e agitando la mano.
Alfred lo abbracciò. Se lo portò al petto come si fa con gli uccellini feriti, che si poggiano vicino al cuore sperando di scaldarli, di dargli conforto; lo strinse stretto, ma con delicatezza.
Sentì Arthur che si zittiva e che smetteva di respirare, ma solo per un attimo, in quello dopo affondò il viso nella sua spalla, nascondendosi nella maglietta e scoppiando a piangere ancora più forte.
Gli carezzò la schiena, respirando a pieni polmoni il profumo dei suoi capelli, sapevano di mare.
Non disse nulla, si rammaricava di non trovare parole di conforto, di riuscire ad alleviare le sue sofferenze. Si beò in quell’abbraccio tanto desiderato avvertendo le mani di Arthur che si aggrappavano alla sua maglietta. Poggiò il mento sulle sue spalle sentendole tremare violentemente, e lo abbracciò più frote, turbato dal suo comportamento.
Si girò e si appoggiò al muro, mettendosi Arthur sulle gambe incrociate, passando una mano nei suoi capelli e poggiando la tempia sinistra alla testa di Arthur chiuse gli occhi.
Le mani dell’altro, che si erano spostate sulla sua spalle, si strinsero ancora, come alla ricerca di un appiglio sicuro.
Aspettò svariati minuti, immobile, ascoltando ogni sospiro, ogni singhiozzo, ogni mugolio emesso da Arthur.
Si ridusse tutto a un respiro pesante, che si infrangeva sul petto di Alfred, proprio sul cuore.
“… Arthur…” sussurrò al suo orecchio, tacendo poi, in attesa di risposta.
L’angelo alzò la testa, mostrando un viso sconvolto ma sorridente, tirò sul col naso, strofinandolo: ”v-và tutto bene..” deglutì: ”tranquillo…”
“non ci credo.” Alfred lo guardò serio, fissandolo negli occhi.
Arthur tentennò un attimo, fuggendo con lo sguardo: ”è la verità…”
Ma il ragazzo era irremovibile: ”ti prego… non ti giudicherò in alcuno modo… sono qui per aiutarti… per piacere…”
L’altro abbassò la testa, mordendosi le labbra.
“ti prego…”
Arthur sospirò: “non voglio farti carico delle mie pene…” mormorò: ”ma insisti tanto…”
Alfred annuì.
“… devo andarmene…” sussurrò.
Fu come una doccia fredda, con tanto di cubetti di ghiaccio che picchiavano sulla testa, sulle spalle. Tentò di dire qualcosa, boccheggiò, all’improvviso senza aria.
“p… perché!?” riuscì a chiedere infine.
Arthur sorrise debolmente: ”ormai sei un bravo ragazzo…”
“NON E’ VERO!” ribatté Alfred con voce disperata: ”non è vero niente! C-continuo a non ascoltare in classe… e-e poi sono sempre maleducato… e anche…”
L’angelo gli poggiò le mani sulle guancie, scuotendo la testa: “no… ho finito il mio lavoro… e anche il tempo…”
“ma…”
“ e poi mi sono comportato male…”
“…COME!?” urlò Alfred basito: ”ma se mi hai insegnato tutte quelle cose!? Come puoi aver fatto del male!? Aver sbagliato!? Non è giusto!? Non è vero niente!” continuò abbracciandolo stretto: “non voglio che te ne vada! Assolutamente! non lascerò che tu te ne vada!”
Arthur si zittì, limitandosi ad accarezzargli la testa.
“non voglio che tu te ne vada…” pigolò Alfred dalla sua spalla.
“… devo… e anche se volessi… non posso… non mi rimane molto tempo…”
"c-che intendi?”
Alfred alzò la testa con occhi lucidi, lanciò uno sguardo smarrito ad Arthur, che sospirò: ”p-preferirei non dire nulla…”
“ti prego!”
Arthur risucchiò aria, assumendo un’espressione disperata, boccheggiò un attimo:”… s-sono stato punito…” sbattè le palpebre guardando in un altro punto: ”e… se non me ne vado adesso… non potrò più andarmene”
“meglio così no!? Così rimarrai qui per sempre!”
Arthur scosse la testa: ”… se rimango qui ancora… morirò.”
La seconda doccia, che gli tolse tutte e forze e lo fece sbiancare.
Sgranò gli occhi, guardandolo senza capire.
L’angelo fece un sorrisetto malinconico, poggiandosi le mani sul petto: ”ora ti mostro…” sussurrò sbottonandosi la camicia.
Alfred guardò spaventato le costole che affioravano sotto la pelle pallida: “aaah… e non è tutto…” continuò Arthur mordendosi un labbro, mentre alle sue spalle si udì un fruscio.
Dapprima Alfred non capì cosa stava succedendo, ma poi quando sul viso di Arthur comparve il dolore, intuì qualcosa e sfiorata la schiena scarna dell’altro, sentì qualcosa di freddo colargli tra le dita.
Scioccato si guardò la mano, ricoperta da una strana poltiglia rosso molto scuro, che a contatto col pavimento svaniva con un sibilo.
Alzò la tesa e si accorse solo ora degli strani bastoni sulla schiena di Arthur. Realizzò che erano le ali, o quello che ne rimaneva, solo grazie alle poche piume ancora attaccate.
Rimase a bocca aperta mentre osservava il colabrodo che erano le ali, piene di graffi da cui colava la sostanza vermiglia, sul pavimento comparvero delle piume, spoglie e raggrinzite, spente e sporche.
“perché?” chiese senza riuscir a dire altro.
“… perché… non ho seguito le regole” rispose Arthur con un sorriso malinconico mentre le lacrime tornarono a cascare dagli occhi.
Alfred sfiorò le ali, che si ritrassero come ustionate: ”s-scusa!” disse accorgendosi della smorfia fatta da Arthur.
“m-mi dispiace…” mormorò con voce rotta accarezzandogli una guancia: ”n-non volevo farti soffrire ancora… io…”
“no… scusami tu… ti aveva promesso che ti avrei fato vedere come spuntavano le ali… ma ti ho deluso vero?” rispose Arthur, facendosi scappare un singhiozzo: “ho deluso un sacco di persone… anche me stesso…” mormorò abbassando la testa scuotendola leggermente.
“non è vero niente! T-tu sei… una persona fantastica! Cavolo! Hai messo in riga me! U-un idiota di americano…” disse accennando a un sorriso, anche se in quel momento era tutto meno che felice.
Arthur scosse la testa e fece per aggiungere qualcosa, ma Alfred lo precedette: ”non voglio che tu te ne vada…”
L’altro nascose il viso nella maglietta, rannicchiandosi.
“nemmeno io voglio andarmene…”
Il cuore di Alfred perse un colpo, per poi ricominciare a battere più veloce.
E quando Arthur alzò la testa dal suo petto e lo guardò, Alfred fece l’unica cosa che gli venne in mente: lo baciò.
Toccò le sue labbra in modo frettoloso, in un gesto disperato. Sentì le proprie tremare leggermente contro quelle impassibili di Arthur.
Si staccò subito, vergognandosi come un ladro per quel gesto.
“… i-io… io…” non potè finire che l’altro gli fu addosso, unendo nuovamente le loro labbra.
Rimase interdetto, pronto a tutto, sfuriate, botte, calci, insulti, tutto.
Meno che a questo.
Chiuse gli occhi e piegò la testa di lato, cingendo la vita di Arthur, avvicinandolo. Sospirò di piacere quando avvertì le dita dell’altro carezzarli i capelli. Muovevano le labbra in modo frenetico, staccandosi e unendosi di continuo, mentre Alfred gli carezzava il viso con mani tremanti.
I respiri, veloci, si infrangevano sui loro visi.
Alfred spostò l’attenzione sul collo candido di Arthur, riempiendolo di baci, lasciando scie umide.
“Arthur, Arthur,Arthur” ogni volta che si staccava sussurrava il suo nome, senza smettere di sfiorare la pelle accaldata: ”ritira le ali…” sussurrò carezzando la schiena dell’ altro, udì un fruscio, e con un mugolio le ali si ritirarono, senza lasciare segni.
Arthur gemette appena, cingendogli il collo con le braccia, mentre Alfred, passando le braccia sotto le sue ginocchia e la schiena, lo sollevava. Si mise in ginocchio prima di alzarsi in piedi e di dirigersi verso il letto.
Lo poggiò delicatamente, mettendosi a cavalcioni sopra di lui, ricominciando a baciarlo famelicamente. Gli sfiorò titubante i fianchi, sentendoli fremere.
Si staccarono alla ricerca di aria, guardandosi negli occhi.
Arthur carezzò con mani tremanti il viso di Alfred, sorridendo felice: ”è…stato un errore” sussurrò baciandolo: ”ma” bacio: ”un errore”, bacio: ”che”, bacio: ”rifarei” bacio: ”ancora” bacio: ”e ancora” disse.
Alfred lo guardò sorpreso ma felice tanto quanto lui.
“un… errore?” chiese incuriosito.
“un angelo non può innamorarsi di un umano… lo porterebbe alla dannazione eterna amare una cosa così pura, rischiando di sporcarla con la sua imperfezione…” sussurrò.
“primo, tu non sei puro.” commentò con una risatina a vedere la faccia offesa di Arthur: ”e secondo…” sussurrò stringendolo: ”non me ne importa un fico secco del inferno, quando posso avere il paradiso qui con me.” finì baciandogli leggermente il collo, facendogli venire i brividi.
Arthur sorrise e gli carezzò i capelli, con tranquillità.
Sembrava che tutta la fretta e la disperazione fosse sparita, lasciando posta a una grande quiete.
L’altro si puntellò sui gomiti guardandolo sensualmente, sorrise e si sfilò la maglietta, facendola cadere a terra. Gli si riavvicinò, facendo scontrare i petti nudi, facendo scappare un gemito ad entrambi.
Poco a poco tutti i loro vestiti furono a terra, sparsi qua e là, lasciando i due ragazzi nudi, l’uno avvinghiato all’altro.
Era meraviglioso e strano trovarsi lì, pensò Alfred mentre sentiva Arthur fremere contro di lui, era incredibile di come i suoi cinque sensi fossero attenti a captare qualsiasi cosa provenisse dal compagno.
L’udito recepiva qualsiasi gemito, sospiro e mugolio emesso da Arthur, che gli giungeva come dolce musica.
L’olfatto stava in allerta, pronto a ricevere l’inebriante profumo della pelle dell’angelo, che sapeva anche un po’ di quello di Alfred, in quel momento.
Il gusto assaggiava il sapore salato della pelle pallida, lasciando scie umide e gemiti soffocati.
Il tatto si dedicava a modellare il corpo minuto di Arthur, sfiorando, toccando con più veemenza in parti sensibili.
E la vista si godeva lo spettacolo offertogli, si fermava a incontrare gli occhi verdi dell'altro, rimanendo incantata davanti alle sfumature di verde che li riempivano, resi ancora più luminosi dalla sottile patina di piacere e lacrime che li copriva.
Si beò nella vista del corpo perfetto del compagno, minuto e sottile sembrava così leggero e fragile, per questo il tatto lo trattavo con così tanta grazia e delicatezza.
Approfittò di ogni singolo momento per imprimersi per bene ogni caratteristica di Arthur, qualsiasi, intrappolò il suo respiro nei propri polmoni, come se volesse farlo suo per sempre.
Lo accarezzò ovunque le sue mani riuscissero ad arrivare, facendolo arrossire o sorridere, a seconda del punto.
Era magnifico.
Alfred non riusciva a spiegarsi meglio, nemmeno tutti quei paroloni che aveva sempre usato Francis credeva avessero funzionato in quel momento, e poi… davvero pensava di ricordarseli in un momento del genere?
Lo guardò attraverso gli occhi liquidi di piacere, mentre ansimava pesantemente e cercava un appiglio, trovando subito le mani di Alfred, che si stinsero calorosamente attorno alle sue.
Sussurrò più e più volte il suo nome, mentre l’altro gli rispondeva mugolando il suo.
Era perfetto.
Era perfetto quando sentì di non riuscire a trattenersi più, e lasciò che tutto il calore accumulato si liberasse con un mugolio mal trattenuto e una sensazione di completezza mai provata, era perfetto anche quando si distese accanto ad Arthur, ansimante e stremato, ma estremamente felice.
Poggiò una mano tremante al petto di Arthur, che si alzava e abbassava con violenza, alla ricerca di aria, e avvertì la mano dell’altro che non tardò a ricambiare la presa.
Sorrise sereno, guardando il viso sudato del compagno poco più in là, e con una leggera spinta gli fu accanto, stringendolo stretto.
Rimasero in silenzio finché i loro respiri non si calmarono, permettendo di parlare normalmente.
“Arthur…” sussurrò poi, passando una mano tra i capelli di Arthur: ”…rimarrai qui per sempre?” gli chiese guardandolo negli occhi, pieni di amore.
L’altro si prese un attimo per perdersi in quei ritagli di cielo, tremando leggermente quando distolse lo sguardo: ”ecco… io…”
“ti prego” la voce lamentosa di Alfred gli raggiunse il cuore, che si strinse leggermente al udire quelle parole.
“s-si…” mormorò infine, sorridendo appena: ”Rimarrò…” continuò con voce rotta.
Alfred gli rivolse uno dei suoi sorrisi più belli e smaglianti, lo baciò con delicatezza, stringendolo a sé.
 
 
 

Rimase parecchio tempo sveglio, ad osservarlo.
Scrutava con attenzione ogni minimo particolare, dalla piega della bocca socchiusa, ai capelli che gli cadevano sul visto, solleticando la fronte rilassata.
Non voleva perdersi un particolare che uno.
Cercava addirittura di sbattere gli occhi il meno possibile, per paura che quando gli avrebbe riaperti, Alfred fosse scomparso.
Sospirò a lungo, sospiro brevi e lunghi uscivano dalla sua bocca, sfiorando gentilmente il naso del ragazzo, che si storse un paio di volte.
Si morse il labbro, sentendosi un traditore, uno schifoso bugiardo, per aver mentito ad Alfred solo qualche ora prima.
“rimarrai qui per sempre?” la domanda continuava a rimbalzargli in testa, impedendogli di pensare a qualsiasi altra cosa.
No. Alfred non avrebbe sofferto, l’indomani si sarebbe svegliato senza preoccupazioni, e tutto questo grazie al potere speciale degli angeli custodi.
Ringraziò mentalmente questi “poteri” mentre sentiva gli occhi pizzicare sempre di più.
Iniziò tutto con lo sbattere sempre più veloce e umido delle palpebre, con un tremolio delle labbra, e un mugolio represso, per poi finire con un cuscino umido e un ragazzo che dormiva tranquillo nel suo letto.
Da solo.
 
 
 
 
I die each time you look away 
My heart, my life will never be the same 
This love will take my everything 
One breath, one touch will be the end of me
 
 
 
 
Eeee fatto!!!!!
 di sicuro adesso mi vorrete linciare vero? Soprattutto Konoha_Hellsing_94, che ha anche l’opportunità di farlo… .mi sa che domani a scuola io non vado…
Bhe, grazie per tutti i commenti lasciati e per avermi seguito, perché il prossimo capitolo sarà l’ultimo! E purtroppo non uscirà prima di martedì, visto che me ne vado in Sardegna a vedermi la Sardiglia! *W*
Ecco un altro motivo per linciarmi… *alza le spalle* mi prenderò le mie responsabilità quando serve, e ora via ai ringraziamenti!
Ah… se ci sono degli errori… sono troppo gasata per cercarli… quindi spero di non averne fatti troppi…
Nove pagine di word! Un nuovo record!! Alè *corre e lancia coriandoli*
Il testo finale è Love Song Requiem, una canzone bellissima, ve la consiglio.
 
 
 
Hanon993: benvenuta nella fic! ^^ è sembra bello vedere che anche niove persona si aggiungono alla “seguizione”(???) della mia fic!
Grazie  per i complimenti.
 
 
 
Ivan_Kirkland: se ti ho fatto piangere con il cap prima...bhe, non mi uccidere quando leggi questo ok? ^^” *intanto prepara le valigie*
 
 
 
LibbyRed19::D contenta che ti sia piaciuto così tanto, questi capitoli si stanno facendo aspettare perché li trovo leggermente più impegnativi da scrivere degli altri…volevo renderli speciali, spero di aver centrato il bersaglio!
 
 
 
Usuk_love: felice che ti abbai commosso, spero ceh questo non ti mandi in depressione allora XD
Grazie per avermi seguito con così tanta perseveranza! È molto appagante per uno scrittore avere i propri fa fissi….. (coff. Coff… f.forse non dovrei farlo… ma un po’ di pubblicità non fai mai male no? ndME ocio che ti bannano… è già la seconda volta…NdAltraMe   per la fama tutto!!NdME  ho pubblicato un’altra storia su faccia libro, per il contest UsUK, non so se l’ahi già vista… se no… allora facci un saltino…. grazie…. >/////>
 
 
 
Konoha_hellisg_94: è sul finale che domani mi tirerai dietro tutti i santi del paradiso vero?
Ma come ti ho già detto, keep calm e vedrai che finirà tutto bene ok?
Brava! ^^
Della scena spinta ne avevi già letto, ma credo che sia… appagante leggere finalmente il seguito ne?
Kufufufufu… *va ad alzare il rating ad arancio*
 
 
 
 
E un’ultima cosa… per tutte quelle che mi hanno chiesto una scena spinta… ECCOVI ACCONTENTATE PERVERTITE!!!
X°°°°°D
(scherzo, io sono anche peggio… *rapeface mode on*)
 
 
Ultimissima cosa: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
 
   
 
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