Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: ArashiStorm    03/03/2011    2 recensioni
[SPOILER per entrambe le due serie manga]
[Fic ambientata dopo la fine del manga. Scritta in occasione del compleanno di Shizuka. Tanti auguri Doumeki!]
Era passata la mezzanotte da poco. Era il 3 marzo e il tempio della famiglia Doumeki era il luogo migliore dove recarsi...
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruka Doumeki, Kimihiro Watanuki , Shizuka Dômeki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Buon Hinamatsuri a tutti ^_^ E Buon Compleanno a Doumeki Shizuka ^___^. 

Finalmente ho finito di aggiungere le mie vecchie fic...oltretutto da brava scema non ho nemmeno rispettato il vero ordine cronologico con cui le ho scritte...vabbhè pazienza XD Comunque con questa fic iniziano le nuove produzioni. Spero che vi possano piacere a partire da questa ^_^ Diciamo che è il mio modo per riappacificarmi con la fine della serie! quindi SPOILER SPOILER SPOILER per chi volesse leggere.
Beh bando alle ciance, via con la fic.

Titolo: La devozione del silenzio
Rating: per tutti
Paring: direi che vi si può leggere come spesso accade nelle mie fic un leggero Doumeki/Watanuki
Disclamer: xxxHOLiC e i suoi personaggi sono proprietà CLAMP
Parole: 4777
Spoiler: tutta la serie. Fic Ambientata dopo la fine della serie Rou
Riassunto: un’amicizia profonda nata e cresciuta nel silenzio.
Note: Un omaggio a quello splendido personaggio che risponde al nome di Doumeki Shizuka perché quel povero ragazzo merita tanto amore!
Fic scritta per una autosfida tra me Harriet e Shu in occasione del compleanno di Shizuka . La fic doveva essere ambientata nella serie Rou possibilmente trattandone un evento importate non preso in esame o non approfondito nella serie regolare. Punti Bonus se la fic era legata in qualche modo anche al compleanno di Shizuka.
Le altre fic della sfida:
1- Eclittica by Shu






La devozione del silenzio

La luna, alta in cielo, contornata da piccole stelle che impallidivano davanti alla sua luce, illuminava il grande albero e tutto il giardino, come volesse proteggere con i suoi freddi raggi tutto quel luogo di purezza.

Un ragazzo, anzi, un anziano stregone che di vecchio aveva solo i ricordi della prima volta in cui si era trovato in quel luogo, camminava silenziosamente per quel viale conosciuto. Pochi passi per distanziare il portone del tempio e giungere davanti al grande albero sacro, uno dei pochi esseri viventi ad avere vissuto ancora più anni dello stregone stesso.

Una mano a reggere una lunga pipa in argento montata su elegante stecca di legno dipinta di rosso. L’altra mano a sfiorare il robusto tronco dell’albero.

“Era da molto che non venivo qui” disse il ragazzo, o era meglio definirlo vecchio, anziano…saggio forse? No, egli stesso sorrideva a quel pensiero quando qualcuno dei suoi clienti lo definiva tale, in realtà saggio non lo era di certo. Né ai suoi occhi, né tanto meno agli occhi delle persone a lui care. Pazzo probabilmente sarebbe stata la definizione più calzante.

Il suo sguardo si attardò ancora qualche secondo su quell’albero che custodiva in sé preziosi ricordi, per poi prestare attenzione al grande tempio che si stagliava in quel giardino come sempre in perfetto ordine. Fin da più di cent’anni prima c’era sempre stato qualcuno che, con dedizione, si premurava di spazzare quel vialetto e di raccogliere tutte le foglie che vi cadevano sopra. Lui stesso l’aveva fatto alcune volte, costretto da colui sul quale quel compito gravava. Il ricordo gli strappò un altro sorriso. Era una memoria così lontana nel tempo eppure gli sembrava quasi di potersi vedere con i suoi stessi occhi, li davanti ad agitarsi, lamentarsi e urlare mentre riempiva il grande sacco di foglie secche. Ed accanto a lui, sempre, la persona più irritante, più detestabile e più silenziosa che avesse mai conosciuto in tutta la sua lunga, troppo lunga, vita.
Se fosse stato sincero comunque, avrebbe ammesso che ‘irritante’ e ‘detestabile’ erano aggettivi con cui solo Watanuki Kimihiro avrebbe mai potuto definire quel ragazzo del tempio. Silenzioso, però, lui lo era di certo, perfino nel suo nome…Shizuka si chiamava.

Watanuki avanzò con calma, con passi piccoli e lenti … Un sguardo alla sua destra e gli occhi si soffermarono alla vista di un albero su cui i suoi ricordi gli permettevano di vedere ancora una ragnatela distrutta. Di fronte a lui un tavolo da mahjong dove poteva facilmente immaginarsi 4 persone, beh diciamo 3 persone e uno strano animale, giocare a quel gioco il cui funzionamento per lui ancora oggi restava un mistero. Un sguardo indietro di nuovo al grande albero sacro e l’immagine si arricchì di una bella bambina dai lunghi capelli biondi che rimirava quei grandi rami sotto la pioggia. Era coperta da un piccolo ombrello chiaro, tenuto in mano da un ragazzo in cui Watanuki quasi stentava a riconoscersi, per poi ricredesi attimi dopo, quando l’immagine cambiò e non era più lui a reggere un ombrello, ma l’altro, intervenuto come sempre, irritante, ma protettivo.

Ricordi in cui perdersi, ricordi a cui attaccarsi. Ricordi che fluivano liberi in quel mondo onirico dove si ritrovava.

Era passata la mezzanotte da poco. Era il 3 marzo e il tempio della famiglia Doumeki era il luogo migliore dove recarsi.

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Watanuki raggiunse i pochi gradini che portavano alle porte del tempio e vi si sedette tranquillo. Era come essere a casa. Si portò la pipa alle labbra e aspirò l’odoroso tabacco. Aveva sempre odiato quell’odore, ma ora si era come assuefatto, quasi non percepiva più il pungente fastidio del fumo che uscendo dalla sua bocca si alzava in sinuose curve mescolandosi all’aria pura di quel luogo sacro.

“Non ti fa bene fumare a quest’ora tarda” disse una voce che giungeva lontana.

Watanuki non si allarmò per nulla.

“Potrei dire la stessa cosa anche a lei, Haruka-san” sorrise poi, allontanando per un attimo la pipa dalle labbra.

“Ahahahah. Io ormai sono vecchio, il danno è già fatto” ripose ridendo il vecchio monaco avvicinandosi al Mago, con calma, aspirando dalla sua inseparabile sigaretta.

“Se vogliamo parlare di anni di vita, beh allora penso di superarla nettamente” ribatté il non più ragazzo tornando a prendere una nuova boccata di fumo.

“Non posso darti torto su questo”

I due si scambiarono un sorriso complice. Erano soliti incontrarsi nei sogni fin dai tempi in cui il proprietario del negozio era solo un ragazzo immaturo.
Ma ultimamente erano parecchi anni che i due non avevano più avuto modo di vedersi. Watanuki non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato dall’ultima volta, ma di certo non era stato un periodo breve.

“Era da molto che non ci vedevamo Haruka-san. È forse successo qualcosa?”

“Sono stata impegnato – rispose lui prima di riportare la sigaretta alla bocca – Piacevolmente impegnato. Era molto tempo che non passavo così tanto tempo con mio nipote, vero Shizuka?”

“Oh!” una voce monocorde arrivò da dietro le spalle del Mago. Watanuki si girò ad una lentezza impressionante tanto che sembrò impiegarci anni per fare quel semplice movimento. Quando i suoi occhi si posarono sulle porte aperte del tempio non si rese nemmeno conto che le sue dita avevano perso la presa sulla pipa tanto amata facendola inesorabilmente cadere a terra.

“Yo! - lo salutò Doumeki dopo essersi guardato intorno con fare annoiato – Così questo è il mondo dei sogni” asserì poi incrociando le braccia al petto.

“Proprio così Shizuka. Mi complimento con te” confermò Haruka salutando il nipote.

“Ehi Ehi, Un attimo!” urlò Watanuki continuando a osservare la figura del ragazzo di fronte a sé. Era esattamente come lo ricordava ai tempi della scuola. Alto, già a quel tempo più di lui, con quei capelli scuri e non bianchi come li ricordava le ultime volte che l’aveva visto. Gli occhi però erano sempre rimasti gli stessi. Ambra sciolta in due iridi sottili eppure attente nonostante lo sguardo che sempre pareva assonnato. Era vestito con il samue che era solito indossare durante i lavori al tempio che poco prima avevano invaso i ricordi dello stregone.

“Haruka-san, era stato lei a dirmi che lui non poteva attraversare i sogni!”

“Si imparano tante cose in cent’anni. – rispose Shizuka andando a sedersi anch’egli sugli scalini a fianco al vecchio amico. – Idiota” aggiunse poi, una volta seduto.

“Cos…? Ehi tu! Come osi? Non ci vediamo da chissà quanto e tu la prima cosa che fai è insultarmi?” cominciò a lamentarsi il suddetto idiota agitando le braccia in aria con fare minaccioso.

“Mi sei mancato” disse allora con voce atona volgendo la testa verso Watanuki che fermò ogni suo movimento guardando l’altro con espressione dubbiosa.

“mmmh ma tu sei davvero Doumeki?” domandò a bassa voce. Le parole di poco prima unite ad un sorriso per quanto leggero avevano innestato il seme del dubbio nel Mago.

“Perché? chi dovrei essere?” chiese l’altro senza scomporsi troppo.

“E che ne so? Uno dei tuoi discendenti per esempio, vi assomigliate tutti troppo nella vostra famiglia.”

“Idiota…” fu il pacato commento di Shizuka, mentre Haruka scoppiò in una risata cristallina.

“AHAHAHA Ora capisco molte cose. Mi ero immaginato più volte le vostre discussioni, ma non c’è niente di meglio che vederle in prima persona”

“Haruka-san…”

Il monaco riprese la parola tra un sorriso e l’altro “Watanuki-kun, ti assicuro che il Doumeki che ti siede accanto è senza dubbio mio nipote Shizuka” proclamò bloccando sul nascere una nuova risata. Vederli insieme era davvero divertente. In quei pochi minuti non avevano fatto altro che guardarsi in tralice cercando di non farsi notare mentre tentavano di rubarsi uno sguardo l’uno con l’altro.

“Sai di non avere molto tempo – decretò poi con serietà rivolgendosi al nipote – e non è bene che Watanuki-kun rimanga nel mondo dei sogni troppo a lungo. Vi lascio soli per il tempo rimanente. Sai tornare da solo, vero Shizuka?”

“Si, grazie nonno” rispose il ragazzo abbassando leggermente la testa in direzione del suo antenato.

“Molto bene. Watanuki-kun noi ci vedremo in un altro sogno. È stato un piacere rivederti dopo tutto questo tempo”

“Anche per me Haruka-san. Ma non vorrà davvero lasciarmi solo con questo qui?” sbuffò aggrottando le sopracciglia indicando il giovane ancora sedutogli accanto.

“Certo che si, in fondo questo è il mio regalo per Shizuka!” e detto questo si allontanò sparendo nell’oscurità circostante.

“Regalo eh?” ripeté lo stregone rivolgendosi verso l’antico rivale.

“Oggi è il 3 marzo” disse l’altro come a spiegare il fatto.

“Lo so benissimo, scemo. Mi domandavo come questo – fece notare girando il dito indice in aria ad indicare ciò che li circondava – potesse essere un regalo”

“Il regalo sei tu, non il resto” chiarì tranquillamente Shizuka spostando gli occhi sull’amico.

“Io?”

“Te l’ho detto no? Mi mancavi, volevo vederti”

Per un breve istante Watanuki si sentì imbarazzato da quelle parole. Dunque Doumeki era ancora in grado di ridurlo al silenzio…

“Mi mancava l’osservare un idiota all’opera”

…per poi scatenarne l’ira e le urla più tremende. Era dai tempi della scuola che non succedeva…

“Se ti succedesse qualcosa---“

“Ancora il pranzo?”

“No!”

“Eh?”

“Mi mancherebbe osservare qualcuno che fa l’idiota”


Quel vecchio, vecchissimo scambio di battute tornò alla mente di entrambi, anche a quella di Watanuki che nel frattempo rivangava a gran voce, e con estrema lucidità, tutti gli insulti con cui era solito definire Doumeki.

Ma quando la tempesta passò e Shizuka tornò a liberare le sue orecchie dalla consueta protezione dei palmi delle mani i due si fecero silenziosi di colpo.

Incredibilmente fu proprio Doumeki che tradì il suo silenzio riprendendo la parola poco dopo.

“Hai pianto quando sono morto?”

La domanda arrivò con un fulmine a ciel sereno e Watanuki dovette far fronte a tutta la sua forza di volontà per mantenersi calmo e poter mentire con disinvoltura.

“Eh? Tsk...figuriamoci! Perché avrei dovu…”

“Mio nonno ha detto di si”

Il Mago sbiancò cominciando a borbottare contro un certo monaco chiacchierone di sua conoscenza. Doumeki però non fece caso a quei parlottii nemmeno troppo sommessi e continuò la sua indagine.

“Sei stato male come quando è successo a Kunogi?”

“Certo che no scemo! Quando è scomparsa Himawari-chan sono stato molto peggio. – sbottò l’altro in risposta – Te ne dovresti ricordare…” aggiunse poi con voce più tenue.

“Me ne ricordo infatti. – confermò Shizuka – Sono felice di non averti fatto soffrire come quella volta.” Concluse quasi sorridendo.

Watanuki lo guardò e in cuor suo si rimangiò gli insulti rivolti ad Haruka. A quanto pare non gli aveva detto che il giorno in cui Doumeki se n’era andato era stato molto peggio di quanto fosse successo con Himawari o con Kohane. In fondo Shizuka era la persona che gli era stata più vicino dopo la scomparsa di Yuuko, quindi era normale che la perdita facesse più male, no? Era normale che una volta incontrato Haruka in sogno avesse resistito ben poco prima di cominciare a piangere quasi senza rendersene conto…si, era normale, ma non c’era bisogno che Doumeki sapesse, però…cavolo…vederlo felice nel pensiero che la sua morte lo avesse lasciato indifferente non era una bella sensazione. Al diavolo lui e le sue parole che lo facevano sentire in colpa.

“Comunque sono stato male anche per te…– ammise quindi –… tanto…” aggiunse in un sussurro.

Doumeki lo guardò un po’ sorpreso. Allora forse quanto gli aveva raccontato suo nonno per quanto gli fosse sembrato inverosimile, poteva anche corrispondere alla realtà. Osservando l’amico, ora, nemmeno lui sapeva dire se si sentiva più addolorato o più felice al pensiero di saperlo disperato alla sua morte almeno quanto lo era stato per Himawari con la consapevolezza però che la disperazione di Watanuki poteva tradursi in una manifestazione dell’affetto che l’amico provava per lui. Beh in fondo era inutile pensarci ora. Quel tempo era passato e ora erano di nuovo in grado di parlare tra loro. Non era il caso di rivangare ricordi dolorosi.

“In ogni caso, come hai fatto ad arrivare qui?”

Watanuki dovette pensare la stessa cosa poiché quella domanda fu formulata rapidamente nel tentativo di cambiare discorso, dopo la sua imbarazzante ammissione.

“Mio nonno mi ha insegnato come entrare nel mondo dei sogni, ma attraversarli non è una mia capacità innata e per quanto possa provarci da solo non posso farcela...”

Watanuki annuì ben cosciente della verità di quel discorso, lasciando che il ragazzo finisse la sua spiegazione.

“…Però con una guida riesco a muovermi con discreta facilità.”

“Quindi è stato tuo nonno da fungere da guida per condurti qui, dico bene?”

Un suono d’assenso da parte dell’altro bastò al Mago per capire l’esattezza della sua considerazione.

“Capisco. Già è incredibile che tu possa trovarti qui, ma se hai avuto Haruka-san come maestro non dovrei stupirmi”

“Mio nonno è davvero così potente? Più di te?” chiese incuriosito.

“Per quanto riguarda l’attraversamento dei sogni Haruka-san ha molta più esperienza di me. Non per nulla lui è riuscito ad incontrare Yuuko-san qualche volta.”

“E tu? – domandò Doumeki raccogliendo la pipa che ancora era a terra – sei riuscito ad incontrarla in questi anni?”

Watanuki sorrise mentre prendeva tra le mani l’elegante ricordo della Strega che l’amico gli stava porgendo.

“Poco tempo fa, si, diciamo che l’ho vista.” dichiarò volgendo lo sguardo al cielo.

L’arciere annuì prima di azzardare una seconda domanda.

“Sei contento…di averla vista?”

Il mago si fece scappare una mezza risata nell’ascoltare quelle parole.

“Vi assomigliate davvero!”

“Ah?”

“Tu e il tuo bisnipote intendo. Fate persino le stesse domande – spiegò ancora con l’ilarità nella voce – e comunque – continuò con tono più malinconico – si sono contento di averla vista. Ma ho anche capito che anche se mi capitasse di vederla nei sogni, non mi sarà più possibile incontrare la vera Yuuko-san”

Doumeki tentennò per qualche secondo prima di dar voce all’ultimo interrogativo.

“Ma tu non vuoi dimenticarla vero? Yuuko-san…”

Lo stregone questa volta si voltò verso il vecchio rivale con sguardo alquanto irritato.

“Lo vedi che siete davvero identici – disse sbuffando – il tuo bisnipote mi ha fatto anche questa domanda…”

“…e tu hai riposto di no, dico bene?”

“E tu cosa ne sai?”

“…se avessi risposto di si non staremo parlando di questo…” commentò l’arciere con voce ancor più bassa del solito.

“Ah? Che intendi dire?” chiese l’altro avendo comunque sentito l’enigmatico commento.

“…niente – lo liquidò rapidamente per tornare a dare un’occhiata al suo corpo che si stava facendo sempre più evanescente – a quanto pare mi rimane poco tempo…”

“Te ne vai?” chiese retoricamente lo stregone andando a poggiare la pipa sullo scalino senza averne ancora aspirato una sola volta da quando l’aveva ripresa in mano.

“Ho ancora poco tempo…” spiegò con tranquillità.

“Sono contento…di…averti rivisto, ecco” confessò Watanuki mentre un leggero rossore di imbarazzo gli imporporava le guance come se fosse stato ancora il ragazzino che sembrava.

“Anch’io” rispose sincero l’altro sorridendo appena.

L’arciere si alzò quindi in piedi, si spolverò il samue e incominciò ad incamminarsi sul vialetto che qualche momento prima aveva già percorso suo nonno.

“Doumeki, aspetta!”

Il ragazzo si fermò al suono del suo nome e si voltò con calma apparente.
Watanuki si era alzato e camminava velocemente verso di lui, l’appariscente kimono fluttuava intorno alla sua figura seguendone i movimenti rapidi. La pipa abbandonata di nuovo sugli scalini del tempio.

“Che c’è?” chiese l’arciere una volta che l’amico lo raggiunse.

Lo stregone si concentrò e chiuse gli occhi.

“Dammi la mano destra” disse poi con tono solenne.

Doumeki fece come richiesto e gli porse la mano. Watanuki la prese tra le sue per lasciarla poco dopo. Attorno al dito indice dell’arciere si formò una girandola di fumo sinuoso che andò assottigliandosi fino a creare un filo dorato quasi invisibile che muovendosi come avesse avuto vita propria si legò al dito del ragazzo. L’altro capo del filo nel frattempo si mosse con altrettanta eleganza allungandosi e tingendosi di una tonalità bluastra fino a che non raggiunse l’indice di Watanuki e li si legò nuovamente.

“Che hai fatto?” domandò Doumeki vedendo il filo attraverso il suo occhio destro.

“Hai presente la leggenda del filo rosso del destino?”

“Si – ripose lui – quella che dice che i mignoli di due innamorati sono legati da un filo rosso fin dalla nascita…ma questo non è rosso, né tanto meno è legato al mignolo…”

“Ovvio che non lo sia, non è certo il filo rosso dell’amore questo! – Urlò Watanuki perdendo per un attimo la professionalità che il suo lavoro esigeva – Non esiste solo quello, alla nascita abbiamo già dei fili che ci indicano il destino, ma non sono gli unici. Ad ogni incontro, ad ogni connessione che instauriamo durante la vita si crea un nuovo filo. Guarda…” disse alzando entrambe le mani per permettere all’arciere di osservarle.
Ora poteva vedere, il suo occhio destro poteva vedere, ciò che fino a quel momento non aveva scorto. Le mani di Watanuki erano letteralmente coperte di fili sottilissimi. Molti erano bianchi, alcuni colorati e tanti altri neri come la pece.

“I fili bianchi rappresentano le connessioni che ho avuto con i clienti del negozio. Quelli colorati sono le persone che sono ancora in vita e che mi conoscono meglio. Per esempio, quello verde è il tuo bisnipote…”

“E quelli neri?” chiese quindi incuriosito. Né suo nonno, né tanto meno i corsi universitari gli avevano mai spiegato una cosa simile.

“Quelli neri… – cominciò Watanuki con un triste sorriso – quelli neri sono legati a coloro che sono morti…”

Doumeki si ritrovò a sgranare gli occhi dalla sorpresa. Dunque nemmeno una volta morti si può eliminare un legame pensò tra sé e sé mentre guardava Watanuki che indicava i vari fili neri.

“La vecchia indovina, Kohane-chan, Himawari-chan…. – tentennò un po’ – Yuuko-san” disse poi toccando uno dei tanti fili con delicatezza.

“E questo – spiegò infine toccando quello dorato e blu – è il tuo a cui ho appena ridato vita. Lo potrai vedere tramite il tuo occhio destro quando vorrai. Seguilo e arriverai da me.”

“Perché lo hai fatto?”

Watanuki tenne gli occhi bassi evitando di incrociare lo sguardo inquisitore di Doumeki.

“è il 3 marzo – spiegò – era da molto che non ti facevo un regalo…”

L’arciere si stupì di quella risposta ma Watanuki non ebbe modo di notare la reazione dell’amico in quanto insisteva nel tenere lo sguardo verso il basso fissando le proprie mani.

“No…in realtà è solo che sono egoista” confessò infine alzando finalmente gli occhi.

“Egoista?” chiese Doumeki celando a fatica la curiosità nella voce.

“Non dirmi che non l’hai mai pensato perché non ci credo. – lo sfidò il Mago continuando a fissare le sue iridi dorate – Mi rendo conto di essere stato un egoista quando ho scelto di rinchiudermi nel negozio solo per aspettare Yuuko-san, ben sapendo che lei era…morta”

“Non lo hai fatto solo per quello, no?”

Watanuki trasalì. Panico e infinita sorpresa si insinuarono nei suoi occhi e ben cosciente della cosa si girò di scatto dando le spalle all’arciere.

Ma Doumeki non lasciò cadere il discorso.

“L’hai fatto anche per aiutare Syaoran, non è forse così?” chiese deciso ad avere una conferma su quanto lo stesso Syaoran gli aveva confessato tanti anni prima in quei giorni in cui lui e i suoi amici avevano fatto visita al negozio.

“Come…come fai a saperlo?” domandò lo stregone con la tensione che invadeva il suo corpo.

“Me l’ha detto Syaoran” confessò in poche parole l’arciere.

“Perché non mi avevi detto nulla a proposito?”

“Potrei farti la stessa domanda” ribatté l’altro

“Non erano fatti tuoi!” esplose il Mago voltandosi di scatto.

Doumeki l’osservò senza che la sua espressione cambiasse particolarmente, ma Watanuki era abituato a scrutare anche i minimi cambiamenti sul volto dell’antico rivale e stranamente non gli fu difficile, nemmeno dopo tutto questo tempo, cogliere sul quel volto familiare una vena di dolore. L’aveva ferito di nuovo pronunciando parole senza riflettere, parole che sapeva benissimo non rispecchiassero nemmeno ciò che davvero pensava.

“Capisco” rispose nel frattempo l’arciere con una voce leggermente spezzata.

“No… – cercò di scusarsi Watanuki andando a afferrare il polso di Doumeki per paura di vederlo andarsene – in realtà non te ne ho parlato perché volevo che tu mi odiassi per la mia scelta, così non ti saresti più sentito in obbligo di starmi accanto e saresti potuto essere libero da tutto il casino che stava succedendo attorno a me, a Syaoran e a Yuuko-san…”

Shizuka ascoltava il silenzio notando come la mano dell’amico fosse scivolata dalla presa del suo polso per andare a intrecciarsi alla sua. Probabilmente Watanuki non se ne era nemmeno reso conto preso com’era nel suo tentativo di spiegarsi seriamente una volta per tutte.

“Era da un po’ che ci pensavo…Ero arrivato a considerare la tua presenza come una cosa normale, immutabile…insomma senza rendermene conto ero arrivato a dare per scontata la tua presenza. Ma era sbagliato, sapevo che non ti saresti mai allontanato da me, anche se non capivo perché. Quando ho deciso di pagare quel prezzo avevo deciso di farlo anche per darti la libertà.
Ma tu sei un’idiota…e - concluse alzando gli occhi – non mi hai abbandonato comunque!”
“Sei uno stupido – rincarò poi la dose stringendo la mano dell’arciere – pensavo che con il passare del tempo vedendo quando l’età ci avrebbe diviso tu saresti arrivato a capire quanto ero stato egoista e avresti deciso di andare avanti con la tua vita, lasciandomi finalmente in pace. Però ora capisco… se hai saputo che non ho fatto quella scelta per puro egoismo…”

“Non ti avrei lasciato in pace nemmeno se non lo avessi saputo, se la cosa ti può far star meglio”

“Cos…?”

“Lo vedi che sei uno stupido”

“Senti chi parla!! Tu sei il re degli STUP…”

A quel punto Doumeki lo zittì premendogli la mano ancora libera sulla bocca e alzandogli le due mani intrecciate ad altezza occhi. Watanuki se ne accorse in quel momento e fece per lasciare la presa ma l’arciere non lo permise stringendo con più forza la mano dell’amico.

“Facciamo che siamo entrambi stupidi, d’accordo?” disse poi tornando a portare lungo i fianchi la mano che poco prima aveva bloccato le grida del Mago.

“Tsk – rispose l’altro riuscendo a liberarsi della stretta di mano che lui stesso aveva iniziato – tu sei comunque più stupido di me”

“La vedo dura…” commentò Shizuka dando uno sguardo al filo che ancora li univa nonostante l’intreccio della mani fosse ormai sciolto.

“EH? Ehi come sarebbe a dire?”

Ma le sfuriate prevedibili di Watanuki si interruppero subito non appena gli occhi dello stregone si posarono sulla figura sempre più evanescente dell’amico.

“Devo andare…” confermò Doumeki notando anch’egli come l’oscurità stesse pian piano richiamandolo a sé.

“Già, vedo”

“Grazie…del regalo” disse l’arciere dopo alcuni momenti di silenzio indicando con gli occhi il filo dorato che era saldamente legato al suo dito. Watanuki notò il punto dove lo sguardo del rivale si era soffermato e sbuffò.

“Lo vedi che sei più idiota di me…sono io quello che dovrebbe ringraziare…”

“Ci vediamo” lo salutò infine Doumeki regalandogli un mezzo sorriso.

“Si, a presto” rispose quindi lo stregone mimando la stessa espressione, poco prima di vedere la figura dell’amico sparire nell’oscurità onirica.

---

Si risvegliò alcuni istanti dopo. Fuori i primi raggi di sole cominciavano a farsi largo nel cielo e la stanza veniva pian piano illuminata da quadrati di luce che si creavano sul pavimento, giochi di ombre causati dagli shouji ancora chiusi.

Watanuki si alzò lentamente, con leggerezza scostò la tenda che attorniava il grande letto e si diresse verso l’enorme armadio. Un movimento veloce per slacciare l’obi del kimono da notte che indossava e le vesti delicate scivolarono sul suo corpo ancora giovane cadendo a terra senza provocare alcun rumore. Con grazia quasi femminile lo stregone alzò prima un piede e poi l’altro per scostarsi dall’ingombro delle vesti a terra.
Aprì l’armadio ma prima di prendere uno dei tantissimi vestiti elaborati al suo interno lasciò che i suoi occhi si soffermassero un po’ più a lungo del solito sull’ultimo abito riposto con cura all’interno dell’armadio. L’unico abito che stonava con tutti gli altri che facevano bella mostra di loro stessi. Era la sua divisa scolastica, quella estiva per essere più precisi poiché quella indossava il giorno della sua scelta. L’aveva lavata, stirata e riposta all’interno dell’armadio non meno di una settimana dopo quel giorno lontano. Sorrise mentre la sua mano andava ad afferrare uno dei soliti abiti molto più consoni al suo auto-imposto incarico di proprietario del negozio dei desideri.
Richiuse l’armadio dopo un ultimo fugace sguardo alla divisa.

“Uno di questi giorni dovrò farle prendere un po’ d’aria e magari darle un’altra lavata” pensò mentre indossava il vestito scelto poco prima.

Si diresse poi verso il comodino dove era solito riporre la sua pipa. La prese in mano e l’accese portandosela alla bocca per prendere alcune boccate. Lo sguardo intanto vagava sulle innumerevoli foto che erano ordinatamente riposte sul comò all’interno di semplici cornici d’argento. Erano alcuni anni che ogni mattina si fermava ad osservarne una in particolare. Era stata scattata nel giardino del negozio. C’erano tutti quel giorno, era il suo compleanno, e anche Himawari, con Tanpopo cinguettante sulla sua spalla, sorrideva felice di trovarsi li. Kohane stava versando del sakè alla vecchia indovina. Ame Warashi sullo sfondo annusava una delle tante ortensie che decoravano il giardino. Nel mezzo della foto Watanuki si guardava ricordandosi di Mugestu che tentava di esprimergli tutto il suo amore soffocandolo attorcigliandosi al suo collo mentre alla sua sinistra un’imbarazzatissima Zashiki Warashi tentava di offrirgli una fetta di torta appena tagliata. Perfino Doumeki a cui stranamente Maru e Moro si erano affezionate tanto da stargli quasi abbracciate addosso, aveva una parvenza di sorriso, probabilmente dato dal fatto che in quell’istante aveva appena ingurgitato uno dei migliori bignè alla crema che Watanuki avesse mai preparato. In primo piano c’era il fotografo stesso, che dopo aver fatto partire l’autoscatto era rimbalzato davanti all’obbiettivo, per essere sicuro di venir ripreso anch’egli.

Era stato felice Mokona di fare tutte quelle foto soddisfacendo la richiesta di Watanuki. Lo stregone si era infatti reso conto un giorno di non avere nessuna foto di Yuuko, e ora che lei non c’era più aveva paura di ricordarla viva solo nei suoi ricordi. Per quello aveva deciso di non voler rimane senza immagini tangibili delle altre persone a lui care e aveva incaricano Mokona di fare più foto possibili. Tutto ciò lo aveva portato ad avere quintali di immagini, ma ancor oggi lo irritava il fatto che la maggior parte di esse ritraessero quell’idiota di Doumeki. Nonostante questo però tra tutte le innumerevoli foto del rivale ce n’era una che allo stregone era piaciuta abbastanza da concedergli l’onore di una cornice. Tuttora Watanuki si domandava quando Mokona avesse avuto modo di scattarla. Risaliva al tempo in cui Doumeki studiava all’università. Era seduto davanti al tavolino basso sui cui era appoggiato un libro. Doveva essere estate poiché indossava una maglietta bianca, semplice a maniche corte, ma che si intonava bene con la pelle abbronzata dell’arciere. La testa era sorretta dal braccio il cui gomito era appoggiato al tavolino. In mano teneva una matita con noncuranza e il volto era rivolto a sinistra verso la fonte della luce che proveniva dal giardino. Sul viso i raggi del sole si riflettevano negli occhi dorati del ragazzo rendendoli ancora più luminosi. Sulle labbra un leggerissimo sorriso quasi impalpabile che creava un’espressione che Watanuki non gli aveva mai visto assumere. Era una foto semplice in fondo ma dava un’idea di tranquillità e sicurezza… in quella foto era come se Watanuki vi vedesse sia Shizuka che Haruka, chissà, forse era per quello che gli piaceva. La foto a fianco invece non gli piaceva per nulla. Era stato Mokona ad insistere per metterla in una cornice, continuando a dire che era perfetta. Ritraeva Doumeki sempre seduto allo stesso tavolo, in una mano un bicchiere di sakè e l’altra a proteggere l’orecchio mentre Watanuki sbuffava arrabbiato a fianco a lui reggendo un piatto di stuzzichini…Come volevasi dimostrare anche quella volta, come sempre quando si soffermava a guardarla con un po’ di attenzione lo stregone doveva ricredersi sul fatto che in effetti Mokona avesse davvero ragione, quella, in fondo, era sul serio una foto perfetta.
Watanuki chiuse gli occhi ricordando momenti simili a quello ritratto in quello scatto. Aspirò un po’ di tabacco e lasciò poi uscire una scia di fumo dalle labbra, mentre con delicatezza le sue dita appoggiavano la pipa davanti alle due foto come se fosse una sorta di bastoncino di incenso.

“Buon compleanno” disse con un leggero sorriso rivolto a quelle due immagini.

Nel frattempo fuori il sole si era levato, Watanuki si diresse verso gli shouji aprendoli. Uscì dalla stanza e li richiuse alle sue spalle mentre il fumo originato dalla pipa sul comò si diffondeva ancora, magicamente, per tutta la camera.

Era il 3 marzo ancora una volta.



Glossario:

Samue: lo potrei definire una sorta di kimono da lavoro. È quell’indumento che Doumeki indossa sempre quando fa i lavori al tempio.

Shouji: le porte scorrevoli di legno e carta tipiche della case tradizionali giapponesi.


  
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