Videogiochi > Final Fantasy VIII
Ricorda la storia  |      
Autore: Alessia Heartilly    03/03/2011    1 recensioni
C'era sempre qualcosa, negli inverni di Trabia, che li rendeva unici e speciali. (2° classificata al concorso di Songfiction di True Colors)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seifer Almasy, Selphie Tilmitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: Final Fantasy e i suoi personaggi sono un marchio registrato Squaresoft-Enix, e vengono qui utilizzati senza nessuno scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

RUGIADA DEL CIELO
#14. Cimitero

"Winter" di Tori Amos
scritta per il II° concorso di True Colors

C'era sempre qualcosa, negli inverni di Trabia, che li rendeva unici e speciali. L'aria era diversa, il freddo era diverso, la neve era diversa. Lei era diversa quando era a Trabia, quando aspettava il regalo delle fate e saltellava come una bambina contenta quando iniziavano a cadere i primi fiocchi. Aveva pochi ricordi della sua infanzia, ma non avrebbe mai potuto dimenticare le corse folli giù per i pendii insieme alla sua amica, i vestiti umidi di neve, e le serate avvolte in una coperta, con una tazza di cioccolata calda e il naso gocciolante per il raffreddore in arrivo. E le risate. E la spensieratezza. E la gioia di essere vive e la capacità di sentirlo fino nella pelle che si arrossava per il freddo pungente.

Erano gli unici momenti in cui lei e Talia erano state davvero bambine.

Poi, qualcosa era cambiato. Qualcosa aveva reso Trabia un posto in cui sarebbe andata sempre meno spesso; le sue colpe la divoravano, quando si trovava di nuovo davanti al posto in cui era cresciuta, e aveva conosciuto la sua migliore amica, e aveva fatto la pazza nella neve. Qualcosa si spezzava ogni volta, dentro di lei, quando arrivava in quel Garden e ricordava solo di non averlo saputo proteggere abbastanza.

Bisognerebbe essere capaci di proteggere i posti che si amano.

Ogni anno, da quel giorno dei missili, erano andati tutti insieme a passare le vacanze di Natale a Trabia. I suoi amici dicevano che era un periodo da passare con la propria famiglia e si dividevano equamente i giorni da trascorrere in ciascun posto: a Deling City, per Rinoa. A Esthar, per Squall. A Galbadia, per Irvine. A Balamb, per Zell. All'orfanotrofio, con Cid e Edea.

E a Trabia, per lei.

Lasciò andare un grosso sospiro, come per farsi coraggio, quando arrivarono all'entrata e Talia venne loro incontro, con un sorriso così gioioso, che Selphie non poté fare a meno di sentirsi di nuovo a casa. Non aveva mai smesso, quel posto, di essere casa sua, anche se la colpa si era mangiata, piano piano, tutti i buoni ricordi che aveva lì. Tutto quello che aveva fatto con le persone che erano sepolte, là fuori, e che lei non mancava mai di visitare perché non avrebbe saputo come ricordarle altrimenti.

Decise di perdersi nel chiacchiericcio di festa, per qualche tempo. Perdersi nelle decorazioni, nell'aria allegra, nel freddo pungente che era così invitante anche quando era così rigido da intorpidire le mani. E nel caldo rassicurante che la avvolse non appena varcarono la soglia, con le sue amiche che parlottavano e ridevano e i corridoi che si riempivano di persone che volevano salutarla.

Aveva sempre saputo che qualcosa a Trabia era diverso -che chiunque, a Trabia, l'avrebbe sempre accolta come la salvatrice, anche se non aveva fatto abbastanza per salvarli davvero.

*~*~*~*~*

Aveva oramai perso il conto di tutte le persone che l'avevano salutata e fermata nel corridoio per salutarla, e abbracciarla, e baciarla e accoglierla. Era l'eroina che tornava a casa per loro e lei aveva sempre un sorriso per tutti, anche se dentro le si spegneva qualcosa ogni volta che qualcuno la chiamava con quel tono.

Aveva imparato ad odiare quel tono di voce -quel suono che diventava il suo nome quando la sorpresa, il sollievo, la gratitudine e l'affetto lo riempivano e le mangiavano l'anima. Ma non poteva non sorridere, e non abbracciare chi le andava incontro, rendendo infinito il tragitto dalla sua stanza fino all'ingresso del Garden. E aggiungeva un'altra colpa -quell'affetto vero non meritava sorrisi falsi.

Poi finalmente arrivava dagli amici che la aspettavano radiosi e allegri, poteva sentirli ridere a metri di distanza. Tutti avvolti in tute da neve che non avrebbero retto, lei lo sapeva, perché a Trabia le giornate erano fredde e secche e se Talia non avesse portato burro di cacao per tutti si sarebbero trovati con le labbra tagliate. E poi non avrebbero retto perché loro si sarebbero rotolati nella neve, e avrebbero giocato a scivolare giù dal pendio là dietro, e avrebbero giocato a palle di neve, ragazze contro ragazzi, per poi tornare ad essere tutti contro tutti quando la confusione si sarebbe fatta troppo festosa.

Era solo a Trabia d'inverno e a Centra d'estate che si permettevano d'essere ragazzini.

"Selphie, sbrigati!"

"Arrivo!", gridò lei, allungando il passo per raggiungere i suoi amici e uscire finalmente da quel posto in cui l'affetto stava diventando troppo asfissiante. "Sono pronta!"

Era un'altra bugia, e quello che la infastidiva forse di più era che lo sapevano tutti i suoi amici. Pur sempre una cerchia ristretta di persone, ma anche sempre troppe. Lei non era pronta, lo sapeva benissimo perché le tremavano le mani. Lei usciva, ogni volta, da quella porta, i ragazzi che camminavano più avanti quasi volessero lasciare un po' di privacy a lei e alle ragazze, Rinoa e Quistis che si fermavano poco più avanti, e Talia che la aspettava appena all'ingresso del cimitero di Trabia, mentre lei entrava e si scusava di nuovo con i morti, daccapo e ogni volta, di non essere arrivata in tempo se non per salvarli, almeno per salutarli. E c'erano tutti i suoi pensieri ad assalirla, tutti i suoi miliardi di insicurezze e di ricordi e di lacrime mai piante, che le pungevano gli occhi ma le lasciavano intatte le guance.

Ed erano infiniti i minuti che poteva passare in quel posto, snow can wait, con tutte quelle immagini che le scorrevano in testa, ancora prima di entrare; e poi entrava, si chinava di fronte a una tomba, e cercava di ricordare ogni cosa di quelle persone, perché oramai rimanevano ricordi di un profumo, di una voce, di una sensazione, a cui a volte non riusciva più ad associare un volto. Osservava le fotografie, le accarezzava, cercava tutti i minimi dettagli nella sua testa, le gare sulla neve, I forgot my mittens, gli allenamenti insieme, le lezioni, lo studio, le conversazioni nella mensa su quello che avrebbero fatto da grandi. Ed erano proprio i dettagli più piccoli a tornarle in mente: il colore del nastro per capelli di una, l'allergia alla polvere di un'altra, l'eccitazione per aver potuto comprare i primi vestiti con i propri guadagni della sua compagna di stanza. Tutte persone spazzate via dai missili, wipe my nose, tutte persone che avrebbero dovuto essere piante e che lei già ricordava malamente.

Si sentiva così smangiata da quella sensazione, che si lasciò cadere in ginocchio di fronte alla tomba della sua compagna di stanza, senza curarsi della neve fredda che le inumidiva la tuta alle ginocchia e le bagnava gli stivali nuovi. Chissà perché aveva questa mania di avere addosso qualcosa di nuovo quando andava da loro, get my new boots on, come se quello bastasse a lasciarsi alle spalle il passato. Ci aveva provato così tante volte, che era stanca di pensare di riprovarci di nuovo: il concerto per Squall non era servito a placare la sensazione di averli traditi, il suo impegno con i cadetti, in tutti quegli anni, nemmeno, rimaneva sempre quel ricordo perenne eppure così vago di un volto che aveva fatto parte della sua infanzia e della sua adolescenza e aveva condiviso con lei i giochi, lo studio, i sogni e le delusioni.

I get a little warm in my heart, when I think of winter.

Forse era per quel motivo che Trabia aveva scavato nel suo cuore un posto ancora più profondo di quello che il viverci per anni le aveva donato. Trabia era diventato il posto in cui era cambiata profondamente, da quella prima visita al cimitero degli studenti. Trabia era il posto di cui aveva parlato con tutta la sua gioia e la sua commozione e disperazione, quando Rinoa cercava di tirarla fuori dalla sua stanza, nei lunghi giorni che aveva preso per sé dopo aver fallito alla base missilistica. Trabia era il posto in cui per lei faceva freddissimo, ma era anche il posto dei regali della fate, il posto in cui aveva ritrovato amici vicini e lontani, il posto in cui era tornata appena finita la compressione temporale e il posto in cui doveva tornare, ogni anno, per ricordare, non piangere, placare un po' la colpa che si ingigantiva davanti a quelle tombe.

C'erano tante persone lì a cui aveva promesso di tornare, una volta superato l'esame pratico. C'era quel ragazzo che l'aveva sempre difesa, da piccola, e che le ricordava così tanto Squall, sempre vestito di nero e con addosso il bomber che stava ancora sulla sua lapide, anche se rovinato dalle intemperie. Poteva ripensare a quel ragazzo come ad una sorta di primo amore, perché ricordava la protezione che emanava da lui e lo associava sempre ad un profumo di caldo e di famiglia. Forse era meglio parlare di un fratello maggiore, I put my hand in my father's glove, e se ripensava a tutte le piccole attenzioni che lui aveva avuto per lei, prestarle i vestiti quando lei aveva troppo freddo, difenderla dai cadetti più grandi che la infastidivano un po' troppo, aiutarla nello studio e negli allenamenti, le veniva naturale associare lui all'immagine di un fratello. Non sapeva come ci si sentisse ad essere la sorella di qualcuno, ma in qualche modo, l'aver condiviso così tante per così tanto tempo con quel ragazzo le faceva sentire di aver avuto un fratellone a volte iperprotettivo.

La perdita era ancora maggiore, così.

Un lampo di grigio attirò la sua attenzione, in fondo al cimitero, quando alzò gli occhi dalla carezza ai nomi che aveva amato e che aveva abbandonato; si alzò perché aveva capito di chi si trattasse e un po' la curiosità, un po' l'idea di condividere un comune dolore la portò ad avvicinarsi, anche se sapeva che le sue ferite avrebbero potuto farsi ancora più profonde e sanguinanti di quanto già non fossero.

I run off where the drifts get deeper.

Aveva paura di parlare, perché quel silenzio così pesante eppure così adatto non sembrava fatto per essere spezzato. Ma in qualche modo voleva che lui sapesse che lei lo aveva visto e raggiunto, e in qualche modo sapeva anche che lui la stava deliberatamente ignorando. Allungò soltanto una mano ad accarezzargli una spalla, e lui si voltò a guardarla con uno sguardo così vuoto, spento e insieme infuocato che si sentì trapassata dai suoi occhi.

Le parve che volergli parlare lì e in quel momento fosse violare la morte che entrambi non avevano saputo impedire.

Sleeping beauty trips me with a frown.

Forse era stata una pessima idea. Forse le loro colpe non andavano mescolate così, forse non era il caso di fargli sapere cosa le stesse accadendo dentro, forse non era il caso di fargli sapere che anche lei si svegliava ogni notte preda degli incubi e che le era sembrato per mesi di avere l'odore della morte addosso. Forse avrebbe dovuto evitare quel passo falso e fingere di averlo soltanto voluto salutare, e voltarsi e correre da Talia perché la consolasse, come ogni volta, nel silenzio dei suoi occhi sorridenti. Ma lui la trattenne con un sussurro così sperduto, che non le parve nemmeno suo: "mi dispiace".

Non sapeva cosa rispondere, e decise di rimanere semplicemente in silenzio, I hear a voice, anche se dentro di lei ogni cellula urlava frasi sconnesse e diverse che le rimbombavano in testa impedendole di pensare. Anche a lei dispiaceva, anche lei veniva lì ogni anno perché quelle persone meritavano così tanto e lei era riuscita a dare loro così poco: qualche ricordo sfilacciato, fotografie in bianco e nero che andavano rovinandosi, e la sensazione di essere stata poco, così poco, perché era ingiusto aver ascoltato i loro sogni nelle interminabili serate delle partite a carte, e non essere poi stata in grado di proteggerli e farli sbocciare, quei sogni. Proprio loro che si erano fidati di lei.

Forse, alla fine di tutto, aveva avuto ragione Squall, anni prima, you must learn to stand up for yourself, 'cause I can't always be around, forse non ci si poteva fidare delle persone perché potevano tradirti, ferirti e ucciderti anche senza saperlo. Senza volerlo. Era quello che avevano fatto i suoi genitori con lei, era quello che aveva fatto Ellione con tutti loro, era quello che aveva fatto lei con i suoi amici. E poteva pensare quanto voleva che il suo era stato un destino crudele, che l'aveva presa in giro, da bambina, per farla giocare alla guerra e farla sorridere amaramente di quella beata innocenza quando aveva scoperto cosa fosse davvero la guerra. Allora la guerra erano bambini che fingevano di dormire, per terra, e un bimbo che fingeva di proteggerla da un'invisibile strega malvagia. Ma poi quei bambini si rialzavano, correvano in casa perché era ora della merenda e nessuno voleva perdersi la torta.

Poi la guerra erano diventati spari, morti, missili, incubi che la svegliavano nel cuore della notte, fradicia di sudore e lacrime, e la lasciavano con gli occhi sbarrati nel buio a chiedersi perché lei. Perché doveva essere stata lei a tradire, abbandonare e uccidere, proprio lei che quel posto lo aveva amato con tutto lo strazio del bambino solo.

Per Seifer era diverso, ma lei non voleva nemmeno pensare al perché. Sapeva soltanto che il risultato era lo stesso, che ogni anno, anche se lei non lo aveva mai visto prima, lui arrivava in quel cimitero a scusarsi con i morti, come faceva lei. E sapeva che per lui era una colpa anche più infinitamente lunga, perché c'erano sempre gli occhi di chi lo guardava, mentre camminava per strada, e di chi non voleva vedere il ragazzo ferito e manipolato che si faceva uomo distrutto, ma continuava a vedere solo e soltanto il Comandante di Galbadia, che aveva ordinato l'attacco in cui c'era chi aveva perso un figlio, chi un marito, chi la compagna di una vita.

L'amore non avrebbe dovuto avere il diritto di essere così lacerante.

E sapeva anche cosa dicevano le persone che stavano loro accanto: non è colpa tua, he says, when you gonna make up your mind?, hai fatto tutto quello che potevi. Non potevi fare di più. E sapeva che la sensazione era sempre così pungolante, perché ogni volta che qualcuno cercava di consolarla sprofondava ancora di più nella colpa. Lei non poteva essere amata dopo quello che aveva fatto. Non aveva diritto ad essere consolata e non meritava l'affetto da cui era travolta ogni volta che arrivava lì. Lei avrebbe dovuto essere guardata con disprezzo, trattata con indifferenza...se avesse sentito la sua colpa nella loro voce, se l'avesse vista nei loro occhi, forse sarebbe stato più facile. Ma a Trabia non ne erano capaci.

E guardavano e accoglievano lei come la salvatrice quando aveva fallito, e guardavano e accoglievano lui come il ragazzo ferito che era ora e non come il cavaliere della strega che era stato.

When you gonna love you as much as I do?

L'amore non avrebbe dovuto avere il diritto di essere così doloroso.

Si voltò a guardarlo, trovandolo perso nella contemplazione della lapide di una bambina, arrivata a Trabia poco prima della sua partenza, spezzata dai missili dell'attacco. Era la tomba che lei aveva sempre evitato, perché era dura vedere quelle delle persone che aveva conosciuto ma era anche peggio vedere la tomba di una persona che era morta ancora prima di sbocciare. Ancora prima di concepire i sogni che lei aveva così disperatamente cercato di far rivivere, rendendoli solo un pallido riflesso di ciò che avrebbero potuto essere. Era un tradimento anche cercare di addossarli ad altre persone, perché c'erano sempre altri sorrisi, altri visi, altre voci che si sovrapponevano e si mangiavano i ricordi che lei avrebbe dovuto tenersi impressi nella memoria.

L'amore non avrebbe dovuto avere il diritto di poter essere dimenticato, ma non sostituito.

"Non avrei dovuto," mormorò finalmente lui.

Lei sorrise, amaramente.

When you gonna make up your mind?

"Avrei dovuto salvarli."

Di nuovo silenzio, riempito di ricordi. Di parole pronunciate da altri che rimbombavano in testa ad entrambi, 'cause things are gonna change so fast, che parlavano di tempo che passava e dolore che si attenuava, ed entrambi sapevano che erano tutte bugie, chi diceva che sarebbe bastato un po' di tempo non sapeva di cosa stava parlando. C'era sempre quel buco di dolore in cui pareva di precipitare, e se qualcosa diventava più fioco, più flebile, era solo perché l'abitudine l'aveva reso compagno della loro vita. Non sarebbe bastato un po' di tempo -quanto, poi? Qualche mese? Qualche anno? Qualche decennio? Non sarebbe bastato tempo perché il dolore se ne andasse.

All the white horses are still in bed.

"Com'era?"

Lei tacque un attimo, cercando di capire a chi si riferisse; poi vide che aveva allungato la mano sulla fotografia della bambina, e sorrise, di nuovo una smorfia amara. "Era arrivata da poco, non l'ho conosciuta abbastanza per dire com'era...aveva perso i suoi genitori," I tell you that I'll always want you near, "e quando è arrivata qui, non parlava. Forse lo shock. Un giorno poi ha iniziato a nevicare, e lei è corsa fuori. Ci siamo spaventati perché rideva e credevamo che fosse come impazzita, poi lei ha detto che quello era il regalo delle fate. Che i cavalli bianchi delle fate erano venuti a prendere i suoi genitori e adesso stavano bene, da qualche parte. La neve serviva a farle sapere che non doveva più avere paura."

You say that things change, my dear...

"Cavalli bianchi?"

"Credo sia una leggenda. Quando nevica, qui, pensiamo che sia un regalo delle fate, che qualcosa di bello stia per succedere...forse era solo qualcosa che le avevano raccontato i suoi genitori prima di morire. Forse volevano che credesse che non era sola...non lo so."

Ci fu silenzio ancora, lei in contemplazione dell'innocenza di quella bambina, e lui a combattere con tutti i ricordi che gli riempivano la testa. Per lui la neve non era mai stata un regalo, il primo inverno che riusciva a ricordare era stato a Balamb, e allora la neve era stata soltanto il gelo del suo primo allenamento, boys get discovered as winter melts, del ghiaccio che rischiavano di rompere con il proprio peso, del sangue dei mostri e dei cadetti che si mescolava e macchiava il terreno, e da allora non aveva significato altro che quello, flowers competing for the sun, la sua lotta per essere il migliore, per poter riuscire ad essere il cavaliere della strega che aveva così ammirato da bambino, la sua rivalità con Squall e la sua fama di ragazzo problematico che lo aveva condotto alla rovina.

Years go by, and I'm here still waiting.

C'era ancora un po' di quel sogno, da qualche parte, coperto di una patina polverosa come i sogni di tutti i bambini. Avrebbe desiderato davvero essere una persona rispettata, capace di usare il potere che gli era stato dato in dono, in grado di difendere la sua strega dalla cattiveria degli altri. Forse era stata tutta una questione d'amore, forse lui voleva essere il cavaliere della strega solo per avere il suo amore. Perché quello che ammirava era la battaglia, ma quello che bramava era la sicurezza, la gratitudine, l'affetto. Era così ironico che avesse seminato soltanto l'esatto contrario, ed era soltanto giusto che il suo sogno fosse svanito come quel sangue sulla neve, anni fa, il suo e quello di Squall e quello di decine di bambini con una spada in mano, che uccidevano mostri senza ricordare chi erano stati, e che avrebbero continuato a uccidere e dimenticare, lasciando i propri sogni di bambini a sciogliersi nella neve, whithering where some snowman was.

Mirror, mirror, wherÈs the crystal palace?

Ricordava a malapena la sua infanzia, e la ricordava con la malinconia di chi rimpiange di aver perso quell'innocenza per qualcosa che non ne valeva la pena. Avrebbe potuto essere una persona diversa, forse, se non fosse finito in un posto in cui lottare per la propria vita era diventata un'abitudine e l'uccidere semplici Grat aveva a poco a poco attutito la voce della sua coscienza. Ricordava che ad un certo punto, non c'era più stata differenza tra l'uccidere un mostro e l'uccidere una persona, e la sua lama era scivolata sulla gola di soldati Galbadiani e poi sulla gola di SeeD che erano stati suoi compagni di banco. Aveva creduto in qualcosa, allora. Quelle morti erano significate qualcosa perché lui aveva un sogno da realizzare, but I only can see myself, e si era sempre detto che un giorno, quando il suo sogno si fosse realizzato, avrebbe potuto ricordare quelle persone una per una nella protezione della sua strega. Per qualche fuggevole settimana aveva creduto che fosse davvero successo, che quelle uccisioni avessero davvero trovato il loro senso, skating around the truth, ma poi sacrificare Rinoa ad Adele aveva segnato il fondo verso cui era caduto per tutto il tempo. Non c'erano più sogni, non ce ne sarebbe stato spazio in un mondo in cui nemmeno lui sarebbe esistito. Non c'erano più speranze, perché la sua non era la strega che avrebbe voluto proteggere. Ma c'era sempre quel legame, flebile per le distanze di spazio e di tempo, che lo aveva reso davvero un cavaliere, who I am?, che gli aveva fatto sembrare di morire quando si era spezzato, but I know, dad, portandosi via un po' della sua mente, un po' della sua anima, the ice is getting thin, e scavandosi per sempre un buco nel suo cuore.

E le voci. Migliaia di urla, migliaia di lacrime, migliaia di consolazioni inutili che cercavano di smuoverlo, when you gonna make up your mind?, migliaia di parole che fluivano intorno a lui cercando di risollevarlo dal baratro. C'era stata neve in quegli anni ma per lui non era mai stata un regalo, era sempre stata soltanto il ricordo di come tutto era iniziato, e il sangue che ricordava di quel giorno lontano aveva iniziato ad essere quello che lui aveva versato, e solo Fujin l'aveva aiutato, solo Fujin gli era stata accanto, Fujin con la voce roca che faticava a parlare ma faceva di tutto per farlo sentire meglio, Fujin che lo accompagnava ovunque, Fujin che gli stringeva la mano, la sera, per cancellare gli sguardi che lo avevano ricoperto d'odio durante il giorno con il suo colmo d'amore.

When you gonna love you as much as I do?

Aveva sperato in qualche modo che il tempo sarebbe bastato. Aveva pensato che prima o poi le persone avrebbero capito e l'avrebbero quantomeno accettato, ma se c'era qualcosa che il tempo aveva cambiato era stato solo il suo comprendere che nessuno lo avrebbe mai perdonato del tutto. Accettato forse, in un giorno ancora lontano, ma perdonato mai, il dolore non si spegneva per nessuno, e per lui erano un pungolio continuo gli occhi altrui, when you gonna make up your mind?, più li guardava e più non riusciva ad accettarsi. Più li guardava e più vi leggeva le sue colpe, e quando arrivava qui a Trabia, un po' la differenza degli sguardi lo consolava e un po' lo distruggeva ancora di più -non meritava il loro perdono, lo dicevano gli occhi di tutto il mondo.

L'amore non avrebbe dovuto avere il diritto di essere così incondizionato.

E gli sembrava che il tempo invece che lenire le sue ferite le rendesse ancora più sanguinanti, 'cause things are gonna change so fast, più profonde, e che tutto quello si riflettesse sulle persone che aveva accanto, Raijin che gli rimaneva amico nonostante tutto perché per lui era sempre soltanto Seifer, Fujin che gli rimaneva accanto riempiendolo d'amore quando si sentiva svuotare d'odio, e lui sapeva che in ogni suo gesto c'era il tentativo di allontanarli perché non era possibile che lui potesse avere quello che aveva negato ad altri, all the white horses are still in bed, e forse per lui era giusto soltanto un destino di solitudine in compagnia dei morti senza pace che lui aveva sacrificato al suo sogno.

Doveva soffrire per quello che aveva fatto.

I tell you that I'll always want you near...

"Come fai?", chiese infine, come sconfitto, perché dal viso di Selphie non sembrava trasparire tormento. E lui invidiava quel dolore pacifico che a lui non era concesso.

Selphie tacque per un momento, alzando gli occhi al cielo; "li guardo. Loro mi sono grati per essere ancora vivi...e io sono grata a loro per non avermi abbandonato."

...you say that things change, my dear.

Ci fu un altro lungo momento di silenzio, in cui lei continuò a tenere gli occhi rivolti al cielo e lui ad accarezzare con le dita il nome di quella bambina che credeva ai cavalli bianchi delle fate. "C'è anche un'altra cosa," disse poi lei all'improvviso, "un'altra persona."

Solo allora abbassò gli occhi a incontrare lo sguardo di lui; erano occhi che non avrebbe dovuto vedere in un ragazzo di poco più di vent'anni, gli occhi di un vecchio che ha già vissuto troppo ed è talmente svuotato da tutto quanto che aspetta solo che quel tutto quanto finisca, hair is gray, e si disse tra sé che lei non poteva sapere cosa stesse passando lui, perché lei era l'eroina ma lui era l'antagonista. E ogni favola per bambini che era nata ispirandosi alla loro avventura lo avrebbe descritto come una persona fredda e meschina, il traditore che aveva ordinato la morte di decine di persone e si sarebbero dimenticati delle visite della colpa, al cimitero di Trabia. La favola sarebbe finita con il suo 'e vissero felici e contenti', ma nessuno di loro era felice. Troppi pesi, troppi morti, troppi ricordi andati perduti. Troppe coscienze che l'abitudine ad uccidere aveva messo a tacere, e che l'adorazione della gente iniziava a risvegliare. Non c'era niente da ammirare in loro. Non poteva esserci nessuno felice e contento. Tanti di loro nemmeno vivevano.

Ebbe un improvviso moto d'affetto verso di lui, una specie di candore infantile che voleva perdonargli tutto perché era come in quei giochi, lui era solo stato dalla parte sbagliata e non poteva continuare ad essere punito per questo. Non poteva essere punito per essere stato un bambino solo cresciuto troppo presto, che aveva dimenticato cosa fosse una madre e l'aveva cercata in una donna spietata, che aveva manipolato i suoi sogni fino a stritolarli. Non era possibile tutto quello, e per un momento desiderò poter urlare di rabbia, and the fires are burning, per le persone che per Artemisia erano morte, per i sogni che erano andati distrutti e che nessuno poteva più ricomporre, per le colpe inesistenti che divoravano la sua anima e quella di Seifer, per i dubbi nell'animo di Rinoa, per i ricordi di tutti loro andati perduti, per aver quasi perso Squall dopo l'ultima battaglia e per essere lì a trattenere i morti sulla terra e non lasciarli riposare in pace per i loro tormenti.

Posando la mano sulla sua spalla, mormorò, come per non disturbare i morti e farsi sentire solo da lui, "c'è Talia."

Vedendo la sua espressione confusa si diede della sciocca; lui non poteva sapere che stava parlando della sua migliore amica, e continuò, "la conosco da quando sono arrivata al Garden la prima volta. Era la mia compagna di banco alle lezioni...e siamo diventate subito amiche. D'inverno, quando le lezioni si fermavano per le vacanze, io e lei rimanevamo sempre perché eravamo orfane e non potevano tornare da qualche parte come gli altri...con noi rimanevano degli inservienti. Persone sole come noi. Passavamo intere settimane insieme, e spesso giocavamo sulla neve. A volte ci promettevamo di essere amiche per sempre, di dirci sempre tutto, di non farci separare da nessuno...sai, quelle cose che fai da bambino." Lui annuì, e lei continuò, "ogni volta che ci promettevano qualcosa, arrivava il regalo delle fate. Fu lei a raccontarmelo, io non lo sapevo...e secondo lei era perché i nostri genitori, da qualche parte, approvavano. La neve era come un segnale. La neve era...quello che ci legava a loro."

Ci fu un momento di silenzio.

"Quello che ci lega a loro. Sai, ogni volta che torno qui, mi sento in colpa. Mi dà fastidio che mi vogliano bene perché non lo merito. Non li ho salvati."

"Li ho uccisi io..."

"Non li ho salvati," continuò lei senza dargli retta, "e a loro non sembra interessare. Sono vivi. Sono grati di esserlo. Pensano che io abbia fatto abbastanza e forse non potevo davvero fare niente...per giorni interi sono rimasta chiusa al buio a chiedermi come sarebbe potuta andare se avessimo fatto così, o in un altro modo, o in un altro ancora...ma loro," terminò indicando le lapidi di fronte a loro, "non meritano che ci tormentiamo. Devono riposare in pace, adesso...e noi, con questi sensi di colpa, non glielo permettiamo."

Ancora silenzio.

"Dobbiamo ricordarli. E basta. Ricordare come erano. Cosa volevano fare, cosa volevano diventare. Cosa sono stati, per noi. Ma non abbiamo il diritto di trattenerli ancora. Lo scorso anno, Talia mi aspettava fuori dal cimitero. E mi ha sgridato. Perché dice che i loro sogni sono soltanto loro e devono riposare con loro. Onorare la loro memoria significa vivere al massimo la vita che ci è rimasta. Altrimenti sarebbe insultarli. Non possiamo più buttare il tempo così, Seifer."

So many dreams on the shelf...

Lui non rispose, rimanendo fermo a fissare la lapide di fronte a lui. Quella bambina aveva creduto che ci fosse qualcosa, oltre a quello che vedeva, le fate che lasciavano cadere neve, cavalli bianchi che venivano a prendersi i morti e li portavano in un posto migliore. Quella bambina aveva creduto in qualcosa e forse erano proprio i loro rimorsi a tenerla incatenata in un posto in cui non avrebbe dovuto stare. Quelle erano solo lapidi. Dietro c'erano solo corpi vuoti. E quel cimitero in generale era soltanto il modo che avevano i vivi di continuare a ricordare i morti, o avrebbero dimenticato i visi, le voci, per ricordare solo qualcosa di vago che non sapevano più collocare precisamente.

Forse i cimiteri erano pieni di fotografie per quello.

Quanti sacrifici per una stupida idea romantica -romantica, poi? Forse lo era solo perché per lui aveva significato amore, ma non poteva esserci amore in tutto quello. Era un insulto a quello che Fujin gli dava ogni giorno pensare che in quei mesi, qualcosa in Artemisia gli avesse dato affetto. Forse era stata solo l'idea che lei fosse nella Madre e la Madre era la donna che più lo aveva coccolato, da bambino. Ma rimaneva sempre una donna che doveva dividersi con altri bambini -anche con Selphie, e lui aveva avuto bisogno di qualcosa di diverso. Di qualcosa di più. Era ingiusto tutto quello, perché alla fine lui aveva fatto tutto quanto solo per amore e non aveva creduto che avrebbe stroncato così tanti sogni in boccio.

You say I wanted you to be proud of me...

"Sai, Selphie...io pensavo...per un po' ho pensato davvero di essere nel giusto. Volevo...essere ammirato. E rispettato. Volevo...che la mia fama fosse diversa. È ingiusto...io volevo solo dimostrare di valere qualcosa..."

"Lo so," rispose lei con un fare che gli sembrò quasi materno. "Tutti volevamo dimostrare qualcosa...siamo orfani. Dobbiamo sempre dimostrare che vale la pena stare con noi."

...I always wanted that myself.

"Credi che passerà...?"

Lei sorrise, con un suono che lui non seppe definire, ma che gli parve infinitamente amaro. "No."

Poi si voltò, a fissare le sue amiche che la aspettavano chiacchierando, Talia seduta su una roccia all'ingresso, e Fujin di fronte a lei che aspettava di dare forza a Seifer.

When you gonna make up your mind?

When you gonna love you as much as I do?

When you gonna make up your mind?

"Ma ci sono loro," continuò facendogli cenno con la testa alle persone che ancora li amavano, nonostante tutto. "Possiamo almeno continuare per loro..."

Si chinò a sfiorare la fotografia, in un ultimo saluto pieno finalmente di un ricordo affettuoso, allegro, solare e pieno di risate, 'cause things are gonna change so fast..., e lo osservò fare la stessa cosa, prima di allargare le braccia per stringerlo un po' a sé. Lui non la rifiutò, sembrò anzi accettare l'abbraccio come se l'avesse desiderato fin dall'inizio. Era la sua amica d'infanzia, Selphie, la bambina che aveva dormito nella sua stessa stanza, la bambina con cui aveva giocato alla guerra, la ragazzina che lo aveva sconfitto e la donna che gli aveva aperto gli occhi.

Rimasero fermi per alcuni minuti, in mezzo al freddo di Trabia, in un'accettazione finale di ciò che era stato che forse non avrebbe guarito le loro ferite, ma le avrebbe almeno sanate.

All the white horses have gone ahead...

"Spero di rivederti presto."

"Anche io."

E con un gesto rigido, in contrasto con l'abbraccio fluido di poco prima, lui si allontanò velocemente verso Fujin.

Selphie rimase ancora qualche minuto al cimitero, riempiendo i suoi ricordi soltanto di quello che di buono e di bello quelle persone le avevano dato, scacciando, un poco alla volta, le immagini dei suoi incubi, i suoni delle grida, i colori delle esplosioni. C'erano risate, nella sua mente, visi rossi per il freddo e lacrime che venivano piante per la gioia, occhioni che la fissavano e le dicevano che erano venuti i cavalli bianchi, non c'era più da aver paura.

Non c'era più da aver paura.

Il suo sorriso fu finalmente sincero, anche se bagnato di lacrime.

Si prese qualche altro minuto di solitudine, per ricomporsi; e poi si allontanò verso le sue amiche, i loro visi sorridenti che non riuscivano a nascondere la preoccupazione, la mano di Talia che le stringeva la sua, facendola rabbrividire di freddo. Talia aveva sempre le mani così gelide. Forse era per questo che aveva il cuore così caldo, come nel proverbio che amava ripeterle quando le faceva notare che era ghiacciata.

"Fatto?", le chiese Quistis, allungando una mano a sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Sì, fatto. Andiamo? I ragazzi ci aspettano!"

Si allontanarono insieme fuori dal Garden, Quistis e Talia che ridevano e scherzavano un po' più avanti, e lei che rimaneva indietro insieme a Rinoa, con un'espressione pensosa. Solo dopo molto rimuginare si schiarì la voce e chiese, "smette mai di fare male?"

Il silenzio che seguì le fece credere che Rinoa non avesse capito cosa intendeva; poi sentì la sua amica sospirare profondamente, e rispondere in un sussurro, "no. Fa sempre male. Dopo un po' ti dà forza, però."

Non ebbe il tempo di riflettere a quello che aveva appena sentito, perché Talia si voltò con quel suo sorriso così largo, così gioioso, e scoppiò in una risata fragorosa; afferrò al volo il tubetto di burro cacao che le veniva lanciato da Quistis, e sentì le due ragazze gridare insieme, "l'ultima che arriva è il bersaglio!"

Rinoa iniziò a correre ridendo, lasciandola indietro a cercare di raggiungerle -non voleva certo essere sommersa di palle di neve non appena sarebbe arrivata. Solo Talia si fermò ad aspettarla, con quel suo solito sorriso che sapeva scioglierla e dirsi che era fortunata ad averla incontrata, perché un'amica come lei si poteva cercarla una vita intera senza mai nemmeno vederla per caso. E lei l'aveva trovata.

E mentre raggiungeva la sua amica e ricominciavano la loro corsa, arrivò la neve, e non poté fare a meno di ridere, voltarsi a guardare Talia e gridare, "il regalo delle fate!"

Talia era come la neve, per lei. Che arrivava quando meno se l'aspettava, e le mostrava che qualcosa di bello era accaduto. Talia era la persona che le era stata più accanto, era l'amica da cui adorava tornare, era l'amica che l'avrebbe amata comunque, qualunque cosa fosse successa, di qualunque colpa si fosse macchiata. Talia le era stata mandata dalle fate ed era per quel motivo che ogni loro promessa era stata benedetta dalla neve.

Talia era il suo regalo delle fate.

E quando finalmente raggiunsero gli altri e toccò a lei essere bersagliata dalle palle di neve per prima, capì, finalmente.

Erano arrivati i cavalli bianchi, insieme alla neve, insieme a Talia col suo sorriso e il suo burro cacao.

Non c'era più da avere paura.

*****
Nota dell'autrice: il nome della migliore amica di Selphie, stando a questa pagina, significa qualcosa tipo "rugiada del cielo" (o "manna dal cielo", ma non nel senso di cibo, proprio nel senso di pioggiolina, che rende fertile il terreno). Spero che si capisca il perché di questo nome (scelto proprio per il suo significato) nella storia^^ Riguardo poi ai cavalli bianchi, il mio dizionario dei simboli mi ha aiutato a inventarmi quella leggenda, che è comunque totalmente di mia fantasia e fa riferimento ai cavalli solo come simboli della morte o del superamento di certi limiti (come quello tra vita e morte, appunto, o in generale in tutte le situazioni in cui ci dovrebbe essere un limite netto), e al bianco come colore di purezza o purificazione, spesso riferito all'anima.
Le parti in corsivo e in inglese sono della canzone che ho scelto per la song-fiction: Winter, di Tori Amos. Mi è sembrata una canzone che girasse, in qualche modo, intorno alla morte. Ed ecco qui la mia interpretazione, spesso banale, lo riconosco ._. E me ne vergogno molto. Spero che non sia troppo una schifezza il risultato di questo "cambiamento" nella struttura della storia che ho voluto fare per inserire il testo (quel che penso io non c'è bisogno ve lo dica ._.).
Ringrazio come sempre Idreim per averla betata, e vi rimando come sempre a Wide Awake per eventuali critiche e commenti.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VIII / Vai alla pagina dell'autore: Alessia Heartilly