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Autore: alichino    03/03/2011    0 recensioni
Castiel è sull'orlo del baratro; anzi, probabilmente c'è già caduto. E, mentre perde se stesso, si trova a doversi scontrare con il nemico più infido: la sua stessa natura che lo tradisce, costretta a mischiarsi con l'umano.
(E' ambientata durante la guerra civile in Paradiso, ma non tiene conto degli ultimi sviluppi della trama nella stagione sei)
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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LEUVIAH


 
Leuviah era sempre stato uno spirito…riottoso.

Sebbene fosse un’entità di tipo femminile, il suo tramite era un ragazzo ventiquattrenne dagli occhi lunghi e i capelli fulvi e arruffati. Leuviah non aveva mai pensato ad ospitare quel corpo –non ne aveva mai visto l’utilità –ma c’erano momenti in cui, ella sapeva, era necessario mettere da parte la volontà personale ed accettare ciò che il caso, il destino, o la fortuna spingeva a fare. Allora, mise da parte ogni remore e cominciò a parlare con il ragazzo per renderlo consapevole della sua esistenza, senza spaventarlo: Leuviah era brava con le parole, sebbene fosse scontrosa, e la sua voce –la sua vera voce –era…bè, era divina, per chi poteva sentirla senza danni collaterali. Ecco perché il tramite non si fece pregare nell’accettarla, non ebbe paura, né si ritirò intimorito. Ella era pur sempre un angelo. E quando le labbra del ragazzo si spiegarono nel fatidico , Leuviah riuscì a sentire sorgere nel suo corpo una sensazione molto simile ad una piena soddisfazione.

Leuviah era sempre  stato uno spirito…riottoso.

Non perché davvero avesse a stizza gli esseri umani –provava diffidenza anche verso i suoi stessi fratelli –ma piuttosto perché non sopportava il solo pensiero di chiedere aiuto a una qualunque altra creatura vivente; questo era il problema di Leuviah: era sempre stato uno spirito non solo riottoso, ma anche piuttosto arrogante. Il solo stare in quella stanza di uno squallido motel, in un corpo che non era suo, infastidita dalla luce che filtrava attraverso le tapparelle e, per di più, costretta a chiedere aiuto ai fratelli Winchester, contribuiva a crearle uno scompenso interiore che variava dall’irritazione alla rassegnazione più acida. E gli umani, la coglieva questo pensiero, com’erano ingenui a pensare che gli angeli non possedessero emozioni! Le sarebbe venuto da ridere se si fosse trovata in un’altra situazione. Ma non poteva. E di tutto quel sommovimento interiore che la stava prendendo già da un po’ di tempo, non lasciò trasparire nulla, com’era abitudine, com’era naturale per tutta la sua specie. Lasciò sfuggire dalle labbra del suo tramite un respiro e poi la voce che risuonò monotona a incolore nello spazio della camera. Com’era povera quella voce, pensò.

- Scusate. –Disse.

Vide chiaramente i due fratelli sobbalzare; Sam si alzò di scatto dalla sedia dov’era seduto, i nervi contratti e pronti a scattare. Leuviah si stupì di tutta quella diffidenza, ricordandosi solo in seguito che quella era una delle qualità che li aveva tenuti vivi, e che probabilmente era una reazione più che giusta nel trovarsi uno sconosciuto in camera; si appuntò mentalmente di usare più prudenza, più tatto, la prossima volta. I suo pensieri furono interrotti dalla voce brusca di Dean, che nel frattempo si era sollevato dal letto e, affiancatosi al fratello, aveva impugnato quella che sembrava un’arma.

- Chi diavolo sei?

- Mi chiamo Leuviah. –Disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. –Mi serve il vostro aiuto –continuò poi vedendo che nessuno dei due fratelli era intenzionato a dire nulla.

- E che cosa sei? –Continuò Dean, come se non avesse nemmeno sentito la seconda parte della sua frase.

Leuviah inclinò la testa verso sinistra, stringendo gli occhi per focalizzare meglio la figura degli uomini davanti a lei. Com’era difficile. –Sono un angelo.

I due fratelli si guardarono, perplessi; Dio, com’erano ovvi nel soppesare le sue parole, poteva quasi sentire i loro pensieri, e le parole che si stavano scambiando con lo sguardo. Sapeva che era importante che loro si fidassero di lei –o almeno di ciò che era –ma non aveva tempo per aspettare che ci arrivassero da soli. Decise che avrebbero avuto bisogno di un aiuto, e così si avvicinò velocemente e, dopo aver sollevato le mani verso i fratelli, le depose con decisione sulle loro fronti, due dita tese in avanti per ciascuno; il contatto non durò che pochi secondi, ma bastò all’angelo per far passare nelle loro menti la consapevolezza della sua essenza, di ciò che era, cosicché potessero evitarsi perdite di tempo inutili. Non ne aveva, di tempo da perdere.

Dean e Sam scattarono indietro, come si fossero scottati. Il maggiore imprecò, soffiandole addosso di non farlo mai più.

- Non ce ne sarà bisogno. Come vi ho detto poco fa, mi serve il vostro aiuto. Ho solo fatto in modo di evitarci perdite di tempo in inutili tentativi di appurare la mia buona fede.

- Chi ha detto che adesso ci fidiamo di te? –Disse Dean conservando il suo atteggiamento sospettoso, ma Leuviah notò che aveva deposto l’arma. Ed anche Sam non sembrava più così tanto teso.

- Chi ha detto che dovete farlo? –Ribattè lei, cominciando a trovare quel battibecco divertente, anche se totalmente inutile. I due fratelli si guardarono con un’espressione indefinibile negli occhi, le sopracciglia sollevate e l’angelo non poté fare a meno di pensare a quanto si assomigliassero.

- Si tratta di Castiel. –Tagliò corto lei. Al suono di quel nome, sia Dean che Sam scattarono, e la loro attenzione ritornò alla figura di quel ragazzo fulvo che si stava portando un angelo in corpo. –Sono convinta che gli sia successo qualcosa.

- Aspetta, aspetta. –Dean la interruppe –Sei convinta? Sei un angelo…femmina?

Leuviah focalizzò la sua vista sull’uomo, chiedendosi se stesse scherzando o se fosse uno strano modo per dimostrarsi amichevole; e Sam non sapeva se mettersi a ridere per l’incredibile capacità del fratello di prestare attenzione alle cose più inopportune nei momenti meno opportuni, o se morire dall’imbarazzo per la sua assoluta mancanza di tatto. Ma, prima che potesse fare o dire qualsiasi cosa, sentì la voce dell’angelo, assolutamente priva di sentimento d’ogni sorta, asserire  –Non credo sia importante in questo momento. Possiamo tornare al punto della questione? –Aveva ripreso a guardare Sam, con il volto di uno che non capiva il senso di quanto stava accadendo. Sam le fece un cenno d’assenso, incenerendo Dean con gli occhi, intimandogli di stare zitto; quest’ultimo gli offrì una delle sue migliori facce da Che cosa ho fatto di male? Con tanto di alzata di spalle sarcastica, ma non aprì bocca.

- Cosa te lo fa dire? –Chiese Sam, ritornando ad ascoltare l’angelo.

- E’ sparito dal Paradiso. E non riusciamo a trovarlo nemmeno qui sulla Terra.

- E non avete idea di dove sia.

- No. Ce l’abbiamo. Qui sorge il problema.

I due fratelli si scambiarono un’occhiata. Al silenzio di Leuviah, Dean sbuffò un po’ infastidito –possibile che gli angeli fossero tutti così duri di comprendonio e restii a usare quelle dannate parole? –e Cioè? proferì con un tono di rassegnazione.

- Cioè, noi angeli non ci possiamo avvicinare al posto. Abbiamo tentato, ma è inutile. Ci sono dei potenti sigilli che bloccano il passaggio.

- E vi serve che noi ci introduciamo là dentro perché siamo i soli che possiamo farlo.

- Perché siete umani. Non sapevo a chi altro chiedere. Credetemi, non vi avrei coinvolto se non fosse stato assolutamente necessario. E Castiel…beh, credo Castiel si fidi di voi.

Dean sentì le labbra stirarsi in un debole sorriso, al pensiero di Cass che si fidava di loro. Sapeva che era così. Conosceva la sua fede. Ma ciò che sapeva con maggior certezza era che lui, Dean Winchester, avrebbe fatto di tutto per non deluderlo. Soprattutto se si trattava di salvare il culo al suo angelo preferito. 
   
 
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