Colin si svegliò di soprassalto. In realtà non l’avrebbe
mia ammesso. Quel suo tatuaggio grande e spaventoso aveva a volte la capacità
straordinaria di terrorizzarlo. Con quello stupido pensiero ‘ cos’è quella cosa
sul mio braccio ’ Colin si era svegliato tutte le mattine da due anni a quella
parte. La sveglia verde acqua segnava le otto meno dieci. Cristo, pensò,
proprio oggi?
Per quanto Colin potesse darsi delle gran arie da duro,
odiava le sfide e soprattutto le novità. Era un dannato abitudinario. Uno spacciatore-malvivente
figlio di puttana-abitudinario. Colin non si sarebbe mai alzato a quell’ora.
Era nel suo DNA svegliarsi a orari assurdi. Non dormiva molto, anzi, era capace
di restare sveglio per giorni e notti, ma non era assolutamente capace di svegliarsi
prima di una certa ora. C’è sempre una prima volta, ovvio. Si sedette, tastando
con i polpastrelli la barba non rasata. Sarebbe stato più saggio rasarsi, si
disse, e sembrare un vero figlio di puttana, oppure restare quello che era: un
barbuto, tostissimo ventisettenne.
Colin si alzò, ritrovandosi nudo davanti allo specchio a
parete. Si mise dei boxer, prendendo atto del fatto che ormai non viveva più
solo. Prima di rifare il letto, spalancò la finestra. Il cielo grigio lo scrutò
dall’alto, del tutto intenzionato a piovere. Colin la chiuse in fretta perché
era il quindici di gennaio e faceva un dannato freddo polare. Allora mise su
una maglietta nera e i jeans.
Vaffanculo, pensò, vaffanculo. Voglio tornare a casa mia.
Tirando il piumino azzurro del letto, trovò il perizoma
rosso di Laura. Laura era una ragazza carina, di origini italiane, che aveva
rimorchiato la sera prima al Jersey’s Pub, nel downtown. Il fatto che Laura non
fosse americana lo aveva subito interessato. C’era questa comunanza di sentimenti.
Colin riteneva che gli americani fossero un popolo a sé, barbaro, stupido.
Pensava che fossero il futuro, il nuovo mondo, ma degli europei non avrebbero
mai potuto capirlo.
Ora, lascerei da parte per adesso le, diciamo bizzarre,
idee politiche del caro Colin, per timore di annoiarvi. Torniamo a Laura.
Laura, dagli occhi grandi come dei mandarini color
nocciola, parlava inglese con un accento assurdo e incomprensibile, e ne era
consapevole. Per cui parlava in modo lento. Colin l’aveva trovata irresistibile.
Dopo il sesso Colin le aveva detto la verità, sul fatto
che il giorno dopo aveva un impegno importante e che si doveva svegliare
presto. Laura se n’era andata via sulla sua macchinetta bianco sporco, senza
storie.
Cristo, pensò, se l’avesse trovato Gretchen. Grazie a Dio
mi sono sempre rifatto il letto da solo.
Colin focalizzò la sua attenzione sulla cosa importante
che doveva fare quel giorno.
Forse Colin avrebbe avuto un lavoro nuovo di zecca, quel
giorno. Tutta quella storia dell’orario, era così per dire. Per il suo lavoro
gli orari non erano la parte più importante. Gli sarebbe bastato un po’ di
talento e una raccomandazione. Colin non aveva raccomandazioni.
Ma vaffanculo. Colin si accorse che la sua gamba destra
non aveva mai smesso di muoversi, cosa che segnalava un alto stato di allerta.
Orlando era sveglio a da una mezz’ora quando aveva deciso
di alzarsi. In realtà aveva passato quella mezz’ora a osservare Gretchen e i
suoi capelli biondi. Gret era
l’immagine stessa della tranquillità, quando dormiva. Sembrava un angioletto
biondo, abbracciata al suo fidanzato inglese.
Poi aveva visto la sveglia e scostando le braccia bianche
di lei, si era alzato e aveva messo su la camicia bianca e una cravatta. Poi si
era guardato allo specchio; davvero un bel tipo, con i riccioli castani e magro
come se non mangiasse da un paio di giorni. Cambiare contea e dipartimento era
stata davvero una bella seccatura. Suo fratello s’era fatto prendere e non
aveva potuto fare altrimenti. Inoltre Gret aveva dovuto lasciare il suo lavoro
part-time al negozio di dischi, che amava tanto. Ma era già stato abbastanza
arrabbiato con lui, ormai era passato del tempo. Guardò ancora Gret. Si chiese
perché la sua vita era così assurda e perché Gret avesse scelto di stare con
uno come lui, e perché ancora lui e suo fratello non si fossero ammazzati a
vicenda.
Decise di andare a far colazione. Diede una carezza sulla
guancia a Gret, che se ne stava ancora distesa nel letto, e poi un bacio. La
ragazza si svegliò
“Ma cosa? E’ presto… Dove te ne vai?”
“Oggi è il primo giorno in ufficio Gret”
“Ma stavamo così bene, a letto fino a tardi”
“Ciao ciao, Gret”
Gretchen rispose
con uno strano suono e si riappisolò.
Orlando si diresse verso la cucina, perché aveva una gran
voglia di mangiare qualcosa.