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Autore: Mikaeru    05/03/2011    3 recensioni
È innegabile che ogni tanto ci abbia provato, non è colpa sua se il resto della gente è idiota e non riesce a vedere il mondo dal suo punto di vista.
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"Ecco perché sono tutti stupidi, perché nessuno vede, tutti guardano ma nessuno vede, è così stressante e fastidioso, non ce la faccio più, siete tutti idioti e non lo capite!”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È innegabile che ogni tanto ci abbia provato, non è colpa sua se il resto della gente è idiota e non riesce a vedere il mondo dal suo punto di vista.

“Tu sei completamente folle.”
Sebastian, tra tutto lo sciame, era una delle mosche più fastidiose che gli giravano attorno all’università (ma aveva pur bisogno di un pubblico, di qualcuno che strabuzzasse gli occhi di fronte al suo palesemente superiore intelletto), attratto forse dalla possibilità di prenderlo in giro col suo basso e viscido modo di fare – oh, certo, attacchiamoci all’evidenza di Holmes senza una donna per sfogare le proprie frustrazioni con infantili prese in giro senza indagare un minimo, è così scontato, così terribilmente noioso –, ma in un qualche modo, con quel suo antipatico modo di fare, gli assomigliava vagamente, fosse anche solo per come tendeva ad usare solo il proprio cervello per arrivare più in alto possibile.
“Assolutamente no. È estremamente banale scoprirlo, invece. Se ci pensi un attimo, ci potresti arrivare anche tu.”
“Come fai a dire che ho fatto sesso con la Williams, per l’amor di Dio?”
Sherlock sbuffò. Tirò un sorso del succo di frutta dalla cannuccia e lo appoggiò sul tavolo della biblioteca, vicino al libro per il prossimo esame.
“Se solo tu prestassi più attenzione ai particolari, Sebastian. Ora ti spiego.”, gli disse come se gli stesse facendo il più grande favore della sua vita, con un’irritante sfumatura di pietismo nella voce e nello sguardo, “Taylor Williams è famosa per tre cose: per i suoi capelli rossi, per usare un profumo particolarmente costoso che si fa portare appositamente dalla Francia, per il tipo di lana dei suoi maglioni che è sempre quello e mai nessun altro, anche quelli ad un livello tale di ricercatezza che è estremamente raro che qualcun altro abbia le disponibilità economiche per acquistarli e, fra le ragazze che sei solito frequentare, questa ridottissima percentuale si restringe a Taylor Williams. Il vostro è stato, per forza di cose, un incontro segnato dalla rapidità, non potevate farvi scoprire intenti ad accoppiarvi in aula, tanto che da lì a dieci minuti sarebbe stata invasa dagli studenti – sei arrivato col fiatone, da destra, correndo per arrivare puntuale, tu arrivi sempre puntuale e mai di corsa, non posso dedurre altrimenti che abbiate usato l’aula in cui abbiamo avuto lezione dalle nove alle undici. Le punte delle tue scarpe sono appena macchiate di fango, essendo state comprate ieri sera è improbabile che tu le abbia macchiate in precedenza, aggiungiamo il fatto che vieni in università in macchina e che quindi non compi un passo da casa tua a qua e che tutta la struttura è dotata di appositi marciapiedi per non dover mettere piede sull’erba quando ci spostiamo da una parte all’altra, ne deduco che hai corso appunto nell’erba, scordandoti che ieri ha piovuto per un paio d’ore e che quindi il terreno stesso è vagamente fangoso. Lo hai fatto perché sei un maniaco della puntualità e non avresti sopportato di arrivare tardi dall’appuntamento. Stavo dicendo, tornando alla questione principale, avevate naturalmente fretta, per cui nel toglierle il maglione è rimasta attaccata al tuo orologio una piccola fibra del suo maglione, se ti guardi il polso la vedrai anche tu. Hai addosso un odore terribile, ed è il naturale risultato del mescolare tra loro il tuo deodorante, marcatamente maschile, le note del suo profumo e l’odore della tinta che si è rifatta stamattina, a giudicare da quanto ancora si senta. Ieri aveva un accenno di ricrescita talmente irrisorio da essere notabile giusto da chi ha la tendenza alla perfezione come lei e da me.”
Sebastian lo guardò aggrottando le sopracciglia. Non sapeva quantificare quanto fosse irritante il senso di nudità che si provava di fronte ad Holmes. “Cristo, sei fuori di testa. Completamente. Come diavolo fai?”
“Come fai tu a non notare certe cose, sono così palesi.”
Gli uscì una risata quasi isterica, che non suscitò nessuna reazione in Sherlock.
“Sei così sgradevole e fastidioso, Holmes.”
Prese la borsa e, scuotendo la testa per cercare che l’umore nero scivolasse via, tornò da dove era venuto, lasciandolo solo. Sherlock alzò le spalle e aprì il libro, tornando a leggere e a sorseggiare il succo di frutta.

“Certo che c’è qualcosa che non va nel suo cervello.”
Sally ebbe un tremore gelato nel ripensare a come brillavano gli occhi di quello psicopatico davanti al cadavere – non un semplice cadavere, ovviamente, ma il cadavere di un politico il cui suicidio si era ovviamente rivelato un efferato omicidio senza apparente motivo, ovviamente il motivo c’era ma loro non erano riusciti a vederlo ma lui sì e ci erano volute solo un paio di ore a trovare il colpevole, l’insospettabile autista suo amante da sei mesi. Lestrade aveva chiesto delle prove per poterlo arrestare, e Sherlock era sparito.
“Io non voglio più averci nulla a che fare.”
L’ispettore sospirò, cercando di ignorare la fastidiosa voce di Anderson che dava ragione a Donovan. Sherlock aveva detto che fra loro c’era qualcosa, ma Anderson era sposato e lui non vedeva assolutamente niente; poteva essere la prima volta che non ci aveva visto giusto.
“Non fate così, Sherlock ci è indispensabile, non avremmo mai risolto quest’omicidio senza di lui.”
“Ma lo hai visto?”, lo interruppe Anderson, guardandolo con l’espressione di chi guarda un cretino che non riesce a capire il punto della questione,”Sembrava un bambino il giorno di Natale! Ed era davanti ad un uomo morto, santo cielo! Ha dei problemi, problemi molto seri, e non voglio averlo tra i piedi ancora per molto. Ci sarà ben qualcun altro intelligente come lui ma meno pazzo!”
“L’unico più intelligente di me è Mycroft, ma mi dispiace doverti dire che il suo intelletto è di gran lunga superato dalla sua pigrizia.”
Sherlock, senza dar impressione che gli interessasse la presenza di nessun altro all’infuori di Lestrade, nell’ufficio, si aggiustò per un secondo i guanti e lasciò una cartellina e un sacchetto nero sulla scrivania. “Tabulati telefonici, arma del delitto su cui non troverai impronte digitali perché ha usato dei guanti, che ovviamente sono dentro il sacchetto, in cui troverai tracce di pelle. Sono andato a casa sua e ho trovato, oltre ai guanti che non ha avuto il cervello di buttare via, l’acquisto di un biglietto del treno per Bristol, ore 14 e 35, nella sua cronologia internet. Siete ancora in tempo.”
Smise di parlare – persino chi lo ascoltava dovette tirare un respiro, perché la velocità con cui parlava angosciava anche loro – e girò i tacchi, facendo frusciare il cappotto.
“Ah”, riprese aprendo la porta, “il mio cervello è completamente a posto, Donovan.”

Ci ha provato seriamente, sin da bambino.

“Guarda che è normale che sia successo, non devi piangere.”
Sherlock, da piccolo, aveva il solito seguito che gli stava dietro per ammirazione – che, in questo caso, era dettato unicamente dal non sapere di cosa stesse parlando, per la maggior parte delle volte, e quindi non era vera ammirazione, ma piuttosto il sentimento di eccitamento che i bambini provano per le cose sconosciute.
“Scusa, Sherlock…?”
Henry, sette anni, piangeva dalla sera precedente la morte del suo vecchio cane, morto d’un colpo mentre mangiava. Aveva cercato consolazione in lui, l’unico amichetto che i genitori gli avevano permesso di vedere quel giorno, considerando che l’avevano obbligato ad andare dagli Holmes nonostante avesse promesso a tre compagni di classe di andare a giocare con loro.
“È normale. Innanzitutto aveva quattordici anni, sarebbe comunque morto di lì a poco. Poi, da quanto ho visto, lo facevi sforzare molto giocando con lui, obbligandolo anche quando non voleva particolarmente, facendolo cadere in trappola regalandogli da mangiare, così si è affaticato più del dovuto. Comunque non è completamente colpa tua, era già ammalato da tempo, me ne sono accorto sei mesi fa, quando sono venuto da te, si notava dal suo respirare e da come camminava, ma suppongo che qualcuno con un occhio meno allenato del mio non l’abbia notato, ecco perché non lo avete portato dal veterinario.”
Henry strillò, urlò che lo odiava a morte e che non sarebbe mai più venuto a trovarlo, andò a piangere da sua madre e Sherlock fu spedito, per l’ennesima volta, in camera. Dal suo punto di vista, completamente senza giustificazione.
“Ma mamma! Gli stavo semplicemente spiegando che non era del tutto colpa sua!”
“Non mi interessa, la devi smettere di fare piangere gli altri bambini.”
Lo chiuse in camera vietandogli in ogni modo di uscirne. Sherlock si sedette per terra immusonito, senza capire. Strinse un peluche e poi, capendo quanto fosse inutile, lo lanciò contro la libreria.

“Per te allora sono tutti stupidi, vero?”
Andò dallo psicologo per circa sei mesi, quando aveva sedici anni: le prime volte era abbastanza convinto che avrebbe potuto fare qualcosa; poi passò tre mesi in silenzio sul divano, senza neppure guardarlo. Poi smise di andarci completamente. I suoi genitori lo scoprirono dopo un anno.
“Sì, tutti. Lei compreso.”, rispose Sherlock sbuffando forte, con le mani strette in grembo, con le nocche bianchissime e la bocca stressa.
“Perché, Sherlock?”
“Perché?! Ah, oddio, lo vede che è idiota?!”
Scagliò la sedia quasi contro il muro, alzandosi di scatto. Cominciò a camminare per tutto lo studio percorso da nerissima elettricità.
“Che domanda imbecille! Perché nessuno vede il mondo come lo vedo io! Cristo, è così semplice! Sono tutti idioti perché nessuno riuscirebbe a capire che lei si scopa la segretaria, eppure è così dannatamente semplice, si vede subito! È persino inutile che io glielo spieghi, non capirebbe comunque! Anzi, glielo spiego proprio perché riesca a capire il suo livello di idiozia! Io vengo sempre alle due e mezza, sono il suo primo appuntamento del pomeriggio, dopo la pausa pranzo, e lei non ha la fede, due mesi fa la portava sempre mentre adesso no, perché se la fa con la sua segretaria da due mesi e si sente in colpa a scoparsela con la fede addosso perché lei è molto religioso e assolutamente ipocrita! Due mesi fa i suoi appunti erano più ordinati e fitti, aveva una calligrafia durissima e serrata, ma ora che finalmente può sfogare i suoi istinti facendosi ammanettare al letto della sua segretaria, che abita a cinque minuti a piedi da qua, ed è questo uno dei motivi per cui l’ha assunta, è molto più contento e con gli appunti con cui prima occupava una pagina sola ora deve usarne quattro, fra l’altro sbaglia moltissime volte per cui deve cancellare perché è felice e ha la testa per aria! I segni delle manette sono evidenti sulla sua pelle, ora, ma non lo saranno domani, difatti lei due sere a settimana va al suo esclusivissimo club, ho visto la tessera una volta che mi ha scambiato le monete per la macchinetta dell’acqua, quindi non torna a casa la sera se non molto tardi, così che i segni possano sparire senza che sua moglie abbia l’occasione di vederli! Ecco, lo vede? Era tutto così semplice ed ovvio! Ma nessuno se ne sarebbe accorto, nessuno lo avrebbe notato prima che lo dicessi io! Ecco perché sono tutti stupidi, perché nessuno vede, tutti guardano ma nessuno vede, è così stressante e fastidioso, non ce la faccio più, siete tutti idioti e non lo capite!”

In un qualche modo, quando ci riflette, pensa che forse non faceva altro che attendere qualcuno con cui condividere gli occhi, che lo capisse.

Lui è stato l’unico a non insultarlo. L’unico a cui Sherlock abbia mostrato una frazione infinitesimale del proprio mondo e che l’aveva accettata. L’unico che, anche senza capirlo completamente, lo abbia accettato senza dirgli che era pazzo, ma semplicemente si è seduto nel centro di una stanza, lo ha guardato negli occhi e gli ha detto che avrebbe aspettato di comprenderlo del tutto, che si sarebbe impegnato a farlo per primo. L’unico.

John rientra a casa più tardi del solito; si è trattenuto da Sarah, se ne accorge dal profumo. Devono aver fatto sesso, o qualcosa di fisicamente molto simile, se è così forte su di lui. Che fastidio. Lo sente avvicinarsi; quando lo vede sdraiato sul divano, ostinato nel non salutarlo, sbuffa. Sherlock non lo guarda, ma sente il fruscio della giacca.
“Facciamo che vado a comprarti i biscotti, quelli almeno li mangi. Scusa se sono arrivato tardi.”
Se ne rende conto in modo stupefacente, come se una mela gli fosse caduta in testa, come per un caso da tre cerotti.
L’attesa, adesso, è finita.

  
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