#
1 – The Case
Apro
la porta e getto la sacca a terra. Nell’avanzare inciampo in
uno scatolone,
oggi non è proprio giornata. Lo sposto con un calcio e mi
dirigo in camera
gettandomi sul letto. Credo che non mi alzerò fino a domani
mattina. Mi faccio
pena da solo, ma voglio solo cancellare il ricordo di questa giornata.
Nemmeno
la palestra mi ha aiutato. Non riuscivo a concentrarmi e a momenti mi
casca il
bilanciere addosso. Non infilo un pensiero coerente da settimane, ormai
e la
cosa mi irrita da morire. Ma oggi è andato tutto male
dall’ufficio alla
palestra, e di solito qui invece me la cavo ancora bene per non avere
più
vent’anni! Mi sembrava di sentire ancore le risate dei miei
ufficiali e avevo
l’impressione che tutti mi stessero a guardare. “Le
serve una mano, signore?”
mi ha chiesto uno sbarbatello quando ho perso per un secondo la presa
del
bilanciere. A me? Sono un Capitano di Vascello
degli Stati uniti
d’America, sono stato in Vietnam a cercare mio padre, ho
combattuto la guerra
del golfo, santo cielo… ma non credo che al ragazzo
interessi particolarmente.
Mi guardava come se fossi un vecchietto arteriosclerotico!
Non
ho nemmeno fame, spengo la luce sul comodino. O meglio, ci provo. Non
ho ancora
perso le abitudini di Washington, nel mio loft avevo
un’abat-jour; qui è tanto
se ho attaccato il frigorifero e fatto mettere
l’elettricità. Spengo la luce
principale e mi addormento esausto.
Sono
agitato. Mi divincolo nel letto ma non riesco a svegliarmi del tutto.
Sento un
suono lontano, un telefono. È lei, lo so. È lei
che mi chiama, ma non riesco a
prendere l’apparecchio. Il telefono si allontana sempre di
più e io mi allungo
più che posso, ma è tutto inutile. “Non
riattaccare, aspettami” mi sento gridare,
rivolto verso il telefono, sempre più lontano. E mentre
diventa un puntino
piccolissimo mi sveglio di soprassalto con il trillo del telefono che
mi
perfora un timpano.
“Pronto..”
credo di aver detto, ma la voce dall’altro capo del telefono
continua a chiedere
se c’è qualcuno in linea. Allora stavolta lo dico
più forte, uscendo
definitivamente dall’ennesimo incubo.
“Pronto”
accendo la luce nel medesimo istante in cui sollevo il ricevitore.
“Mi
scuso per l’ora, Capitano Rabb, sono il Comandante Burke,
della Polizia
Metropolitana” mi dice con un accento inglese spiccatissimo.
Scotland Yard? Alle
cinque di mattina?
Penso gettando un occhio all’orologio al mio polso. Cosa
vuole da me?
Glielo
chiedo. Vorrei risultare seccato per il disturbo recatomi, da perfetto
inglesino quale non sono, ma temo di sembrare
piuttosto un arrogante
americano che sbraita al telefono al capo del Met.
Mi
spiega, impeccabile, l’accaduto; un cadavere ritrovato, un
ufficiale di marina
sospettato. Non so perché, ma non mi suona affatto nuovo,
penso sarcastico.
Vuole
vedermi nel mio ufficio tra un’ora. Rispondo affermativamente
riacquistando il
mio tono militaresco. Riattacco, mi alzo e mi dirigo in doccia.
Sono
le sei. Il parcheggio del Jag è vuoto e ci sono pochissime
persone in strada.
La guardia di vigilanza fuori dal portone mi riconosce e mi fa il
saluto
militare. Ricambio e mostro il tesserino come vuole
Entro
nel mio ufficio e mi distendo un attimo sulla mia sedia e ogni volta
che lo
faccio mi rammento di non cadere, come gia una volta mi
capitò. Questa volta
non potrei avere visioni su Mac.
Dall’interfono
la voce della guardia mi avvisa che il Comandante Burke è
arrivato.
“Lo
autorizzi a salire e gli spieghi a che piano arrivare” dico
premendo il
pulsante di risposta. Mi alzo e vado ad attenderlo
all’ascensore per fargli
strada.
Siamo
nel mio ufficio ora. Mi spiega nei dettagli la vicenda e mi porge il
fascicolo
della vittima. Un corpo non ancora identificato, o meglio uno scheletro
con
pochi brandelli di carne addosso, a giudicare dalle foto, è
stato ritrovato in
un parco. Leggo meglio
“Hyde
Park è indubbiamente sotto la nostra giurisdizione
Capitano.” Mi dice senza
scomporsi di un millimetro “ovviamente non ostacoleremo le
vostre indagini
legali nell’accusa di colpevolezza del vostro
marinaio”
“Presunta
colpevolezza” replico calmo guardandolo negli occhi.
Antipatico di un
automobilista che guida dalla parte sbagliata della strada e dal lato
sbagliato
della macchina, già lo hai dichiarato colpevole?
Mi
guarda torvo per averlo contraddetto. Con chi credi di avere a che
fare? Mi è
stato spiegato da subito che è necessario mantenere dei
buoni rapporti con
NOTE
DELL'AUTRICE: Eccoci qua con il secondo capitolo!!! A presto e buona
lettura!!