LE
DISAVVENTURE DI ERMANNO
Quella
mattina Ermanno stava guidando il camion
mentre borbottava un po’ infastidito improperi al suo capo.
Chissà cosa gli era
saltato in testa a quello sbarbatello figlio di papà di
cambiargli il turno e
il giro. Appena rientrato si sarebbe andato a lamentare con il
“vero” suo
principale. Il vecchio sig. Motta avrebbe certamente capito le sue
esigenze,
mica come il figlio che aveva zittito le sue proteste con
un’alzata di spalle e
mormorando un:
“Se ti va bene è così, altrimenti
quella è la porta”
Assurdo! Dopo anni di onorato servizio venire trattato così
da un bambino
troppo cresciuto era un vero affronto.
Ermanno
non era mai stato un uomo con grandi
ambizioni o grande spirito di iniziativa. Aveva sempre cercato di
affrontare la
propria vita con facilità e con leggerezza. Nessun impegno,
nessuna
responsabilità, nessuna preoccupazione.
Non era propriamente uno scansafatiche… lavorava ogni giorno
e il suo dovere lo
svolgeva in modo preciso e puntuale, però non faceva mai
nulla di più di ciò
che gli competeva. Insomma era un mediocre come ce ne sono tanti, ma
non aveva
l’animo cattivo o avvizzito. Semplicemente stava bene da
solo, bastava a se
stesso e non gli importava di nient’altro.
Di
mestiere faceva l’operatore ecologico,
comunemente chiamato spazzino. Era un lavoro relativamente semplice,
senza
responsabilità che gli permetteva di vivere agiatamente
(essendo solo) e che
non lo faceva tornare a casa troppo stanco la sera… insomma
proprio il lavoro
adatto a lui.
Erano ormai quindici anni che la sua esistenza trascorreva tranquilla e
immutata, senza che nulla di davvero rilevante gli capitasse.
Ora
chissà come mai avevano deciso di cambiargli il
giro per il ritiro della spazzatura. Non che volesse per forza fare
quello
vecchio… ma il nuovo percorso era di un bel pezzo
più lungo e di certo sarebbe
tornato a casa tutti i giorni, una buona mezzora più tardi
alla sera. Ecco, era
questo che proprio non voleva. La sua routine quotidiana si sarebbe
irrimediabilmente
incrinata. Tanto più che non c’erano vantaggi.
Insomma, avrebbe lavorato
mezzora in più per cosa? Cinque euro al giorno in busta
paga! Mica gli occorrevano
soldi, tanto più che cento euro al mese non gli avrebbero
certamente cambiato
l’esistenza.
Sbuffò
infastidito per l’ennesima volta quel giorno.
Ormai era quasi al termine del suo giro ed erano già le
cinque e mezza di sera.
Si apprestò a scendere dal camion, per caricarci su gli
ultimi sacchi di
spazzatura., quando d’improvviso qualcosa attirò
la sua attenzione.
Uno strano oggetto che riluceva alla luce del tramonto faceva bella
mostra di
sé attraverso le grate di un tombino, come se stesse
dicendogli : prendimi sono
tuo.
Si avvicinò curioso con il cuore che palpitava, a vederlo da
lontano sembrava
una grossissima collana d’oro e diamanti. Si
avvicinò ancora di più e, spiando
tra le strette sbarre della grata, la sua prima impressione venne
confermata.
Sì, era certamente un gioiello di enorme valore.
La luce del sole trafisse di nuovo la superficie della collana che
brillò
nuovamente.
Ermanno la guardò ammirato e allungò la mano nel
tentativo di prenderla,
purtroppo però le sbarre impedivano alla sua mano di
raggiungere il bramato
oggetto.
Passò così più di mezz’ora ,
tempo nel qual Ermanno cercò di ingegnarsi in
tutti i modi per recuperare la tanto agognata collana, ma ovviamente
fallì
miseramente ad ogni tentativo.
Quello
stupido gioiello era lì, che faceva mostra di
sé in modo arrogante e strafottente, quasi lo sbeffeggiasse e deridesse. Ermanno
fissò a lungo quel tesoro
a pochi passi da lui e ringhiò infastidito:
-Se non fosse per le sbarre ti avrei già preso-
mormorò, ma poi
si rese conto che stava parlando al vuoto
.
Ormai
era tardi e il
sole stava calando, doveva riportare il camion al magazzino e timbrare
l’uscita.
Arrivato al capannone c’era il vecchio sig. Motta che lo
attendeva.
“Ermanno, ciao! Senti ti volevo parlare… mio
figlio mi ha comunicato la sua
decisione di cambiarti il giro, io gli ho detto che non era una cosa
giusta nei
tuoi confronti prendere una decisione simile senza chiederti che ne
pensavi… Io
non mi voglio intromettere ma domani se ti va, mio figlio
ascolterà le tue
richieste”
“Oh no si figuri va bene il giro nuovo” disse
risoluto Ermanno.
Figurarsi… il giro era perfetto, altrimenti come avrebbe
fatto a recuperare
quel prezioso?
Una volta nel suo appartamento si lavò e si
addormentò con la mente sempre
rivolta al gioiello che lo attendeva dietro le sbarre di ferro,
immaginandosi
cosa sarebbe potuto cambiare nella sua vita una volta divenuto ricco.
La
mattina dopo Ermanno si svegliò completamente
sudato e terrorizzato da un sogno che aveva fatto durante la notte.
Celermente
si vestì è senza perdere tempo a fare la sua
abituale colazione e uscì di casa
per raggiungere al più presto il posto di lavoro.
Appena fu arrivato davanti all’ufficio del suo giovane capo,
entrò -senza
bussare- come una furia.
“Oh Ermanno” il giovane, che stava seduto dietro
all’imponente scrivania, lo
salutò perplesso da tanta irruenza.
“Capo le devo parlare di una cosa importante!”
“Ah si mio padre mi ha già detto tutto…
sono felice che tu voglia continuare il
nuovo giro che ti ho assegnato…”
“Nooooo” Ermanno urlò senza permettere
all’altro di terminare la frase.
“Ma come? Io avevo capito…”
“Perché mi vuole così male? Cosa le ho
fatto per farle desiderare di rovinarmi
la vita?”
Il giovane lo fissò basito
senza capire
a cosa l’uomo si riferisse.
“Scusa ma davvero non ti seguo!”
“Allora glielo spiego… Continuando a fare quel
giro nuovo, io riuscirò a
diventare ricco grazie ad una scoperta fatta in un tombino.
Così mi licenzierò
e comincerò a fare la bella vita. Si sa, gli uomini ricchi
sono molto
appetibili, così finirò per cadere nelle grinfie
di una donna bellissima. Mi
creda ancora mi si attizzano i sensi se ripenso a lei. Però
quella benedetta
donna mi tradirà in continuazione. Io nel frattempo
diventerò sempre più ricco,
investendo in immobili ed aprendo dei ristoranti alla moda…
Sarò talmente
occupato dal lavoro da non avere più il tempo per fare
nient’altro. I miei due
figli un maschio ed una femmina, gemelli nati dalla mia seconda moglie
-che
però ai tempi del parto era ancora la mia amante-,
cresceranno immersi nella
bambagia. Una volta grandi mi creeranno un mare di problemi, il maschio
cercherà più volte di soffiarmi
l’impero da sotto il naso; così assieme ai miei
avvocati troverò delle cose compromettenti per farlo
incriminare ed
incarcerare. Non le dico le tragedie, per questo arriverà
anche il secondo
divorzio. Mia figlia invece collezionerà vestiti e mariti,
mentre la mia terza
moglie –amica di mia figlia perché coetanee- si
ammalerà di un male incurabile.
Una tragedia, il funerale, lo straziante dolore, mi riavvicineranno
alla mia
prima e mai dimenticata moglie… Però alla fine
scoprirò che quella donna
malefica è in combutta con mio figlio per allontanarmi dalla
direzione della
mia multinazionale creata nel giro di un decennio di lavoro…
perciò sarò
costretto a farla assassinare.
Ovviamente mi arresteranno, e senza altri eredi
il mio patrimonio passerà nelle mani di mia
figlia, l’unica senza
pendenti penali… che ovviamente sperpererà tutto.
I miei avvocati mi faranno
uscire dal carcere, ma ormai povero, tornerò qui a
supplicarla di lavorare
ancora per voi... però a quei tempi avrò
ottant’anni e lei
mi caccerà dall’ufficio ridendo. Finirò
i
miei ultimi giorni in uno spoglio letto
d’ospedale…”
Ermanno aveva il fiato corto e il viso rosso, pareva che da un momento
all’altro potesse coglierlo un infarto.
Il suo capo lo fissò spaventato e sconvolto, suo padre non
gli aveva mai detto
che Ermanno era schizofrenico… evidentemente doveva aver
dimenticato di
prendere i farmaci. Sì, era l’unica spiegazione
logica.
Terrorizzato dal timore che l’uomo potesse fare gesti
inconsulti si affrettò a
balbettare un:
“C-certo certo… anzi sai che ti dico? Data la tua
dedizione ti darò anche un
aumento”
A quelle parole Ermanno parve calmarsi di colpo e sorrise rilassato.
“Grazie capo, lei si che è un tipo in
gamba… bene io vado a prendere il camion,
altrimenti faccio tardi” e così dicendo
uscì dall’ufficio tutto soddisfatto.
Si avviò al suo mezzo e una volta davanti al volante
sospirò come se si fosse
tolto un peso mormorando:
“Meno male che sta notte ho fatto quel sogno premonitore sul
mio futuro… stavo
per infilarmi in un incubo”.
La
giornata passò tranquilla e alle cinque e mezza
in punto Ermanno ritornò al capannone.
Una volta sceso dal camion notò un gruppetto di altri operai
che si accalcava
in un angolo.
“Che succede?” domandò curioso
“Sapessi Giulio è uno degli uomini più
fortunati che conosca” gli rispose con
un po’ di invidia un collega “Pensa che ha trovato
una collana che deve valere
un sacco di soldi in un tombino” concluse.
Giulio per tutta risposta gli mostrò il gioiello sorridendo.
Ermanno gli si avvicinò con fare di compatimento e
sussurrò, battendogli una
pacca sulla spalla:
“Mi dispiace… però meglio a te che a
me” e si allontanò lasciandosi dietro
tutti i colleghi sconvolti per quell’affermazione assurda.
Si stava facendo tardi, se non si sbrigava a tornare a casa in fretta
il suo
programma preferito sarebbe cominciato senza di lui, rovinando la sua
amata
routine quotidiana.
PICCOLO SPAZIO PRIVATO:
Volevo dare alla storia un tono leggero, benché il protagonista sia un perdente che ha paura di vivere e per questo suo timore perde un’occasione importante. Anzi si feliciterà con se stesso per averla scampata. E’ fondamentalmente una storia amara, anche se scritta in tono semplice e quasi surreale.
Scritta per il contest Pirates of the Carribean quotes