Un’altra
tetra e afosa notte che quella soffocante ed implacabile estate
elargiva,
un’altra notte senza luna a rischiarare il passo e senza
stelle ad indicare la
via. Un qualcosa di insolito per quel periodo. Anche quella notte, come
nelle
ultime notti ormai accadeva, un uomo scrutava la volta celeste, pregava
gli
astri, invocava gli Dei in cerca di risposte o un segno che potesse
guidarlo.
Ma quell’ostinato silenzio gli opprimeva l’animo, i
suoi quesiti rimanevano
senza risposta. I tempi stavano maturando, lo sentiva, allora
perché tacevano?
Un
improvviso chiarore. Un infinito e dolce cosmo a rivelare una presenza.
Una
immensa sensazione di soavità a rigenerare
l’animo. Durò solo un attimo, ma
sufficiente a permeare l’intera zona di amore e speranza.
Ecco
la risposta tanto cercata.
Accorse
il vecchio Shion, là dove aveva intravisto quello strano
fenomeno; ai pieni
della gigantesca statua della sua Dea vi trovò rannicchiata
una piccola
creatura. Ancora un lieve residuo di quell’immenso e
amorevole cosmo ad
avvolgerla fino a sparire completamente. Prese a muoversi la piccola,
ad
agitarsi, a piangere. Shion la prese fra le braccia alzandola al cielo
in un
tacito ringraziamento.
“
Un
senso di incommensurabile gioia per quell’arrivo
così tanto atteso ma
inaspettato, un senso di inquietudine anche, la consapevolezza e la
conferma
che il tempo stava davvero terminando, il periodo di
“pace” era agli sgoccioli,
presto dunque un nuovo e terribile conflitto fra Dei sarebbe venuto.
Presto il
mitologico nemico sarebbe venuto a reclamare la terra degli uomini.
Non
era pronto Shion, le schiere dei Santi protettori della Dea non erano
complete,
i predestinati ancora troppo giovani e la loro preparazione ancora
incompleta.
Ma c’era tempo… sì, c’era
ancora tempo.
Non
vi erano ancora state avvisaglie di pericoli immediati né il
risveglio di
antichi nemici.
Decise
che sarebbe vissuta al di fuori del Santuario, come una bambina
normale, perché
potesse vivere a contatto con gente normale, quella stessa gente che
avrebbe ricevuto
un giorno la sua benevola protezione. Perché vivesse quel
mondo che avrebbe protetto
con tutta se stessa come in passato aveva fatto e come sempre avrebbe
fatto.
L’avrebbe dunque affidata ad un uomo che conosceva quel mondo
segreto, un uomo
di assoluta fiducia, che l’avrebbe protetta e cresciuta come
una figlia.
Intanto
Shion avrebbe continuato a vegliare, protegge e guidare come meglio
poteva il
Santuario fino al quel giorno. A preparare quei giovani per mandarli
incontro
alla morte per preservare la giustizia e il futuro.
Trascorsero
5 anni dal ritorno di Atena sulla terra, 5 anni in cui la bambina a cui
era
stato dato il nome di Saori, cresceva amata e troppo viziata, lontana
dalla
terra di Grecia. Viveva negli agi più sfrenati accanto a
quell’uomo a cui era
stata affidata ignara della sua origine e del suo destino. Un uomo
fedele sì ma
anche ambiguo e ambizioso, un abile affarista pronto a sfruttare ogni
minima
occasione. L’uomo aveva trasceso i suoi compiti. Aveva
riunito a sé da ogni
parte del mondo bambini che potessero un giorno difendere quella
fanciulla e
ciò che avrebbe rappresentato. Voleva trovare fra essi dei
prescelti che
potessero in futuro lottare a fianco della Dea Atena e difendere anche
il
proprio mondo. Li aveva poi nuovamente divisi quei bambini, mandati in
luoghi
segreti nel mondo perché apprendessero, perché
venissero addestrati e
trasformati. Perché crescessero consapevoli del proprio
destino e del
sacrificio che sarebbe stato loro richiesto.
Il
destino beffardo aveva poi richiamato a sé
quell’uomo all’improvviso,
stroncandolo con una malattia cardiaca, senza dargli il tempo di
adempiere
appieno al suo compito, lasciando incompleto il suo progetto,
abbandonando la
bambina all’oscuro di tutto e ad una vita non sua.
*****
Due
giovani ragazzi appena ventenni, due fratelli, identici
nell’aspetto, complementari
nel carattere, cresciuti fianco a fianco nella devozione alla loro Dea;
stavano
seduti su di un altopiano spalla contro spalla aspettando
l’alba. Erano sempre
stati uniti l’uno all’altro fronteggiando gli
ostacoli sostenendosi a vicenda,
avevano affrontato anni di duro addestramento ed erano divenuti parte
dell’elite. Erano sempre stati una cosa sola. Apparivano
sereni anche se molti
erano i pensieri che affollavano le loro menti, molti i sentimenti
contrastanti
che agitavano i loro cuori. Quello che si stava dipanando davanti a
loro era un
giorno importante. Quel giorno si sarebbe compiuto il loro destino.
- sei nervoso per
oggi?...
- solo triste…
dopo oggi
le cose cambieranno…
- no… non
cambierà nulla…
staremo sempre insieme…
- ma per gli abitanti del
Santuario sì… e anche gli altri… hanno
sempre mal visto questa situazione…
- gli altri sono
giovani…
e invidiosi perché sono soli…
- e se dovesse risolversi
nuovamente in un pareggio?...
- ne sarei
contento…
- questa volta
sarà
diverso… mi batterò fino alla fine per
conquistarlo…
- ne sono
sicuro…
Tutto
il Santuario era in agitazione da giorni e giorni per
l’importante evento che
si sarebbe svolto. I preparativi erano frenetici, gli addetti alla
manutenzione
dell’arena erano in fermento per terminare il loro lavoro in
tempo.
La
grande arena principale, adibita per le competizioni e le cerimonie
ufficiali,
era gremita fino all’inverosimile, era palpabile la grande
eccitazione che si
stava vivendo. Era la prima volta che si sarebbe assegnato il titolo di
Santo
d’oro con uno scontro diretto come invece avveniva di norma
per i Santi
d’argento e Santi di bronzo. Nella tribuna d’onore,
alla sinistra della piccolo
palco riservato al Grande Sacerdote, il Santo d’oro del
Sagittario aspettava in
trepidante attesa, seduto accanto ai giovani compagni d’arme
del Cancro, del
Capricorno e dei Pesci ancora poco più che ragazzi; di
conoscere l’esito di
quello scontro eccezionale e di festeggiare la consacrazione ufficiale
del
nuovo compagno che avrebbe preso posto al suo fianco nella
più alta casta delle
schiere della Dea Atena.
Accompagnati
dal boato della folla fecero il proprio ingresso i due giovani
contendenti,
sicuri e determinati, fieri.
Tutti
erano in attesa di ascoltare le parole del Grande Sacerdote che
avrebbero dato
il via a quell’evento:
- Oggi, con la benevola
protezione della nostra amata Dea, assisteremo alla consacrazione di un
Santo
d’oro…
- questo è un giorno
importate per voi due… per cinque anni avete condiviso la
carica di Santo dei
Gemelli, per cinque anni avete presidiato la terza casa.
- siete stati
riconosciuti entrambi degni di ricoprire il ruolo di Santo dei Gemelli
ma uno
soltanto di voi potrà beneficiare della protezione delle
Sacre Vestigia in
battaglia… soltanto il vincitore avrà il pieno
titolo… oggi si dovrà compiere
il vostro destino…
- di medesima forza,
equivalenti in destrezza e di eguale lealtà e devozione alla
nostra Dea… solo
il fato stabilirà chi fra voi due sarà il
legittimo possessore di queste Sacre
Vestigia…
Lo
scontro si fece da subito teso e difficile, entrambi i contendenti
erano abili,
la loro forza si equiparava. Dapprima uno scambio di colpi atti a
studiare le
strategie l’uno dell’altro, erano scontri fisici in
rapida successione per
saggiare velocità e prontezza. Poi colpi sempre
più forti, decisi, implacabili.
Stavano dando fondo ad ogni grammo della loro energia fisica e mentale.
Sembrava dovesse terminare come sempre in un pareggio. Era innegabile
che si
stessero impegnando con tutto loro stessi, la loro forza e la loro
determinazione
era senza paragoni.
Un
momento di pausa. I due fratelli si guardarono negli occhi. Occhi
carichi di
determinazione e fiducia, un sorriso sincero. Il respiro affannoso pian
piano
si regolarizzava. Erano concentrati al massimo. Si preparavano per
l’ennesima
volta al loro colpo più potente. Una fortissima esplosione,
una immensa
deflagrazione. L’onda d’urto generata dal cozzare
dei due colpi portati al
massimo della loro potenza residua scaraventò con estrema
violenza i due
ragazzi, già provati, a terra; ai lati opposti di quel campo
di battaglia.
Rimasero entrambi immobili, feriti e stremati per interminabili attimi,
poi,
uno dei due si rimise in piedi, a fatica, barcollando un poco. Era
dunque il
vincitore.
L’altro
ragazzo non si rialzò più. Esanime era riverso su
quella terra rossa, intrisa
del sangue di tanti giovani che prima di loro avevano combattuto per il
proprio
destino, imbrattata ora anche del suo stesso sangue.
Le
urla e gli incitamenti che fino a poco prima riempivano
l’arena cedettero il
posto ad un irreale silenzio. Nessuno osava più proferire
parola.
Il
fato aveva operato la sua scelta.
Le
sacre vestigia erano andate a coprire le stanche e tremanti membra del
vincitore.
Quel
giovane ora ricoperto d’oro, che dava ancora le spalle al
Sommo Pontefice,
cadde in ginocchio con il capo chino e gli occhi chiusi a trattenere
lacrime di
dolore. Quale vittoria amara era stata quella.
Dagli
spalti, mescolata alla folla ancora sbigottita di giovani allievi,
servitori e
ancelle, saltò giù sul rosso terreno
dell’arena una figura ammantata e con il
volto quasi del tutto coperto, solo la bocca era visibile. Si
avvicinò al
giovane a terra, si chinò su di lui, gli accarezzo
dolcemente il volto infine
lo cinse fra le proprie braccia. Volgendo poi lo sguardo verso
l’altro giovane
gli rivolse un lieve sorriso.
Una
intensa vibrazione nell’aria, un improvviso e pulsante
bagliore dalle vestigia
che si staccarono improvvisamente dal corpo del ragazzo per ricomporsi
nuovamente nel totem al centro dell’arena. Una lieve aura
minacciosa avvolse la
figura sconosciuta che strinse a sé convulsamente il giovane
esanime fra le proprie
braccia fissando quell’effigie d’oro con astio
digrignando i denti. Con un
leggero scarto del capo volse poi l’attenzione al Pontefice
che era scattato in
piedi allarmato da quella strana intrusione e dal seguente inusuale
fenomeno
che si era verificato nell’arena. Quasi un impercettibile
movimento della bocca
ora più rilassata a pronunciare parole non udibili.
Un
vento improvviso nacque dal nulla sollevando nugoli di terra, un
impetuoso e
innaturale turbinio rosso avvolse i due che svanirono nel nulla
lasciando tutti
i presenti attoniti.
*****
- lasciami
solo… Aiolos…
- Sono ormai quasi due
mesi… dal giorno dell’investitura
ufficiale… tutte le notti vieni qui… espandi
il tuo cosmo per ore ed ore fino a sfiancarti… lui non
c’è più…non ti
risponderà… è morto…
fattene una ragione…
- tu non puoi
capire…
- ti stai isolando sempre
di più... siamo tutti preoccupati per te… anche
il vecchio Shion lo è…
-
tzè… quanta falsa
preoccupazione… siete tutti ben felici che non ci sia
più…
- non è
vero… siamo i
tuoi compagni… la tua famiglia…
- voi non siete niente
per me…
- questo atteggiamento non ti appartiene… ti prego… torna in te… Saga
Desistette
infine Aiolos, incerto su come fare per riportare in sé
l’amico. Tristi
pensieri nella sua mente erano rivolti a quell’amico non
più gioviale e cortese
ma assente e apatico, che si stava chiudendo sempre più in
se stesso. Certo lui
non poteva comprendere quel profondo dolore, il fratellino adorato lui
lo aveva
ancora al suo fianco. Mentre scendeva dall’altopiano con le
prime luci
dell’alba ad illuminare il suo cammino vide il Sommo Shion
che attendeva, la
preoccupazione come una maschera sul volto.
- Sommo Shion…
non so
cosa fare…
- lasciagli ancora tempo,
è difficile per lui…
- si sente in colpa per
la morte del proprio fratello… non è facile
vivere con un peso del genere… non
ha nemmeno un corpo da piangere…
- lui non si
rassegna… lo
crede ancora vivo… Sommo Shion…
ditemi… cosa è accaduto realmente quel giorno?
- non lo so…
Percorsero
assieme il sentiero che li riportava verso le case dello zodiaco pronti
a
tornare ognuno ai propri doveri.
Aiolos
a capo chino dispiaciuto per il suo migliore amico che sentiva sempre
più
lontano ma allo stesso tempo determinato ad aiutarlo e il vecchio Shion
consapevole di non poter lenire la tristezza e la sofferenza di quei
giovani
Santi che considerava un po’ come figli suoi.
- sento che qualcosa si
sta ridestando… ma ancora non mi è
chiaro…
- Aiolos… avverti gli
altri maestri… bisogna accelerare i tempi di addestramento
dei giovani…
dobbiamo essere pronti…
Apprestandosi
infine a tornare alla tredicesima casa, il passo stanco per il peso
della
vecchiaia e delle preoccupazioni, la mente a ripercorrere dolorosi
ricordi di
un lontano passato…
“la storia è destinata
sempre a ripetersi… dunque quelle vestigia sono davvero
maledette?… perché un
fratello deve essere la causa della morte del suo stesso sangue?
Così accadde per Aspros e
Deuteros… così accadde per lei… ed
ora… Credevo di aver fatto la scelta giusta…
lasciarli assieme, riconoscere il diritto ad entrambi… il
fato è davvero
ineluttabile?
No… basta incertezza,
basta timori… io ho fede nel volere della mia Dea, credo nel
sacrificio dei
miei compagni, dei miei fratelli. Credo in questa nuova generazione di
Santi
che porteranno con fierezza sulle loro spalle il peso della
giustizia.”
Il
tempo era dunque agli sgoccioli, la sensazione appena provata lo aveva
messo a
disagio, la piccola Saori, era ancora troppo giovane,
Loro
non erano ancora pronti. Quanto tempo avrebbe avuto? Un pensiero al suo
compagno Dohko, dedito al suo compito di sorvegliare quella torre
maledetta
dove erano sigillate le anime asservite ad Hades, non aveva dato
notizie di sé
e questo era un buon segno, voleva dire che Hades ancora non si era
ridestato.
*****
Sul
promontorio Sounion ad una settantina di kilometri da Atene, dove si
stagliano
maestose le rovine del tempio dedicato al divino Poseidone, dal nulla
comparve
un forte bagliore prima, una lieve scossa di terremoto in seguito.
Infine
l’apertura di un antico passaggio che conduce nelle
profondità della terra. Al
centro di una angusta cavità ricavata nella nuda roccia, al
cospetto di un
tridente d’oro che da tempo immemore emana una potenza senza
eguali stava una
figura misteriosa incurante del sacrilego gesto che si accingeva a
compiere.
Strappando con noncuranza un antico sigillo liberò il potere
insito nel
tridente, permettendo così l’accesso al passaggio
per il regno sottomarino,
dominio assoluto del divino Poseidone.
Il
tempio era diroccato e avvolto in un silenzio surreale, un ambiente
statico.
Probabilmente era disabitato fin dai tempi della fondazione di Atene,
lasciato
in rovina dopo il violento scontro degli eserciti delle due
Divinità che si
erano contese l’egemonia sulle terre emerse.
All’interno
della grande sala del tempio principale, fra tronconi di colonne
semidistrutte
sparse ovunque, ai piedi dell’effigie del possente Dio e
circondato dalle
preziose Vestigia dei sui generali, si trovava una reliquia.
Anch’essa
sigillata con lo stesso sigillo che era stato posto sul tridente.
Dall’apertura
di quell’antica anfora fuoriuscì
un’entità di immensa grandezza e di
schiacciante presenza pronta a reclamare quello che era suo.