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Autore: _Ella_    08/03/2011    8 recensioni
Roxas voltò il viso, trovandosi di fronte un ragazzo sui venti, capelli assurdamente rossi che spiccavano contro la pelle chiara, che lo fissava con gli occhi smeraldini, curioso di vedere la sua reazione
«Lo so che non è un giocattolo» proruppe, quasi mettendo il broncio «E non sono un bimbo» precisò
«Oh, certo» sorrise ironico l’altro «E com’è che ti chiameresti?»
«Roxas»
«Piacere, bimbo, io sono Axel».
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Canzone usata: Slipped Away, Avril Lavigne.

#Slipped Away.

Era una bella giornata invernale, come non cen’erano da tempo. Roxas respirava a pieni polmoni l’aria pulita del primo mattino, sulle spalle il peso – seppure minimo – dello zaino che penzolava placidamente da un lato.
Strano che ci fosse così poca confusione, si trovò a pensare, mentre attraversava la strada semideserta, sia di auto che persone.
Mandò uno sguardo allo schermo del cellulare, considerando che poteva ancora perdere un po’ di tempo, poiché era uscito un po’ prima da casa. Sistemò meglio lo zaino e s’avviò al parco, sicuro che nessuno l’avrebbe disturbato. Ah… quasi quasi rimaneva in strada a far nulla, invece che rintanarsi in un’aula angusta e puzzolente, piena di casinisti incalliti e professori rompiscatole.
Svoltò, avanzando il passo. Una volta al parco, abbandonò con noncuranza la cartella su una panchina, accomodandosi anche lui, l’i-pod nelle orecchie che suonava musica punk-rock a tutta forza. Si guardò un po’ attorno e il suo sguardo fu catturato da una splendida Yamaha nera brillante, non ne aveva mai viste da quelle parti a dire il vero. Ovvio, in quell’isoletta sperduta a stento c’era qualcuno che aveva due televisioni, figurarsi moto da corsa…
Preso com’era dal guardarla, non s’era nemmeno accorto della figura slanciata che lo fissava in silenzio, sul volto aguzzo un sorriso sghembo.
«Bimbo, guarda che non è un giocattolo».
Roxas voltò il viso, trovandosi di fronte un ragazzo sui venti, capelli assurdamente rossi che spiccavano contro la pelle chiara, che lo fissava con gli occhi smeraldini, curioso di vedere la sua reazione
«Lo so che non è un giocattolo» proruppe, quasi mettendo il broncio «E non sono un bimbo» precisò
«Oh, certo» sorrise ironico l’altro «E com’è che ti chiameresti?»
«Roxas»
«Piacere, bimbo, io sono Axel».

 

«Mi raccomando: vai piano»
«Certo, bimbo, per chi mi hai preso?».

{I miss you, miss you so bad. I don't forget you, oh it's so sad}
{Mi manchi, mi manchi da morire. Non ti dimentico, oh è così triste}

 

Roxas sorrise rilassato, stringendosi forte alla schiena di Axel, che sfrecciava per strada.
Quando gli aveva chiesto se voleva far un giro sulla sua moto per la prima volta, l’aveva guardato come si fa con i pazzi.
La volta dopo aveva declinato gentilmente l’offerta.
La terza volta, invece, era stato più o meno un: «Axel, ci facciamo un giro?», così il rosso aveva annuito sorridendogli e porgendogli il casco.
Ed eccolo lì, per l’ennesima volta attaccato come un koala a quel pazzo motociclista, tranquillo nonostante sfrecciassero velocissimi fra le altre auto.

 

Il cellulare squillò che era notte fonda.
Per qualche motivo assurdo, Roxas l’aveva lasciato acceso.

{I hope you can hear me, I remember it clearly: the day you slipped away was the day I found it won't be the same}
{Spero tu possa sentirmi, lo ricordo chiaramente: il giorno in cui sei scivolato via è stato il giorno in cui ho capito che non sarebbe stato più lo stesso}

 

Sorseggiava lentamente il suo succo di frutta, mentre Axel fumava tranquillamente la sua sigaretta, dopo aver preso un caffè. Roxas lo fissava in silenzio, senza aver davvero qualcosa da guardare. Ma gli piacevano quei tratti decisi del viso, così come lo erano tutte le linee di quel corpo maturo e slanciato, differentemente dal suo, ancora aspro e femmineo. Il biondo storse il naso con una punta d’invidia che sapeva più d’ammirazione.
«Dimmi un po’, Axel: sei fidanzato?» chiese, non realmente interessato, ma con un pizzico di curiosità che ogni volta lo portava a fare sempre più domande
«Ma certo, con la mia moto!» rispose tranquillamente l’altro, facendogli scappare una risata divertita; Roxas scosse la testa
«Dovresti sposartela quella moto»
«Oh, no» Axel si sporse sul tavolo, avvicinando il viso al suo per guardarlo meglio in volto «Preferirei sposare te, bimbo».
La sua risata roca vibrò nell’aria, quando Roxas si ritirò indignato e rosso, quasi allarmato. Lo fissò male e offeso per qualche secondo, per poi ridere a sua volta
«Sei tutto matto»
«Tu devi essere ancora più svitato, per andare in moto con un matto, sai?»
«Mai detto il contrario» sorrise in risposta il biondo, ritornando a sorseggiare il suo succo.

 

La consapevolezza di essere rimasto solo, di essere a metà,
se possibile, faceva più male della notizia stessa.

{I wish that I could see you again, I know that I can't}
{Spero di poterti vedere di nuovo, so che non potrò}

 

Corsero a perdifiato fin sotto il capanno di legno che c’era al parco, mentre pioveva a più non posso. Roxas rise cristallino, divertito quanto Axel da quella situazione. In realtà non c’era nulla di divertente, ma entrambi erano felici e sollevati, il cuore leggero come in una bolla.
Il biondo si passò una mano fra i capelli bagnati, continuando a ridacchiare, gli occhi socchiusi. Axel lo fissava in silenzio, la schiena poggiata ad uno delle colonne che sorreggevano il capanno, sul volto un sorriso rilassato, le braccia incrociate al petto bagnato. Si godeva quel momento, con assoluta calma: la risata sincera di Roxas era la cosa più rara e bella che avesse mai sentito. Anche da vedere, in realtà, era un bellissimo spettacolo.
Il piccolo smise di ridere e puntò i suoi occhi in quelli verdi dell’altro, che continuava a guardarlo in silenzio. Lo guardò incuriosito, piegando appena la testa al lato
«Perché mi fissi così?»
«Ah… bimbo, quando sarai più grande te lo dirò» ironizzò Axel, ridendo poi della sua espressione imbronciata «Perché, ti da fastidio che ti fissi?»
«No» rispose meccanicamente l’altro, tuttavia sincero «Mi piace quando mi guardi in quel modo» aggiunse, sorridendo un po’ imbarazzato.
Axel ghignò, godendo per quella risposta, poi l’afferrò per il polso, attirandolo a sé senza trovare resistenza. Se lo posò contro il petto, carezzandogli dolcemente i capelli umidi.
Roxas sorrise, sentendosi coccolato da quel semplice tocco, cingendo con entrambe le braccia la vita di Axel, lasciando che passassero sotto al cappotto. Sentiva tutto il calore di cui aveva bisogno per non rabbrividire, stretto in quell’abbraccio.
Il maggiore si curvò nella schiena, lasciando un bacio sulla testa dell’altro, che alzò il visetto per guardarlo, sorridendo quando i loro nasi si sfiorarono. Axel schiuse appena le labbra
«Tu sei mio, bimbo. Memorizzato?» sussurrò sulle sue labbra e Roxas arrossì di botto, abbassando lo sguardo, tuttavia annuì sorridente
«Finalmente te ne sei accorto, Axel» fece a bassa voce a sua volta, posando poi delicatamente le labbra su quelle di Axel, che continuava a stringerlo contro il suo petto.

 

Piangeva disperato, gli occhi annebbiati da lacrime salate, mentre sentiva il cuore sanguinare.
Non era giusto, era tutto maledettamente sbagliato.

{I had my wake up, won't you wake up, I keep asking why and I can't take it, it wasn't fake, it happened you passed by}
{
Mi sono svegliato, tu non ti sveglierai, continuo a chiedermi perché non posso accettarlo, non era una finzione, è successo davvero che te ne sei andato}

 

E Roxas sorrideva, rideva contento fra quelle braccia forti che tuttavia lo stringevano senza farlo sentire oppresso. Lui con Axel stava bene.
E Roxas era incredulo, sconcertato perché quell’amore che gli riscaldava il cuore era nato grazie ad una stupida moto. Axel era il suo motociclista.
E Roxas non poteva sapere, tuttavia, che di lì a poco il suo motociclista sarebbe andato via, via assieme alla sua moto – per colpa della sua moto – portandosi dietro tutto il suo benessere.
Non lo sapeva, eppure, anche se qualcuno glielo avesse detto, avrebbe ignorato tutto dal momento in cui quel viso chiaro gli avrebbe sorriso, chiamandolo semplicemente bimbo.

 

Perché Roxas era il suo bimbo, e lo sarebbe stato per sempre.

{Now your gone there you go somewhere I can't bring you back. Somewhere your not coming back}
{
Ora non ci sei più, te ne sei andato da qualche parte da dove non posso riportarti indietro. Da dove non puoi tornare indietro}

 

___

Sì, ne sono consapevole! Ho rotto le palle con ste AkuRoku! HAHAHAHAHA
*l'autrice ammette di essersi rubata il fumo del Brucaliffo*
Ad ogni modo ò_ò ehm... boh, questa piccola one-shoot l'ho sparata fuori di botto e mi soddisfa abbastanza *annuisce* spero piaccia a qualcuno *-*
Alla prossima! :D

   
 
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