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Autore: Stray cat Eyes     08/03/2011    2 recensioni
[Sud Italia/Nord Italia]
Doveva essere perché il coraggio era qualcosa di intrinsecamente mancante nella loro famiglia; un nome sempre stato assente nell’albero genealogico, di cui nessuno di loro si riconosceva parente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Italiani risvegli'
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Non so neanche da dove lo prendo, il coraggio di pubblicarla. XD
Sciocca, priva di senso, inconcludente, partecipante alla quarta settimana del COW-T, Missione 1, prompt Punto di non ritorno, 992 parole per FDP.
Sulla falsariga di Strangers in the morning, contiene riferimenti a Tarantella. Senza averle lette, la comprensione di questa sarà un po' difficile, ma niente è impossibile. <3












[Brothers no more]





Si erano svegliati nello stesso istante, quel mattino; ma lui aveva fatto finta di niente. Non che non gli importasse di aver fatto un progresso verso il mondo all’unisono con suo fratello, ma Romano aveva preferito rigirarsi nel letto, quando Veneziano si era alzato per correre a fare colazione, e appena era sparito oltre la porta lui si era messo in piedi, aveva raccattato il lenzuolo ed era scappato in bagno come un ladro, molto semplicemente.
Come se di cose semplici, poi, nella sua testa ne accadessero davvero.

La realtà, a conti fatti, non è che fosse poi tanto difficile, eh.
Aveva paura di fronteggiarlo, ecco cosa. Di scoprire che le loro differenze non erano soltanto una sua condizione mentale, che non si trattava di immagini fittizie che il suo senso di inferiorità gli proiettava nella testa ogni notte e ogni giorno, per il gusto di ammazzargli l’orgoglio.
Se, guardandolo negli occhi, avesse scoperto che era vero, non sarebbe più stato in grado di tornare indietro.
E già così non è che avesse molta scelta.

Con il tempo, sì, lui e Veneziano si erano adattati l’uno all’altro, e dal di fuori guardare suo fratello era ancora come spiare se stesso allo specchio, con tanto di ricciolo e capelli spettinati al mattino – forse era uguale anche la macchia di sugo sul pigiama, e le proteste del suo stomaco avevano lo stesso ritmo orecchiabile, quando mancava la pasta. Però erano ancora diversi. Lo sarebbero sempre stati, era ovvio.
E lui aveva paura.

Doveva essere perché il coraggio era qualcosa di intrinsecamente mancante nella loro famiglia; un nome sempre stato assente nell’albero genealogico, di cui nessuno di loro si riconosceva parente.
Oddio, il nonno ne aveva avuto da vendere, ma probabilmente era stato proprio questo il problema: doveva esserselo venduto per intero, decisamente. Perché altrimenti non si spiegava come, alla sua discendenza, non ne fosse rimasto in dotazione nemmeno un goccino.
Sì, d’accordo, come ipotesi era un tantino inverosimile e tanto valeva ammetterlo. Ma se non altro era un pensare comodo.
A chi avrebbe dovuto spiegare, sennò, che era colpa di un miserabile ladro che gli aveva asportato quella parte coraggiosa di cervello nei suoi primi anni di vita? Eeeh, così era più facile.
Ed era anche più facile accettare che lui e suo fratello fossero codardi alla stessa maniera.


Sotto sotto, però, il punto non era solo quello.
Non era tanto il timore di osservarlo e di scoprire in lui uno sconosciuto; piuttosto, ciò che lo aveva reso tale ai suoi occhi.
La distanza. Il tempo. Il muro di rabbia che gli si parava attorno ogni volta che Veneziano si avvicinava.
Ebbene sì, era arrabbiato con lui.
Perché i fratelli non si abbandonano. Non li si lascia in balia di un bastardo a caso, neanche se si è piccoli e infiocchettati e sotto l’altrui dominio.
Tra l’altro, se glielo avesse detto, forse sarebbe solo riuscito ad allontanarlo.
E beh, e allora? Non sarebbe stata questa gran perdita. Non dopo aver trascorso cento e cento compleanni da solo. Anzi, forse aveva ancora abbastanza ipocrisia da poter dire a tutti che ormai ci aveva fatto l’abitudine, a stare senza suo fratello. Senza la sua metà d’Italia. Senza di lui che lo rendeva stivale, e così Romano rimaneva giusto un sandalo, e pure privo di charme.


E c’era anche un’altra questione, a dirla tutta.
La cosa che più di tutte, ma tutte tutte, rendeva difficile anche solo il guardarlo negli occhi.
Era tutto quanto potesse mandarlo in bestia e fargli bruciare le guance di vergogna, al ripensarci.
... Quello, insomma.

E, quel giorno, avrebbe voluto avere abbastanza tempo da rimuginarci su ancora per un bel po’; ma poi successe che Veneziano lo trovò, spalancando la porta mentre lui gorgogliava di rabbia nella tinozza.
Lì... gli fu chiara la differenza.
Il sangue gli salì alle guance come fossero a Carnevale e lui un bambino travestito da pomodoro; proprio quando suo fratello iniziava a ridere e a gongolare per l’occasione presentatasi, senza alcun preavviso, di passare del tempo inutile assieme.
“Che bello! Romano!” Cinguettò, chiamando il suo nome a ripetizione. “Facciamo il bagno insieme, sì?” Era tutto un gridolino deliziato. Aveva finanche preso a spogliarsi – non che gli ci volesse molto, visto e considerato che, al mattino come di notte, il suo idiota e sorridente gemello aveva l’abitudine di girare per casa in mutande (o senza). Ma lui lo freddò, tanto per contrastare con il viso che gli scottava e i pensieri aggrovigliati che gli prendevano fuoco ogni istante di più.
“No!”, lo fermò, e che fosse con troppa veemenza non era rilevante, in quel momento. Bastava solo che Veneziano gli stesse alla larga, invece di starsene lì impalato e chiedergli candidamente: “Perché?”.
Non siamo più fratelli, che lapsus freudiano.
“Non siamo più bambini,” era quello che voleva dirgli e gli disse. E poi, un po’ si vergognava.


Sincerità per sincerità...
In fondo, che non fossero più fratelli un po’ lo pensava. Ma non era una questione di risentimento nei suoi confronti, o - almeno - non solo quello.
Era il loro nuovo modo di rapportarsi l’uno all’altro.
Era il viso di Veneziano identico al suo, la goffaggine alquanto similare, e tutto ciò che suo fratello al nord era diventato mentre lui non guardava; la voce, l’aspetto, il suo gesticolare continuo, cose astruse che non corrispondevano all’ultima immagine che aveva di lui, incastrata sotto un cumulo di ricordi. Là, invece, era rimasto ben fissato qualcun altro – qualcuno con guance paffute e un ricciolo e qualche merletto.
Gli serviva... del tempo per scalare la montagna di ricordi costruiti prima che un muro impalpabile li dividesse là dove non c’erano né mare né ostacoli a separarli. C’era tutto un equilibrio da restaurare, nuovi nessi da legare tra passato e presente, e quello era un lavoraccio che richiedeva pazienza, anche se le sue scorte si erano esaurite prima ancora della notte dei tempi.


D’altra parte, se avesse raccontato a chiunque che cos’avevano fatto loro due, quella notte, dopo tarantelle e vino, di sicuro gli avrebbe risposto che non erano più fratelli per davvero.
Da quel punto di vista... non c’era proprio modo di tornare indietro, eh.












Note.
Più che una fanfiction, è un lunghissimo giro di parole, lo so. Ma dovevo scriverla, davvero. Ne sentivo l’obbligo morale. XD
Ciò detto, prendetemi pure a pesci in faccia: di certo la cosa non mi scivolerà addosso, ma sarò ben consapevole di meritarmelo. XDD




  
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