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Autore: Joey Potter    09/03/2011    7 recensioni
"Si strofinò gli occhi con i pugni, soffocando uno sbadiglio sul cuscino.
Odiava quello strano processo di osmosi che lo rendeva, giorno dopo giorno, sempre più simile alla persona con la quale condivideva il letto. E la stanza. E l’appartamento. E -ah, giusto- la vita."

Le parole :"Future!Furt" vi bastano?
E se ci aggiungo anche "delirio e prova di qualcosa di vagamente lime e allo stesso tempo serio" ?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Finn Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Finn/Kurt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come sei

 

“Oh you know, you know, you know
Id never ask you to change
If perfect is what you’re searching for
Then just stay the same
So don’t even bother asking
If you look okay
You know I say
When I see your face
There’s not a thing that I would change
Cause you’re amazing
Just the way you are
And when you smile,
The whole world stops and stares for awhile
‘Cause you’re amazing
Just the way you are”
(“Just the way you are”; Bruno Mars)

 
 

 
Capitolo 1. Mugugnare
 

“And when I touch you
I feel happy inside
It's such a feeling that my love,
I can't hide, I can't hide.”
   (“I want hold you’re  hand”; The Beatles) 

 


 
 

Lo svegliò un mugugnare roco.

Kurt fissò accigliato un punto non ben definito alla propria destra, da dove gli era sembrato fosse giunto il suono, ma a restituirgli l’occhiata assonnata e indispettita furono soltanto una metà di un letto disfatto, un armadio spalancato e il poster di Zac Efron, che troneggiava orgoglioso al centro della parete.
 
Si strofinò gli occhi con i pugni, soffocando uno sbadiglio sul cuscino; cercò di girarsi in posizione supina, però aveva formato una strana – e alquanto buffa – composizione di gambe e lenzuola, che gli impediva ogni movimento.
Odiava quello strano processo di osmosi che lo rendeva, giorno dopo giorno, sempre più simile alla persona con la quale condivideva il letto. E la stanza. E l’appartamento. E – ah, giusto – la vita.

Cercò a tentoni i resti del pigiama, o almeno una maglietta, o un pantalone, o la vaga traccia di un qualsiasi capo d’abbigliamento, ma trovò solo un paio di calzini troppo enormi per appartenere ai suoi delicati, piccoli piedi, che lanciò contro il comodino perché non violentassero ulteriormente il suo senso estetico con i loro colorito giallo fosforescente rigato di rosa pallido  – decisamente era l’unico in quella casa a possedere un briciolo di buon gusto – e rotolò sul fianco, lottando contro la forza delle coperte, scrutando il lato sinistro della stanza.

Questa volta furono due passerotti adagiati sul davanzale, a guardarlo stupiti; pensò che fossero eccessivamente grassi, per essere dei passerotti, così decise sul momento che li avrebbe adottati, chiamati Boq e Fiyero e obbligati a seguire una dieta povera di carboidrati. Sicuramente non era salutare, per loro, la consolidata abitudine di lasciare le briciole di pane e croissant per gli uccellini:
il lievito gonfiava lo stomaco, e uno stomaco eccessivamente gonfio nel partner era la prima causa dei divorzi, per questo motivo lui stava ben attento a non toccarne nemmeno un pezzetto.
Fortunatamente si accorse di stare alquanto delirando, e zittì da solo il proprio cervello.

Il mugugnare continuava, ma nella camera sembrava non ci fossero segni di vita, oltre alla sua e quella dei passeri obesi.

Dopo numerosi calci e strepiti, riuscì a districarsi dal nodo che avevano formato le lenzuola bianche a pois verde spinaci – sì, era davvero il solo a possedere del senso estetico, in quell’appartamento; non poteva resiste a lungo, circondato com’era da eresie di buon gusto – e finalmente si voltò a pancia in su, per controllare anche quella parte della stanza.

No, nessuno strano ragno radioattivo dotato di voce umana stava bofonchiando sul soffitto.
Realizzò l’idiozia del proprio pensiero, e si appuntò mentalmente di non lasciarsi convincere da un paio di maledetti occhi dolci a guardare film stupidi e senza senso prima d’addormentarsi.
I Musical erano un genere migliore. E non facevano paura. Non troppa, almeno, e poi no, Kurt non lo guardava, quello. Non da quando aveva sognato Diana Ross avercelo più lungo di lui.

Un nuovo mugugno – più roco e forte – gli arrivò alle orecchie.
Decise di piantarla di rotolarsi per il letto -come quando era caduto in quel cespuglio d’ortiche e non aveva potuto scorticarsi la pelle come avrebbe voluto – giusto perché il giorno dopo aveva la prima di “Chicago”, e non sarebbe stato carino, se Velma vi fosse apparsa piena di graffi – così chiese cosa diavolo stesse succedendo, blaterando la prima cosa che gli venisse in mente.

“Finn?” chiese al vuoto.

Un mugugno di assenso fu l’unica risposta, e Kurt sospirò affranto ma speranzoso di poter tornare a dormire in breve tempo senza la colonna sonora di lamenti e guaiti.

“Finn, dove sei?”

“Qua.” Ringhiò Finn, e a Kurt sembrò che stesse soffocando delle lacrime.

“Qua dove?” domandò allora, con una voce decisamente più dolce, perché l’immagine di Finn che piangeva in qualche punto non ben identificato della loro camera era dolorosa.

“Qua qua.”

Per un attimo, Kurt pensò di scoppiare a ridere.
Poi ricordò che erano le cinque del mattino, che Finn mugugnava da venti minuti, che lui aveva voglia di un muffin al cioccolato – e al diavolo la dieta per “Hello, Dolly” – , che non trovava più i propri boxer e che da lì a poche ore Carole e Burt sarebbero passati a trovarli, per una visita di cortesia della durata di un intero week-end, e comprese che non fosse il momento, per sghignazzare.
Così gemette forte, sistemò il ciuffo di capelli che fuggiva all’ordine ed evitò di sorridere.

“Okay. Finn, cosa succede?”
“Niente.”
Oh, diavolo.

Kurt Hummel odiava Finn Hudson, in quei momenti.
In realtà odiava Finn Hudson in numerosi momenti.
E quello, era uno dei famosi momenti.
La quarta volta che il cervello sputacchiò la parola ‘momento’, Kurt era sceso dal letto, pronto a dare un netto e deciso taglio a quella pazzia mattutina.

“I tuoi mugugni non dicevano ‘niente’.” Infilò nella voce il giusto disappunto, sperando che il messaggio arrivasse ai tre neuroni del compagno.
“Dicevano ‘tornate a letto’. E anche ‘smetti di dare da mangiare ad Arthur ed Eames, sono decisamente obesi’.”
“Chi sono Arthur ed Eames?” chiese Kurt, pentendosi della domanda giusto un secondo dopo averla pronunciata.
“I passerotti sul davanzale.” Rispose Finn, come se fosse la cosa più naturale del mondo e Kurt fosse un maledetto insensibile ignorante, a porre una simile domanda.
“Si chiamano Boq e Fiyero.”
“Bop e Figero non sono nomi da passerotti.”
“Boq e Fiyero, Finn. E nemmeno Arthur ed Eames sono nomi da passerotti. Ti rendi conto che la gente normale non dà nomi a dei passerotti?”

Kurt chiuse gli occhi, cercando di far calmare i propri nervi e inciampò in qualcosa di morbido. E caldo. E umano. Anzi, Finniano.
“Finn? Cosa fai seduto ai piedi del letto?”
“Niente.”

Non era stata una cattiva idea, lasciarsi convincere da Mercedes a frequentare quel corso di meditazione: l’istruttore aveva un bel sedere ed adesso poteva limitarsi a contare fino a dieci proiettando ruscelli e farfalle rosa nella sua mente, invece di sgozzare Finn.
“Finn, per favore.” Implorò tirandolo per il braccio, salvo poi comprendere che Finn era alto almeno tre volte più di lui, e sarebbe stato assurdo, riuscire a farlo sollevare in quel modo.

“Sei di nuovo caduto dal letto?” chiese in mancanza di un qualsiasi accenno di reazione da parte del ragazzo.
“No.” Soffiò l’altro, indignato.

“Allora cos’è successo?”
“Non voglio dormire da solo.” Affermò atono.
“Non dormirò certo su questo parquet, anche se è firmato da arredatori italiani.”
“Intendo dire…domani.”
“Domani?”
Finn sembrò scuotersi dall’immobilità in cui era precipitato e si voltò a guardarlo; Kurt non si era sbagliato, aveva gli occhi rossi e lucidi di pianto, le guance ancòra bagnate.

“Domani, Kurt. Domani sera, quando mamma e Burt saranno qui.”
“Oh.”
Avevano affrontato quel discorso ore prima, litigando, insultandosi e finendo col fare l’amore. Tre volte.
Kurt – con una smorfia di contrarietà – si sedette accanto a Finn, sul pavimento e gli accarezzò i capelli troppo lunghi, che gli nascondevano la fronte.

“Avevi detto…” cominciò incerto. Avrebbe voluto assecondare quel momento – aveva pensato di nuovo ‘momento’, maledizione! – ma sapeva bene che Finn se ne sarebbe pentito appena fossero arrivati i loro genitori, che avrebbero cominciato a litigare e che non avrebbero potuto fare l’amore per smettere, non con Carole e Burt nella stessa casa.

“E ne sono ancòra convinto, Kurt. Non è il momento giusto per dirglielo. Però mi mancherai. Mi mancherà non… sai, tutto questo e non… non potrò toccarti e abbracciarti e dovrò fare finta che… che sì, insomma. Non mi piace.”
“Quindi?” chiese Kurt in un sussurro, stordito dal naso di Finn che gli accarezzava una guancia e balbettava in cerca di continuità logica.
“Quindi niente.”
E quella volta Kurt non seppe come controbattere.
 
 
 






 
 
L’angolino dell’autrice
Spiegatemi perché. Io non riesco a concepirlo, provateci voi, ve ne prego.
Me ne stavo tranquilla e placida a studiare geologia per l’interrogazione di domani, quando il mio neurone ha chiesto una pausa – troppi disastri terrestri fanno male ai neuroni
così ho aperto una pagina di Word, con l’intento di scrivere del porn.
Ed è uscito ciò.
Io comincio con l’idea di un po’ di sano PWP di una paginetta, magari due, e mi esce questo… strano incrocio tra il comico ed il disperato, che tra l’altro prevede all’incirca un tre-quattro capitoli.
Quindi io mi chiedo: perché?
La sensazione prevalente è che la risposta sia un gigantesco “Boh”. In grassetto ed in arancione. Sfondo nero. Font century da sedici…no, facciamo venti. Ed okay, okay, sto delirando.
Non posso continuare a mescolare Brian e la vita reale, no. O ad essere così drogata di Queer as folk.
Ho scritto un poema, ma ancòra non ho detto niente di serio o interessante.
Bhé, non ho ben chiaro come si evolverà il tutto, ma so bene dove porterà.
Abbiate pazienza e lo scoprirete anche voi.
Un !futureKurt ed un !futureFinn. Tempi, luoghi e modalità saranno chiarite nei prossimi capitoli.
 
 
Tante piccole note sparse:
- Si nota che ho recentemente rivisto “A very Potter musical”? Il poster di Zac Efron è un chiaro rimando a quella meraviglia. Ealle obbrobriose sopracciglia di Darren Criss.
- Boq e Fiyero sono davvero obesi, due piccole palle di piume e becco. I loro nomi sono tratti dai personaggi del musical “Wicked”.
- Il musical “quello” è The Wiz, con Diana Ross e Michael Jackson. Una delle numerose versioni de "Il mago di Oz". Gli americani devono avere un qualche grosso problema con quel libro o.o
- Arthur ed Eames, i nomi scelti da Finn per quei poveri uccellini, sono frutto dell’incontro tra il film “Inception” e la parte slasher che controlla la mia mente.
   
 
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