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Autore: _Zexion_    10/03/2011    1 recensioni
Se si fosse concentrato, avrebbe potuto ricordare molto altro.
Particolari su guerre, espressioni, momenti nella quale erano stati a contatto, tutto.
Eppure, ora, non gli importava davvero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora.
Perchè sono tornata così presto con un altra UkSp? Per colpa della player del mio dog (alias=Spagna) che me li sta facendo amare ogni giorno di più.
E che mi tiene sveglia fino alle 2 di notte a ruolarli.
Di fatti questa Fic è nata prendendo spunto da quella role, e in alcune parti credo che ci prenda u.u
Ora, stavolta non mi trattengo dal dire a chi è dedicata, tanto l'altra l'ha sgamata comunque =w=
Quindi,  è tutta tua dog -accarezza testolina- <3
Dunque u_u Volevo farti una dedica come si deve, ma il mio orgoglio inglese me lo impedisce XP A parte questo, cosa posso dire? Che ti voglio bene <3 E che mi mancherai adesso che non ti potrò più importunare finchè starai via, ma ti auguro buon divertimento uwu
-pensieri inglesi- Coff, vabbeh u.u
Bando alle ciance, lascio tutti alla lettura.
Come sempre, penso che non sia il  massimo, ma ci ho provato -sospira- E spero che sia venuta abbastanza bene.


Game and Truth~
 



Vedeva il petto dell’altro abbassarsi ed alzarsi a ritmo regolare, mentre dormiva.
Lentamente tracciava il contorno delle labbra, morbide, piene, rosee.
Quelle labbra che sino a poco prima aveva baciato, morso, preso dalla passione del momento.
Ed ora, lo vedeva riposare al suo fianco, stanco.
E si chiedeva se quando si sarebbe svegliato, specchiando i suoi occhi verdi nei propri, così simili tra loro, si sarebbe pentito.
Oppure, se vedendo quei segni rossi lasciati sulla pelle, avrebbe sorriso consapevole di averlo marchiato.
Qualunque sarebbe stata la risposta, lo sapeva, lui avrebbe reagito sempre con superiorità.
Per  non soffrire, per non mostrarsi troppo vulnerabile, per tenere alto il proprio orgoglio.
Però.. forse, se la risposta sarebbe stata positiva, avrebbe potuto dirglielo.
Accarezzando quel viso che lo aveva accompagnato a lungo, di cui aveva visto molte espressioni tra cui rabbia, lacrime, felicità, imbarazzo, vergogna, delusione.
Forse, avrebbe potuto dire quelle parole.
 
« I’ve always loved you, Spain. »
 

~

 
La prima cosa che ricordava di Antonio, era il sorriso.
Era piccolo, ancora, quando era andato a disturbare Francis, ed aveva scoperto quella terra confinante.
E fu proprio in quella terra, che lo vide.
Piccolo, con i capelli scuri e gli occhi color smeraldo.
In un primo momento si era messo in guardia, ma poi aveva dovuto ricredersi quando la prima cosa che aveva visto rivolgersi da quel piccolo, fu il sorriso.
Un sorriso smagliante, caldo, dai colori del sole, che non avrebbe mai dimenticato.
 

~

 
La seconda cosa che ricordava era lui e quella sua fottuta flotta navale.
Nonostante tutti sapessero che da quel punto di vista fosse invincibile, l’altro aveva voluto provare ad invaderlo, combatterlo, sconfiggerlo.
Ricordava perfettamente la lotta, l’odore del sangue e i respiri che si mescolavano tra di loro, mentre sopra di lui gli puntava la spada alla gola, ghignando vittorioso.
«Mpfh, Invincibile Armata, eh Dog?»
 

~

 
La terza cosa che si ricordava di lui, era la vergogna derivante da quello stupido patto.
Benché avessero raggiunto un accordo, avesse ottenuto la neutralità della Spagna in quella guerra, avesse ottenuto la “promessa” non si sarebbe messo nei guai –non che gli importasse di cosa faceva o se sarebbe crepato, era più una questione da ‘solo io posso averne l’onore’-.
La vergogna, stava più che altro nella soddisfazione che aveva  visto negli occhi dell’altro, come se avesse vinto, nel momento in cui gli aveva promesso quei soldi.
E non poteva permetterlo.
 

~

 
Se si fosse concentrato, avrebbe potuto ricordare  molto altro.
Particolari su guerre, espressioni, momenti nella quale erano stati a contatto, tutto.
Eppure, ora, non gli importava davvero.
Vedeva il petto dell’altro abbassarsi ed alzarsi a ritmo regolare, mentre dormiva.
Lentamente tracciava il contorno delle labbra, morbide, piene, rosee.
Quelle labbra che sino a poco prima aveva baciato, morso, preso dalla passione del momento.
Ed ora, lo vedeva riposare al suo fianco, stanco.
E si chiedeva se quando si sarebbe svegliato, specchiando i suoi occhi verdi nei propri, così simili tra loro, si sarebbe pentito.
Oppure, se vedendo quei segni rossi lasciati sulla pelle, avrebbe sorriso consapevole di averlo marchiato.
Qualunque sarebbe stata la risposta, lo sapeva, lui avrebbe reagito sempre con superiorità.
Per  non soffrire, per non mostrarsi troppo vulnerabile, per tenere alto il proprio orgoglio.
Però.. forse, se la risposta sarebbe stata positiva, avrebbe potuto dirglielo.
Accarezzando quel viso che lo aveva accompagnato a lungo, di cui aveva visto molte espressioni tra cui rabbia, lacrime, felicità, imbarazzo, vergogna, delusione.
Forse, avrebbe potuto dire quelle parole.
«I’ve always loved you, Spain.»
L’improvviso mugolare dell’altro, proprio in quel momento, lo fece sussultare.
Possibile che appena dicesse qualcosa di compromettente Antonio dovesse svegliarsi?
Nemmeno fosse stato un romanzo da quattro soldi e quella, la scena più importante.
Si allontanò, lentamente, cercando di non dare nell’occhio, ma la voce dell’altro lo fece desistere.
«Dove vai?»
Si fermò, maledicendosi tra sé e sé. Comportandosi dunque normalmente.
O almeno, ci provava.
«In bagno.»
«Dopo che hai continuato a fissarmi così a lungo? Devo pensare tu vada a soddisfarti da solo?»
Stronzo.
Si voltò a guardare il sorriso sulle labbra dello spagnolo, troppo divertito per i suoi gusti, e si ritrovò a contraccambiarlo, divertito a sua volta.
«Chi te lo dice che lo stimolo sia quello?»
Per un attimo, vide la confusione sul volto di Antonio e quello lo divertì ancora di più di quando, poco dopo, lo sentì indirizzargli i soliti quattro insulti.
«Come on, dog, non irritarti così facilmente. Se mi facevi venire quel tipo di stimolo non sarei venuto a letto con te.»
Capì di aver centrato in parte con quelle parole, quando Antonio gli diede le spalle. All’improvviso, la voglia di andare via per fuggire da una probabile situazione a suo sfavore, era passata.
D’altronde, non era lui quello imbarazzato ora.
«Ah? Ti piace darmi le spalle? Te le ho viste per tutta la  notte, non devi mostrarmele ancora.»
Fortunatamente per lui, l’iberico non poteva vedere i segni rossi che aveva lasciato anche lì, sull’ampia schiena, preso dall’amplesso. O immaginava le storie che gli avrebbe fatto..
«Non stai mai zitto? Voi inglesi siete troppo chiacchieroni.»
Nonostante tutto, Arthur non si scoraggiò affatto. Si avvicinò, al contrario, baciandogli il collo e risalendo sino all’orecchio, mentre con la mano scendeva dal fianco sempre più giù…
«E.. non avete le palle.»
«Dimmelo quando non ti trema la voce di piacere..»
Lo aveva sussurrato per controbattere, ma nel momento in cui lo sentì fermarlo e lo vide girarsi verso di lui, trovò qualcosa di insolito nello sguardo che Antonio gli rivolse. Qualcosa che non gli dava una buona impressione…
«Non avete le palle di dire le cose in faccia. Ti ho sentito, mentre pensavi che dormissi.»
Appunto.
Rimase in silenzio, allontanandosi di poco e ritirando la mano che però venne prontamente bloccata dallo spagnolo, che lo guardava tra lo divertito e l’ironico.
«Non lo fai più lo spavaldo?»
Se avesse potuto picchiarlo in quel momento..
«I tuoi scherzi peccano di divertimento.»
Stop. Si fermò dal pensare eventuali modi per far sparire il sorriso dal volto dell’altro, a quelle parole, e lo guardò sconcertato.
«Wait. Tu.. pensi che sia uno scherzo?»
«Cos’altro, se no?»
Contrariamente a quello che avrebbe dovuto essere, non si sentì affatto sollevato da quelle parole. Al contrario, sentì l’irritazione prendere il sopravvento. Sarebbe stato dunque così strano che lui provasse quei sentimenti? Gli rivolse uno sguardo arrabbiato, irritato, come oramai consuetudine, a volersi dire.
«Credi che io possa mentire su tutto?»
Antonio lo guardò in silenzio per minuti che a lui sembrarono interminabili, ma che gli concessero di pensare che l’altro per lo meno fosse in dubbio sulla risposta.
Lo vide mettersi a sedere, forse per risultare più comodo, forse no. Ma non gli importava, preso com’era ad aspettarne la risposta.
«Allora?»
«Credo di sì. Non mi dai molte opportunità per pensare il contrario.»
Un sorriso divertito comparì sulle labbra dell’inglese, ma lo sguardo non lo accompagnava affatto.
«Credi? Dog, dog.. allora perché sei venuto a letto con me? Volevi disfarti del tuo orgoglio?»
Prima che Antonio potesse rispondere, Arthur fu fulmineo. Portò una mano al collo dell’altro e lo spinse nuovamente giù, sdraiato sul letto, salendo a cavalcioni su di lui, non permettendogli di dire nessuna parola a causa di quella stretta sul collo.
Le mani dello spagnolo corsero su quella di Arthur, cercando di liberarsi e guardandolo con uno sguardo dapprima sorpreso, poi di sfida. Se all’inizio sembrava che i due potessero interagire in maniera tranquilla, soltanto battibeccando, ora quell’impressione era completamente svanita.
Ancora nudi sul letto dove avevano consumato una passione durata una notte, ma con un significato più profondo, ora erano come tornati al passato, propensi quasi ad ammazzarsi.
«Sai.. mi irrita il modo in cui pensi di sapere tutto di me.»
La mano strinse un po’ di più la presa e il modo in cui Antonio si inarcò appena gli diede una sadica soddisfazione, che lo portò ad allentarla. Era come un gioco, come se fossero il gatto ed il topo.
L’iberico tossì, per recuperare quell’aria che per  pochi secondi gli era stata bruscamente portata via e gli rivolse uno sguardo d’odio.
«Ti irrita? Come diavolo pretendi che io possa sapere qualcosa di te, se non fai altro che “giocare” con me!? Vuoi che sappia qualcosa? Dimmela!»
«A che scopo dirti qualcosa se ormai hai la tua fottuta opinione di me!?»
Rimasero in silenzio, la tensione palpabile del momento. Litigare, alla fine si erano ridotti a quello. Non insolito per loro, alla fine.
L’iberico lo guardò, cercando di riacquistare quell’autocontrollo che stava perdendo e scacciò la mano dell’altro, violentemente, da sé, massaggiandosi il collo.
«Per una buona volta, parla chiaro e basta!»
Per Arthur, parlare chiaro, avrebbe significato mettere da parte l’orgoglio, quello stesso orgoglio che gli impediva di rendersi ridicolo. Non avrebbe dovuto farlo, lo sapeva. Eppure, detto una volta o due, a quel punto non importava molto.
«Vuoi che parli chiaro? Bene. Ti ho sempre amato. E’ tanto difficile da credere!? Per me no! Sono stufo di sentirti dire che “scherzo”, che diavolo ne vuoi sapere tu!? I sentimenti sono i miei, non i tuoi!»
Se, in un primo momento, Antonio non seppe cosa rispondere, a quelle parole dovette ricredersi. Si alzò sui gomiti e lo spinse via da sé, tentato di tirargli un pugno che difficilmente Arthur avrebbe potuto dimenticare.
«N-Non dire fesserie! Tu non sai cosa provo IO, non fare la vittima!»
«Cosa provi tu? Ah! Cosa provi? Disgusto, forse. Odio, sicuramente!»
«ZITTO! Secondo te allora perché diavolo sono venuto a letto con te!? Per divertimento!?»
Arthur lo guardò divertito, derisorio. Non era ben disposto ad ascoltarlo ne a comprenderlo. Come aveva idea facesse anche l’altro.
«Ah, per cos’altro? Volevi solo soddisfazione sessua-»
Il pugno che arrivò direttamente sullo zigomo dell’inglese, bloccò ogni parola, impedendogli di finire la frase oramai ovvia. Arthur guardò Antonio, davanti a sé, mentre portava una mano al labbro sentendo il sapore del sangue al suo interno. Lo vedeva stringere, fino a far sbiancare le nocche, quella mano che pochi attimi prima aveva avuto uno scontro diretto con la propria faccia ed assottigliò lo sguardo, irritato, ma dentro di sé sorpreso per quel gesto.
«Sono stanco di essere preso in giro da te! Mi chiami “cane”, continui a fare stupide allusioni ed ora.. come pretendi che ti creda se sei tu stesso ad impedirmi di farlo!?»
Seguì un lungo silenzio, nella quale nessuno dei due osò aprire la bocca. Sembrava strano, date le frecciatine che avrebbero potuto lanciarsi per ore. Ma forse, il problema consisteva proprio nel fatto che quelle non erano frecciatine. Erano arrivati a chiarirsi davvero, ma entrambi non volevano esporsi troppo nel farlo.
Con un sospiro, Antonio si passò la mano tra i capelli, stufo di tutto quanto e si mise a sedere, quasi inerte.
«Vorrei.. capire, se mi consideri una persona, o un oggetto. Se per te conta solo che io sia tuo, o se davvero posso fidarmi dei tuoi sentimenti.»
Arthur si leccò le labbra, cercando di togliere quel sapore ferroso da esse, sentendo lo zigomo pulsare. Sapeva già che ne sarebbe uscito un livido. Tuttavia, volse lo sguardo verso di lui, mantenendo quel suo modo di fare “superiore”.
«Se ti ho detto che ti amo è perché è così. Non sono cose che dico con facilità.»
Eppure, in nessun modo riusciva a convincerlo. Pensare che la prima cosa che aveva amato di Antonio era il sorriso, ed ora, in tutti quei secoli, verso di lui non ne aveva mai visto nemmeno uno. Scosse il capo, sentendosi improvvisamente ridicolo in tutta quella storia.
Voleva dirgli che l’amava, aveva finito per essere prossimo all’ammazzarlo e si era beccato un pugno in pieno viso.
«Sei libero di credere quello che vuoi, oramai.. è inutile, mi arrendo.»
Si alzò, deciso a prendere le sue cose, rivestirsi, ed andarsene. Infondo non era nemmeno a casa sua, quindi non avrebbe avuto senso restare. Quei movimenti però, catturarono sin troppo l’attenzione di Antonio, che rimase fermo a guardarlo.
«Cosa fai?»
«Mi vesto per andarmene. Il mio orgoglio ne ha già risentito abbastanza, per oggi.»
A quelle parole l’iberico lo guardò sconcertato, prima di assumere un espressione decisamente arrabbiata.
«Il tuo.. orgoglio? Fanculo, il tuo fottuto orgoglio.»
Si alzò dal letto, raggiungendo e tirandolo per il braccio lo fece girare. L’inglese non si aspettava quella mossa, ne tanto meno, si aspettava le labbra che poco dopo combaciarono con le sue. Sentì distintamente l’altro mordergli il labbro inferiore, procurandogli un gemito di dolore e poco dopo il sapore ferroso del sangue impregnò di nuovo la sua bocca, ed immaginò anche quella dello spagnolo, dando quel sapore ad un bacio improvviso.
Nonostante tutto però, si ritrovò a ricambiare Antonio, dando prepotenza a quel contatto tra le loro labbra, come se nessuno dei due volesse lasciare all’altro il dominio di esso. Questo, sino a che i polmoni di entrambi non furono sull’orlo del chiedere pietà. Si separarono, ansanti, ma Antonio non permise all’altro di allontanarsi.
«Stammi bene a sentire, idiota di un inglese, perché lo dirò solo ora e non ho intenzione di ripeterlo altre volte.»
«What..?»
«Te amo.»
Arthur spalancò gli occhi, guardando sorpreso Antonio. Aveva sentito bene? A giudicare dal lieve rossore che l’altro aveva sulle guance, immaginò di sì.
«Mi.. ami.»
Antonio lo lasciò, un po’ a disagio. Per forza lui doveva avere a che fare con un inglese del genere? Annuì, senza rispondere. Aveva avvisato d’altronde, che non si sarebbe ripetuto.
A quella conferma, che ad Arthur poco importava se fosse a voce o con i gesti, l’inglese sorrise, tranquillo, come se non fosse accaduto tutto quello che era accaduto da quando si erano svegliati sino a quel momento.
«E ci voleva tanto, ad ammetterlo?»
L’espressione che si dipinse sul volto di Antonio fu di sorpresa, di consapevolezza ed in seguito, di arrendevolezza.
Inglesi.
Probabilmente il peggiore, lo aveva appena preso lui.

  
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