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Autore: Minner_    10/03/2011    3 recensioni
L’amore è qualcosa che non puoi comandare. Non puoi decidere di chi ti puoi innamorare, accade e basta. Si pensa che l’amore porti gioia e felicità a chi lo provi, ma alcune volte può essere solo causa di incomprensioni e dolori. Nelle fredde foreste del nord si scontra tutto questo, nella speranza che un giorno il loro sogno d’amore si possa avverare.
[IslandaxDanimarcaxNorvegia]
Quarta classificata al contest "'CAUSE THREESOME IS BETTER! ...perchè 3 è il numero perfetto." indetto da En~Dark~Ciel
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: In attesa di un lieto fine
Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia (accennati Svezia e Finlandia)
Rating: Arancione
Genere: Introspettivo, malinconico, storico, triste
Avvertimenti: One-shot, what if?
Note: 1. Non avendo trovato nomi per i personaggi di Islanda, Norvegia e Danimarca ho deciso di metterli come piacevano a me, rispettivamente Hans (Danimarca), Einar (Norvegia) e Fjalar (Islanda, per lui ho usato il primo nome che ho trovato poiché gli islandesi danno il nome del proprio figlio aggiungendovi un suffisso se maschio o femmina, questo rendeva molto difficile trovarne uno adatto).
2. Quarta classificata a pari merito al contest " 'CAUSE THREESOME IS BETTER! ...perchè 3 è il numero perfetto." indetto da  En-Dark-Ciel.
3. Premio Bonus Miglior Storia Breve.
4. Premio Bonus Miglior Triangolo Sentimentale.



In attesa di un lieto fine
 
 

Capitava spesso che tutte e cinque i nordici si dessero appuntamento in qualche luogo pubblico per ritrovarsi assieme e fare quattro chiacchiere in modo molto amichevole, o così si sperava.
Era ormai di routine che succedesse qualche incidente: un Danimarca ubriaco fradicio, un Danimarca ed uno Svezia con qualche livido ed escoriazione a causa di qualche battibecco riportando così alla luce vecchie liti del passato, un Danimarca salvato in extremis dalle grinfie di un norvegese piuttosto irritato quel giorno. Insomma, qualsiasi cosa accadesse, al povero  Danimarca ne capitava sempre una, volente o nolente.
Non fece eccezione quella volta.
Tutti e cinque si erano incontrati presso un piccolo pub di Oslo conosciuto per offrire birra a prezzi vantaggiosi e musica tipica norvegese ai suoi clienti, l’unico problema? Era risaputo in tutta la città che chi vi lavorava, e soprattutto il grosso e muscoloso proprietario, erano piuttosto ostili verso i danesi; non c’è bisogno di specificare che fu Norvegia a insistere per venirci.
-
Si può sapere che accidenti c’è in questa birra?- disse in tono schifato Danimarca assaggiando un sorso della birra appena portato dal cameriere. – Mai bevuta una più disgustosa di questa.-
-
Hai forse detto qualcosa, danese?- la voce di un uomo tuonò nella piccola saletta privata dove i nordici si erano seduti. Tutti e cinque si girarono a guardare l’uomo alto quasi due metri e dalle  braccia muscolose che si stava dirigendo verso il loro tavolo e non sembrava avere un’aria amichevole.
-
Sembra invece che sia tu ad avere qualche problema.- rispose Hans sbattendo pesantemente sul tavolo il boccale di birra. Danimarca poggiò i due palmi sul tavolo e facendosi leva, si alzò dalla sedia per poi fissare dritto negli occhi il proprietario.
I due rimasero a fissarsi per parecchi secondi, nella saletta pareva non volare una mosca e tutti erano rimasti immobili aspettando chi avrebbe dato inizio all’inevitabile rissa.  
Un secondo di troppo, uno battito di ciglia e il movimento di una sedia diede inizio alla sanguinosa rissa che distrusse mezzo pub.
 

 

*
 

- È meglio se lo porti a casa tua.- propose Svezia a Norvegia.
-
Si può sapere perché proprio io?- il sorrisino compiaciuto che aveva da quando aveva visto il danese prenderle di santa ragione scomparve improvvisamente sentendo le parole di Brewald.
-
Portalo a casa tua. Non è in grado di tornare a Copenhagen da solo.- mostrando il corpo svenuto e coperto di lividi di Hans. – Inoltre, nessuno di noi ha voglia di portarlo fino a casa sua, immagino?- passando con lo sguardo i compagni senza però ricevere risposta. – E’ deciso allora.- e così dicendo depose con ben poca delicatezza il corpo nelle braccia del norvegese che cercò di protestare contro tale scelta, purtroppo però Brewald e Tino se ne erano già andati lasciandolo solo con Islanda.
-
In qualche modo riesce sempre a rovinarmi i piani, maledetto!- tirandogli un pugno sulla testa approfittando del suo svenimento. – Mi dispiace Fjalar.- rivolto a Islanda. – Sembra che per sta sera avremo un ospite poco gradito.-
-
Non ti preoccupare, in fondo non mi d’ha poi tanto fastidio.- anche se il tono con cui lo disse non sembrava di quel parere.
I due, e il “cadavere”, salirono in macchina del norvegese e si diressero verso la casa di questo dove avrebbero passato insieme tutta la notte, ciò di cui Einar odiava di più, a causa della presenza poco gradita di una certa persona, e di cui Fjalar temeva più di qualsiasi cosa: le due persone più importanti della sua vita sotto lo stesso tetto, e lui sarebbe rimasto con loro, non immaginava una serata peggiore di quella.
 

 

*
 

 Il momentaneo svenimento di Danimarca non fu particolarmente lungo come sperava Einar, tempo un paio di ore ed era già in piedi alla ricerca di uno spuntino e di una Carlsberg, mettendo a soqquadro la cucina e la lamentandosi di non trovarla. Islanda si volse verso il fratello che sembrava pronto a esplodere da un momento all’altro per tutto il baccano che Hans stava procurando in quella casa.
Era nota la poca pazienza che Einar provava verso il danese e non si dovette aspettare molto per vedere il troll del fratello prendere Danimarca e scaraventarlo fuori dalla finestra, da cui però fece ritorno appena pochi  secondi dopo, ricoperto di neve.
-
Accidenti Nor, che volo che mi hai fatto fare!-
-
Mai abbastanza se poi riesci a tornare indietro.- rispose di rimando facendosi ben sentire da Hans.
-
Ahah! Hey Nor, sei sempre il solito spiritoso.- circondandogli le spalle con il braccio e stringendoselo al petto.
-
Lasciami subito! Ti ho detto di lasciarmi!- divincolandosi dall’abbraccio possessivo di Hans, per poi dirigersi verso la porta d’ingresso afferrando il cappotto con ira e infilandoselo, per poi voltarsi verso Islanda seduto sul divano:- Io esco a prendere della legna, non farti raggirare da quell’idiota.- accennando a Danimarca.
-
Ma cosa dici? Io non farei mai del male ad Islanda è come un fratello … -
-
Lui è mio fratello.- precisò Einar.
-
… come un fratello minore per me. –
Islanda sbuffò. Era ormai abituato a scenette del genere tra i due: Norvegia che cercava di mettere ben in chiaro che lui era suo fratello e Danimarca che cercava di creare una famigliola felice.  I due continuarono a bisticciare ancora per un po’ su chi fosse il fratello di chi, questione poi risolta con l’abbandono del norvegese per andare a prendere la legna per il fuoco.
-
Ti do una mano. - si propose Danimarca senza che nessuno gli avesse detto niente prendendo per un braccio Einar e trascinandolo fuori di casa.
Anche se Fjalar non riusciva a vederli poteva sentire i borbottii del fratello misti a imprecazioni contro il compagno.
Più le voci si allontanarono, più Islanda si poté finalmente rilassare.
Si distese completamente sul divano portandosi il braccio sinistro sopra gli occhi, coprendoli, mentre il braccio destro lo lasciò cadere sul pavimento, rimanendo immobile così com’era.
Il rintocco dell’orologio alla parete segnava mezzanotte e mezza. Era da più di un’ora che erano usciti gli altri due eppure non tornavano ancora e il pensiero che si fossero appartati in qualche angolo fece contrarre i muscoli mascellari di Fjalar.
Era incredibile come il tempo cambiasse le cose, guerra, trattati e alleanze si susseguivano una dopo l’altra cambiando i rapporti, distruggendo vecchie alleanze e costruendone delle nuove. Il tempo cambiava tutto e tutti, ma nella sua ingenuità di giovane Nazione isolata dal mondo, Islanda pensava che per loro, i paesi del nord, una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. Sarebbero sempre stati uniti come una famiglia, ma il tempo aveva cambiato le cose, e quando da bambino non riusciva a capire, ora gli parevano più chiare, come il rapporto che legava suo fratello a Danimarca.
Ricordava vagamente i giorni in cui i due erano ancora vichinghi alla ricerca di nuove terre da colonizzare, ricordava che nonostante i caratteri così differenti tra loro esistesse un feeling speciale soprattutto quando dovevano affrontare qualche nemico, spalla a spalla, schiena contro schiena, affrontavano il pericolo assieme, ovunque ci fosse uno si trovava lì anche l’altro a dargli manforte.
Erano vissuti come una vera famiglia, non conosceva altro mondo oltre loro.
Un giorno però qualcosa era cambiato, un litigio, un colpo di spada e d’un tratto si era ritrovato sotto la potenza della grande Danimarca. Ricordava ancora il volto di Einar quando si era visto privare della libertà nella sua stessa terra, e per di più da colui che credeva suo amico.
Anche lui, Islanda, stentava a credere che quell’uomo fosse lo stesso Hans di una volta. Serio, tirannico, quasi ipocrita pur di inseguire il potere, poi però avere tirato un po’ troppo la cinghia quella volta e iniziò così una serie di sconfitte e di indipendenze.
Fjalar non poteva fare altro che guardare gli eventi scorrere inesorabili, rimanere accanto a Danimarca era l’unica cosa che poté fare. Era sempre stato con lui, era l’unica certezza che aveva, senza questa era solo un’isola in mezzo all’oceano. Guerra dopo guerra lo aveva assistito, medicato, curato ogni sua ferita, e mentre il tempo passava lui cresceva e diventava una sorta di confidente, gli rivelava cosa pensavo di quella o di quell’altra Nazione, dei suoi progetti edilizi, di arte e di cultura. Parlare gli aveva avvicinati, o meglio, aveva fatto avvicinare Islanda a Danimarca rendendo indispensabile la sua vicinanza, la sua sicurezza: ma essergli così vicino aveva un rovescio delle medaglia: gli raccontava che per lui Norvegia era importante, il suo grande amico, e che sentirlo così freddo e distaccato lo feriva profondamente, peggio dei colpi inferti dai nemici.
Ed Islanda che poteva fare se non ascoltare e basta? Rimaneva in silenzio mentre si sentiva decantare le lodi che Hans dedicava ad Einar, perdeva ore e ore a parlare di lui instancabilmente, sembrava fosse il suo argomento preferito. Raccontava delle prodi gesta e degli incredibili viaggi che aveva intrapreso col suo grande amico, un amico immaginario ormai.
Norvegia infatti non provava più affetto per lui, rimaneva in quella casa solo perché vi era costretto e Danimarca faceva finta di non vedere o di non capire, per lui una cosa del genere era inammissibile, impossibile da concepire.
Il tempo passava e l’arrivo di un piccolo francese aveva scombussolato l’Europa intera, Hans si era visto portare via colui che aveva più a cuore e Norvegia era fuggito da colui che odiava con tutto se stesso.
Quella notte, nella camera di Danimarca, era stato Islanda a mettersi accanto a lui poggiandoli una mano sulla spalla e porgendogli un fazzoletto con l’altra, mentre cercava di consolarlo come meglio poteva. Erano rimasti solo loro due in quella grande casa, non ci sarebbero stati più litigi o discussioni, rivolte e proteste per ogni minima cosa, non c’erano più Finlandia e Svezia, e nemmeno Norvegia che aveva occupato un posto privilegiato e quasi onnipresente nel cuore del danese; per Islanda era giunto il momento di diventare importante pure lui, era giunta l’occasione che aspettava da tanto, ma come spesso accade, le cose belle sono solo una piacevole illusione, perché le parole che pronunciò Danimarca quella notte, non le dimenticò più.

-
La sai una cosa?- chiese in tono sommesso, non sembrava più lui, il dominatore del nord e il valoroso vichingo dei tempi andati. – solo ora che se ne è andato capisco veramente quanto fosse importante per me. – fece una pausa, un’infinita e  dolorosa pausa che accrebbe l’ansia di Fjalar e allo stesso tempo lo spaventava per paura di sentire quelle parole così insopportabili. – Mi sembra così assurda l’idea che lui se ne sia voluto andare. Mi sembra di aver perso una parte di me. Sai, credo proprio di amarlo. Non trovo altra spiegazione a tutto quello che sto provando.-

Eccole. Le fatidiche parole che avevano distrutto Fjalar in meno di due secondi, era rimasto interdetto troppo confuso e scioccato, ma non poteva dirgli niente anzi, non voleva, non ne aveva il coraggio ma avrebbe tanto voluto urlargli tutto quello che pensava e provava:- Basta pensare a Norvegia! Non vedi che ci sono io qui? Che esisto pure io?- ma non l’aveva fatto. Si era limitato a rimanere in silenzio scegliendo le parole giuste per consolarlo:- Norvegia se ne è andato perché è stato costretto, non è colpa tua.- sapeva che era tutta un’illusione, lo sapeva bene anche Hans ma lui ci si era aggrappato con tutte le sue forze che alla fine ci credette veramente, ed anche adesso che sono passati tanti anni, crede ancora che il norvegese se ne sia andato perché costretto nonostante Einar gliel’abbia ben chiarito il vero motivo, e ben più di una volta. Ma non c’era stato verso, Danimarca faceva finta di niente, tutto ciò che gli si diceva sembrava essere buttato al vento, non importava che lo prendesse a sberle o che lo buttasse da un burrone, Hans si sarebbe sempre rialzato con un sorriso e avrebbe perdonato Einar trovando qualunque scusa, la cosa importante era rimanergli a fianco.
Ringraziava il cielo, però, che suo fratello non ricambiasse i sentimenti di Danimarca, vederli insieme e felici sarebbe stato un colpo difficile da digerire.
Non gli rimaneva altra speranza che aspettare che un giorno l’idiota si accorgesse di lui, che lo guardasse come guardava Einar, anche se una parte di lui si era ormai arresa. 

 

*
 

Il solo suono che si sentiva erano i passi nella neve soffice appena caduta calpestata dalle due figure avvolte nelle loro giacche mentre si dirigevano verso casa.
Norvegia camminava davanti con le braccia colme di rami secchi per il camino mentre cercava di distanziarsi dalla figura che lo seguiva come un devoto cagnolino, quasi altrettanto patetico.
Già, era così lo considerava ormai. Un patetico stupido impegnato a inseguire l’oggetto tanto desiderato, in questo caso lui. Se all’inizio Danimarca cercava il suo affetto per tornare all’antica amicizia che gli univa, ora era solo un questione di orgoglio, lui che non sopportava perdere gli veniva continuamente rinfacciato un diniego, doveva essere dura da digerire.
Si era stufato di lui, del suo stupido sorriso che aveva sempre stampato in faccia, del suo attaccamento morboso e dei suoi attacchi affettivi, ma sembrava che qualsiasi cosa gli potesse fare lui si rialzava sempre e immancabilmente lo perdonava o faceva finta di niente. Tutta quella passività, tutta quell’allegria e affetto gli stava facendo venire un attacco epilettico, una crisi di nervi con l’aggiunta di un’orticaria cronica.
E come se la situazione non fosse già di per sé difficile aveva il presentimento che Islanda provasse qualcosa per Hans, che però andava al di là del rapporto tra ex- territorio ed ex- capo, sembrava qualcosa di più profondo.
Lo aveva più volte colto in fragrante mentre osservava Danimarca impegnato in qualche sua vergognosa esibizione, o quando sui giornali compariva il suo nome rimaneva a leggere l’articolo con aria assorta, per non parlare poi di quando il suo nome saltava fuori nelle conversazioni tra loro due, appena Norvegia lo criticava aspramente Islanda era pronto a difenderlo ma appena si accorgeva di aver detto qualche parola di troppo arrossiva e cercava di ritrattare quanto poteva.
Era poi successo un episodio non troppo tempo prima che lo aveva insospettito.
Quel giorno tutti e cinque i nordici avevano deciso di andare a fare una gita in montagna. Per qualche assurdo motivo Hans si era inoltrato nella foresta da solo per poi non far ritorno, tutti si erano chiesti dove fosse finito ma nessuno di loro si era preoccupato più di tanto, conoscendo il danese se la sarebbe cavata in qualche modo; solo Islanda era parso turbato all’inizio, poi, più le ore passavano, più diventava irrequieto continuando a insistere sull’andarlo a cercare. Un comportamento strano da parte sua sempre così imperturbabile e apparentemente freddo, aveva pensato Norvegia. Dopo molte ore si era visto ricomparire Danimarca sebbene piuttosto sporco, aveva detto di essere caduto in un fosso, o una cosa simile. A Norvegia non è che gliene importasse molto, era più concentrato a osservare il fratello minore impegnato a curargli i graffi che si era procurato. Aveva temuto che Fjalar se ne fosse realmente innamorato, terrorizzato da una cosa simile lo aveva chiesto subito all’interessato che aveva risposto “di non essere affatto innamorato di Dan!”. Anche se in parte lo avevano rassicurato con quelle parole, da allora gli aveva sempre tenuti d’occhio senza mai perderli di vista, sapeva che Danimarca non si era accorto della cotta che aveva per lui Islanda e sperava che non se ne accorgesse mai, non avrebbe sopportato che gli portasse via l’unico membro della sua famiglia ora che si erano finalmente riconosciuti come fratelli.
Se mai Hans avesse alzato un solo dito su Fjalar avrebbe dovuto passare sopra il suo cadavere.
-
Hey Nor, a che stai pensando? Hai una faccia … - tanto per cambiare Danimarca lo aveva interrotto dai suoi pensieri.
-
Non vedo che te ne possa importare.-
Arrivati all’ingresso aprirono la porta ritrovando sul divano un Islanda addormentato con appollaiato sopra il suo stomaco la pulcinella di mare che non lo abbandonava mai.
-
Guarda com’è carino Islanda!- disse Dan avvicinando il volto verso Islanda, un campanello di allarme suonò nella testa di Norvegia e con un colpo fulmineo riuscì a scaraventare lontano Danimarca con l’aiuto del suo spirito troll.
-
Ti ho già detto da più volte che devi stare lontano da Islanda.-
Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via Ice, niente doveva dividergli, nemmeno una calamità naturale come Danimarca.



 Angolo dell'Autrice

Ringrazio molto il giudice del contest per le lodi e le critiche, soprattutto perchè mi ha fatto notare alcuni errori.
Spero sia piaciuta a tutti quelli che hanno letto questa piccola threesome ^^

A presto ^,^

  
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