Quel
Diavolo, un
sogno.
Una fredda luce entrava dalle finestre. Illuminava le coltri, giocava
sulle
pieghe delle lenzuola camminando lungo il mio corpo fermo e statico,
come lo
poteva essere un pezzo di marmo. Erano sicuramente le prime ore del
mattino ma
fuori le tenebre regnavano ancora.
Fissavo il soffitto, volendo potevo
tenere i
miei occhi aperti in quelle condizioni senza chiuderli per giorni.
Ancora
vestito aspettavo il crepuscolo. Non avevo mai sentito il bisogno di
coricarmi
sotto le lenzuola nella mia lunga vita, se non con qualche donna per
qualche
notte poco casta secoli or sono, ma anche in quel caso, il mattino non
solevo
farmi trovare.
Non sentivo freddo, né il bisogno di dormire. Come avrei
potuto?
La fame, in risposta al mio pensiero, mi torceva lo stomaco e io
bellamente la
ignoravo. FAME…
Era
ora che ricominciassi a occuparmene. Qualcuno mi risvegliò dalle mie
riflessioni e, sbattendo le palpebre, alzai lo sguardo a fissare la
porta. La
figura di un ragazzo di costituzione esile si stagliava a piedi nudi
vicino all’entrata
della mia stanza. I capelli sapevo li aveva scuri con degli strani
riflessi
color smeraldo quando sovente la luce del sole li colpiva, ma la sera
quella
sfumatura sembrava semplicemente assumere un profondo blu notte. Come
seta al
tatto gli sfioravano delicatamente la curva delle orecchie e
scendevano in
ultima amabili sulla nuca con qualche ciuffetto ribelle di tanto in
tanto.
Questo lo sapevo perché davanti allo specchio li avevo
pettinati milioni di
volte. Ed erano corti, a parte la frangia studiata per ricadergli sul
davanti
con l’uso di coprire almeno parzialmente la presenza della
benda sull’occhio
sinistro che portava abitualmente durante il giorno e smetteva nelle
ore in cui
doveva andare a dormire. Era sua abitudine
però tenere
ugualmente chiuso l’occhio in cui risiedeva il nostro
contratto. Aveva un’aria
contrita in attesa di parlare e mentre lo studiavo con interesse alla
ricerca
del significato della sua presenza, la piccola bocca severa si
aprì e ne uscì
un seccato: « Non riesco a dormire ».
E
restò lì, come aspettandosi che vi ponessi
rimedio, magari con un colpo
di bacchetta. Lasciai andare un lungo sospiro:
« Siete un demone, non più un umano. E noi, non
conosciamo la pace del sonno
rammentate? ».
Mosse velocemente alcuni passi stizziti nella mia direzione borbottando
qualcosa tra sé, si fermo a lato del letto puntandomi
addosso uno sguardo
gelido.
« Sciocchezze, io sono stanco. Voglio dormire. »
Aprii la bocca sapendo di farlo inutilmente, per cercare di farlo
ragionare, ma
attacco ancora:
« Cosa fai lì steso in quel modo funereo e ancora
vestito? Togliti. Questo non
è il modo di stare a letto, dovresti saperlo, cosa direbbe
la servitù se un
giorno ti trovasse così? ». Risi, non troppo
preoccupato di farmi sentire da quel
moccios... dal mio piccolo e suscettibile intruso.
« …Servitù? Mi sembrava che
l’avessimo lasciata alla magione, quando siamo
arrivati qui in questo rudere senza nessun’altro al nostro
seguito».
Si bloccò per un istante come se fosse stato punto, per poi fissarmi
guardandomi in cagnesco:
« Beh, non ti ho chiesto i dettagli,
cambiati. » Dettagli,
…né?
Mi arresi scuotendo il capo accontentandolo nel suo capriccio.
Ciel
Phantomhive era sempre stato un romantico abitudinario, infondo.
Mi
liberai dai bottoni del gilet grigio che avevo ancora addosso poi,
sfilando
cravatta e camicia, poggiai con cura anche i miei pantaloni appena
smessi su
una sedia vicino all’armadio della camera.
Futili, tutti questi gesti lo erano. Pian piano, stavo abbandonando
tutti i
costumi e le abitudini prettamente umane per tornare alle origini. Il
giovane
padrone invece vi restava febbrilmente attaccato, come se avesse la
paura
inconscia di dimenticarsi chi fosse. E non era per via della sua nuova
natura,
in realtà era una paura che non l'aveva mai abbandonato, da
quando avevamo
suggellato il patto.
Nudo
mi voltai per tornare al letto, i suoi occhi si allargarono per lo
stupore e
come avrebbe fatto una vergine nel fiore della sua inesperienza,
voltò
repentinamente il viso. Oh, Cielo..
Allora non aveva mai pensato che io non possedessi alcuna vestaglia per
dormire?
D’altro canto, non vedendone il bisogno, non
l’avevo mai chiesta.
Da
lui uscì una voce roca in evidentemente imbarazzo e con il
viso arrossato,
anche se non lo vedevo le sue orecchie me lo potevano confermare, mi
ordinò
goffamente di andare a prendere qualcosa per coprirmi dalle sue stanze.
Non potevo vietarmi di trovare divertente questa situazione in cui ero
implicato e così com’ero, m’incamminai
all’interno delle sue stanze. Come per
il nostro provvisorio rifugio di quella notte, anche la cassapanca in frassino con i bordi ormai consumati
non era
riuscita, come il resto di quel rudere, a sfuggire all'usura del tempo. Contro
ogni umana convinzione sfidava la logica reggendosi fieramente in
piedi davanti al decadimento. Un po'
è quello che aveva sempre fatto il mio giovane e indisponente signorino mentre camminava per le vie di londra ergendosi orgoglioso sul suo bastone da passeggio, contro ogni malalingua che lo credeva morto e sepolto. Il paragone riuscì a strapparmi un
sorriso. Mi soffermai a
osservare meglio la vestaglia che avevo scelto. Al padrone sarebbe
arrivata fin
sotto le ginocchia con le dita delle mani che spuntavano appena,
sicuramente in
origine, era appartenuta al padre quand’era ancora in vita.
Scivolò fresca
cadendomi impeccabilmente sul corpo. Mi copriva quanto
l’umana decenza
permetteva, il che bastava. Dio sa quanto un diavolo ne sappia di
decenza..
Tornai
alla stanza, trovando già qualcuno ben sistemato sul mio
letto in modo da darmi
le spalle:
« Se hai finito, non stare lì impalato e mettiti a
dormire ».
Ammutolii per qualche secondo, limitandomi a fissarlo. Ero sorpreso.
« Dunque, intendete davvero restare qui per controllare che
io lo faccia? »
«
E’ un ordine, Sebastian » puntualizzò. A quel punto mi
arresi, ed esasperato m’infilai sotto le coperte
..sperando che l’avermi
affianco semplicemente con gli occhi chiusi, bastasse a soddisfare il
suo
desiderio.
Cercai
di occupare il minor spazio possibile restando vicino alla fine del
letto,
senza muovere un muscolo. Quello per me non sarebbe stato un problema.
Ma lui
sembrava aver deciso di rendere la mia notte un inferno. Sbuffava si
muoveva e
dopo cinque minuti, si girava e sbuffava ancora per poi rigirarsi di
nuovo.
Ruotando per la centesima volta il cuscino, mi colpì.
Come v'era d aspettarsi,
non si curò di chiedermi scusa anzi, con la testa sembrava
volersi appropriare
anche della metà del mio cuscino, forse ritenendolo
sospettosamente più
confortevole del proprio. POSSA BRUCIARE!
Il mio corpo era pericolosamente in bilico sul bordo, per sostenermi
poggiai
un gomito sul comodino in stile vittoriano affianco al letto. Se fossi
caduto producendo rumore mi avrebbe ripreso, per questo,
decisi che
tanto valeva rischiare facendolo notare:
« Mio signore, sto per cadere ». Si
voltò alzando di poco il busto per
verificare. Notando che era vero, ulteriormente innervosito e
paonazzo, mi
accusò facendomi restare a bocca aperta:
« Questo è perché ti muovi troppo,
Idiota! »
QUANDO
AVRO’ FINITO CON TE SARAI IRRICONOSCIBILE, NEL TARTARO
TROVERANNO I TUOI POVERI
RESTI APPESI CHE ATTENDONO ANCORA AGOGNANTI D ESSERE DIVORATI.
Strinsi
gli occhi a due fessure mentre una nuova luce sembrava animarli, come
solevo
fare da anni sotto il suo servizio, trattenni il mio impulso
omicida: «
Capisco. Farò più attenzione d’ora in
poi a non scostarmi quando il mio signore
cerca invano un contatto per avere il calore del mio corpo
».
A quel punto, non lo credevo umanamente possibile ma arrossì
scandalosamente, scaccomatto.
«
Cos-Cosa vorresti insinuare? Non è affatto così!
». Indicai la sua parte di
letto. « Eppure al momento, dietro di voi,
c’è un’infinità di spazio
dove
potreste comodamente stare ».
« Io non me ne sono reso conto. E
comunque sia, di certo, non
vengo a cercare la tua compagnia!»
Risi aspramente: «Di fatto, siete nella Mia stanza…
»,
« Taci, sono qui perché avevo freddo e non riuscivo a dormire! ».
A quello non avevo difficoltà a credere ma in parte sapevo,
che non era neanche
totalmente vero. Essere demoni portava oltre alla fame,
ad essere insensibili a molte cose, tranne una...
L’unica
cosa che ci colpisse nel corso del nostro tempo immutabile.
Lo
sentii allontanarsi seccato, in cerca di una nuova posizione comoda. Le
mie
mani a quel punto scivolarono lungo il suo corpo, passandogli un
braccio
attorno al fianco e l’altro con gentilezza sotto il capo, lui
si girò a
fissarmi allarmato:
« E ora che stai facendo, Sebastian?» mi mostrai
colpito dalle sue parole: «
Non dicevate di avere freddo? Pensavo di fare cosa gradita, visto che
sembravate
cercare così assiduamente del calore prima »
sorrisi garbatamente « ..solo che
in questo modo. Eviterei di cadere dal mio letto ».
« Idiota, per quello basterebbe che mi dessi la schiena anche
tu » chiusi gli
occhi sospirando lentamente:
«
Come desiderate ». Mi scostai e mostrai la schiena a mia
volta. Il silenzio
cadde, ancora dei piccoli rumori dalla sua parte poi di nuovo solo il
mondo
della notte. Poi la sua schiena incontrò la mia, e lo sentii
rilassarsi un po’
contro di me. Fissai lo spiraglio di luce che rivelava le vecchie assi
del
pavimento per un tempo che sembrò interminabile, niente,
per me era
impossibile sapere cosa fosse il sonno.
«
Non dormi? ».
Per un attimo, avevo segretamente sperato che al contrario di me fosse
riuscito
nel suo intento. Evidentemente, mi sbagliavo. Presi
qualche secondo
prima di rispondergli:
« Anche se mi è stato ordinato, il minimo che
posso fare per voi è chiudere gli
occhi ».
Di nuovo silenzio « …Capisco ».
Sentivo che stava per chiedermi qualcos’altro.
« Sebastian..? »
« Sì, mio signore? »
« I demoni… » per un momento
sembrò esitare « provano la solitudine? ».
La
domanda mi spiazzò totalmente, trovandomi impreparato:
« E’ una domanda curiosa la vostra. Devo dedurre
che in qualche remoto angolo
del vostro piccolo e avido cuore, c’è un lato di
voi che si preoccupa per me? »
pronunciai le ultime parole con una lieve nota di scherno che non
gli
sfuggì. « Lascia perdere »
ribatté bruscamente « ..fingi che non ti abbia
chiesto nulla ».
«
Sì, noi la proviamo...»
dissi in un soffio.
Dalla sua parte nessuna risposta e io ripresi a fissare il buio.
« Come fai a sopportarla? »
«
Dovreste saperlo meglio di me… » dissi
ironizzando lasciando cadere il
discorso, poi ripresi. « Non vi è rimedio. Ci si
convive e basta. La si porta
dentro con gli anni e i secoli. E’ una maledizione che
temo perseguiti tutto il
creato. Per una sorta di consolazione ho notato che spesso gli
uomini
usano amarsi e ferirsi tra loro, ma alla fine è una cosa da
cui non si può
scappare. Sarebbe come voler fuggire da se stessi ».
Infatti
Ciel Phantomhive, di certo lo comprendeva più di chiunque
altro.
« E
per quel che riguarda voi demoni?
». Sapendo che d ora in
avanti questo, avrebbe compreso anche lui.
« Alcuni di noi la recepiscono semplicemente come Noia.
Cercano nuovi modi per
venire a contatto con voi sempre più originali e
contemporaneamente saziare la
propria fame giocando con le vittime, creando in loro un irrimediabile
legame
di dipendenza ».
«
Io sono dipendente da te ».
« Sì, è così »
sarebbe stato sciocco rispondergli diversamente negando
l’evidenza.
« Ma ora sono anche un demone.. »
« Esattamente ».
Il vento ululava fuori dal piccolo rudere, scuotendo le
chiome
degli alberi.
« Quindi nonostante sei obbligato a rimanere al mio fianco,
ti senti ...solo?
».
Le pareti della vecchia villetta di campagna scricchiolarono
minacciosamente
mentre rimanevo in silenzio, pensando a cosa rispondere.
«
Ovviamente è solo curiosità, non è
così importante infondo.. Non sei costretto
a rispondermi ». Sorrisi per il tono indifferente che assunse
la sua voce volendo apparire vaga, per dissimulare il suo interesse.
« In effetti, si può dire che servirla alla
magione con quei tre
scansafatiche in giro non ci si annoia di certo. Ma la fame di voi
resta, non
mi abbandona mai. E’ una cara
compagna».
A
quelle parole lo sentii voltarsi nella mia direzione:
« Sciocchezze, non ti ho mai costretto al digiuno, lo sai
».
« Infatti, è una mia scelta » dissi in
tono morbido, lui non capì. « Perché?
»
« ... » « Perché Sebastian?
» le parole sembrarono volermi morire in gola e la
sua curiosità crebbe.
« Sebastian, è un- » prendendolo alla
sprovvista in due brevi movimenti, mi
misi a carponi su di lui coprendo velocemente la sua bocca con una
mano. «
Questo non occorre mio signore, ho intenzione di rispondervi
».
Lui studiandomi attentamente spostò la mano che tenevo sulla sua bocca con discrezione e io lo
lasciai
fare. « Ti ascolto » disse sbrigativo, scorsi
l’intelligenza che in quello sguardo amavo e
quindi risposi onestamente.
« Non voglio tradirvi » di nuovo il silenzio venne
rotto da delle nubi che
preannunciavano un temporale «Tradirmi in che modo?
».
« Braccando un’altra anima, che non sia la vostra
». Stavolta fu lui a ridere «
Immagino che a questo punto, dovrei sentirmi lusingato…
» gli sorrisi « Infatti. »
« Suvvia Sebastian, di certo non me la prenderei se
mi tradissi con
un’altra anima che non è la mia. Penso per te
sarebbe comunque questione di
poco, prima di tornare a servirmi ».
«
Non è così ».
Il divertimento sparì dal suo viso, tornando serio.
«Non riesco più a nutrirmi
di un’anima qualunque, non saprebbe di niente. Sarebbe
l’equivalente per voi
umani di cibarvi di spazzatura».
« L’essere umano in condizioni precarie arriverebbe
a mangiare spazzatura»
rispose a tono freddo. « Non lo metto in dubbio,
arrivereste
tranquillamente a mangiarvi tra di voi, basta osservarvi».
Dissi senza
nascondere l’ironia della cosa. « So bene quanto in
questo non sembriamo tanto
diversi da voi » ribatte gelidamente « Ma non tutti
ne sarebbero capaci ».
«
Esattamente come esistono demoni che si stancano di cibarsi della
feccia della
società.. » proseguii « ..sareste stato
disposto a cibarvi dell’anima del
Barone Kelvin, se ve ne avessi dato l’occasione? ».
L’incubo nei suoi occhi ritornò più
vivido che mai. Riemerse spaventosamente
dai suoi ricordi. Un folle che solo per arrivare a lui, ancora quando
era in
tenera età, dopo mille interventi per curarsi dalla sua
bruttezza aveva finito
col perdere il senno. Lo rincontrò in sedia a rotelle, con
il viso sfigurato
ricoperto da bende di ospedale, abusava ripetutamente dei bambini
rapiti
considerandoli il motivo della sua rovina. Li sacrificava poi in
spettacoli
raccapriccianti che avevano il solo scopo di divertirlo. Aveva
organizzato tutto
insieme ad’altri cospiratori, la notte in cui il padrone
sarebbe dovuto essere
sacrificato, ma era rimasto legato al letto dopo aver perso le gambe
nell’ultimo intervento per tentare di rimodellare il suo
corpo. Ed era scampato
alla rovinosa carneficina a cui avevo adempito sotto l’ordine
del padrone la
notte stessa che fui invocato e avemmo re detto ilcontratto.
Comprendendo l’orrore che sorridente gli si presentava
amichevolmente davanti
invitandolo di nuovo a ripetere il rituale, il padrone gli
sparò una pallottola
in mezzo agli occhi e poi svuoto il caricatore sul suo corpo. Oppresso
da
un’emozione violenta mi ordinò di ammazzare i suoi
sostenitori e bruciare
tutto. Quel palazzo raccapricciante, i loro resti, i bambini, ogni
cosa.
Il
suo corpo ora tremava violentemente, ma non per il freddo. Con rabbia
mi
afferrò un lembo della camicia da notte.
«
Il Barone kelvin è morto.»anche la voce tremava e
poco dopo urlo.« ..MORTO! »
L’orrore e la follia per tutto quello che era avvenuto ancora
lo consumavano
insieme al rancore. I suoi occhi saettarono sul mio viso in cerca di
quella
conferma «L’ho ucciso io. CON QUESTE MIE MANI!
».
«
Sì, lo avete fatto ».
Annuii dolcemente, scostando gentilmente quelle mani fredde e tenendole
fra le
mie. Vi posai sopra le labbra in un bacio casto mentre erano ancora
così unite.
Dopo un po’ tornò a respirare normalmente e si
poggio con il capo ad’una mia
spalla. « ..non ho usato l’esempio migliore, sono
desolato. Non sospettavo che
l’argomento vi toccasse ancora così tanto
».
«
aah, fa silenzio. Il più delle volte parli solo
perché hai la bocca, Sebastian
».
Sorrisi,
se aveva ancora fiato per criticarmi, significava che si stava
già riprendendo.
« A volte, penso sia così ».
Le folte ciglia scure si abbassarono sui suoi occhi facendoli apparire
notevolmente più stanchi, ma non per causa del sonno.
Semplicemente, stanchi di
tutto. Sì, maggiordomo compreso.
«
Non ho intenzione di portare avanti questo discorso, ..sono stanco ora.
»
Annuii e mi accinsi ad’aiutarlo nuovamente a stendersi.
« Allora si riposi giovane padrone. Veglierò sui
suoi sogni »
« Preferirei di no. » ribatté
sarcasticamente « La tua presenza è fin troppo
assidua pure in quelli. »
Sogghignò,
mentre il sonno scendeva velocemente sulla sua voce.
Quella
confessione così innocente mi lasciò ammutolito
di nuovo. Sdraiandomi al suo
fianco, mi chiesi se si riferisse ad’incubi o altro. Quando
gli cinsi la vita
con un braccio stavolta da lui non ebbi alcuna protesta, non capendo
perché in
cuor mio la cosa mi facesse piacere. Sperai di venire influenzato dalla
sua
vicinanza. Desiderai ardentemente di riuscire
ad’addormentarmi e poco tempo
dopo, mi sorpresi a sognare.
Cosa
ne sa un Diavolo dell’amore, in fondo?
~
Un demone che trascina continuamente la sua stessa essenza
oscillando,