Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Milli Milk    11/03/2011    4 recensioni
[...]continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più[...]
Ho provato ad immaginarmi un'ipotetica adolescenza di Squalo e di come è entrato a far parte dei Varia. [?S - XS]
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Nuovo Personaggio, Superbi Squalo, Un po' tutti, Xanxus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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My secret friend 4 My secret friend


Avvertimenti: la storia tratta argomenti come l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.


I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.




La differenza tra Dino e Squalo era colossale, tutti lo pensavano, tanti ne parlavano e una parte di quelli persino disprezzava quell'amicizia, perché  pensavano fosse un'amicizia di convenienza. Squalo era il ragazzo crudele che approfittava dell'estremo buonismo di Dino.
Tutti questi ragazzi, dando voce ai loro pensieri, mettevano in giro false voci ed infine influenzavano il pensiero di molti. Dino si era reso conto di quella realtà parlando con quella ragazza, Laura aveva detto di chiamarsi.
Il Cavallone non sapeva cosa c'era che non andava in lei: ripeteva molte volte la parola "veramente" e sembrava avere un perenne e strano rossore sulle guance, certo quello non era il trucco.
Quegli occhi tanto verdi, che avevano guardato con tanto astio Squalo, avevano completamente cambiato espressione quando si era presentata. Erano dolci e solari, il suo sorriso sembrava aver cancellato ogni traccia di quell'accanimento avvenuto fino a pochi secondi prima. Davvero, Dino non ci stava capendo nulla. Era tremendamente dispiaciuto perché quella ragazza aveva insultato Squalo senza apparente motivo. Sapeva che Squalo non era un ragazzo modello, sapeva che poteva apparire scontroso, poteva sembrare tutto fuorché un bravo ragazzo. Però sapeva anche che Squalo, seppure mostrasse sempre quella maschera quasi impenetrabile, in fondo era un bravo ragazzo. Più che una certezza era una sua sensazione: Squalo non aveva mai mostrato segni di affetto, o non gli aveva mai rivolto parole gentili, però l'aveva sempre aiutato a non cadere, l'aveva sempre soccorso e ascoltava i suoi sproloqui, magari poteva dirgli che era un idiota, ma continuava sempre ad ascoltarlo.
Tutte quelle cose che aveva detto Laura non erano vere, né che Squalo era un mostro, né che si approfittava di lui. A Dino non gli era mai importato nulla se la gente sparlava di lui, eppure quando era venuto a conoscenza del fatto che la gente definiva Squalo solo un crudele sfruttatore, si era dispiaciuto. Non era vero, non lo conoscevano e si permettevano di arrivare a false conclusioni. Era persino arrivato a pensare che una parte di quei bisbigli e di quei pregiudizi fossero nati per colpa sua, perché erano troppo diversi, e agli occhi della società Squalo inevitabilmente si trasformava in un mostro pronto a divorare la bontà di Dino.
Il Cavallone poi si sentì ancora più in colpa perché anche lui portava una maschera. Sapeva che Squalo sospettava qualcosa, tutte quelle volte che lo guardava con quegli occhi grigi, come ad aspettare che sputasse il rospo, si sentiva un vuoto allo stomaco. Il solo fatto di nascondergli qualcosa lo infastidiva, perché dopotutto, vedere che Squalo quasi si sforzava di far finta di nulla, gli creava un groppo alla gola così fastidioso da farlo sentire quasi male.
Era suo amico, come poteva non dirgli chi era veramente? Era come nascondere la parte più importante di sé, era come mostrargli una faccia che non gli apparteneva. Dino si ritrovò quindi a pensare che tutto ciò era sbagliato, in fondo però non lo era del tutto e per questo il biondo non sapeva cosa fare e nemmeno cosa pensare: era confuso.

Squalo era nervoso, non sapeva se sarebbe stato meglio spaccarsi le mani prendendo a pugni il muro, se spaccare direttamente la faccia a qualcuno, oppure se cercare di calmarsi da solo. L'ultima opzione era la migliore, Squalo lo sapeva, eppure il suo cervello gli diceva che probabilmente se si sarebbe spaccato le nocche sarebbe stato di gran lunga meglio.
Non aveva mai premeditato di rilassarsi, non gli piaceva rimanere fermo, tanto meno rimanere fermo a pensare e ripensare. Era sicuro però che comunque sarebbero andate le cose, l'arrabbiatura si sarebbe solo stemperata, ma tutto il giorno avrebbe continuato ad avere quel fastidioso tarlo a rosicchiargli i nervi.
Per la prima volta in vita sua non vedeva l'ora di tornarsene a casa, ne aveva abbastanza di quelle mura bianche della scuola, stanco di vedere quelle solite facce di merda dei suoi compagni di classe. Inoltre era sicuro che Dino all'uscita gli sarebbe andato incontro con quel suo sorriso rammaricato e gli avrebbe perdonato il colpo subìto. A Squalo però non andava bene, perché non voleva farsi perdonare proprio un bel niente. In fondo se lo meritava, perché forse sarebbe stata la volta buona che Dino si fosse allontanato da lui. Sapeva che era difficile, Dino era cocciuto ed era troppo buono, l'avrebbe perdonato anche se l'avesse preso a bastonate. Non capiva il motivo per il quale il biondo si ostinasse tanto a voler rimanere suo amico, nonostante tutte gli insulti e nonostante quella sua aria distante di chi è perennemente irritato. Starsene a guardare quel campo da calcetto non gli dava sollievo, ma scorrendo con lo sguardo poteva notare una via di fuga: la rete al di sopra del muro era rotta nel punto esatto che dava sulla strada. Il muro oltretutto non era troppo alto e sicuramente sarebbe riuscito a scavalcare saltando ed aggrappandosi al bordo.
Deglutì. Non era una cattiva idea, tanto ormai ci aveva fatto l'abitudine ad essere rimproverato e poco gli importava se quella volta non si sarebbe solo preso una bella sgridata, tanto alla fine avrebbero chiamato a casa e figurarsi se la madre l'avebbe sgridato, al massimo gli avrebbe voltato le spalle a vita: tanto meglio.
L'albino si guardò intorno per vedere chi ci fosse, probabilmente erano tutti tornati nell'edificio. Indugiò ancora qualche secondo su quella via di salvezza e poi prese la decisione drastica di fuggire via. Non volle pensare troppo alle conseguenze, seguire l'istinto solitamente era molto meglio che seguire la razionalità. Si avvicinò al muro e capì che probabilmente non sarebbe bastato solo un salto per poter scavalcare, il muro non era poi così basso come pensava: quei due metri e mezzo doveva prenderli con un po' di rincorsa e se non avesse continuato a costringersi di non pensare troppo, allora se ne sarebbe tornato nella sua classe con i pugni stretti in tasca, con il rimorso di non aver provato.
Si guardò ancora indietro, un po' per calcolare le distanze e un po' per controllare se fosse arrivato qualcuno. Sicuro che il piazzale era vuoto, fece diversi passi indietro e poi balzò andando a cercare l'alto del muro. Il primo tentativo però andò a vuoto, le dita gli scivolarono e poco ci mancava che fosse caduto all'indietro. Non soddisfatto però ci provò di nuovo, questa volta ci andò con l'intento di sconfiggere l'altezza del muro: non poteva arrendersi in quel modo e oltretutto non poteva pensare che un muro piatto avrebbe potuto costringerlo a rimanere chiuso in quella gabbia di scuola. Osservò con decisione e con astio quelle piccole crepe che strafottenti si ergevano verso l'alto come a sfidarlo della loro capacità di arrivare fin lassù dove lui non sarebbe potuto arrivare. Maledizione, non era possibile che se la stesse prendendo così tanto con un muro!
Una risata alle sue spalle gli fece prendere un colpo e sobbalzando si girò con il cuore a mille.
«Che cazzo stai facendo» Squalo si scontrò con gli occhi rossi di quell'odioso di Xanxus. Sembrava molto divertito. 
«Fatti i cazzi tuoi e campi cent'anni» il ghigno divertito del moro si trasformò in una smorfia di rabbia. Gli mancava solo questa, poi il muro da bianco sarebbe stato decorato con delle belle macchie rosse.
Squalo sapeva bene che così facendo non stava facendo altro che assicurarsi la morte, eppure la risposta gli era uscita istintiva, più che altro si era sentito in dovere di non dare spiegazioni, perché non voleva darle a se stesso, figurarsi se voleva darle proprio ad un estraneo, poi a quell'arrogante di Xanxus non ci pensava proprio. Insomma, non gli era parso poi molto felice della risposta che gli aveva dato e lo sapeva, come sapeva anche che a quel punto aveva un motivo in più per darsela a gambe. Non che fosse un codardo, per carità, però aveva ancora troppe cose da fare prima di morire, o almeno cercò di giustificare così quello strano tremore alla gambe.
Squalo guardò attentamente quegli occhi rossi: sembrava un toro incazzato pronto alla carica. Trattenne il fiato, forse inconsciamente pensava che così facendo non sarebbe stato incornato. Doveva pensare in fretta e forse agire anche più velocemente, non aveva tempo da perdere, sia perché era sicuro che di lì a poco Xanxus l'avrebbe preso per il collo, sia perché sapeva che qualcuno a quel punto sarebbe andato a cercarlo.
«Tu, inutile rifiuto!» Una strana aura si formò attorno al corpo del ragazzo più grande, Squalo non sapeva se era tutto frutto della sua immaginazione, però non volle guardare oltre e senza pensare, preso anche un po' dal panico, fece di nuovo qualche passo indietro per poi correre e saltare come se avesse le molle ai piedi, afferrando finalmente la fine di quel maledetto muro. Nemmeno si girò a guardare dietro di sé che saltò dall'altra parte con un balzo. Toccò terra cercando di non perdere l'equilibrio, e sentì un colpo secco provenire dietro le sue spalle. Sobbalzò e il cuore perse un battito: si girò verso quella barriera tra lui e quella furia di Xanxus. Se prima aveva maledetto il muro perché era troppo alto, ora ringraziava che ci fosse e che lo stesse proteggendo da quel pericolo.
«Non finisce qui, feccia» a quel punto Squalo decise che forse si sarebbe preso una bella vacanza, magari avrebbe potuto farsi una bella tirata di una settimana in qualche posto isolato. Non gli avrebbe fatto male, pensò iniziando a correre, lasciandosi alle spalle l'edificio scolastico e le minacce di Xanxus.
Aveva trovato una via di fuga, però così facendo forse non aveva fatto altro che trovarsi ancora più in trappola. Era spacciato, se davvero Xanxus si sarebbe ricordato di lui, cosa molto probabile, davvero non ne sarebbe uscito vivo. Quel tonfo, provocato probabilmente dal poderoso pugno di Xanxus, gli aveva fatto sentire un forte dolore che gli aveva attraversato l'intero scheletro, quel pugno gli avrebbe spezzato tutte le ossa simultaneamente, ne era certo.
«Che sia maledetto»

Mancava poco alla fine delle lezioni e Dino si era ritrovato a guardare ossessivamente l'orologio. Ovviamente così facendo le lancette sembravano scorrere più lentamente, come a volersi beffeggiare della sua impazienza. Muoveva freneticamente la gamba in un gesto nervoso, guardava davanti a sé il professore che si accingeva a spiegare alla lavagna quell'interminabile lezione.
Non aveva più visto Squalo, con lo sguardo l'aveva cercato nel grande giardino, ma non aveva visto altro che facce sconosciute, probabilmente era tornato nella sua classe. Aveva pensato di passare proprio davanti quell'aula, ma poi tra un pensiero e l'altro, si era ritrovato seduto al suo banco ed attendere l'arrivo del professore.
Laura, prima di correre via nella sua aula, gli aveva chiesto se il giorno seguente avrebbero potuto pranzare insieme. Dino aveva risposto automaticamente di sì, più per gentilezza che per altro, anche se probabilmente avrebbe dovuto essere arrabbiato con lei per quelle brutte parole rivolte al suo amico. Non riusciva ad essere scortese, né tantomeno arrabbiato, magari parlando di più con quella ragazza, avrebbe potuto spiegare che Squalo non era quel mostro che lei credeva che fosse.
Laura sembrava una ragazza molto intelligente, a prima vista una ragazza un po' troppo sicura di sé, eppure era molto dolce e disponibile. L'aveva guardata negli occhi mentre gli chiedeva se avrebbe voluto andare in infermeria e ci aveva visto tanta gentilezza. Non era voluta tornare sul discorso di Squalo, Dino in verità non aveva nemmeno pensato di dirle nulla a riguardo, se ne era andata via prima ancora che lui potesse realizzare il tutto.
Il colpo alla guancia era ancora un po' dolorante e si era ritrovato con i suoi compagni di classe intorno a chiedergli cosa gli era successo, sapeva che qualcuno aveva assistito alla scena in giardino, quando aveva rovesciato tutto il pranzo sulla divisa di Squalo, e probabilmente, anzi quasi sicuramente, pensavano che Squalo l'avesse picchiato proprio per quel motivo. Eppure nessuno aveva accennato al nome del suo amico, si erano limitati a chiedergli cosa avesse fatto, se gli faceva male e se voleva una borsa di ghiaccio.
Dino non si irritava mai, la gente non lo infastidiva e anzi più gente aveva attorno e meglio era, però quando tutti gli erano arrivati addosso con le loro domande, non aveva potuto fare a meno di sentirsi profondamente infastidito dalle loro voci e dalle loro stesse presenze. Aveva sorriso come al solito, dicendo che aveva semplicemente preso in pieno la porta del bagno, dopotutto era un grandissimo bugiardo o più esattamente, era molto abile nel nascondere le cose. 
Quando finalmente suonò la campanella, Dino si sentì come liberato da un supplizio. Era diventato perfino intollerante, e per questo si alzò di fretta e furia incespicando nei suoi passi.
Corse fuori dalla classe come se gli mancasse l'aria. 
«Tu sei Dino giusto?» Dino si imbatté in un ragazzo che stava lì fermo davanti alla porta della sua aula. Aveva tutta l'aria di un bullo pronto a dargliene di santa ragione. Aveva un po' paura di rispondere che sì, lui era Dino, però quella gli era parsa più come una domanda retorica, quindi non sapeva se avesse dovuto iniziare a correre o se sarebbe dovuto rimanere lì ad aspettare che l'altro continuasse.
«Dovresti riportare questa al tuo amico» il ragazzo alzò una cartella nera, proprio davanti ai suoi occhi. La sua voce era uscita sprezzante, come se gli facesse schifo anche solo pensare a quel "suo amico" e molto probabilmente era stato costretto a fare ciò che stava facendo, perché non aveva proprio la faccia di uno a cui importava qualcosa degli altri.
«Squalo...?» Dino era titubante, più che una vera e propria domanda, era un accertamento.
Il ragazzo lo guardò alzando un sopracciglio e schioccando la lingua scocciato: non era venuto in amicizia, quindi Dino non si fece attendere troppo dal prendere la cartella e scappare via come un fulmine. 
Quando si trovò davanti il cancello d'entrata però si rese conto di un particolare: perché Squalo non si era ripreso da solo la cartella? A quel punto si guardò intorno alla ricerca della sua testa. Si alzò sulle punte dei piedi, guardò oltre il cancello per vedere se per caso era uscito prima di lui: eppure di Squalo non c'era traccia.
«È successo qualcosa?» Romario sembrava sentire la tensione di Dino. Si diede un'occhiata intorno per poi tornare a guardare il biondo che osservava serio verso l'entrata di scuola.
«Romario, dovresti farmi un favore»

Una macchina nera, lucida ed elegante, si fermò proprio davanti a casa Superbia.
«Credo che dovrò farti aspettare un po' di tempo»
«Non abbiamo fretta» Dino scese dalla macchina e guardò un po' titubante verso la casa.
«Grazie Romario» si chiuse la portiera alle spalle e con passo deciso si diresse verso la porta.
Si ritrovò ad indugiare sul campanello: cosa avrebbe dovuto dire? "Ho trovato casa tua sulla cartina" la voce di Squalo nella sua mente gli diede dell'idiota. Oltre ad essere una balla colossale, era anche ponderata nel modo sbagliato e Squalo non era di certo uno stupido. Pensare però non faceva che alimentare la sua insicurezza e si ritrovò a combattere contro la voglia di tornarsene a casa e consegnare la cartella a Squalo il giorno seguente.
«Si?» Dino si irrigidì e si girò a guardare verso la porta: c'era una donna sulla trentina, o forse sulla quarantina, che lo guardava perplessa.
«Salve, ecco, io sono un amico di Squalo, gli ho riportato la cartella» la donna sembrava sempre più perplessa «credo l'abbia dimenticata» continuò ed abbassò lo sguardo in un moto di disagio: quella donna sembrava metterlo in soggezione, aveva lo stesso sguardo di Squalo la prima volta che l'aveva visto. 
«Squalo non è in casa in questo momento, ma se vuoi puoi entrare» la voce calda e melliflua della donna lo investì in pieno e quando alzò lo sguardo vide un dolce sorriso incurvare le labbra rosse.
«La ringrazio, ma non vorrei disturbare»
«Nessun disturbo. Squalo dovrebbe tornare fra poco» la donna si fece da parte in modo da mostrare l'ingresso. Dino guardò la cartella e poi di nuovo il volto dolce della madre di Squalo.
Annuì leggermente con il capo e accennò ad un sorriso imbarazzato mentre si accingeva ad entrare in casa.
«Vuoi qualcosa da mangiare o da bere?» Lo accompagnò fino al grande salotto e gli fece cenno di accomodarsi.
Gli occhi della donna era di un grigio intenso come quelli di Squalo, ma a differenza brillavano di serenità: il ragazzo pensò a come potessero essere belli quegli occhi su Squalo. Guardandola ancora meglio poi vi vide molte altre somiglianze con l'amico.
«No, la ringrazio» il dolce sorriso rosso gli ricordò quello di sua madre e gli venne un vuoto allo stomaco, ma cercò di non pensarci, ormai era passato il tempo delle lacrime.
Sedendosi e guardandosi attorno, poté notare che la donna non era sola in casa.
«Squalo!» Sentì esclamare, mentre un ragazzo si precipitava nella grande stanza. 
«Federico, questo è un amico di Squalo» il ragazzo sembrò inizialmente deluso da quella scoperta, ma quando poi lo guardò con i suoi piccoli occhi e gli regalò un sorriso avvicinandosi per porgergli la mano.
«Io sono Federico» il tono con cui lo disse poteva sembrare una cantilena, la voce gli era uscita fuori forzata e un po' spezzata. Inizialmente Dino rimase spiazzato da quel ragazzo che era piombato nella sala come un ciclone, aveva pronunciato il nome di Squalo con tanta gioia che quasi si era sentito dispiaciuto per non essere colui che il ragazzo cercava.
«Io sono Dino» Il Cavallone gli strinse la mano e sorrise gentile. Federico sorrise di rimando e lo guardò per diversi istanti, come a volerlo studiare. 
Dino si chiese chi fosse quel ragazzo, non sapeva praticamente nulla della famiglia di Squalo e forse era stato maleducato arrivare a casa sua senza alcun preavviso. Dopotutto però l'aveva fatto per una buona causa.
Guardando quel ragazzo vi vedeva una forte carica emotiva che si sprigionava dagli occhi. Si ritrovò ancora a disagio: non si faceva delle strane idee o pregiudizi per quanto riguardava la persone affetti da quella sindrome, dopotutto erano persone come lui, ma non sapeva come comportarsi.
«Sono il fratellino di Squalo» Federico gli si sedette di fianco.
«Non sapevo che avesse un fratello»
«Lo so» Dino non capì quella risposta così secca, come se l'altro si fosse aspettato un'affermazione simile, ma pensò che fosse meglio non dire altro ed abbassò lo sguardo.
«Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi» la donna, che era rimasta ad ascoltare per tutto il tempo, si diresse verso un'altra stanza, lasciando i due ragazzi soli. Purtroppo Dino sperò che Squalo tornasse presto, non tanto perché non voleva rimanere, o perché tutto ciò lo infastidiva, ma perché non si era mai sentito tanto fuori posto in vita sua. Era come se quel luogo non appartenesse veramente a Squalo, come se gli fosse lontano anni luce. La casa era pregna di tranquillità, era silenziosa e dava un senso di calore, cose che non erano assolutamente parte del carattere di Squalo. Non che pensasse che vivesse in qualche posto particolarmente caotico, ma neppure che vivesse circondato da tutta quella tranquillità. Non riuscì a collegare la faccia perennemente incazzata di Squalo, con il luogo in cui viveva.
«Se vuoi saliamo in camera» Dino lo guardò di nuovo ed aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non ne uscì fuori un filo di voce «Squalo è scappato, però torna stasera» il tono di voce si era abbassato in un sussurro ancora più sforzato e il biondo dovette prendersi qualche secondo per riflettere. 
«Scappato?!» quasi urlò, facendo sobbalzare l'altro ragazzo.
«Shhh, che poi mamma sente» Dino si irrigidì e guardò verso la porta in cui era sparita la donna.
«Scusa» si chiuse nelle spalle e lo guardò imbarazzato. Federico rise e si alzò.
«Andiamo»

«Questa è la stanza di Squalo, sai non ci è mai entrato nessuno» i due ragazzi entrarono e Federico si chiuse la porta alle spalle «non è mai entrato un amico di Squalo in casa. Non ha molti amici, anzi non ne ha e basta» Dino lo guardò perplesso e Federico andò a buttarsi sul letto «non li vuole» disse in fine osservandolo tra il serio e il divertito.
Dino si guardò un po' attorno, osservò la grande finestra: delle grosse nuvole grige, cariche di pioggia, si stavano avvicinando.
«Non è meglio se vado a cercarlo? Sta arrivando la pioggia» Federico guardò fuori dalla finestra e poi di nuovo Dino.
«No, a Squalo piace la pioggia»
«Così si ammalerà» Dino vide il ragazzo fargli cenno di sedersi sul letto.
«Non si ammala mai» sedendosi poi sul letto Federico si sporse verso il basso per prendere qualcosa.
«A Squalo non piace la gente» rialzandosi gli porse un quaderno. Il Cavallone non sapeva cosa doveva fare, se doveva aprirlo oppure no. Quello si presentava come un normale quaderno, eppure i quaderni non finiscono sotto i materassi per caso.
«Cosa è?» Federico glielo fece aprire e vi vide degli appunti veloci e delle linee scarabocchiate. Si corrucciò e lesse ciò che vi era scritto accanto agli scarabocchi «Colpo e affondo nell'addome?» guardò le linee curve e disordinate, la scrittura frettolosa e le frasi divise in diversi punti. Sfogliò qualche pagina senza soffermarsi su nessuna di queste: erano tutte simili, sempre con linee, angoli e punti che venivano messi a caso sul foglio, come se fosse tutto impresso al momento, senza un ordine preciso da seguire.
«L'addome sì» Federico gli prese il quaderno dalle mani e lo sfogliò fino a quando non glielo diede di nuovo su una pagina ben precisa. Era più accurata delle altre ed ogni punto descriveva per filo e per segno il significato della linea che, se presa da sola, poteva sembrare solo un segno senza senso, come se la penna fosse scappata di mano e avesse segnato il foglio.
«La lama di piatto facilita il movimento, permettendo di mettere meno forza sull'avambraccio e diminuendo l'attrito» Dino sembrava sempre più confuso da quelle parole, il motivo per cui il ragazzo gliel'avesse messe davanti agli occhi gli era ignoto e quelle parole non lo portavano a nessuna conclusione.
"La lama" pensò «La lama di cosa?» disse dando voce ai suoi dubbi. 
«Della spada» rispose con ovvietà il fratello di Squalo, riprendendo il quaderno e sfogliandolo ancora.
«La spada?»
«La spada, come quella di Re Artù» il biondo, sembrava sempre più confuso. Perché Squalo scriveva degli appunti sulla spada? Si era almeno tolto il dubbio di cosa fossero quelle linee e quegli appunti confusi, ma altrettanti interrogativi erano nati nella sua mente. L'altro ragazzo si era intanto seduto ed aveva poggiato il quaderno accanto a lui. Tornò a guardarlo come ad aspettarsi che gli chiedesse qualcos'altro, eppure Dino non sapeva cosa dire e pensare, non tanto perché lo turbava il fatto che Squalo avesse appunti su una spada, ma quanto al perché Federico glieli avesse mostrati.
«Potresti venire più spesso.» Federico si alzò e guardò verso la finestra.
«Ti piace Squalo?» Dino guardò nella sua direzione e si corrucciò, non solo lo stava confondendo con i gesti, ma le sue parole sembravano essere la voce del suo subinconscio. 
«In che senso?» Dino non si era mai posto domande simili e sentire qualcuno che si preoccupava per Squalo gli sembrava strano, anche se quello era appunto suo fratello. D'altronde Squalo non lo conosceva poi da così tanto tempo, eppure in quel poco tempo era riuscito a farsi un'idea ben chiara di che persona fosse, ma allo stesso tempo non si era chiesto i motivi che l'avevano fatto arrivare a quella concezione di Squalo. Non si era mai chiesto, oltretutto, il motivo per cui volesse avere la sua compagnia, aldilà del fatto che lo ascoltasse, aldilà del fatto che lo aiutasse. Non era stato il primo ad ascoltarlo, né il primo ad aiutarlo.
«Se ti sta simpatico» la sensibilità di Federico gli strinse il cuore. Non era semplice curiosità quella, ma era il sentimento per Squalo che lo faceva parlare e Dino quasi non si sentì sciogliere, perché mai aveva sentito parlare qualcuno in quel modo, non aveva mai visto nessuno esternare così tanto le proprie emozioni come faceva Federico. E ancora si ritrovò a pensare alla loro diversità, a quanto Squalo invece si ostinasse a nascondere tutte le sue emozioni e a quanto cercasse di nascondersi dal mondo che lo circondava. Provò dispiacere. Non capiva ancora bene il motivo per il quale si sentiva così scosso, eppure Federico sembrava rispondere a molti suoi interrogativi, tanti quanti gliene aveva posti.
«Mi piace»




Vorrei scusarmi di nuovo per il ritardo, ho avuto un attimo di vuoto e mi sono presa qualche giorno per pensare bene alla storia. L'ho iniziata malissimo e sta proseguendo altrettanto male, ma comunque continuo un po' perché ormai l'ho iniziata e la voglio finire, perché la storia in sé mi piace, forse ho sbagliato con i personaggi, ma ho voluto provare, e anche un po' perché comunque devo iniziare a scrivere e pubblicare di più, che siano storie mediocri o meno, perché un giudizio -critico o positivo che sia- non fa mai male.

Ora parlo del capitolo: è pieno di discorsi diretti, sopratutto la parte finale, questo perché da molto tempo mi sono accorta del fatto che mi soffermo troppo sulle descrizioni e troppo poco sui discorsi. Piano piano sto cercando di correggermi e spero che prima o poi mi esca qualcosa di buono e di cui sentirmi soddisfatta.
Non succede nemmeno qui nulla di ché a parte il fatto che ci sono molti incontri (XanXan alla riscossa *-*).
L'ultima parte che vede Federico e Dino è un po' confusa e forse non ci si capisce molto, ma ha i suoi perché. Federico è un tipo un po' particolare e man mano mostrerò più lati del suo carattere (
d'altronde lui e Dino si sono appena conosciuti) e spiegherò anche tutti gli altri punti che sono stati lasciati in sospeso.
Il capitolo è un po' lunghetto, passa da un personaggio all'altro a un luogo all'altro, però ho voluto farlo perché altrimenti mi sarebbero usciti fuori millemila capitoli in più, alternando in questo modo mi trovo meglio.
Ho oltretutto finito in questo modo perché altrimenti mi usciva un poema, e poi mi sembrava una fine capitolo giustificata, non c'era bisogno di aggiungere nulla di più.

Ringrazio sin da subito chi vorrà continuare a seguirmi, nonostante i ripetuti ritardi. Mi scuso se mi sono sfuggiti errori/orrori.
Come al solito ringrazio i commenti (a cui rispondo direttamente nella pagina delle recensioni) e alla seguite e ai preferiti. Grazie, grazie, grazie!
 

  
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