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Autore: F l a n    12/03/2011    3 recensioni
"Merlin capì all’età di nove anni di essere un ‘probabile’ mago. Il suo primo ‘prestigio’ avvenne a contatto con l’acqua; non seppe di preciso come fosse successo, ma lui era riuscito a bloccare, seppur per qualche misero secondo, l’acqua che scendeva dalla fontanella. Non era sicuro di esser stato lui, da un lato questa probabilità lo spaventava a morte, dall’altro lo faceva sentire tremendamente unico."
- Un piccolo ritaglio dell'infanzia di Merlin.
[Scritta per il Cow-T con il prompt 'mago']
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Ci sono cose che non si capiscono sul proprio conto quando si è piccoli.
Merlin era sempre stato convinto di essere un bambino come tutti gli altri, anzi, ultimamente era convinto di esser addirittura più inferiore degli altri. Aveva un corpo gracilino e non era neanche tutto questo granché, non gli piaceva spezzar la legna e non aveva un padre che gli aveva insegnato a farlo.
Merlin viveva da solo con la propria madre, Hunith. Non aveva mai conosciuto suo padre e lei non aveva mai messo in discussione la possibilità che forse, un giorno, avrebbe potuto vederlo.
Ma non era quello l’importante; lui stava bene con sua madre ed aveva un buon legame con lei. Per altro, era anche una donna molto forte e determinata che aveva saputo crescerlo insegnandogli i valori della vita.
Hunith aveva molta fiducia in suo figlio e sapeva che in lui c’era qualcosa di diverso, qualcosa di realmente speciale.

*

Merlin capì all’età di nove anni di essere un ‘probabile’ mago. Il suo primo ‘prestigio’ avvenne a contatto con l’acqua; non seppe di preciso come fosse successo, ma lui era riuscito a bloccare, seppur per qualche misero secondo, l’acqua che scendeva dalla fontanella. Non era sicuro di esser stato lui, da un lato questa probabilità lo spaventava a morte, dall’altro lo faceva sentire tremendamente unico.
Quel giorno tornò a casa particolarmente allegro e saltellante, anche se indeciso sul rivelare l’accaduto alla madre; magari lo avrebbe preso per pazzo e non c’era bisogno di darle ulteriori sospetti della sua insanità.
Nel villaggio infatti non era molto ‘stimato’, anzi, per quanto tutti fossero piuttosto pacifici, Merlin era additato come quello ‘incapace di qualunque cosa’. In effetti non era un campione; non aveva doti particolari, non aveva una forza disumana per i lavori da uomini o che facevano i suoi coetanei ed era anche piuttosto taciturno. Questo mix di cose aveva portato i suoi compaesani ad additarlo – alle spalle, naturalmente – come lo strano del villaggio e si chiedevano come fosse possibile che una come Hunith – una donna piuttosto stimata –avesse un figlio del genere.
Merlin decise, infine, di fare una passeggiata nel bosco quel giorno, magari si sarebbe schiarito le idee ed avrebbe capito con un secondo tentativo che lui di magia non ne sapeva proprio niente e che la sua mente gli aveva soltanto giocato un brutto scherzo.

Capì che non era soltanto frutto della sua immaginazione quando si ritrovò di fronte ad una serie di strane creature e l’unico che poteva aiutarlo era… sé stesso. Non aveva armi con sé e non sapeva che accidenti fossero quegli incroci tra procioni e porcospini; sapeva soltanto che non avevano un’aria pacifica e che ne era circondato. Provò a gridare, ma si era spinto troppo lontano per cui non lo sentì nessuno.
Con le mani che gli sudavano, la gola arida ed il cuore che batteva all’impazzata nel petto, Merlin stava cercando disperatamente una via di fuga e con suo sommo terrore realizzò che no, non c’era.
Chiuse gli occhi, strinse i pugni e delle parole incomprensibili uscirono dalle sue labbra; parole che non aveva pensato, parole assurde e di una lingua che non conosceva ma che era certo di aver detto.
Le creature si allontanarono da lui e cadde col sedere a terra, sfinito e col respiro pensate. Com’era possibile che fosse successo tutto quel che era successo?
Rivolse gli occhi verso il cielo, intravedendolo appena tramite i rami degli alberi.
Non era solo una sua illusione. Lui era un mago.
Si distese definitivamente a terra e cominciò a ridere.
Era un mago.

Un mago.

*

Mentre correva verso casa tutto gli apparve più luminoso del solito. Adesso anche lui aveva un qualche valore, anche lui aveva il diritto di sentirsi speciale; poteva fare cose che gli altri non avrebbero potuto fare neanche volendolo, poteva spostare oggetti col pensiero, poteva aiutare il suo villaggio, magari, contro i barbari o contro le aggressioni di chissà quale creatura.
Aveva la sua occasione di diventare eroe.

Smise di correre quando sentì dei rumori di zoccoli di cavallo avvicinarsi a lui.

Abbiamo visto provenire la luce da laggiù, doveva trattarsi da magia. Dobbiamo trovare chi l’ha fatta ed ucciderlo, sono ordini del Re.”

Peccato che nel regno a cui apparteneva la sua magia non era ben vista.
I suoi sogni si spensero all’istante e guardò le sue mani, così estremamente sottili ed ossute eppure così capaci di cambiare qualunque cosa.
In realtà non poteva cambiare niente.
In realtà non sarebbe diventato mai un eroe.

*

Quando mise per la prima volta piede a Camelot, sentì crescere dentro di sé un’emozione irrefrenabile.
Forse, per la prima volta – per quanto assurdo, visto che il fulcro dei suoi principali problemi, era proprio lì – aveva trovato il suo posto nel mondo.
   
 
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