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Autore: SweetTaiga    12/03/2011    6 recensioni
IV CLASSIFICATA AL CONTEST “BAUSTELLE” INDETTO DA _BLAH
«Un poeta scrive alla Luna solo quando nessuna donna gli ha ancora rubato il cuore.»
Son queste le parole pronunciate dal giovane Adam alla bella Ivanoe.
Con la Luna da testimone, ecco l'inizio di un amore tormentato e malinconico sbocciato tra un poeta polacco ed una giovane donna italo-francese. Mentre in Polonia la guerra dilaga, mentre l'odio incupisce i cuori degli uomini, forse c'è ancora speranza per coloro che si affidano alla Luna.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV classificata al contest “Baustelle” indetto da _Blah
 

Canzone utilizzata: Follonica - Baustelle
Promt utilizzati :Partenza, Addio, Libro

A me.
Posso dedicare una storia a me?

Bè, l’ho appena fatto.



Il Figlio della Luna


1789, Fullona.
Era una notte afosa, di quelle in cui l’unica gioia per i sensi è un tuffo in mare.
Era il pensiero di molti, ma quasi ogni uomo o donna d’ogni età restava nel caldo della sua dimora, forse per timore o, chissà, persino per pudore.
Una giovane donna impavida s’avvicinò lentamente alle acque quiete del Tirreno, e, sfilatasi le calzature color turchese, s’immerse nel mare; dapprima bagnò solo la punta del piede destro, poi si accinse ad allietare con quella soave frescura anche le caviglie esili. Infine, dopo aver dato un’occhiata alle coste circostanti, s’alzò la veste e si lasciò lambire dall’acqua fino alle cosce pallide.
Sconveniente per una giovane donna, di grande sollievo invece per una fanciulla accaldata.
E si sa, l’etichetta viene sempre battuta da ciò che da piacere ai sensi.
«E’ pericoloso per una giovane fanciulla girovagare da sola a quest’ora tarda.»
Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare, e lasciò frettolosamente cadere il vestito, che ben presto s’inzuppò d’acqua salata.
«E voi chi siete, che invece potete avventurarvi nel buio senza alcun timore?»
«Sono un poeta, signorina. Ed i poeti non hanno nulla da temere, nelle notti di Luna.»
La fanciulla sorrise. «E perché mai, se posso osare chiederlo?»
«Lecito vi è chiedere, fanciulla. Ed un piacere sarà rispondere. Ma prima uscite dall’acqua, ve ne prego: mi piace discorrere guardando negli occhi il mio interlocutore.», sussurrò il giovane, tendendo goffamente una mano alla fanciulla.
Quando le loro dita si sfiorarono, nessun brivido percorse le loro schiene, giacché erano entrambi troppo persi negli occhi dell’altro per accorgersi di qualcosa di futile come il contatto fisico.
Seduti sulla riva, coll’infrangersi dell’onde sugli scogli, il giovanotto riprese a parlare.
«Dovete sapere, signorina, che la Luna è una romanticona. E noi poeti siamo tutti innamorati di lei, e le dedichiamo sonetti e poemi e versi su versi. In cambio lei ci protegge. Per questo non temo d’uscire nelle notti di Luna. Il suo tepore mi rassicura, la sua silenziosa presenza mi dona sollievo.»
«Le donne devono quindi essere gelose della Luna, caro poeta? Se tutti voi gentiluomini dedicherete le vostre attenzioni a lei, le povere fanciulle terrene potrebbero risentirsene.», sussurrò la giovane, volgendo lo sguardo al mare.
«Un poeta scrive alla Luna solo quando nessuna donna gli ha ancora rubato il cuore.»
«Quindi quando un uomo ama una donna, smette di dedicare versi alla Luna?», domandò lei, incuriosita ed ammaliata dalla voce del giovane.
Egli si limitò ad annuire, e la fanciulla riprese a parlare. «E la Luna non s’offende? Non odia le donne che le rubano gli amanti?»
Una lieve risata sgorgò dalle labbra chiare del giovane. «No di certo. Come vi ho già detto, la Luna è una romanticona: ama il lieto fine, e gioisce nello scorgere gli amori terreni. Inoltre, ogni giorno ha così tanti nuovi ammiratori che non le costa nulla perderne uno ogni tanto. In fondo, noi poeti siamo numerosi come le formiche.»
«Davvero? Ad essere sincera, siete il primo poeta che conosco.», sussurrò la ragazza, posandosi un dito sul mento con fare pensieroso.
Il giovane la guardò per alcuni minuti, per poi distogliere frettolosamente lo sguardo.
«E voi siete la prima fanciulla che potrebbe farmi smettere di scrivere versi alla Luna.», bisbigliò, in un tono di voce appena udibile.
«Cosa?», chiese lei.
«Il vostro nome. Mi chiedevo quale fosse il vostro nome.»
«Ivanoe.», rispose la giovane. «Ivanoe? Siete francese?», domandò il ragazzo.
«Lo era mio padre. Suo nonno, seguito dalla moglie, fu costretto a trasferirsi in Italia in quanto parroco protestante. Costruirono un piccolo mulino, ricordando di generazione in generazione le loro origini francesi. Mia madre invece era italiana, ma io non l’ho mai conosciuta: morì di parto. E’ stato mio padre a crescermi, ad insegnarmi ad amare le mie origini.», spiegò lei.
Era bellissima, alla luce della Luna, ed il ricordo dei genitori rendeva i suoi tratti estremamente gentili ed aggraziati. Il giovane, da buon poeta, lo notò, ma rimase in silenzio ad osservarla per timore di far svanire la magia.
«Cosa facevate qui, giovane poeta?», chiese d’un tratto la ragazza.
«Cercavo ispirazione.»
«E l’avete trovata?», continuò lei.
Il ragazzo si voltò e, incatenando i suoi occhi verdi a quelli della ragazza, parlò. «Si. La Luna porta fortuna ai poeti.»
La giovane rise. «E quale fortuna vi ha portato questa volta, la vostra amica Luna?»
«Voi, Ivanoe.», rispose il ragazzo, sfiorandole appena la mano.
L’alba fece capolino oltre il mare, ed i due giovani furono costretti a separarsi.
Mentre stava per entrare in casa, la giovane si voltò e rincorse il ragazzo, trattenendolo per la manica della giacca blu cobalto. «Aspettate, vi prego. Non mi avete detto il vostro nome.»
«Adam. Adam Zborowski.»
La giovane si meravigliò: non aveva mai conosciuto un poeta, e non aveva mai conosciuto un polacco.
Forse avrebbe dovuto iniziare a ringraziare anche lei la Luna per la buona sorte che le stava donando.


Buttati via come eroi, come dei.


1791. Fullona.

«Adam, dove stai andando?», domandò Ivanoe, camminando a passo svelto per raggiungere il giovane.
Egli si fermò, continuando però a darle le spalle. Le nocche bianche e la schiena ritta dimostravano che c’era ben poco in cui sperare: nessuna buona novella sarebbe uscita dalle sue labbra, non in quella notte senza Luna.
«Cosa succede, Adam?», insistette la ragazza.
Lui finalmente si voltò, e la giovane poté notare un foglio ingiallito sporgere dal taschino della giacca.
«Cattive nuove?», domandò ancora.
Dopo un lungo sospiro, Adam alzò gli occhi, incrociando lo sguardo della ragazza. «Mi hanno scritto alcuni vecchi amici. In Polonia sta dilagando l’inferno, ogni potente nazione mira ai suoi territori. Presto ci sarà la rivoluzione.»
«La rivoluzione?», fece eco Ivanoe. «Ma è  un suicidio! Ci sono gli eserciti della Prussia, e la Russia! Come possono pensare di combattere contro i russi?»
Adam sospirò ancora. «Dobbiamo almeno tentare. Dobbiamo farlo per la Polonia.»
Ivanoe, che fino a pochi attimi prima stava camminando incessantemente avanti e indietro, s’immobilizzò e lentamente si avvicinò al ragazzo.
«Dobbiamo?»
Il silenzio che seguì valse più di mille parole, e non un respiro deturpò quell’insana quiete.
Solo il mare si permise di dire la sua e, con la rabbia che solo un’immensità tale può possedere, s’infranse sugli scogli con un rombo assordante.
«Andrò in Polonia, Ivanoe. Un vecchio conoscente, Kosciusko, sta organizzando la resistenza. Hanno bisogno di altre braccia, e non potrei vivere in pace sapendo di non aver combattuto al fianco dei miei concittadini.», disse finalmente lui, tendendo una mano verso il volto della giovane.
Ella posò la guancia sul suo palmo, godendosi per un attimo il confortante contatto. «Verrò con te, allora. Ci sarà bisogno di donne che cucinino e che vi curino le ferite.»
La sua voce tremò nel pronunciare l’ultima parola, ed una lacrima solitaria solcò la sua guancia, nascondendosi tra le dita del ragazzo.
«Non posso permettere una cosa del genere. Resterai qua a Fullona, al sicuro.», mormorò rocamente lui.
«Ma tu non sei un rivoluzionario, sei un poeta!», esclamò allora la ragazza.
«Il poeta è il più rivoluzionario degli uomini, dolce amor mio. Ed inoltre, prima che poeta, son polacco.», sussurrò. Poi, avvicinandosi all’orecchio della giovane in lacrime, continuò. «Il mio cuore apparterrà per sempre a te, ma il mio animo mi impedisce di star con le mani in mano mentre la mia terra viene distrutta. Devo andare, o non mi sentirò più degno d’esser nominato uomo.»
Calde lacrime scendevano senza sosta dagli occhi chiusi di Ivanoe, che si strinse al petto dell’uomo che le aveva insegnato a pregare la Luna.


Visti da qui dormono teneri segni di noi.


1791, Fullona.
Nel diciottesimo secolo, se uccidere era lecito, il sesso era un tabù.
Le puttane, i re ed i nobili potevano abusarne, ma guai a baciarsi sulle labbra se si era contadini, umili donne o poeti.
Guai a sfiorarsi in pubblico, guai a ridere insieme,  guai a farsi travolgere dalla passione prima del sacro vincolo del matrimonio.
Ma tempo per il matrimonio non ce n’era, né beni preziosi per organizzarlo, e Adam ed Ivanoe lo sapevano bene.
Il giorno della partenza era vicino: lo sentivano nelle ossa che ogni secondo era prezioso, che ogni battito di cuore era fondamentale, che ogni sguardo poteva essere l’ultimo.
E se non si baciavano non era per rispetto, ma per la timidezza ed il pudore che spesso pervade i cuoi puri ed ingenui.
Ma la Luna, fedele loro compagna, poteva portare fortuna ai giovani amanti. Poteva mostrare loro una luce diversa, poteva mostrare loro la strada per l’amore.
I miracoli accadono raramente, ma vi son particolari condizioni che li inducono a verificarsi.
La più meravigliosa e misteriosa di queste è sicuramente la Luna piena.
Accadono grandi cose, nelle notti in cui la Luna mostra la sua intera essenza, spiando gli innamorati del mondo intero senza nascondersi nel buio e tra le nubi.
«Quest’è l’ultima notte.», sussurrò Ivanoe, baciando la fronte del ragazzo poggiato sul suo grembo.
Egli sospirò malinconicamente. «Non dirlo, dolce Ivanoe.»
«E allora cos’è, mio poeta? Cos’è se non la nostra ultima notte?», insistette lei, che nel piegarsi solleticò la fronte del giovane con i lunghi capelli.
«E’ solo la prima d’infinite notti in cui guarderemo la Luna e ricorderemo di noi.», rispose lui.
Vi furono momenti di silenzio, in cui gli occhi dell’uno si specchiavano in quelli dell’altra.
«Potresti baciarmi, Adam?»
Il giovane s’alzò di scatto, affondandosi goffamente la mano nei disordinati boccoli biondi «Oh, non potrei mai. Ne va della tua reputazione, dolce Ivanoe.»
«Al diavolo la reputazione!», sbuffò lei, in un’espressione colorita che a quei tempi era una sorta di bestemmia. Il ragazzo si voltò, percependo la rabbia e l’ansia nel suo tono di voce.
«E’ la nostra ultima notte insieme, lo sento, e non potrò vivere per l’eternità col rimorso di non aver sfiorato le tue labbra. Mi hai chiesto di vivere dopo la tua partenza: allora baciami, stupido puritano, o morrò.»
Mai parole furono più sincere, mai occhi più lucidi né labbra più inesperte.
Il giovane poeta, alla luce della Luna, si chinò sul volto della fanciulla, affondando le mani tinte d’inchiostro nei suoi lunghi capelli castani.
Goffo sfiorarsi di nasi e complicati intrecci di dita, respiri fusi insieme, la luce della Luna ed il rumore del mare.
Mai vi fu amore così dolce e appassionato come quello di due amanti in procinto di dirsi addio.
Mai vi furono lacrime così amare né baci così avidi, né mai vi fu sesso così pieno d’amore e sguardi così carichi di poesia.
Le coste di Fullona erano un giaciglio scomodo per i giovani amanti.
Quando l’amore è così forte da far tremare le membra, però, persino un tappeto di spine sembra un letto a baldacchino.
La schiena bianca di Ivanoe era più chiara della Luna stessa, le sue dita affusolate si perdevano nei capelli del giovane e le sue labbra respiravano l’aria delle loro gemelle. Adam s’incantò spesso nel vedere i giochi di luce negli occhi di lei, nello scorgere lampi di gioia misti a luccichii di dolore.
«E se nascesse un bambino?», chiese il poeta. «Io non ci sarò, non potrò accudirvi, spero per la mia vita ma sento vicina la mia morte.. »
Ella gli posò l’indice sulle labbra gonfie di baci.
«Se nascerà, sarà amato come ho amato te. Io e la Luna ne avremo cura.», sussurrò, completando la frase con un sospiro sul collo del ragazzo.
Con un dolce bacio Ivanoe dissimulò i dubbi del giovane poeta, e la notte fu riempita da scontri di labbra, struscio di pelli e tocchi infuocati, come a voler imprimere sui loro corpi ogni segno dell’amore.
Gli innamorati s’addormentarono poi stretti in un abbraccio, ma nessuno dei due vide le lacrime dell’altro: sapevano che il loro amore sarebbe stato più forte della morte stessa.
La Luna, guardandoli, sembrò sorridere: aveva avuto molti amanti, ma quello sarebbe stato il suo primo figlio.


Sei così bella amore, sei così triste amore.


Frammenti tratti da “D’amore e di guerra”
Jan Zworowski

 

***


Gennaio 1794
Caro figlio mio,
quando leggerai questa lettera, forse sarò accanto a te.
O, forse, non ci sarò semplicemente più.
Scrivo queste poche righe dal confine. Kosciusko dice che potremmo vincere, ma attorno a noi vedo solo morte e disperazione, e stanno per arrivare i rinforzi degli eserciti nemici.
Sai, quando lessi della tua nascita gioii. Subito dopo mi rattristai: nel cuore sento che mai potrò incontrarti.
Ho poco tempo per dirti quant’io profondamente t’ami.
Mi chiedo spesso se i tuoi occhi son tinti dello stesso verde dei miei, o se invece il dolce marrò di quelli di tua madre s’è impossessato d’essi. Spero ch’ella nel tuo volto  possa rivedermi ancora: dille che l’amo, e guardala spesso. Sento che nel tuo sguardo troverà anche qualcosa di me, e si sentirà meno sola.
Non v’ho abbandonati, vi porto sempre stretti al core.
Leggerai codeste parole quando la Luna sarà piena, la notte del tuo diciassettesimo compleanno.
Il tuo dilemma sarà: perché sì tardi?
Perché quando l’amore mio e di tua madre venne consumato, la Luna era alta e piena: vorrei ch’ella fosse testimone anche di questo momento, come una dolce balia, e che tu abbia la stessa età ch’ebbe tua madre quando l’incontrai.
Ora ti saluto, dolce figlio di Luna: la Dama Nera chiede di me.
Dona alla mia dolce Ivanoe quest’agenda allegata: ogni rigo parla di lei, a dimostranza ch’ogni mio pensiero riguardava ‘l suo candore.
Adam Zborowski



«Buon compleanno, figliolo.» sussurrò mia madre, prima di porgermi la lettera ingiallita e stropicciata.
Poi, come faceva sempre, fissò gli occhi nei miei, ed un velo di tristezza oscurò il suo sguardo.
«Sai, Jan, bambino mio, hai…»
«Gli stessi occhi di mio padre. Lo so, madre. Lo so.»
Una lacrima solcò le sue guance, ed un dolce sorriso le arricciò labbra.
«Era un poeta, sai?»
«Raccontatemi del vostro incontro, madre.»
Mentre il suo narrare creava immagini nella mia mente e riempiva d’emozioni il mio cuore, imparai ad amare mio padre come ella l’amava.
Ammirai il poeta ed il difensore della patria, fui attratto dalla sua forza di spirito e dai suoi ideali.
Ma fu soprattutto il padre ch’era stato anche a distanza, il dolce amante che aveva cullato mia madre, l’uomo di sani principi che m’aveva dato la vita a colpirmi.
Mia madre mi chiese poi di leggerle le poesie di mio padre, in cui si narrava dei suoi begli occhi e delle sue candide mani; ogni parola trasudava amore, ogni virgola era un sospiro ed ogni punto richiamava la Luna, testimone del loro amore e della mia nascita.
Iniziò tutto da lì.
«Diventerò un grande scrittore, madre.», le promisi anni dopo, mentre la polmonite me la portava via.
Lei sorrise e mi baciò la mano; ben presto divenne fredda come il ghiaccio, e con molte lacrime la salutai.
Come sapete, madre, la Polonia non esiste più. Gli uomini la stanno dimenticando, i manuali di storia non riportano alcun segno di lei.
Io abito ancora a Fullona, dove mi desti alla luce.
Il mio libro verrà pubblicato a breve.
Ce l’ho fatta, madre, sono uno scrittore.
Il mio è l’ultimo libro in cui si narra della nostra amata Polonia, terra a noi sì cara senza che i nostri piedi l’abbiano mai calcata, patria di mio padre e del tuo unico amore; terra che vide la sua nascita ed accolse il suo colpo inerme.
Scrivo per non far dimenticare, madre: l’ultimo ricordo della vostra storia non sarà perduto.
La Luna sentirà narrare ancora e ancora le gesta di mio padre, ed udirà parlare dei tuoi dolci occhi per secoli e secoli.


***


2010, Follonica, Biblioteca pubblica
Una giovane ragazza dai grandi occhi verdi varcò frettolosamente il portone di legno scuro.
Si fiondò sull’anziana bibliotecaria, cercandone le iridi oltre le spesse lenti da vista.
Dovette quasi urlare, per farsi sentire dalla donnina.
«Mi scusi, cerco il libro di un nostro concittadino, dovrebbe chiamarsi Zborowski».
La bibliotecaria alzò lo sguardo, e le rivolse un sorriso gentile. «Vuole Zborowski padre o figlio?»
La giovane sembrò spaesate. «Non sapevo ve ne fossero due…»
«Sembra che le due opere siano state pubblicate entrambe dal figlio. La prima, di Adam Zborowski, è una raccolta di poesie intitolata “Ivanoe”. La seconda invece è del figlio Jan, ed è una raccolta di novelle d’amore ambientata in Italia ai tempi delle spartizioni polacche. S’intitola “D’amore e di guerra”. », spiegò pazientemente la vecchina dal naso adunco.
«Prendo entrambi.», rispose di getto la ragazza.
«Dovete darmi il vostro nominativo, signorina. Il tempo massimo è quindici giorni: se vorrete tenerlo di più, dovrete venire a rinnovare la richiesta.»
«Perfetto. Il mio nome è Giulia. Giulia Zborowski.»
Uscì dalla biblioteca veloce com’era entrata, ma non corse al cinema come aveva programmato.
Una ricerca per la scuola l’aveva portata in quel santuario di libri; a lei nemmeno piaceva leggere, e scoprire di avere un avo scrittore era stato un colpo di scena a dir poco inaspettato. Ma scovare ben due scrittori nella storia della sua famiglia era davvero straordinario.
Chissà, magari oltre il cognome aveva qualcos’altro in comune con i suoi antenati, ed era ansiosa di scoprirlo.



CENNI STORICI: Fullona è l’antico nome di Follonica. La storia è ambientata durante de guerre di spartizione della Polonia, verso la fine del ‘700. Kosciusko è un personaggio realmente esistito, un rivoluzionario polacco che guidò una sollevazione popolare a sfondo democratico nel 1794.
Gli insorti, però, furono sconfitti e nel 1795 si giunse alla terza spartizione polacca tra Austria, Russia e Prussia ed alla scomparsa della Polonia come stato autonomo.
Per quanto riguarda la famiglia di Ivanoe, i suoi antenati furono costretti a lasciare la Francia nel 1685, anno in cui Luigi XIV con la promulgazione dell’editto di Fontainebleau revocò quello di Nantes del 1598, emanato dal nonno Enrico IV.
Con quest’editto, Luigi XIV espulse i pastori protestanti dalla Francia, costringendo però i credenti a non abbandonare il Paese.



Il parere di _Blah

Grammatica e sintassi:10 punti 
Originalità: 9 punti 
Caratterizzazione dei personaggi: 10 punti 
Attinenza al tema : 9 punti 
Utilizzo dei prompt :3 punti 
Gradimento personale : 5 punti 
46/50 

La storia più dolce di tutte, mi sono commossa alla fine ,veramente! Scorrevole la lettura e bella la trama, mi è piaciuto anche il modo in cui l'hai inserita in un contesto storico preciso. Hai perso punti perchè non hai sfruttato al massimo quelli dei prompt, ma solo per questo.
 
   
 
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