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Autore: red queen    12/03/2011    2 recensioni
Il muro di Berlino crolla e Gilbert è finalmente libero, ma i decenni trascorsi in Russia sono davvero tutti da dimenticare?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dead Flowers

 

 

La grande villa era proprio come la ricordava. Enorme, tranquilla e austera. Il marmo bianchissimo sembrava emanare una luce accecante grazie al sole splendente e al riverbero dei suoi raggi sulla coltre di neve. Ma era come uno splendido sepolcro. Senza vita e mestamente silenzioso.

 

Gilbert non esitò, si avviò lungo il viale che conduceva all'ingresso principale, tornando su quei passi che aveva percorso centinaia di volte. Arrivato alla porta ebbe un solo attimo di esitazione, poi girò la maniglia senza prendersi il disturbo di bussare. Il grande battente si aprì, ma nel momento stesso in cui mise piede in casa, l'ex nazione si accorse che era vuota. Non disabitata, perché era ancora calda, meno di quanto ricordasse, ma comunque neppure lontanamente gelida come l'aria all'esterno. Nel grande camino del salotto c'era ancora della brace che covava sotto la cenere. Ricordò che Russia era solito lasciare il camino così, quando usciva con l'intenzione di tornare in giornata, in quel modo bastava solo ravvivare un po' la fiamma ed aggiungere altra legna per avere una fiammata potente e calda. Dunque con ogni probabilità Ivan non era in casa.

 

Russia!” chiamò ugualmente, per scrupolo. Ma come previsto non ottenne nessuna risposta.

 

L'ex nazione si guardò intorno. Non c'era nulla che fosse davvero fuori dall'ordinario. I mobili e i quadri possedevano ancora l'eleganza e il gusto ereditati dagli zar, i tappeti erano soffici come li ricordava e Gilbert doveva ammettere che quella casa dove era stato costretto ad abitare contro la propria volontà, sembrava molto più bella adesso che ci tornava liberamente, per sua scelta. Però c'era qualcosa di strano, di diverso. La troppa quiete forse, il troppo silenzio.

 

Di confusione non ce n'era stata mai, lì, a quanto ricordasse. Estonia, Ettonia e Lituania erano sempre troppo spaventati per potersi lasciare andare a fare baldoria, ma lo stesso quel posto non era mai sembrato come era in quel momento: abbandonato.

 

Poi il suo sguardo cadde su una delle grandi finestre del salone e vi rimase a lungo. C'era uno dei vasi in cui Russia teneva i girasoli di piccola taglia. Ne coltivava di ogni varietà nella sua serra, ma amava tenerne alcuni di quelli piccoli in casa, dove poteva vederli sempre. Quello lì però sembrava un condannato col capo chino e aveva la corolla quasi completamente secca. Se non era già morto, ormai gli restava davvero poco.

 

Quella visione a Gilbert non piacque per niente, era quasi dolorosa e non era affatto normale che Ivan trascurasse così quei fiori a cui teneva tanto.

 

D'impulso fece le scale di corsa e raggiunse la camera da letto, quasi aspettandosi di trovare il padrone di casa agonizzante nel letto. Almeno sarebbe stata una valida spiegazione del perché avesse trascurato i suoi girasoli. La stanza però era in perfetto ordine come il resto della casa, e altrettanto vuota. Anche lì c'era un vaso con un fiore morente, l'esatta copia di quello del piano di sotto.

 

Gilbert si sedette sul bordo del letto rifatto con cura, assorto. Quante notti aveva trascorso in quella stanza, sotto a quelle coperte. All'inizio era stato per disperazione, poi per piacere, poi perché non ne aveva più saputo fare a meno. Ma notò che le sue poche cose non erano più in vista. Magari Ivan le aveva date alle fiamme in un impeto di rabbia quando se n'era andato, quel 9 novembre del 1989, con così tanta fretta che non aveva voluto fermarsi a prendere niente. Anche perché quegli oggetti non erano mai stati veramente suoi. Non li aveva scelti, non li aveva desiderati, li aveva semplicemente usati per necessità.

 

Sarebbe volentieri andato a curiosare nel resto della casa, ma la visione di quel fiore avvizzito lo teneva lì inchiodato dove si trovava. A lui non erano mai neppure davvero piaciuti quegli stupidi girasoli. In genere li guardava a stento, e non sapeva prendersene cura, però vederli appassiti era in qualche modo disturbante. O almeno lo era l'idea che Ivan avesse lasciato che succedesse.

 

Sospirò e sorrise appena scuotendo la testa, si stava facendo un'idea di quello che poteva essere successo. “Russia, sei sempre stato un idiota.”

 

Si alzò dal letto ed uscì dalla camera, scese di nuovo di sotto, e poi un piano ancora più giù, nella cantina dove sapeva che avrebbe trovato alcuni attrezzi. Poteva almeno passare il tempo nell'attesa che arrivasse l'altro.

 

Tornò di sopra con tutto il necessario e iniziò a trapiantare il girasole in un vaso più grande. Non ci contava davvero, ma forse così si sarebbe ripreso. Cercò di ricordarsi delle volte in cui aveva visto Russia fare cose del genere. Non gli era sembrato difficile, ma adesso, a farlo di persona, risultava molto più complicato.

 

Era così assorto nel suo lavoro, o più che altro nel contenere i danni e nel darsi dell'idiota per essersi impelagato in quell'impresa apparentemente impossibile, che non si accorse neppure che qualcuno era entrato nella stanza e gli si stava silenziosamente avvicinando.

 

Trasalì, però, anche se solo per un istante, quando sentì un paio di braccia grandi e sicure scivolare attorno alla sua vita. Ed un viso gelato dall'aria dell'esterno sprofondare nell'incavo del suo collo.

 

Allora lasciò perdere quel povero girasole a cui stava probabilmente facendo più male che bene, e appoggiò le sue mani calde su quelle ghiacciate di Ivan. L'altro intrecciò le proprie dita alle sue, e le strinse, come per assorbirne il calore.

 

Gilbert non si era mai realmente soffermato a pensare a cosa avrebbe detto una volta che si fossero rivisti. Erano passati sette anni da quando era fuggito con un nodo allo stomaco ed una voglia di ricongiungersi a suo fratello più grande di qualsiasi altra cosa. La gioia di quel momento lo aveva sopraffatto al punto da non fargli considerare nemmeno l'ipotesi di aver ferito quello che era stato il suo amante ormai per molti anni. E quando aveva potuto rivedere il mondo reale, il mondo al di fuori della cortina di ferro, era stato talmente stordito ed attratto da tutti i cambiamenti, che aveva deciso di non pensare più al passato, di bandire quei 28 anni trascorsi in Russia, poiché a quel punto sembravano una via di mezzo tra un incubo ed una fantasia. Anche se quello voleva dire cancellare le poche cose belle che c'erano state. Non aveva più visto Ivan, né lo aveva contattato in qualunque maniera, e poiché a quel punto suo fratello era diventato più che protettivo nei suoi confronti, se anche fosse stato l'altro a cercarlo, non lo aveva mai saputo.

 

In realtà c'era anche la possibilità che Ivan gli rifilasse uno di quei suoi sorrisi agghiaccianti subito prima di passare ad una vendetta coi fiocchi, e Gilbert ne sapeva abbastanza da ritenere quell'ipotesi seriamente spaventosa. Forse era stato avventato a presentarsi a casa sua così, di punto in bianco, dopo il modo in cui se n'era andato. E in fondo sapeva di aver fatto a pezzi il cuore di Ivan fuggendo così, e facendo di tutto per cancellarlo dalla sua vita. Solo che i suoi tentativi erano stati vani. Non l'aveva dimenticato, molto banalmente.

E per quanto Berlino fosse diventata splendida, per quanto l'avesse reso felice rivedere suo fratello, per quanto divertente fosse allearsi con Feliciano per mettere alla prova il sistema nervoso di Ludwig, la casa che divideva con loro semplicemente non era il suo posto.

 

In realtà non era sicuro neppure che lo fosse quella grande casa tra le nevi eterne, ma d'altro canto una ex nazione forse un posto da poter chiamare suo neppure ce lo aveva.

 

Però almeno tra le braccia di Ivan si stava bene, i suoi vestiti avevano l'odore dei boschi sempre verdi, e quando si voltò dentro al suo abbraccio per poterlo finalmente guardare in faccia, e l'altro lo baciò quasi con ferocia, seppe di essere al sicuro. E Dio, quanto gli era mancato il sapore di quei baci. Nessuna vendetta sembrava in procinto di avere luogo per il momento, e Gilbert era certo di poter distrarre il russo abbastanza, che fosse stato anche arrabbiato con lui, avrebbe finito per dimenticarsene.

 

Ma prima c'era una cosa.

 

Che è successo?” chiese col fiato corto, quando alla fine Ivan, costretto a respirare, si decise ad interrompere il bacio.

 

Il russo capì immediatamente che si stava riferendo ai suoi fiori morenti.

 

Niente, volevo vedere com'è quando muore, una cosa bella.” Gli rispose sorridendo sotto la sua onnipresente sciarpa.

 

Ancora tra le sue braccia, Gilbert lo guardò sgranando appena gli occhi, cercando di nascondere lo sconcerto. Non cessava mai di stupirlo, il modo in cui Ivan non si rendeva conto delle cose orribili che riusciva a dire. Ma non aveva passato quasi tre decenni con lui senza imparare a leggere la verità dietro quei sorrisi raggelanti.

 

Fermò lo sguardo per qualche istante sul fiore avvizzito, poi di nuovo su quegli occhi ametista che lo guardavano aspettando forse una reazione di paura o sdegno.

 

Volevi veder morire una cosa bella?” chiese.

 

E Russia annuì con un sorriso ancora più ampio.

 

Oppure volevi veder morire me?”

 

Sentì tutto il corpo di Ivan irrigidirsi, e seppe di aver fatto centro. Anche troppo. A Ivan non piaceva che i suoi sentimenti venissero messi a nudo, specialmente se si era impegnato per nasconderli, forse non piaceva a nessuno, e Gilbert ebbe paura di aver esagerato, di essersi spinto oltre, di averlo fatto arrabbiare sul serio. Ma soprattutto ebbe paura di non aver capito niente. Ivan doveva aver sofferto davvero per la sua assenza, all'inizio, poi sicuramente se n'era fatto una ragione, e dopo aveva cominciato ad odiarlo. Non c'era dubbio che fosse una nazione forte, la sua storia era costellata di prove durissime, e alla solitudine, in fin dei conti, era probabilmente rassegnato. Lui non era stato che l'ennesima illusione, l'ennesima parentesi transitoria, l'ennesima porta chiusa alle spalle senza voltarsi indietro.

 

Ivan però non ebbe nessuna reazione violenta, anzi piano piano si rilassò di nuovo, inclinò appena un po' il viso di lato, e si limitò a dire “È la stessa cosa.”

 

Fu il turno di Gilbert di trasalire. Ivan poteva essere veramente imprevedibile. Quella volta non seppe reggere lo sguardo dell'altro, e lo spostò in un punto imprecisato della stanza.

 

Per qualche secondo il suo cervello rimase in stallo totale, se fosse più perché Ivan lo aveva paragonato a qualcosa di bello, o per il fatto di avergli praticamente detto che lo voleva morto, non lo sapeva. Quello che sapeva era che doveva trovare immediatamente qualcosa da dire, qualunque sciocchezza, perché il silenzio che era calato su di loro era pesante quanto una montagna. “A...Allora ho fatto male a cercare di salvarlo?” Disse finalmente, quasi orgoglioso di sé, perché quella non era una stupidaggine buttata lì a caso, ma un dubbio legittimo.

 

Ivan scosse la testa con decisione “No” disse, “però si fa così, guarda.”

Sciolse finalmente l'abbraccio, poi con poche mosse rapide e precise riuscì a trasferire il fiore nel vaso più grande mentre Gilbert lo guardava con un'attenzione tutta nuova.

 

Osservarono insieme il risultato con un certo compiacimento, anche se il fiore logicamente era ancora moribondo, esattamente come prima.

 

Ci vorrà molto tempo” disse Ivan, serio, quasi indovinando i pensieri dell'altro.

 

Quello annuì, anche se non sapeva se si stesse riferendo al fiore o a loro due. In entrambi i casi non era un problema, la storia aveva sempre tempi lunghi.

 

Aspettiamo.” Disse semplicemente.

 

Ivan si voltò di scatto verso di lui, riuscendo a trattenere a stento lo stupore. E la speranza. Tra la miriade di cose che Gilbert poteva dirgli, di sicuro non si era aspettato nulla del genere.

 

Insieme?” Fu tutto quello che poté dire. E per un'unica, sola, memorabile volta, non riuscì ad accompagnare le parole con una delle sue espressioni di falsa serenità.

 

Gilbert si limitò ad annuire. Non aveva senso porsi dei dubbi, no? E poi non c'era nessuno al mondo che non volesse passare del tempo, anche molto tempo, con il Magnifico, no? E infatti Ivan gli rivolse uno dei suoi rarissimi sorrisi sinceri, che Gilbert sapeva distinguere bene perché erano candidi, luminosi e puri come la neve che scintillava al sole. E quel nodo che aveva proprio in cima allo stomaco da quando se n'era andato, finalmente si sciolse.

 

 

 

Inutili sproloqui...

 

Bhè che dire gente, innanzitutto grazie mille a chi ha letto ^^ Questa fic nella mia testa doveva essere una drabble, poi mi è scappata un po' la mano, temo :P Principalmente spero non ne sia venuto fuori un totale disastro, visto che è la mia primissima esperienza nel mondo di Hetalia, e avrei voluto conoscere un po' meglio i personaggi prima di scrivere, però poi mi è preso questo attacco di creatività, che ci posso fare? Imploro clemenza LOL

 

In secondo luogo ero un po' stanca delle rape!fic su questo pairing. Ne ho lette alcune veramente bellissime, ma alla fine mi sembrava che l'argomento si stesse inflazionando un po', quindi ho deciso di tentare qualcosa di diverso ^^ Spero abbiate gradito!

 

 

   
 
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